Articolo da Progetto Melting Pot Europa
Pochi giorni dopo che i leader dell’Unione europea hanno deciso di ridurre ulteriormente il diritto di asilo, il 14 giugno altre 600 persone, di cui un centinaio di bambini, sono annegate al largo di Pylos, in Grecia. 10 anni dopo i due naufragi al largo di Lampedusa, ancora una volta, il regime di frontiera europeo ha ucciso persone che esercitavano il loro diritto di chiedere protezione.
In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, oltre 180 organizzazioni di diversi paesi europei chiedono indagini complete e indipendenti sugli eventi che hanno portato al naufragio, chiare conseguenze per i responsabili, la fine delle pratiche sistematiche di respingimento alle frontiere europee e giustizia per le vittime. Tra le prime firme quella di Tima Kurdi, zia di Alan Kurdi 1.
«Siamo scossi! E siamo solidali con tutti i sopravvissuti e con le famiglie e gli amici delle persone decedute. Esprimiamo il nostro profondo cordoglio e dolore» scrivono le organizzazioni per i diritti umani. «Ad oggi, innumerevoli domande rimangono senza risposta. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, la guardia costiera ellenica ha rimorchiato l’imbarcazione facendola capovolgere».
Diverse sono le domande che vengono poste: «Perché è stata tentata questa manovra incredibilmente pericolosa? La guardia costiera greca ha trainato l’imbarcazione verso l’Italia per spingere le persone sotto la responsabilità italiana o maltese? Perché né la guardia costiera ellenica né le autorità italiane o maltesi sono intervenute prima, nonostante fossero state allertate almeno 12 ore prima? Che ruolo ha avuto l’agenzia europea Frontex?».
«In tutta questa incertezza, una cosa è inequivocabile: questo naufragio – così come innumerevoli altri precedenti – è la diretta conseguenza di decisioni politiche prese per impedire alle persone di arrivare in Europa. Questo naufragio deriva dall’impunità delle attività illegali esercitate dagli Stati alle frontiere e dalla legalizzazione di pratiche che mirano a normalizzare la privazione dei diritti delle persone in movimento. Attivistə e organizzazioni hanno denunciato i sistematici respingimenti, i ritardi e l’omissione dei soccorsi, la criminalizzazione delle operazioni civili di ricerca e salvataggio, e la cooperazione con i Paesi non sicuri per esternalizzare le frontiere europee ed effettuare i respingimenti. Le politiche migratorie europee e di esternalizzazione delle frontiere causano violenza fisica e psicologica, prigionia e morte».
«Finora – prosegue la lettera – l’Unione Europea e i suoi Stati membri non hanno mostrato alcuna intenzione di imparare dagli anni passati e di porre fine alle morti nel Mediterraneo. Al contrario, hanno rafforzato le loro micidiali politiche di isolamento. Solo la settimana scorsa, l’8 giugno, il Consiglio dell’Unione Europea ha approvato una riforma del Sistema europeo comune di asilo (CEAS) che porterà a una massiccia privazione dei diritti fondamentali, come il diritto di asilo o il diritto di circolare liberamente».
«Era solo questione di tempo prima che un nuovo naufragio avvenisse, mentre le condizioni nei Paesi di origine e transito peggiorano e le pratiche di frontiera costringono le persone in movimento a prendere rotte più pericolose. Da Lampedusa nel 2013, abbiamo visto almeno 27.047 morti nel Mar Mediterraneo. Uno di loro era Alan Kurdi. Sua zia, Tima Kurdi, parla a gran voce del naufragio mortale:
“Questo naufragio mi fa tornare in mente il mio dolore, il nostro dolore. Ho il cuore spezzato. Ho il cuore spezzato per tutte le anime innocenti perse che non sono solo numeri in questo mondo. “Mai più” abbiamo sentito nel 2015, l’ho sentito innumerevoli volte. E cosa è cambiato? Quante anime innocenti sono state perse in mare da allora? Voglio riportarvi al 2 settembre 2015, quando tutti voi avete visto l’immagine di mio nipote, il bambino di 2 anni disteso sulla spiaggia turca. Cosa avete provato quando avete visto la sua immagine? Cosa avete detto, cosa avete fatto? Io, quando ho saputo dell’annegamento di mio nipote, sono caduta a terra piangendo e urlando più forte che potevo perché volevo che il mondo mi sentisse! Perché loro? Perché adesso? E chi sarà il prossimo? Da allora ho deciso di alzare la voce e di parlare per tutti coloro che non vengono ascoltati. E soprattutto per mio nipote, il ragazzo sulla spiaggia, Alan Kurdi, la cui voce non sarà mai più ascoltata. Per favore, non restate in silenzio e aggiungete la vostra voce alla mia. Non possiamo chiudere gli occhi e voltare le spalle a chi cerca protezione. Aprite il vostro cuore e accogliete le persone che fuggono davanti alla vostra porta di casa. La politica europea in materia di migrazione deve cambiare ora. Doveva cambiare già molto tempo fa. Deve fornire vie di fuga sicure. Costruire un muro non è una soluzione. Bloccare le navi di soccorso che salvano vite umane non è una soluzione. Incolpare le persone come trafficanti non è una soluzione. Le persone soffrono e troveranno sempre un modo per fuggire. Voi avete il potere di decidere se devono prendere strade pericolose perché non c’è altra via d’uscita. Agite di conseguenza!“.
Con l’imperdonabile naufragio al largo della Grecia, vediamo che il Mar Mediterraneo non è solo un cimitero, ma una scena del crimine. Una scena di crimini contro l’umanità con milioni di turisti privilegiati che continuano a navigarvi liberamente ogni anno».
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Fonte: Progetto Melting Pot Europa
Autore: redazione Melting Pot
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Articolo tratto interamente da Progetto Melting Pot Europa
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