giovedì 31 gennaio 2019

Per noi i guerrieri...


“Per noi i guerrieri non sono quello che voi intendete. Il guerriero non è chi combatte, perché nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi è chi sacrifica se stesso per il bene degli altri. E’ suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a se stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell’umanità.”
Tatanka Yotanka (Toro seduto)



Dal 2 aprile, Google+ si spegnerà per i consumatori: ultime notizie


Lo scorso ottobre, Google ha annunciato l'intenzione di chiudere Google+ per i consumatori dopo che un errore di sicurezza ha esposto i dati del profilo degli utenti. Ieri sono arrivate le modalità di chiusura, di questo social network.

Ecco le date da ricordare:

4 febbraio 2019: non sarà più possibile creare nuovi profili, pagine, comunità o eventi Google+.

4 febbraio - 7 marzo 2019: la funzione Google+ per i commenti del sito web sarà rimossa entro il 7 marzo.

Nelle prossime settimane, i pulsanti di accesso di Google+ non funzioneranno più, ma in alcuni casi saranno sostituiti da un pulsante di accesso a Google.

Se gestisci una comunità Google+, il supporto afferma, che puoi già scaricare e salvare alcuni dati da quel servizio, ma i dati aggiuntivi saranno disponibili per il download a marzo.

Dal 2 aprile 2019: tutti i commenti di Google+ su tutti i siti saranno eliminati.

Il 2 aprile, tutti i contenuti dei consumatori di Google+ saranno eliminati.


Per quando riguarda la piattaforma Blogger, ieri sono arrivate delle note dal team di supporto.

Ecco come si procederà:

Widgets Google+: il supporto per il “+1 Button”, “Follower Google+” e “Google+ Badge” nel layout, non saranno più disponibili e rimossi dai blog.

+1 pulsanti: saranno tutti rimossi.

Commenti Google+: dal 4 febbraio non sarà più possibile commentare con Google+, i vecchi commenti inviati con Google+, non appariranno sul tuo blog.

Google+ profilo: Blogger ritornerà ad avere solo un profilo.


Se volete scaricare i dati da Google+, seguite questa procedura:







Proverbio del giorno


Quand canta al mérel, a san fóra dl'invéren (Quando canta il merlo, siamo fuori dell'inverno).

Proverbio bolognese


mercoledì 30 gennaio 2019

Indovina la parola



Inserirò tre immagini e delle lettere, tocca a voi indovinare la parola giusta.

La soluzione del gioco, verrà lasciata nei commenti.



Lettere:

E-C-Z-O-P-E-C-A-S-I-D-R-M-I-S-N-F-G-B-H


L'infinito di Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi verso colle Infinito a Recanati

L'infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

Giacomo Leopardi

Photo credit Claudio.stanco (Own work) [CC BY-SA 4.0], via Wikimedia Commons


La verità sul redditto di cittadinanza che non abolisce la povertà


Articolo da Rete dei numeri pari

Lo diciamo subito: il reddito di cittadinanza è un’altra cosa. Il provvedimento varato dal governo sul reddito di cittadinanza non abolisce la povertà, come incautamente annunciato al balcone dai ministri del governo, e non introduce un vero regime di reddito di cittadinanza come definito dalle risoluzioni europee, dalla CE e da studi e ricerche scientifiche. E non riprende nemmeno la proposta avanzata nel 2013 da centinaia di realtà sociali, decine di migliaia di cittadini e istituzioni locali attraverso la campagna per il “reddito di dignità”, sottoscritta e promossa anche dai 91 deputati e 35 senatori del M5S nella scorsa legislatura. Tanta confusione e tanta propaganda non eludono un problema con il quale continueremo a lungo a fare i conti se il livello di semplificazione e ambiguità del governo rimane questo. Così come si fa fatica a spiegare ad un terzo della popolazione a rischio esclusione ed a quei nove milioni e mezzo di residenti in povertà relativa che avrebbero il diritto di beneficiare del Rdc, che l’opposizione al governo non ritiene questo istituto importante per contrastare la crisi e restituire loro dignità e libertà. Un’opposizione che rimane ancorata a visioni politiche regressive e conservatrici dopo aver avuto il demerito storico di eludere e ignorare per anni le richieste di introdurre anche in Italia una forma di Rdc e di non aver ascoltato le reti sociali ed i cittadini organizzati.

Il Rdc introdotto dal governo è un’altra cosa rispetto a quello che ovunque nel mondo viene inteso come reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito: ne mortifica il senso e ne tradisce le finalità. Per verificarlo basta mettere a confronto le caratteristiche ed i principi del cosiddetto Rdc del governo con quelli definiti indispensabili da alcuni schemi di reddito minimo garantito già vigenti in diversi paesi europei. Ne elenchiamo alcuni: 1) l’individualità della misura; 2) la non vessazione del beneficiario attraverso stringenti contropartite e forme di condizionamento; 3) l’accessibilità per tutti coloro che vivono sotto una certa soglia economica non inferiore al 60% del reddito mediano del paese di riferimento; 4) la residenza e non la cittadinanza; 5) il diritto a servizi di qualità oltre il beneficio economico; 6) la durata e l’ammontare del beneficio; 7) la non contrapposizione del Rdc, dell’integrazione sociale e della garanzia ad una vita dignitosa con l’obbligo all’integrazione lavorativa, così come previsto dalla risoluzione europea dell’8 aprile 2009 in cui si afferma che “il coinvolgimento attivo non deve sostituirsi all’inclusione sociale e chiunque deve poter disporre di un Rdc e di servizi sociali di qualità a prescindere dalla propria partecipazione al mercato del lavoro”; 8) la necessità di incentivare la libertà della scelta lavorativa come misura di contrasto dell’esclusione sociale e della ricattabilità dei soggetti in difficoltà, così da garantire la “congruità dell’offerta di lavoro” e non “l’obbligatorietà del lavoro purché sia”; 9) la necessità di rafforzare i servizi ed il sistema dei centri per l’impiego pubblici.

Su ciascuno di questi principi e caratteristiche che definiscono e rendono efficace un Rdc il governo fa l’opposto o fa molto poco: 1) la misura del governo è familiare e non individuale; 2) sono state costruite norme e dispositivi sanzionatori che colpevolizzano e stigmatizzano i beneficiari trattandoli come colpevoli e come probabili approfittatori, arrivando ad ipotizzare pene sino a 6 anni di carcere; 3) la misura stabilisce una soglia di accesso che interviene solo sulla povertà assoluta – circa 4.340.000 sui 5 milioni complessivi- e non su tutti e 9,3 milioni che vivono al di sotto di una certa soglia economica – la platea di beneficiari è meno del 50% degli aventi diritto-, e non individua interventi specifici come quelli volti all’affermazione dell’autonomia sociale dei soggetti beneficiari compresi coloro che sono in formazione, così da garantire il diritto allo studio e per contrastare la dispersione scolastica ed universitaria che nel nostro paese è tra le più alte d’Europa; 4) i beneficiari non sono tutti i residenti in povertà relativa ma solo i cittadini italiani in povertà assoluta (non tutti) ed una parte di coloro che sono nel nostro paese da oltre 10 anni; 5) manca del tutto una offerta di servizi sociali di qualità e non vi è traccia di una riforma del sistema di welfare che vada nella direzione necessaria a costruire un sistema integrato tra l’erogazione del beneficio economico e le altre misure di welfare sociale, così da definire un ventaglio di interventi mirati e diversificati a seconda della necessità delle persone; 6) il beneficio non è garantito “fino al miglioramento delle propria condizione economica”, così da non permettere che si rimanga senza alcun sostegno economico, ma viene stoppato dopo 12/18 mesi con la possibilità di ripartire in futuro; sull’ammontare del beneficio se calcoliamo che per il 2019 la cifra messa a disposizione è di 6,11 miliardi di euro, per poi salire a 7,77 nel 2020 e a 8,02 nel 2021, l’obiettivo dichiarato di portare tutti coloro che hanno un reddito inferiore alla soglia di 780 euro mensili, come prevedono i principi europei, appare impossibile da raggiungere: facendo dei calcoli la cifra media che spetta mensilmente a livello familiare sarebbe di 472 euro, a livello individuale di 156 euro al mese; 7) la misura introdotta dal governo è fortemente legata a sistemi di workfare e non di welfare, incentivando assunzioni sotto-qualificate a costi ridotti per le imprese, dando la possibilità ai datori di lavoro di ricevere sgravi contributi se assumono un lavoratore che percepisce il Rdc e non lo licenziano nei primi 24 mesi, tranne che per giusta causa; 8) la misura del governo prevede una fortissima condizionalità nei parametri che definiscono un’offerta “congrua”, imponendo così di fatto al beneficiario di accettare qualunque offerta venga proposta anche a grandi distanze dalla propria residenza, pena la perdita del Rdc; 9) la riforma ed il rafforzamento dei servizi e dei centri per l’impiego è ancora in alto mare ed è sottofinanziata. A questo aggiungiamo un’altra considerazione: si poteva e si doveva finanziare il Rdc attraverso la fiscalità generale e non in deficit. Il governo lo sa bene ma ha preferito dare priorità ad altro, e costruire la narrazione del nemico europeo per dirci che se non avremo il reddito è per colpa dell’Europa che non vuole farci fare un po’ di deficit per il bene degli italiani. Il problema è che a dirlo sono le stesse forze politiche che sostengono politiche di austerità, un fisco regressivo, i tagli alle politiche sociali ed ai Comuni: tutte scelte che determinano l’aumento di disuguaglianze e povertà. Questa spregiudicata e cinica incoerenza alimenta una discussione avvelenata e superficiale che ci allontana dai motivi e dalle ragioni per cui è necessario introdurre un nuovo diritto economico.

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Fonte: Rete dei numeri pari 


Autore: Martina Di Pirro


Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da 
Rete dei numeri pari



Citazione del giorno


"Nel mondo c’è quanto basta per le necessità dell’uomo, ma non per la sua avidità."

Mahatma Gandhi


Comunicazione di servizio


Invito rivolto a tutti gli amici blogger

Vi prego di controllare se siete presenti nel blog roll in basso a destra. Se non trovate il vostro blog, sarò ben lieto d'inserirvi nella lista dei blog amici.
Grazie mille per l'aiuto.



30 gennaio 1972 - Derry: Bloody Sunday, paracadutisti dell'esercito britannico uccidono tredici dimostranti cattolici nordirlandesi nel corso di una manifestazione contro l'internamento senza processo



Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Bloody Sunday (in gaelico: Domhnach na Fola), letteralmente "Domenica di sangue", è il termine con cui si indicano gli eventi accaduti nella città di Derry, Irlanda del Nord, il 30 gennaio del 1972, quando il 1º Battaglione del Reggimento Paracadutisti dell'esercito britannico aprì il fuoco contro una folla di manifestanti per i diritti civili, colpendone 26.

Tredici persone, la maggior parte delle quali molto giovani (di cui sei minorenni), furono colpite a morte, mentre una quattordicesima morì quattro mesi più tardi per le ferite riportate. Due manifestanti rimasero feriti in seguito all'investimento da parte di veicoli militari. Molti testimoni, compresi alcuni giornalisti (tra i quali l'italiano Fulvio Grimaldi), affermarono che i manifestanti colpiti erano disarmati e manifestavano pacificamente. Cinque vittime inoltre furono colpite alle spalle. Nel 2003 un ex paracadutista inglese confessò di aver sparato a Bernard McGuigan, che sollevava un fazzoletto bianco, uccidendolo.
Il Governo Britannico condusse due inchieste:
  • Il "Widgery Tribunal", tenutosi in seguito al verificarsi dei fatti, prosciolse largamente l'autorità ed i soldati britannici da ogni colpa, ma fu da più parti criticato come un "insabbiamento", compreso l'ex capo di gabinetto di Tony Blair, Jonathan Powell.
  • La "Saville Inquiry", stabilita nel 1998 per gettare nuova luce sui fatti (presieduta da Lord Saville di Newdigate). Il documento - composto da migliaia di pagine - fu fornito al governo inglese a giugno 2010 dopo molti ritardi. Il 15 giugno 2010 il primo ministro del Regno Unito David Cameron ha presentato le conclusioni del rapporto a firma di Lord Saville di Newdigate commissionato alcuni anni prima dal Governo britannico, che condanna senza alcuna giustificazione la condotta tenuta in quelle circostanze dall'esercito inglese. Il primo ministro del Regno Unito ha così concluso: «Sono patriottico e non voglio mai credere a niente di cattivo sul nostro Paese, ma le conclusioni di questo rapporto sono prive di equivoci: ciò che è successo il giorno di Bloody Sunday è stato ingiusto e ingiustificabile. È stato sbagliato».

La campagna dell'IRA contro l'occupazione britannica dell'Irlanda del Nord era in corso già da due anni, e l'eco dell'evento incoraggiò l'arruolamento nell'organizzazione. La Domenica di sangue resta tra gli eventi più significativi della storia recente dell'Irlanda del Nord, probabilmente anche perché avvenuta sotto gli occhi di telecamere e giornalisti.

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martedì 29 gennaio 2019

C'è negli uomini...



"C'è negli uomini un impulso alla distruzione, alla strage, all'assassinio, alla furia, e fino a quando tutta l'umanità, senza eccezioni, non avrà subíto una grande metamorfosi, la guerra imperverserà: tutto ciò che è stato ricostruito o coltivato sarà distrutto e rovinato di nuovo; e si dovrà ricominciare da capo."

Anna Frank


Inail: 1.133 morti sul lavoro nel 2018



Dati che fanno seriamente riflettere, ecco una delle tante emergenze nazionali.

Link diretto: http://www.rassegna.it/articoli/aumentano-denunce-e-malattie-sul-lavoro





Santa Marina Salina

Santa Marina Salina from FB Videography on Vimeo.

Photo e video credit FB Videography caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Paesaggi invernali

WINTER LANDSCAPE from chavinandez on Vimeo.

Photo e video credit chavinandez caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


lunedì 28 gennaio 2019

Intervista a Mariella del blog Doremifa-sol, libri e caffè



Vi avevo preannunciato un ritorno alle interviste e riparto con Mariella del blog Doremifa-sol, libri e caffè.

Com'è nato il tuo blog?  

Nasce dopo qualche mese che commentavo sui blog della piattaforma di Vanity Fair;  volevo cominciare a dare una casa alle mie idee e alle mie tante passioni.

Doremifa-sol, libri e caffè, perché hai scelto questo nome? 

Il titolo è una canzone di Baglioni. Il collegamento è romantico, era la canzone che mi cantava mio marito (sottovoce) all'inizio del nostro rapporto, prima di lasciarmi la sera. Sono moglie di un musicista romantico almeno quanto  me. Ho aggiunto libri e caffè perché volevo che la mia casa fosse un luogo stimolante e protettivo, dove stare assieme agli amici e discutere in armonia. La tazza di caffè è segno di ospitalità. Simbolo della mia terra d'origine,

Presenta brevemente il tuo blog ai nuovi amici.

Nella mia casa ( per me è più di un blog) troverete, un luogo caldo e accogliente, un cui si parla di musica, letteratura, attualità e di vita, Dove c'è confronto condito da educazione, dove non accetto comportamenti molesti e irritanti nei miei confronti e di chi la frequenta.

Quale post ti è rimasto nel cuore? 

Molti, perché metto sempre tutta me stessa quando scrivo, forse uno dei più sentiti è quello che ho scritto al ritorno da Auschwitz.

Nove anni di blog, cosa hai capito della cosiddetta blogosfera? 

La blogsfera mi ha regalato tanto, mi ha fatto crescere, mi ha donato amici e tanta vita. Mi ha insegnato a dare corpo  alle mie idee e a scrivere  di ciò in cui credo. Ad essere orgogliosa della mia onestà e integrità morale. A ridere di più perché il sorriso ti rende invincibile. A volte mi ha deluso, ma in questo è simile alla vita vera. Se, dopo nove anni di blog, ho ancora tanto da dire, vuol dire che il mio cammino fino ad adesso ha avuto un senso.

Che cosa pensi dei social network? 

Alcuni sono utili, come Twitter, almeno per quel che riguarda le informazioni. Altri assolutamente molesti, come Facebook. Altri ancora spensierati come Instagram. Un giudizio medio.

Consiglia qualche libro agli amici del blog. 

Sicuramente tutti i  libri di Romain Gary e Amos Oz. Per chi ama i gialli italiani Maurizio De Giovanni e Antonio Manzini. Tra gli ultimi appena usciti "Naufraghi senza volto" di Cristina Cattaneo.

Cosa non trovi a livello tecnico, nella piattaforma Blogger? 

Ti dirò, io sono una vera capra a livello informatico, per cui utilizzo blogger a livello basic. Mi ci trovo bene, per le critiche forse non sono la persona giusta.

Che cosa consigli a chi vuole aprire un blog? 

Dipende da che impronta si voglia  dare al blog. Consiglio post brevi. Massima correttezza. Citare  le fonti. Precisione e informazione. Onestà. Mai sembrare qualcosa di diverso da quello che si è, perché alla lunga tutto viene a galla.

Quali progetti per il futuro? 

Negli ultimi tempi ho dato un nuovo corso al mio blog. Post più frequenti e nuovi argomenti da trattare. Per il resto si vedrà, giorno dopo giorno.

Grazie Mariella della tua disponibilità, mi raccomando di visitare il suo blog.



Se qualcuno è interessato per un'intervista, basta contattarmi via mail, cliccando sul banner "Contatti".


Proverbio del giorno


Due torti non fanno una ragione.


domenica 27 gennaio 2019

Per non dimenticare




27 gennaio - Giorno della Memoria

Contro gli olocausti di ieri e quelli di oggi.


Se questo è un uomo

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

Vignetta del giorno



Photo credit Mauro Biani caricato su http://maurobiani.it/ - licenza: Creative Commons


27 gennaio 1945 - Il campo di concentramento di Auschwitz viene liberato dall'Armata Rossa


Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Nel novembre 1944, di fronte all'avanzata dell'Armata Rossa, Himmler dà ordine di cessare le esecuzioni nelle camere a gas e di demolirle assieme ai forni crematori, allo scopo di nascondere le prove del genocidio; i nazisti, tuttavia, distrussero solo le camere e i forni di Birkenau, mentre quella di Auschwitz 1 fu adibita a rifugio "antibomba". Sino a quel momento ad Auschwitz erano stati uccisi oltre 1 milione e centomila esseri umani.

Il numero esatto delle vittime di Auschwitz è difficile da stabilire con certezza, perché molti prigionieri non furono registrati e molte prove vennero distrutte dalle SS negli ultimi giorni della guerra. Uno studio più ampio, iniziato da Franciszek Piper utilizzando gli orari di arrivi dei treni in combinazione con i dati di deportazione, calcola che almeno 960 000 morti furono ebrei su 1,1 milioni di decessi totali.

Il 27 gennaio 1945 il campo fu liberato dalle truppe sovietiche durante la loro rapida avanzata invernale dalla Vistola all'Oder. Il primo reparto che entrò nel campo faceva parte della LX Armata del generale Kurockin del 1° Fronte Ucraino del maresciallo Ivan Konev. Furono trovati circa 7 000 prigionieri ancora in vita. Inoltre, furono trovati migliaia di indumenti abbandonati, oggetti vari che possedevano i prigionieri prima di entrare nel campo e otto tonnellate di capelli umani imballati e pronti per il trasporto.

Auschwitz non fu tuttavia il primo campo di sterminio a essere scoperto: in realtà i sovietici erano già arrivati precedentemente a liberare dei campi come quello di Chełmno e quello di Bełżec ma questi, essendo di sterminio e non di concentramento, erano vere e proprie fabbriche di morte dove i deportati venivano immediatamente gasati, salvando solo poche unità speciali.

Tra i corrispondenti che seguivano le truppe russe entranti ad Auschwitz compariva il giornalista della Stella Rossa Vasilij Grossman, divenuto poi celebre scrittore. Egli pubblicò varie opere sul tema della Shoah, ispirandosi anche alla sua esperienza ad Auschwitz: la più celebre di queste è il romanzo Vita e destino.

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sabato 26 gennaio 2019

La storia di Irena Sendler, l'infermiera polacca che salvò dai lager 2500 bambini


«Un’attività fondata su comportamenti rivolti al bene di tutta l’umanità lega indissolubilmente ognuno di noi alle conseguenze che da essa derivano».

Lo scriveva Irena Krzyżanowska, più nota come Sendler, in una lettera datata 3 maggio 2002 indirizzata a un gruppo di giovani ragazze del Kansas che, appassionatesi alla sua storia, ne hanno promosso la conoscenza con il progetto Life in a jar – La vita in un barattolo.

Polacca e cattolica, nata a Varsavia nel 1910 da una famiglia socialista, Irena inizia la sua attività di opposizione alle persecuzioni antisemite già dall’università dalla quale, per questo motivo, viene espulsa per tre anni.

In qualità di assistente sociale nell’amministrazione comunale, dal ’39 al ’42 contribuisce alla fuga di numerose famiglie ebree residenti a Varsavia fornendo loro documenti falsi. Quindi, si unisce al Consiglio di Aiuto degli ebrei fondato nel dicembre del 1942 e meglio noto con lo pseudonimo Zhegota, un contenitore clandestino di polacchi ma anche di ebrei appartenenti a schieramenti politici di destra e sinistra, rimasto attivo fino a gennaio del 1945.

Assegnata alla guida del Dipartimento per l’infanzia interno all’associazione clandestina, Irena mette in salvo 2500 bambini, sottraendoli al destino previsto per loro con la distruzione del ghetto di Varsavia, il più grande ghetto europeo nel quale furono uccise 450.000 persone.

Ottenuto un lasciapassare come infermiera addetta ai controlli per la diffusione di epidemie, organizza sotto lo pseudonimo di “Jolanta” una rete di soccorso interna al ghetto; indossa sempre una stella di David in segno di solidarietà ma anche per potersi meglio confondere tra la gente.
«L’enorme numero di bambini messi in salvo da Zhegota – scrive Irena nelle sue lettere – andava catalogato e ricordato, nonostante l’enorme pericolo che questo tipo di operazione comportava, perché era l’unico modo per consentirne, a guerra finita, il ritorno alle famiglie d’origine e perché basandosi sull’elenco in cui erano annotati gli indirizzi ai quali ciascun bambino veniva destinato, potevano essere recapitati i soldi per coprire le spese di soggiorno».

Le liste furono scritte su sottili fogli nascosti, in un primo momento, in casa della stessa Irena e poi trasferite in un barattolo sotterrato nel giardino di un “contatto” della Sendler.

Diversi furono i sistemi adottati per la fuga; i bambini venivano sedati e rinchiusi in un sacco per farli sembrare morti di tifo; nascosti tra stracci sporchi di sangue all’interno di ambulanze o, ancora, nascosti dentro casse di attrezzi trasportate nel furgone di un tecnico del comune che teneva sul sedile anteriore il suo cane addestrato ad abbaiare in presenza di soldati nazisti, così da coprire il pianto dei piccoli.

Una volta “liberati”, i bambini venivano affidati a famiglie residenti nelle campagne, mandati in conventi cattolici o ancora presso preti che li nascondevano nelle canoniche.
 
«Dopo la fine del conflitto – scrive Irena -, ho affidato gli elenchi a Adolf Berman, tesoriere di Zhegota che a guerra conclusa divenne presidente del Comitato ebraico di aiuto sociale.
Egli, con l’aiuto degli attivisti a lui subordinati, prelevò i bambini dagli istituti polacchi gestiti da ordini cattolici o dalle famiglie private che li nascondevano. Il mio ruolo si esaurì sostanzialmente qui; non ricordo i loro nomi e loro non seppero mai il mio, dopo tutto, ciò fu indispensabile per la sicurezza di tutti. Per loro io ero solo “Auntic Jolanta”».

Le misure di sicurezza furono necessarie e fondamentali. Infatti, nell’ottobre del 1943, Irena venne arrestata dalla Gestapo e pesantemente torturata; ciò non bastò però, a farle rivelare il segreto suo e di migliaia di bambini.

La rete della resistenza polacca riuscì a far fuggire Irena, ormai condannata a morte, corrompendo i soldati tedeschi e facendo scrivere il nome della Sendler tra i prigionieri già messi a morte.

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Fonte: Enciclopedia delle donne

Autore: 
Michela Lugli

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Articolo tratto interamente da 
Enciclopedia delle donne 


Grande lezione di un professore di Ravenna sulle leggi razziali


Articolo da Ravennanotizie

"Chi non è di Ravenna si metta da questa parte". È iniziato così l'esperimento forte e decisamente toccante a cui un professore di Ravenna, Diego Baroncini, insegnante di lettere in un istituto ravennate ha sottoposto i suoi studenti, per "trasmettere dal vivo" l'insegnamento della storia, in occasione della Giornata della Memoria.

Come riporta La Repubblica di Bologna, gli studenti lo hanno guardato con sospetto, ma gli hanno dato ascolto. I non ravennati, poco meno della metà degli studenti di una classe dell'Istituto San Vincenzo de' Paoli, si sono spostati da un lato e il professore ha continuato dicendo che loro non sarebbero più potuti venire a scuola. "Prof, ma è serio?", "dai, è uno scherzo", sono le frasi pronunciate dagli studenti allibiti. Il docente li ha incalzati: "Sono serissimo" e li ha invitati perentoriamente a togliersi orologi, braccialetti, collanine, ma anche gli occhiali, le cinture e le scarpe, o a legarsi i capelli, come se non li avessero più lunghi. Una ragazza tornando verso il gruppo dei "non nati a Ravenna" senza scarpe avrebbe detto: "Non mi sento più io".

Momenti di imbarazzo e di silenzio. Poi, i non ravennati sono stati spostati verso le finestre, nella parte più fredda della classe, mentre gli altri sono rimasti al calduccio, vicino ai termosifoni. Infine, la rivelazione: "Chi di voi ha capito?". Tutti avevano capito: "Ci ha fatto vivere cosa hanno provato gli ebrei quando sono stati separati dai loro compagni, quando sono stati deportati". E voi come vi siete sentiti? "A disagio, gli altri mi vedevano come io non voglio essere vista". E ancora: "Ma senza occhiali non vedevo nulla". Tutti concordano: non è giusto, ovvio. Eppure è stato.

Poi ai ragazzi del gruppo ravennate il professore ha chiesto: "E voi, perché siete stati zitti?". "Perché lei è il prof", hanno risposto. "Ma se l'autorità commette qualcosa di atroce voi non dovete tacere. Succedeva cosi anche con le leggi razziali: alcuni avevano paura di esporsi pur riconoscendo che non erano giuste, altri hanno reagito con un atteggiamento superficiale".

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Fonte: Ravennanotizie


Autore: redazione 
Ravennanotizie


Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da Ravennanotizie.it


Oms: la metà della popolazione mondiale non ha accesso ai servizi sanitari essenziali



Ogni anno al mondo 100 milioni di persone sono costrette a vivere in condizione di povertà a causa delle spese sanitarie private. Servono più investimenti da parte dei governi, fondamentali la lotta alle epidemie e l’innovazione finanziaria. 

Nonostante gli enormi passi avanti compiuti negli ultimi decenni, c’è ancora molto da fare in materia di assistenza sanitaria. Secondo la recente ricerca “Tracking Universal Health Coverage: 2017 Global Monitoring Report”, condotta in sinergia tra l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e la Banca mondiale, metà della popolazione globale non può ancora accedere a servizi sanitari indispensabili, e ogni anno circa 100 milioni di persone vivono in condizione di povertà a causa delle alte spese sanitarie “out-of-pocket” (ovvero quelle private, direttamente a carico dalle famiglie) che sono costrette a sostenere. Un fattore, quest’ultimo, determinante, perché non si può garantire un’assistenza sanitaria “universale” fin quando i costi da sostenere rappresentano un notevole onere finanziario per le famiglie. 

Ogni anno sono circa 800milioni le persone (potrebbero formare la terza nazione del mondo per popolazione) che spendono almeno il 10% del proprio reddito in cure. Una quota non banale, che spesso costringe a scegliere tra salute e altri beni e servizi necessari come il cibo e la retta da pagare per mandare i propri figli all’università. 

Di questi, nel 2010 circa 281 milioni vivevano nell’Est asiatico (quota che rappresenta il 12,9% della popolazione locale), 220,6 milioni nel Sud asiatico (13,5% della popolazione locale), 89 milioni nell’Africa sub-sahariana (10,3% della popolazione locale), 88,3 milioni in America latina (14,8% popolazione locale), 61,8 milioni in Europa e Asia centrale (7% popolazione locale) e 52,2 milioni in Medio-oriente e Africa del Nord (13,4 % popolazione locale).

La ricerca si focalizza anche sugli effetti indiretti generati dalla precarietà del comparto sanitario. Uno su tutti: la perdita di capitale umano. La salute costituisce infatti la base della attività svolte quotidianamente dalle persone. Senza una buona condizione di salute, ad esempio, calano le prestazioni sul posto di lavoro delle persone e i bambini sono costretti a rinunciare alla formazione scolastica, un danno sia sotto il profilo culturale che economico. “L’unico modo per garantire universalmente l’assistenza sanitaria è chiedere ai governi uno sforzo maggiore negli investimenti da indirizzare al settore”, sostiene Jim Yong Kim, presidente della Banca mondiale. Importanti sono quelli da destinare alle cure dei bambini: i primi anni di vita determinano le buone condizioni future.




Nostalgia della casa di Anonimo


Nostalgia della casa

E’ più di un anno che vivo al ghetto,
nella nera città di Terezìn,
e quando penso alla mia casa
so bene di che si tratta

O mia piccola casa, mia casetta,
perché m’hanno strappato da te,
perché m’hanno portato nella desolazione,
nell'abisso di un nulla senza ritorno?

Oh, come vorrei tornare
a casa mia, fiore di primavera!
Quando vivevo tra le sue mura
io non sapevo quanto l’amavo!

Ora ricordo, quei tempi d’oro:
presto ritornerò, ecco già corro.

Per le strade girano i reclusi
e in ogni volto che incontri
tu vedi che cos’è questo ghetto,
la paura e la miseria.

Squallore e fame, questa è la vita
che noi viviamo quaggiù,
ma nessuno si deve arrendere:
la terra gira e i tempi cambieranno.

Che arrivi dunque quel giorno
in cui ci rivedremo, mia piccola casa!
Ma intanto preziosa mi sei
perché mi posso sognare di te.

Anonimo

Poesia di un ragazzo ebreo deportato nel campo di concentramento di Terezín.


Citazione del giorno


"Oggi più che mai, è necessario che i giovani sappiano, capiscano e comprendano: è l’unico modo per sperare che quell'indicibile orrore non si ripeta, è l’unico modo per farci uscire dall'oscurità."

Elisa Springer


Grecia: il Parlamento ha approvato il cambio di nome della Macedonia

Потпишување на договорот за македонско-грчкиот спор -17.06.2018, Преспа- (42853678821)

Articolo da Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto

25 gennaio 2019

Dopo la Macedonia, anche la Grecia ratifica l'accordo bilaterale sottoscritto il 12 giugno 2018 dal primo ministro greco Alexīs Tsipras e il primo ministro macedone Zoran Zaev per cambiare il nome dello Stato macedone in “Repubblica della Macedonia settentrionale”.

L'11 gennaio scorso il parlamento macedone aveva approvato una legge costituzionale per cambiare ufficialmente il nome in “Repubblica della Macedonia settentrionale”, ma l'entrata in vigore della modifica era subordinata alla ratifica da parte del Parlamento ellenico del trattato bilaterale di giugno, cosa avvenuta oggi grazie al voto favorevole di 153 deputati su 300, con 146 contrari e un astenuto.

Il partito Nea Dimokratia ha votato contro l'accordo sostenendo che il toponimo Macedonia appartiene esclusivamente alla storia ed alla cultura greca. Prima del voto, v'erano state delle proteste in piazza Syntagma da parte delle forze di destra, sfociate anche in tafferugli ed episodi di vandalismo e violenza, comunque controllati e contenuti dalla forza pubblica.

Il leader del partito dei Greci indipendenti (ANEL), Panos Kammenos, l'11 gennaio 2019 aveva provato a creare una crisi interna alla maggioranza annunciando le dimissioni dall'incarico di ministro della Difesa, dichiarando inaccettabile la ratifica del trattato greco-macedone. Tuttavia gli altri membri del partito non lo hanno seguito ed hanno sostenuto l'azione del Governo Tsipras, il quale aveva anche richiesto e ottenuto la fiducia del Parlamento.

L'accordo tra i due Stati dovrebbe porre fine a una controversia tra i due Paesi sorta nel 1991, quando la Macedonia dichiarò la sua indipendenza dalla Jugoslavia scegliendo il nome “Repubblica di Macedonia”. Nome che suscitò forti critiche da parte dei cittadini greci, che accusarono i macedoni di essersi appropriati dell'identità culturale e storica appartenente alla confinante Regione della Macedonia, entità amministrativa greca. Nel 1993 l'ONU subordinò l'ingresso della Macedonia nell'organizzazione alla condizione che il suo nome ufficiale fosse “Former Yugoslav Republic of Macedonia” (FYROM).

A favore della pacificazione di Grecia e Macedonia si erano espresse l'Unione europea e la NATO. Perplessità erano state espresse dal ministro degli esteri russo Sergej Viktorovič Lavrov per il timore di una possibile adesione della Macedonia al trattato nordatlantico. Contrari anche le forze nazionaliste greche.

Nel settembre 2018, l'opposizione filorussa per tentare di fermare il progetto aveva promosso un referendum consultivo che domandava ai cittadini macedoni: "Sei a favore dell'adesione all'Unione europea e alla NATO, accettando l'accordo tra la Repubblica di Macedonia e la Repubblica di Grecia?". Il referendum, nonostante la vittoria del 'sì', è fallito per il mancato raggiungimento del quorum: l'affluenza era sta solo del 36.91%.

Il governo del primo ministro Zoran Zaev quindi ha deciso di sottoporre al voto parlamentare l'approvazione della riforma costituzionale, che in aula ha ottentuo il voto favorevole di 81 parlamentari su 120, oltre i due terzi necessari all'approvazione.

Fonte: Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto 

Autori: vari

Licenza: Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution 2.5 Generic License.

Articolo tratto interamente da Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto 


Photo credit Влада на Република Македонија from Македонија [Public domain], attraverso Wikimedia Commons


venerdì 25 gennaio 2019

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La Nuova Zelanda vista dal cielo

La Nouvelle Zélande vue du ciel from Myriam et Luc on Vimeo.

Photo e video credit Myriam et Luc caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Eclissi lunare totale 2019

Eclipse Total de Luna 2019 from Timelapse Mexico on Vimeo.


Photo e video credit 
Timelapse Mexico caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons 


La massa


"La massa è ricettiva di un’immagine, non di un pensiero. Non è una forza in movimento, ma statica, perché del pensiero interrompe il circuito, proprio come in fisica. Forse si può affermare che la massa fa massa: statica, inerte a qualsiasi manipolazione e a qualsiasi movimento."

Giorgio Gaber 


3 anni senza Giulio




Comunicato da Amnesty International - Italia

Sono stati tre anni faticosi, impegnativi e carichi di emozioni. Rimbombano nella testa le parole di Paola Deffendi, la madre di Giulio Regeni, che ci raccontano “di tutto il male del mondo che ho visto sul corpo di Giulio […] un corpo riconosciuto solo dalla punta del naso”.

Queste parole hanno dato il via ad una campagna nazionale per la ricerca della verità che ancora oggi va avanti e non ha intenzione di fermarsi.

In questo terso anniversario di lutto e di domande che la famiglia Regeni continua a fare senza ottenere risposte, è fondamentale non consegnare Giulio Regeni alla memoria e alla commemorazione.

Grazie all’aiuto delle nostre attiviste e dei nostri attivisti continuiamo, giorno dopo giorno, a chiedere la verità con iniziative da nord a sud del paese.

Continueremo fino a quando ci sarà una verità giudiziaria che coincida con quella storica, che attesti quel “delitto di stato”, ne accerti le responsabilità individuali e le collochi lungo una precisa catena di comando.

Con questo desiderio fissato nel cuore, il 25 gennaio alle 19.41 porteremo in tutte le piazze d’Italia una candela, il “giallo Giulio”.


Quella del 25 gennaio non è una semplice manifestazione, ma vuole essere un abbraccio fortissimo di sostegno di tutta Italia dedicato a Giulio Regeni e alla sua famiglia.

Continua la lettura su Amnesty International - Italia