sabato 29 settembre 2018

Giorno d'autunno di Rainer Maria Rilke




Giorno d'autunno 

Signore: è tempo. Grande era l'arsura .
Deponi l'ombra sulle meridiane,
libera il vento sopra la pianura.
Fa' che sia colmo ancora il frutto estremo;
concedi ancora un giorno di tepore,
.che il frutto giunga a maturare, e spremi
nel grave vino l'ultimo sapore.
Chi non ha casa adesso, non l'avrà.
Chi è solo a lungo solo dovrà stare,
leggere nelle veglie, e lunghi fogli
scrivere, e incerto sulle vie tornare
dove nell'aria fluttuano le foglie.


Rainer Maria Rilke 


Indonesia: un violento terremoto ha causato uno tsunami



Una fortissima scossa di magnitudo 7.5 ha colpito l'isola Sulawesi, nel centro dell'Indonesia. Il terremoto ha causato uno tsunami con onde alte fino a sei metri, che hanno spazzato via le case in diverse città. Un'ora prima dell'arrivo dell'onda anomala era stata fatta rientrare l'allerta tsunami.

Il primo bilancio provvisorio parla di 48 morti e 356 feriti, ma numerosi sono i dispersi.

Nelle prossime ore ci sarà più chiarezza, ma si teme una tragedia molto pesante.

Come tutti ricorderanno, nel dicembre 2004, un terremoto di magnitudo 9.1 al largo dell'isola di Sumatra, aveva causato uno tsunami che comportò 230mila morti.




Video credit Катаклизмы и катастрофы природы. caricato su YouTube


venerdì 28 settembre 2018

Le mode gastronomiche dagli anni cinquanta al duemila


Forse, non c'è argomento più aggregante e nello stesso tempo più scindibile del cibo; stavolta vorrei soffermarmi sulle mode gastronomiche degli ultimi anni.

Noi italiani, abbiamo una peculiarità; nonostante la grande varietà di materie prime, guardiamo sempre all'estero e quindi qualsiasi pietanza, abbia un certo non so che di estero o esotico, per noi è mangiabile. In effetti, abbiamo avuto mode gastronomiche più che encomiabili e altre decisamente da dimenticare.

Negli anni '50, si affacciavano i primi cibi in scatola; ma tutto sommato, per chi non poteva permettersi questi prodotti industriali, resisteva una buona e robusta cucina casalinga con le innumerevoli varianti regionali, come per esempio: polpette, timballi di pasta, agnolotti, involtini di carne, coda alla vaccinara, torta di mele e tartufi al cioccolato.

Durante il boom economico, cioè negli anni sessanta; vi è un totale cambiamento del modo di mangiare, grazie anche all'aumento delle possibilità economiche delle famiglie. Quindi via libera a svariati antipasti come: cocktail di scampi, vol-au-vent, capesante gratinate, sandwich, fettuccine a doppio burro, tagliatelle paglia e fieno condite con prosciutto e pecorino, insalata di carne in scatola, insalata russa, tiramisù, profiterol e dall'America la Banana Split.

Siamo arrivati agli anni settanta e dalla Francia è appena nata la nouvelle cuisine, basata su una cucina leggera e con cotture veloci, che forse rivoluzionerà tutta la gastronomia mondiale. Grazie a questa nuova moda, da noi arriveranno: aspic di ogni genere, tartare di salmone, anatra all'arancia, gamberoni flambè e come dessert pesca Melba, la torta foresta nera e il salame di cioccolato.

Dopo il minimalismo anni '70, arriva tutta l'opulenza degli anni ottanta, pieni di eccessi e la colesterofobia, ancora molto lontana. Si parte dagli antipasti tartine al caviale e uova sode ripiene per i primi, risotto alla fragola, tortellini panna e prosciutto, penne alla vodka, lacerto con purè e piselli, salmone affumicato, filetto al pepe verde e come dessert uva caramellata, senza dimenticare il Mont Blanc.

Negli anni novanta invece, s’inizia a prestare più attenzione all'alimentazione e la forma fisica, prediligendo alimenti light o quasi, mangiavamo: bresaola con rucola e grano, tagliata di manzo con rucola e pomodorini, insalata di riso, paella, conchiglioni ripieni, torta allo yogurt e panna cotta.

Avvicinandoci agli anni duemila, nascono nuovi concetti culinari come la cucina molecolare e si ha l'avanzata di un nuovo salutismo. Quindi poca carne rossa e si riscopre una cucina un po' più contadina: insalate e zuppe di legumi, la riscoperta di grani antichi tipo avena, kamut, farro e il khorasan. L'arrivo di piatti sempre più esotici con la moda"ancora imperante" del sushi e della cucina coreana/vietnamita e il cous cous; invece per i dessert la cheesecake, cupcake, macarons, pancake e come non dimenticare i muffin nella variante dolce e salata.

Siamo giunti alla fine di questo lungo viaggio, nel vasto mondo delle mode culinarie; sicuramente avrò dimenticato qualche pietanza e vorrei chiedervi a voi, quale vi è rimasta nel cuore e quale avete odiato? A voi la parola...  

Autore: Mariangela B.

Coautore: Cavaliere oscuro del web
 



Scossa di terremoto di 4.2 in Calabria



Una scossa di terremoto di magnitudo 4.2 è stata registrata alle 7.24 al largo della costa calabrese. L'epicentro è stato localizzato vicino Palmi, ad una profondità di circa 11 km. Il sisma è stato molto superficiale, quindi è stato avvertito in diverse zone, fino a Messina.

Sospeso per precauzione il traffico ferroviario sulla linea tirrenica tra le stazioni di Reggio Calabria e Rosarno, per consentire una verifica degli impianti.

L'amica blogger Santa Spanò, abita nella zona colpita, questo è il suo post pubblicato su Facebook, pochi minuti dopo la scossa:


Sono le 7:30 di venerdì: #TERREMOTO.
Questa volta non ho le allucinazioni...
Paura e chiudo!
*Aggiornamento delle 8:26 - Scossa di 4.2 a 11 km di profondità e 7 km dalla Costa Viola. Per fortuna non ci sono danni.
Buongiorno e una buona giornata a tutti.


Al momento non si segnalano danni e feriti, ma soltanto tanta paura.


Pollice su e giù della settimana


Usa, salvi gli orsi di Yellowstone: giudice boccia la decisione di Trump tratto da La Repubblica





Riprende incendio nel pisano,fiamme alte tratto da Ansa








mercoledì 26 settembre 2018

Jobs act: la Consulta boccia criterio su indennità licenziamento



Articolo da Radio Città Fujiko 

La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, comma 1 del Jobs Act, che per i licenziamenti senza giusta causa calcolava l'indennità al lavoratore solo sulla base dell'anzianità. "Norma contraria ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza e contrasta con il diritto e la tutela del lavoro". Il commento di Marta Fana.


La Corte Costituzionale ha dato ragione al Tribunale del Lavoro di Roma, definendo incostituzionale il calcolo delle indennità al lavoratore previsto dal Jobs Act. L'articolo 3, comma 1 del Jobs Act prevedeva infatti un indennizzo pari a due mensilità dell'ultima retribuzione di riferimento per ogni anno di servizio, da un minimo di 4 mensilità ad un massimo di 24. Il recente Decreto Dignità a firma Di Maio ha alzato i limiti previsti per il numero di mensilità, portandoli ad un minimo di 6 e ad un massimo di 36, ma senza intaccare i criteri definiti illegittimi nell'odierna sentenza della Corte Costituzionale.


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Intervento audio su Radio Città Fujiko  

Fonte: Radio Città Fujiko 

Autore: redazione Radio Città Fujiko 


Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported.



Articolo tratto interamente da Radio Città Fujiko



Nun c’è niente de più bello...



"Nun c’è niente de più bello de na persona in rinascita. Quanno s’ariarza dopo na caduta, dopo na tempesta e ritorna più forte e bella de prima. Con qualche cicatrice in più ner core sotto la pelle, ma co la voglia de stravorge er monno, anche solo co un sorriso."

Anna Magnani


Il ‘reato di solidarietà’ si moltiplica in Europa


Articolo da Global Voices

Undici persone che erano state arrestate e accusate [en] di tratta di esseri umani nell'ottobre 2017 sono apparse in tribunale a Bruxelles il 6 settembre scorso, alla prima udienza di un processo che secondo gli attivisti è l'ennesimo caso in Europa di “criminalizzazione della solidarietà”.

Gli imputati avrebbero assistito lo scorso anno 95 migranti privi di documenti, tra cui 12 minori, nel tragitto dal Belgio al Regno Unito, ospitandoli nelle loro case, prestando loro il telefono o aiutandoli a salire a bordo dei camion diretti dall'altra parte del canale.

Il giorno del processo, trecento persone hanno protestato [fr, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] davanti al tribunale. I manifestanti sostengono che si tratti di un processo politico che mira a dissuadere la popolazione dall'aiutare i migranti, creando un precedente giudiziario di natura intimidatoria.

Gli imputati sono due giornaliste belghe, un assistente sociale belga di origini marocchine, un uomo tunisino residente legalmente in Belgio e sette persone che sono essi stessi migranti privi di documenti. Otto degli imputati sono in carcere dal momento dell'arresto.

La legge belga prevede che ci debba essere una transazione monetaria perché un atto sia inquadrato come tratta di esseri umani, cosa che gli imputati negano sia mai accaduta. Tuttavia, il rapporto tra i migranti e chi li aiuta sembra rientrare in una zona grigia dal punto di vista giuridico e si teme che il campo di applicazione della legge venga impropriamente esteso in modo da colpire gli attivisti.

Myriam Berghe, una delle due giornaliste, ha dichiarato in un'intervista alla RTBF (l'emittente pubblica belga) di aver ricevuto denaro per conto di un migrante che ospitava. Dice Berghe che al migrante in questione era stato inviato denaro dall'estero tramite Western Union, ma che non aveva modo di ritirarlo in mancanza di documenti. Quello che secondo la giornalista era semplicemente un atto di gentilezza, agli occhi delle autorità rappresenta il pagamento per tratta di migranti.

Nella stessa intervista spiega che, nonostante alcune delle persone che ha ospitato siano essi stessi contrabbandieri, lei non li considererebbe “trafficanti di esseri umani”:
Sì, ho ospitato dei contrabbandieri. Ma occorre capire di quale realtà stiamo parlando. Le 12 persone coinvolte in questo caso non hanno nulla a che fare con ciò che la legge chiama “trafficanti di esseri umani”. Sono giovani abbandonati che cercano di sopravvivere diventando piccoli contrabbandieri per il tempo necessario a pagarsi un passaggio.


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Fonte: Global Voices


Autore: scritto da 
Melissa Vida tradotto da Paola Forti

Licenza: Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 Unported License.


Articolo tratto interamente da 
Global Voices 


martedì 25 settembre 2018

Comunicato Arci su decreto sicurezza


Comunicato da Arci

Una pagina nera per la nostra democrazia, che avrà conseguenze negative anche per le amministrazioni locali.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità il testo che ha unificato i due provvedimenti su immigrazione e sicurezza. Già ci sarebbe molto da dire sull’abbinamento sicurezza-migranti che lascia intendere come questi ultimi siano comunque considerati dal governo un problema di ordine pubblico. E coerentemente con questa convinzione, il decreto riduce drasticamente i diritti di chi chiede o ha ottenuto protezione, eliminando di fatto quella umanitaria ed elencando una serie di condizioni che possono portare alla revoca dell’asilo e della cittadinanza.

Fortemente ridimensionato risulta poi il sistema d’accoglienza Sprar, l’unico che abbia garantito una gestione trasparente e  l’integrazione degli stranieri ospitati,  innanzitutto nella comunità in cui è situato il centro.

Con questo decreto gli Sprar potrebbero essere aperti solo a minori e a titolari di permesso di soggiorno, riducendone drasticamente l’efficacia e il numero di accolti.

Si preferisce puntare sui grandi centri e sulla gestione privata affidata alle gare d’appalto delle Prefetture e non dei Comuni. Centri che già hanno dato risultati pessimi sul piano della trasparenza, dell’integrazione e del rispetto dei diritti e della dignità dei migranti accolti, oltre che sull’impatto sulle comunità e sui territori. Viene riproposto l’allungamento a 180 giorni dei tempi della detenzione amministrativa, nonostante ne sia già stata dimostrata l’inefficacia per i fini che si propone.

Un elenco di provvedimenti che nella pratica cancellano molto delle iniziative positive e sostenibili che sono state messe in piedi i questi anni e che hanno visto protagonisti i sindaci e le comunità locali.

Il profilo di illegittimità è palese. La contrarietà ai principi della nostra Costituzione è evidente. Le persone in cerca di protezione continueranno ad arrivare: i conflitti proliferano e i profughi ne sono una diretta conseguenza. L’attuale instabilità in Libia ne è un’ulteriore prova.

L’ARCI esprime la sua netta contrarietà agli interventi previsti nel Decreto Legge.
Si appella al Presidente della Repubblica, massimo garante del rispetto dei principi costituzionali, affinché non firmi un simile provvedimento.

Chiama alla mobilitazione per ribadire la necessità di rafforzare il diritto d’asilo in Italia, non di cancellarlo, e di sostenere i percorsi di inclusione sociale garantiti dalla rete d’accoglienza Sprar e non di abolire ogni buona prassi favorendo la ghettizzazione dei richiedenti asilo, il business di soggetti incompetenti e la corruzione che ne deriva.


Citazione del giorno


"Non ho paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti."

Martin Luther King


In questo blog lo spam non è ammesso


Voglio ricordare a tutti, che in questo blog lo spam non è ammesso. Quindi evitate di lasciare commenti con proposte commerciali e pubblicità, oltre a link cliccabili.  Non è mia abitudine cestinare, ma il rispetto viene prima di tutto.




domenica 23 settembre 2018

Un autunno da scoprire



"Voglio un autunno rosso come l’amore, giallo come il sole ancora caldo nel cielo, arancione come i tramonti accesi al finire del giorno, porpora come i granelli d’uva da sgranocchiare. Voglio un autunno da scoprire, vivere, assaggiare." 

Stephen Littleword


Immagine del giorno

It is another new day of autumn

Benvenuto autunno

Photo credit Brandon Oh caricata su Flickr - licenza foto: Creative Commons




sabato 22 settembre 2018

Aggressione fascista a Bari al termine del corteo antirazzista




Esprimo la mia solidarietà ad Eleonora Forenza, Antonio Perillo, Claudio Riccio e a tutte le vittime dell'aggressione squadrista e fascista, subita al termine della manifestazione antirazzista, che si è svolta ieri sera a Bari.


Per maggiori informazioni e la cronaca:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/09/22/bari-aggressione-al-corteo-antirazzista-contro-salvini-picchiati-dai-fascisti-due-feriti-casapound-noi-provocati/4642725/


E vien l'autunno di Angiolo Silvio Novaro


E vien l'autunno

I fiori e l’erbe
si seccarono sui loro steli,
e venne l’autunno,
e riprese il vento a mugghiare
precipitandosi per le gole
mentre i nuvoloni bigi
si accavallavano per il cielo
e gli uccelli fuggivano impauriti
gettando uno strido,
e qualche foglia d’ulivo
si staccava e ondeggiava per l’aria
prima di scendere,
quasi rabbrividisse
di dovere toccar terra.

Angiolo Silvio Novaro


Tanzania: naufragio nel lago Vittoria provoca oltre 130 morti



Articolo da Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto

21 settembre 2018

Un traghetto è naufragato nel lago Vittoria, il più grande lago del continente africano, nei pressi dell'isola Ukerewe in Tanzania, causando la morte di almeno 136 persone. Le operazioni di soccorso e di recupero dei corpi sono ancora in corso. Si teme che le vittime possano essere più di duecento.

La nave, secondo le prime ricostruzioni fornite dai media tanzani, sarebbe stata sovraccarica: pare che il traghetto avesse a bordo circa 400 passeggeri, nonostante la sua capacità massima fosse di 100 persone. Ma sono ancora in fase di accertamento le cause dell'incidente.

Il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella ha espresso il propiro cordoglio per la tragedia al presidente tanzano John Pombe Joseph Magufuli: "In questa tragica circostanza l’Italia è vicina all’amico popolo tanzaniano, con sentimenti di profonda partecipazione al dolore delle famiglie delle vittime e dei dispersi. Il nostro pensiero va anche ai feriti, cui auguriamo un pronto e completo ristabilimento.".

Fonte: Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto 

Autori: vari

Licenza: Creative Commons License
This work is licensed under a Creative Commons Attribution 2.5 Generic License.

Articolo tratto interamente da Wikinotizie, le notizie a contenuto aperto



venerdì 21 settembre 2018

A 80 anni dalle leggi razziali: la storia di Árpád Weisz



Il 1938 è stato uno degli anni più bui della storia italiana. Anzi, diciamolo in modo meno vago e più esplicito, quell’anno ha visto materializzarsi l’evento più vergognoso, perlomeno sul versante della politica interna, da quando nel 1861 l’Italia è diventata uno stato unitario, vale a dire la cancellazione di alcuni diritti fondamentali di una parte della popolazione, responsabile agli occhi di chi governava il Paese di una cosa soltanto: essere di «razza ebraica». Così suona l’espressione che si può leggere nel testo dei provvedimenti legislativi che in quell’anno sancirono le basi di questa discriminazione legale (dalla quale, per particolari benemerenze, alcune famiglie ebraiche furono escluse, ad esempio quelle con un componente caduto in guerra o iscritto al Partito Nazionale Fascista prima del 1923).

Queste si possono considerare le tappe principali: il 5 settembre apparve il decreto legge Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola italiana, che impedì ai ragazzi ebrei la frequentazione della scuola pubblica; il 7 dello stesso mese un altro decreto, Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri, sancì per questi ultimi l’impossibilità di prendere dimora in Italia e tolse la cittadinanza a quanti l’avevano ottenuta negli anni precedenti, a partire dal 1919. Il 6 ottobre la Dichiarazione sulla razza del Gran Consiglio del Fascismo aumentò il fardello delle discriminazioni nei confronti della popolazione ebraica. Infine il 17 novembre del 1938 un decreto legge intitolato Provvedimenti per la difesa della razza italianadiede una prima sistematizzazione alle disposizioni del Gran Consiglio e ai decreti legge apparsi nei mesi precedenti.

Nella prima parte dell’anno, quando le leggi vere e proprie non erano ancora state formulate, si poté assistere al progressivo insorgere di un clima ostile nei confronti degli ebrei, in gran parte fomentato dalla propaganda antisemita dei mezzi di informazione. Il documento noto come Manifesto della razza rappresenta forse il momento più significativo ed emblematico di questa lugubre temperie culturale che andava formandosi; apparso per la prima volta il 14 luglio su «Il Giornale d’Italia» venne ripreso nei giorni seguenti da altri giornali e riviste.

L’avvio di questa discriminazione razziale costituirà la premessa della devastazione della Shoahche, dopo l’8 settembre del 1943, comincerà a funestare anche il territorio italiano. Le deportazioni verso i lager nazisti furono l’atto estremo e l’esito mortale di quella barbarie antisemita a cui nel 1938 il fascismo, qui da noi, aveva dato il via.

Non è facile, anche per chi sia dotato delle migliori intenzioni, riuscire a far agire su se stessi il ricordo di eventi di tale smisurata grandezza. Come si può abbracciare una memoria di sofferenza così vasta? La sola Italia conta circa 7.000 morti nei campi di concentramento e 6.000 ebrei costretti, negli anni tra il 1938 e il 1941, a dolorosi esili forzati. La vita quotidiana di oltre 40.000 persone, caricata di angoscia e disperazione, venne stravolta quasi da un giorno all’altro. Allora dopo aver ricordato la vicenda in modo collettivo, per provare ad accostarsi a tanta sofferenza può essere indicato riversare la propria attenzione su una sola di queste vite oppresse, seguire una singola traiettoria esistenziale capace di rivelarci meglio il senso dell’intero. La storia che si è scelto di raccontare è quella di un uomo di sport, lo sport più popolare in Italia, il calcio.

Nato in Ungheria alla fine del secolo, Arpad Weisz è stato prima un buon giocatore, arrivato sino alla nazionale del proprio Paese, poi un allenatore, la cui carriera si è svolta quasi interamente in Italia. Non un allenatore fra i tanti però, bensì uno dei padri riconosciuti del calcio moderno. Del 1930 è un manuale, Il giuoco del calcio, da lui scritto assieme ad Aldo Molinari, che sarebbe ben presto divenuto un testo di riferimento in materia. Un libro che proprio quest’anno, in occasione del Giorno della Memoria, è stato ripubblicato dalle Edizioni Minerva. All’epoca uscì con un’introduzione elogiativa di Vittorio Pozzo, a sua volta destinato a diventare una leggenda del calcio italiano grazie ai due campionati del mondo vinti consecutivamente nel 1934 e nel 1938.

Weisz è un innovatore, nella tattica di gioco e nel metodo di allenamento, e la sua maestria trova conferma nei molti trionfi ottenuti. Ad oggi resta il più giovane allenatore ad aver vinto un campionato italiano, quello del 1929-30, che vide per la prima volta la serie A strutturata con un girone unico. Weisz aveva allora 34 anni e guidava l’Internazionale, squadra costretta dal fascismo a mutare il proprio nome in Ambrosiana per evitare possibili ammiccamenti alla galassia socialista. All’Inter fece esordire in prima squadra il diciassettenne Giuseppe Meazza, uno dei più forti calciatori italiani di sempre. Altri due scudetti arriveranno con il Bologna, nel 1936 e nel 1937, anno in cui vinse anche il Trofeo dell’Esposizione a Parigi, una competizione antesignana dell’odierna Champions League.

Nel 1938 Weisz (da tempo divenuto Veisz, causa l’allergia del regime a quella lettera iniziale di matrice straniera) può dunque ritenersi un uomo all’apice della sua carriera professionale, un maestro di calcio stimato, abituato a comparire sui giornali sportivi, benvoluto dai propri giocatori, con una moglie affascinante, a quanto riportano le testimonianze dell’epoca, e due bambini di 8 e 4 anni. Ma la vita della famiglia Weisz è sul punto di essere stravolta, di sprofondare nel baratro senz’altra ragione che quella di essere formata da un uomo e una donna di «razza ebraica» e da due figli che, anche se battezzati come cattolici, le leggi antisemite assimilano in tutto ai genitori: «è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica».

Razzisti convinti o meno a non pochi italiani la discriminazione fa semplicemente e cinicamente comodo, si liberano dei posti da occupare, si crea maggiore spazio per delle carriere professionali. Gli ebrei vengono accusati di essere presenti in modo sproporzionato, rispetto al loro numero complessivo, in alcuni ruoli sociali di rilievo. Ad allenare in serie A, ad esempio, sono 2 in un campionato a 16 squadre. Troppi, secondo il nuovo sentire. Il collega di Weisz, Ernö «Egri» Erbstein, è ungherese anche lui e come lui un nome di rilievo nella storia dell’Italia calcistica, sarà direttore tecnico e allenatore del Grande Torino. Più fortunato di Weisz, riuscì con i suoi famigliari ad attraversare indenne l’abisso della Shoah. Ma anche per «Egri» il destino avrà in serbo una scomparsa prematura, morirà con tutta la sua squadra nello schianto di Superga il 4 maggio 1949.

Dunque Weisz e la sua famiglia, in quel 1938, si eclissano. Il 26 ottobre è costretto a lasciare l’incarico di allenatore del Bologna; a suo figlio Roberto, il maggiore, viene impedita l’iscrizione alla terza elementare. È l’ingresso in un cono d’ombra, i giornali sportivi che tanto spazio gli avevano dedicato e con i quali aveva talvolta collaborato riservano al suo congedo una semplice riga: «Quanto a Veisz, sembra che lascerà l’Italia a fine anno», così il «Calcio illustrato», che soltanto l’anno prima l’aveva celebrato come «un’intelligenza purtroppo non comune nei nostri allenatori».


Le tracce di Arpad Weisz per molti decenni sono sembrate perdersi, nemmeno la sua morte nel genocidio ebraico poteva considerarsi un dato certo, anche se era supposta per l’assenza di notizie documentate e per il mancato rientro in Italia. Con una sola eccezione, negli anni Sessanta quando il Bologna guidato dal grande Fulvio Bernardini, che di Weisz era stato allievo, conquistò il suo ultimo titolo sulla rivista della squadra comparirono alcune notizie precise sulla sorte dell’allenatore ungherese e della sua famiglia. Null’altro. Persino Enzo Biagi, che negli anni Trenta abitava a Bologna e tifava per la squadra della città, era all’oscuro di tutto, in Novant’anni di emozioni accennò a Weisz soltanto per dire che «era molto bravo ma anche ebreo e chi sa come è finito».



Autore: 
Massimiliano Fortuna





Articolo tratto interamente da 
Centro Studi Sereno Regis


Oggi è la Giornata internazionale della pace





"Rifiuto di accettare l'idea che l'uomo sia un semplice relitto galleggiante nel fiume della vita, incapace di influenzare gli avvenimenti che lo circondano. Mi rifiuto di accettare la concezione per la quale l'umanità sia così tragicamente legata alla mezzanotte stellata del razzismo e della guerra che l'alba brillante della pace e della fratellanza non possa mai diventare realtà (…) Credo che anche se viviamo tra i mortai e gli spari delle pallottole di oggi, c’è ancora speranza per un domani più brillante."


21 settembre 1943 - Insurrezione della città di Matera contro il nazifascismo e strage di Matera


Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La strage di Matera, detta anche strage della milizia, fu un eccidio avvenuto in Italia durante la seconda guerra mondiale in cui morirono 15 persone, quattro delle quali ignote, compiuto durante l'insurrezione della città avvenuta il 21 settembre 1943; nel corso dell'insurrezione di quella giornata persero la vita altri 11 cittadini. Matera fu la prima città del Mezzogiorno a insorgere contro il nazifascismo.

Dopo il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 che annunciava l'entrata in vigore dell'armistizio di Cassibile, i fascisti abbandonarono il Palazzo della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale che fu temporaneamente occupato dai soldati tedeschi appartenenti al Primo Battaglione della Prima Divisione Paracadutisti e capeggiati dal maggiore Wolf Werner Graf von der Schulenburg, che in un rapporto redatto dal capitano inglese R.L. Stayer per conto del War Crime Group di Padova, verrà inserito in un elenco di nazisti da "rintracciare e catturare" in quanto responsabile della strage di Matera e dell'eccidio di Pietransieri, un'altra strage compiuta dall'esercito tedesco il 21 novembre 1943 nel comune di Roccaraso.

Con il passare dei giorni la situazione si fece sempre più tesa e cominciarono i rastrellamenti e gli arresti di civili e militari rinchiusi dai tedeschi nel Palazzo della Milizia, tra cui Natale Farina e Pietro Tataranni, due soldati materani di ritorno dal fronte arrestati nel primo pomeriggio del 21 settembre.

Immediatamente prima di abbandonare la città i nazisti fecero saltare in aria il Palazzo della Milizia, ormai divenuto una prigione, con al suo interno sedici persone: i civili Francesco Farina, intervenuto per chiedere la liberazione del figlio Natale e che invece fu imprigionato insieme a quest'ultimo, l'altro soldato materano di ritorno dal fronte Pietro Tataranni imprigionato poche ore prima insieme a Farina, il sedicenne Vincenzo Luisi catturato dai tedeschi davanti alla prefettura, quattro uomini di Martina Franca catturati dai tedeschi mentre si recavano a Matera per una causa in tribunale ed accusati di essere spie degli inglesi, e otto militari imprigionati nei giorni precedenti e accusati di diserzione e tradimento.

Nell'esplosione morirono quindici persone, cioè tutti coloro che si trovavano all'interno dell'edificio eccetto un soldato di nome Giuseppe Calderaro, classe 1922, nativo di San Donato, piccolo paese della Provincia di Lecce, estratto dalle macerie il giorno seguente dai Vigili del Fuoco, gravemente ustionato ma ancora vivo. Proprio Calderaro nella sua deposizione affermerà con certezza che all'interno dell'edificio si trovavano in tutto sedici persone, sebbene i cadaveri ritrovati furono solamente undici, di cui dieci identificati e uno classificato come sconosciuto, probabilmente un bersagliere.

Un elemento inquietante a sostegno della testimonianza dell'unico sopravvissuto è che al cimitero di Matera, oltre alle bare contenenti i cadaveri, furono consegnate altre due casse contenenti resti umani ma non fu mai chiarito se essi appartenessero ad altre persone o erano parti dei corpi recuperati tra le macerie.

Documenti dell'eccidio sono stati celati nell'armadio della vergogna.

Continua la lettura su Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Questo articolo è pubblicato nei termini della GNU Free Documentation License. Esso utilizza materiale tratto da Wikipedia, l'enciclopedia libera.



Pollice su e giù della settimana


Calvizie, l'essenza di sandalo potrebbe combattere la perdita dei capelli tratto da Blasting News





In Pronto soccorso mancano oltre 1.000 medici. Ognuno lavora il 30% in più tratto da Il Sole 24 ORE







giovedì 20 settembre 2018

Vi ricordo la pagina ufficiale Facebook di questo blog


Vi prego di far conoscere questa pagina. Grazie a tutti del vostro sostegno.
Posted by web sul blog on Domenica 12 aprile 2015



Una giornata particolare: recensione del film



Una giornata particolare è un film del 1977 diretto da Ettore Scola.

Trama 

La vicenda riassume la vita di due persone: Antonietta, casalinga ingenua ed ignorante e madre di sei figli, è sposata con un impiegato statale, fervente fascista; Gabriele è un ex radiocronista dell'EIAR disoccupato.

I due si conoscono nella giornata del 6 maggio 1938, data della storica visita di Adolf Hitler a Roma. Antonietta è costretta a vegliare sul focolare, mentre quasi l'intero caseggiato affluisce alla parata in onore del Führer. Nella palazzina semideserta, si accorge della presenza di un suo dirimpettaio a cui chiede aiuto per la cattura dell'uccello domestico scappato dalla finestra. Gabriele, che fino ad un attimo prima stava meditando il suicidio corre in aiuto della donna ed improvvisamente sollevato inizia a scherzare, accenna passi di rumba con lei e le offre in dono un romanzo (I tre moschettieri).

Nonostante la portiera del palazzo le sconsigli di frequentare il vicino, che lei definisce "un bisbetico, un cattivo soggetto", rimarcando il fatto che come se non bastasse l'uomo è sospettato di essere  antifascista, Antonietta è rapita dal suo fascino discreto, lo invita a casa per offrirgli un caffè, gli mostra il proprio album dove conserva le fotografie del Duce e tenta di conquistarlo sul terrazzo, volendo cogliere un'occasione per fuggire dall'esistenza grama e succube, retaggio della cultura fascista che relegava le donne a un ruolo subalterno di casalinghe fedeli e prolifiche. Gabriele però le deve confessare la sua omosessualità, causa principale del suo licenziamento dalla radio di Stato.

Superato il momento di cocente delusione da parte di Antonietta, che dà anche uno schiaffo a Gabriele per poi rinfacciargli la tentata seduzione, le due infelicità si ritrovano, arrivando a consumare un rapporto d'amore, uniti dalla solitudine delle loro anime. Per Gabriele è anche il giorno in cui viene condotto al confino in Sardegna sempre per il suo orientamento sessuale.

Antonietta lo vede mentre viene condotto via da due guardie, poco prima che ella, dopo avere interrotto la lettura del libro regalatole da Gabriele, sia costretta a tornare alla sua ristretta realtà domestica e a raggiungere a letto il marito-padrone, intenzionato a generare il settimo figlio e magari dargli come nome Adolfo in onore dell'illustre alleato.

Curiosità sul film

Il film negli esterni e in parte degli interni è stato interamente girato a Roma in una delle case di Viale XXI Aprile, i cosiddetti palazzi Federici, il più grande edificio di case popolari costruito in Italia negli anni trenta. Nello stesso stabile è stato girato anche il film Romanzo di un giovane povero.

La mia opinione

Il film mette in mostra gli anni bui del fascismo, nella pellicola vengono trattate diverse tematiche, come l'emarginazione e la discriminazione, temi sempre attuali.

Voto: 8


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