lunedì 28 febbraio 2022

Verso la terza guerra mondiale?



Articolo da Comune-info

La Germania e il Belgio hanno annunciato l’invio di aiuti militari a Kiev. L’Italia si prepara a fare altrettanto e una decisione analoga dell’Ue è data per imminente. Biden, intanto, torna a parlare di “terza guerra mondiale” con sconcertante leggerezza. Dice che questa è l’unica alternativa alla via delle sanzioni economiche. Sono parole che servono forse a preparare l’opinione pubblica all’eventualità? Europa e Nato stanno dichiarando guerra alla Russia? Su quali basi? Chi ha deciso? Perché? Con quali obiettivi? “Non lo sappiamo, perché non c’è vero dibattito su questi temi, solo allusioni… – scrive Lorenzo Guadagnucci – Manca soprattutto un’analisi a tutto campo delle origini di questa guerra…”. Chi ha provato a farla è stato zittito, ignorato, deriso

Siamo tutti a chiederci dove porterà la scellerata e criminale aggressione russa all’Ucraina, ma fatichiamo – credo di non essere il solo – a pensare in modo ordinato e sistematico, perché ci troviamo sommersi da molta (forse troppa) informazione impressionistica ed emotiva e da poca (pochissima) voglia di ragionare su questa guerra con apertura mentale e profondità storica.

Le notizie di sabato 26 febbraio sono certamente quelle che arrivano da Kiev aggredita e sotto pressione e dagli altri fronti di conflitto armato, ma più ancora fa impressione – e dovrebbe far notizia – ciò che sta maturando, sia pure in modo poco chiaro, nelle cancellerie europee, al comando Nato, a Washington. Oggi la Germania e il Belgio hanno annunciato l’invio di aiuti militari (armi pesanti) a Kiev; l’Italia si sta preparando a fare altrettanto e una decisione analoga dell’Unione europea è data per imminente. Come noto, l’invio di armi a una delle parti in causa, può essere considerato un atto ostile, un atto di guerra. La domanda che abbiamo il diritto/dovere di fare è allora: Europa e Nato stanno dichiarando guerra alla Russia? Su quali basi? Chi ha deciso? Perché? Con quali obiettivi?A Washington, intanto, il presidente Biden – pur debole politicamente all’interno del suo Paese e screditato, dopo la precipitosa e fallimentare fuga dal’Afghanistan, sul piano internazionale (o forse proprio per questo?) – è tornato a parlare di “terza guerra mondiale” con sconcertante leggerezza. Ha detto che questa è l’unica alternativa alla via delle sanzioni economiche… Sono parole che servono forse a preparare l’opinione pubblica all’eventualità? A indicare l’esito probabile della scelta di mandare armi in Ucraina?

Non lo sappiamo, perché non c’è vero dibattito su questi temi, solo allusioni. Nella marea di notizie che corre in Europa dalle redazioni di giornali, radio, siti e tv verso i cittadini mancano molte informazioni chiave, manca – soprattutto – un’analisi a tutto campo delle origini di questa guerra. Chi ha provato a ragionare attorno alle scelte fatte all’indomani dell’89, con l’espansione a est della Nato e il mancato avvio di un progetto comune di sicurezza in Europa (esteso alla Russia) e quindi del terreno favorevole così creato allo sviluppo dei nazionalismi in Europa e all’affermazione di un autocrate come Putin in Russia, è stato zittito, ignorato, deriso, a seconda dei casi. È successo per esempio all’ex ambasciatore Sergio Romano, che simili ragionamenti ha proposto in articoli relegati nelle pagine interne del suo giornale e in interviste ad altre testate; a Giulio Marcon, voce storica in Italia della cooperazione internazionale e del pacifismo, autore di un lucido e competente intervento sul Manifesto; al presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, autore di un’analisi storica e politica della vicenda ucraina ben diversa dalle superficiali, manichee e autoassolutorie “opinioni” dei maggiori editorialisti.

Quanto al mondo politico italiano – quasi inutile dirlo – siamo alla categoria del non pervenuto, con prese di posizione stereotipate e poca, pochissima argomentazione: ci si è fermati all’ovvia condanna dell’aggressione russa e del regime putiniano senza approfondire alcunché, senza prefigurare scenari, senza indicare limiti e obiettivi. E il governo Draghi, anche stavolta, ha brillato per opacità, se ci si consente il non casuale ossimoro.

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Fonte: Comune-info  


Autore: 
Lorenzo Guadagnucci

Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da 
Comune-info 


Discorso all'umanità



"Mi dispiace, ma io non voglio fare l'Imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l'un l'altro. In questo mondo c'è posto per tutti. La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca fra le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l'avidità ci ha resi duri e cattivi; pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità; più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti; la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell'uomo, reclama la fratellanza universale, l'unione dell'umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono, io dico: non disperate! L'avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e, qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie: siete uomini!
Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore, voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l'amore altrui. Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di S. Luca è scritto: "Il Regno di Dio è nel cuore dell'uomo". Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini. Voi! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera; di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore! Che dia a tutti gli uomini lavoro; ai giovani un futuro; ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere, mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse, e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere; eliminando l'avidità, l'odio e l'intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia, siate tutti uniti!
Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia, abbi fiducia. Guarda in alto, Hannah! Le nuvole si diradano: comincia a splendere il Sole. Prima o poi usciremo dall'oscurità, verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto, Hannah! L'animo umano troverà le sue ali, e finalmente comincerà a volare, a volare sull'arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto Hannah, lassù."


Tratto dal film "Il grande dittatore" di Charlie Chaplin.

Rete Italiana Pace e Disarmo: armi nucleari in massima allerta è sconsiderata e pericolosa



Comunicato da Rete Italiana Pace e Disarmo

Anche Rete Italiana Pace e Disarmo insieme a Senzatomica (partner della mobilitazione “Italia, ripensaci”) sottoscrive e rilancia il comunicato stampa diffuso da ICAN il 27 febbraio 2022 a seguito della decisione del Cremlino di aumentare lo stato di “prontezza” del proprio arsenale nucleare

Il mondo si è avvicinato a una catastrofe nucleare con l’ordine del presidente russo Vladimir Putin di mettere il suo arsenale nucleare in massima allerta in concomitanza con l’invasione illegale dell’Ucraina da parte del suo Paese. ICAN condanna fermamente l’ordine di Putin di mettere le forze nucleari russe in massima allerta. Questo è incredibilmente pericoloso e irresponsabile, specialmente durante un periodo di guerra e di alta tensione. ICAN chiede un immediato cessate il fuoco e il ritiro delle forze russe dall’Ucraina.

ICAN e i suoi partner esortano tutti gli Stati armati di armi nucleari a ritirare le loro forze nucleari e ad astenersi dal minacciare l’uso di armi di distruzione di massa. Qualsiasi uso di armi nucleari causerebbe una catastrofica sofferenza umanitaria e le ricadute – radioattive, economiche, politiche – danneggeranno le persone per generazioni.

In questo momento, la pericolosa politica della cosiddetta deterrenza nucleare è usata per permettere la continua invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Non mantiene la pace, ma permette la guerra contro il popolo ucraino.

Qualsiasi teoria che si basi sulla volontà di uccidere in massa i civili ed è tenuta sotto controllo da poco più che la pura fortuna alla fine porterà a un’orribile catastrofe umanitaria. Questo è ciò che si sta rischiando in questo momento, e deve finire. Per proteggerci dalla guerra nucleare, il mondo deve sostenere il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari – l’unica proibizione completa e legalmente vincolante che vieta lo sviluppo, il possesso, la minaccia d’uso e l’uso di armi nucleari e contiene un quadro per il loro smantellamento verificabile.

Continua la lettura su Rete Italiana Pace e Disarmo


Vignetta del giorno


 Photo credit Mauro Biani caricato su http://maurobiani.it/ - licenza: Creative Commons


Un dono di Mahatma Gandhi



Un dono

Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l'ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell'animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l'amore,
e fallo conoscere al mondo.

Mahatma Gandhi


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Citazione del giorno


 "Ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale."

 Etty Hillesum



sabato 26 febbraio 2022

Il mondo ha bisogno di pace!


Questo blog ferma i suoi post per tutto il fine settimana, visto gli ultimi avvenimenti ho poca voglia di pubblicare, purtroppo ogni giorno, solo brutte notizie e piano piano si sta spegnendo anche il lumicino della speranza. Il nostro mondo ha bisogno di pace e non di stupide guerre, quale futuro per l'umanità e per i nostri figli?


giovedì 24 febbraio 2022

Nuova guerra in Europa: iniziato il conflitto tra Russia e Ucraina

Russo-Ukraine Conflict (2014-present)


Articolo da la Sinistra quotidiana

Nessuno è fuori dal mirino. Nessuno è al sicuro. Nessuno può dirsi estraneo a quanto sta accadendo in Ucraina e, diciamolo pure, in Europa. Perché la Russia, almeno fino agli Urali, è Europa e perché la responsabilità di quella che Mosca chiama “una operazione speciale militare“, mentre noi la scambiamo maliziosamente per quello che ci appare veramente essere, una guerra, sta tanto ad oriente quanto ad occidente.

Nessuno può etichettarsi come “buono” contro il cattivo, perché di bontà e di onestà intellettuale, morale, civile, politica ed economica non c’è praticamente traccia in una serie di rapporti internazionali che hanno contribuito a far sì, dopo otto anni di combattimenti nella regione del Donbass, che l’alzata del mirino fosse determinata da reciproche (s)ragioni espansionistiche su un piano che, rinverdendo vecchie terminologie che tornano purtroppo sempre attuali, non è improprio appellare come “imperialistico”.

La fine della Guerra fredda in Europa e nel mondo aveva lasciato presagire che si sarebbe ridisegnata una mappa della geopolitica a livello globale e che le potenze che fino ad allora si erano fronteggiate avrebbero dovuto lasciare spazio a nuove emergenti nazioni, a nuovi poli di concorrenza sul terreno della modernità liberista: l’Unione europea, da un lato e i cosiddetti “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) dall’altro contendevano la bipolarità di un mondo lacerato da oltre cinquant’anni di conflitti giocati sulla pelle dei popoli per determinare le sfere di influenza sul globo.

Il ruolo dell’ONU è divenuto una appendice del vero regolatore delle ragioni del contendere: l’economia capitalistica, l’accumulazione di sempre maggiori risorse, il sostegno decisamente autarchico di certe ricchezze nazionali e continentali, con la conseguente formazione di uno sviluppo di agglomerati di potere che sono diventate vere e proprie modernissime plutocrazie.

Per questo desta un malcelabile sorriso tratteggiato dall’ironia il sentire parlare oggi, poche ore dopo l’attacco di Putin all’Ucraina, di ragioni economiche occidentali da difendere dagli oligarchi russi. La disinvoltura con cui i commentatori nelle nostre televisioni sottolineano la legittimità delle grandi speculazioni affaristiche, finanziarie e borsistiche americane ed europee è sorprendente: la colpa è tutta, soltanto da una parte. Quella della Russia, quella della Cina, quella di chi non aderisce al blocco (nemmeno troppo omogeneo…) del cosiddetto “Occidente democratico”.

La democrazia americana non è meno plutocratica dell’oligarchismo russo; e quest’ultimo non ha meno spinta al rafforzamento delle proprie posizioni di potere, per continuare ad essere sostenuto dai magnati che lo foraggiano, rispetto ad una Casa Bianca che doveva cambiare nettamente rotta in politica estera e che invece ha confermato, per filo e per segno, il disegno ricalcato e ben visibile di una Repubblica stellata gendarme del mondo, al servizio delle grandi organizzazioni del capitale (FMI, Banca Mondiale, OCSE…) e davvero molto poco differente in tutto ciò dalle smargiassate grossolane di Donald Trump.

Alle 6.00 di questa mattina, ora italiana, dunque i russi hanno bombardato i campi dell’aviazione militare ucraina, come primo atto per spianare la strada ad una invasione di terra che, nelle intenzioni putiniane, deve mettere fine alla minaccia dell’espansione della NATO ad est. Già, la NATO. Questo carrozzone bellicista, questo residuato militare del dopoguerra mondiale, questo arsenale di basi, di armi, aerei, navi e campi di addestramento sparsi per tutta l’Europa e, ad est, dai Paesi baltici alla Turchia.

Un mirino puntato contro la Russia. Un mirino che si è andato sempre più alzando ad altezza di tiro con l’allargamento progressivo dai tempi di Bill Clinton passando per i Bush, arrivando ai giorni nostri a lambire proprio i confini dell’ex impero degli zar, incuneandosi quasi fino a quel Caucaso che rimane una polveriera, esplosa più volta, di nazionalismi ed etnicità rivendicate al di qua e al di là dei confini di piccole repubbliche, alcune autoproclamate, altri riconosciute dagli Stati limitrofe, altre ridotte al silenzio da stermini di massa di cui si è sentito solo parlare qui, nel nostro “occidente democratico“.

Ma la “buona fede” degli Stati Uniti non può essere messa in discussione, perché il fregio di cui si vantano è di rappresentare quella democrazia che altri non hanno.

Sul relativismo dei concetti storico-politico-statali si potrebbe discutere per giorni e giorni e non se ne verrebbe veramente a capo, perché ciò che per Putin è democratico, per Biden è autoritario e ciò che per noi è imperialista, per entrambi è semplicemente il giusto spazio che entrambi devono conquistarsi per avere il loro posto nell’economia mondiale, per la sopravvivenza dei propri popoli, delle proprie reti industriali a scapito – si intende – di chi si deve stringere davanti all’allargamento dell’altro.

Non c’è, dunque, nessuna parte giusta da cui stare, se non quella della pace, dell’antimperialismo, dell’alterità a questo capitalismo liberista che, in tutta la sua naturalezza, sviluppa conflitti atti alla riorganizzazione delle sfere di influenza delle singole potenze emerse o emergenti nel corso di questi ultimi decenni.

La durezza del discorso di Putin può sembrare tale solo se non si prendono in considerazione i toni della NATO dei giorni scorsi, nonché quelle di Zelensky o di altri leader europei. Tutto questo aggrava ancora di più il dramma della guerra che, nonostante si possa fare anche sul web, con i cyberattacchi, o con armi di estrema chirurgica precisione, fa e farà le sue tante vittime civili. Perché un missile, una bomba, un fucile, per quanto millimetricamente precisi possano essere, comunque puntano ad annientare: qualcosa o qualcuno è indifferente.

Il cinismo è figlio naturale della bellicosità necessaria alle mire espansionistiche di chiunque voglia imporre al mondo il suo dominio imperiale e, magari, pure la sua visione in merito alla “democrazia“, esportabile, vendibile e gestibile per conto terzi. Un conto salato, che lascia sempre tante macerie tutte intorno alle vite diventate sopravvivenze estreme. L’Afghanistan, la Siria, l’Iraq, la Somalia, la Libia e tanti altri campi di battaglia quasi permanenti, sono lì a ricordarcelo: troppo attuali per entrare nei libri di storia, troppo giovani per rimanere nella memoria di chi li ha vissuti e ne porta tutte le cicatrici addosso, sulle carni vive…

Non è possibile schierarsi. Non è possibile sfuggire al mirino delle responsabilità. Non è possibile sentirsi migliori di altri, perché non lo siamo, perché, nonostante sia sufficientemente lontana da non farci temere ritorsioni nel nostro Paese, la guerra che è cominciata oggi è causata da uno scontro di interessi e di valori la cui inconciliabilità è determinata dalla tolleranza che per troppo tempo abbiamo avuto nei confronti del nostro modello di vita.

Ci siamo detti, sul finire degli anni ’90, che quella balcanica era una guerra eccezionale, che se la Jugoslavia non fosse implosa, non sarebbe accaduto niente e che, pur a due passi da noi, noi eravamo protetti e al sicuro grazie alla NATO e all’Europa.

A dover guardarsi dalle potenti democrazie occidentali dovevano essere i serbi, proprio mente venivano bombardati e mentre a Sarajevo, e tutto intorno, prendeva fuoco una interetnicità ricca di rancori, di odio e di voglia di suprematismo nazionale. Tutti accompagnatori spietati di conflitti che hanno bisogno di sempre maggiori ragioni per reggere alla prova sul campo, per giustificarsi nell’immediato e alla prova della verifica storica.

La sceneggiatura mortifera si ripete oggi in Donbass, in Ucraina, in Crimea: i toni muscolari di Putin sostengono una retorica patriottarda che poggia su una descrizione dei passati rapporti tra Mosca e Kiev, a partire dall’epoca dei Principati russi per arrivare fino alla Rivoluzione d’Ottobre, per legittimare prima il sostegno a Donetsk e Lugansk e da stamane l’attacco più generalizzato contro uno Stato considerato nell’orbita quindi non soltanto politica ma anche socio-culturale della Russia.

Articolo tratto interamente da la Sinistra quotidiana 

Photo credit Rr016, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

La guerra che verrà



"La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente faceva la fame.
Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente."



Bertolt Brecht



lunedì 21 febbraio 2022

Vi ricordo l'iniziativa: gli angoli


Voglio ricordare l'iniziativa: gli angoli




Arizona

Arizona 01 from Erik Hilton on Vimeo.

Photo e video credit Erik Hilton caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Costa dell'Australia meridionale

Aerial Shots from South Australia's remote coastline from OceanImaging on Vimeo.

Photo e video credit OceanImaging caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Fratelli e sorelle...


"Fratelli e sorelle, sono qui per dirvi che accuso l'uomo bianco. Accuso l'uomo bianco di essere il più grande assassino della Terra. Accuso l'uomo bianco di essere il più feroce rapinatore della Terra. Non vi è luogo in questo mondo dove l'uomo bianco possa andare e dire di aver portato la pace e l'armonia. Ovunque è andato ha portato la rovina e la distruzione. Per questo lo accuso. Lo accuso di aver perpetrato i crimini più efferati. Lo accuso di essere il più ignobile carnefice della Terra. Lo accuso di essere il più violento rapinatore e schiavista della Terra. Accuso l'uomo bianco di essere il più vorace mangiatore di carne suina della Terra. Lo accuso di essere il più ubriacone della Terra. Egli non può negare le accuse. Voi non potete negare le accuse. Noi siamo la prova vivente di tali accuse. Voi e io ne siamo la prova. Voi non siete parte dell'America. Siete le vittime dell'America. Non avete avuto scelta venendo qui. Lui non vi ha detto: "Uomo nero, donna nera, venite con me, aiutatemi a costruire l'America". Ha detto: "Sporco negro, entra nella stiva di quella nave. Ti porto in America in catene, perché devi aiutarmi a costruirla l'America". L'essere nati qui non fa di voi degli americani. Io non sono americano. Voi non siete americani. Siete uno dei 22 milioni vittime dell'America. Voi e io non abbiamo mai visto la democrazia. Non abbiamo visto la democrazia nei campi di cotone della Georgia. Non c'era democrazia laggiù. Non abbiamo visto la democrazia nelle strade di Brooklyn, nelle strade di Harlem, nelle strade di Detroit. Non c'è democrazia laggiù. No, non abbiamo visto mai la democrazia. Abbiamo visto soltanto l'ipocrisia. Noi non vediamo alcun Sogno Americano. Abbiamo vissuto solo l'Incubo Americano."
Malcolm X

Discorso iniziale tratto dal film Malcolm X


Citazione del giorno


"I sogni sono necessari alla vita."

Anaïs Nin

sabato 19 febbraio 2022

Potrai avere...



"Potrai avere tutte le ricchezze materiali di questo mondo, ma se non hai amore nel cuore, resterai sempre povero."

Massimo Troisi



Edilizia: un mondo sommerso di lavoratori sfruttati


Articolo da CUB - Confederazione Unitaria di Base

Nelle tante speranze, seguite dalla retorica della politica nostrana, che inseguono le nostre aspettative per quanto interessa la ripresa del paese, con la cosiddetta: crescita, nell’unico boom edilizio che finora ha interessato la nostra attenzione sindacale non può essere altro che il continuo, persistente: sfruttamento di manodopera del settore.

La crisi di manodopera nell’ “Industria del mattone”, con le aziende che lamentano mancanza di lavoratori edili, esiste davvero? La risposta è: "SI". Infatti, migliaia di lavoratori sono - letteralmente – “scappati” da questo comparto, nonostante il settore che sia pubblico o privato, è da sempre considerato un volano per l’economia del paese. Un volano che ha visto negli anni, oltre alla crisi, una violenza perpetrata dai tanti impresari o appaltatori edili che, hanno sfruttato, sottopagato e violentato nella dignità le maestranze impiegate nei cantieri edili.

Uno dei fattori allarmanti riguarda l’economia sommersa. I lavoratori “undeclared” (non dichiarati) in Italia, oscillano tra il 15% e il 30% (dati che non fanno dell’Italia la capolista del lavoro in nero in Europa, ma destano forti preoccupazioni, per una delle potenze europee, nonché mondiali). Secondo l'Ufficio studi della CGIA (con dati fermi al 2019): il lavoro nero presente in Italia "produce" ben 77,8 miliardi di euro di valore aggiunto secondo le stime più plausibili. Una piaga sociale ed economica che, su base regionale, presenta livelli molto diversificati in tutti i settori lavorativi.

Dalla criticità, appunto, sull’economia sommersa, emerge quella della manodopera edile “occasionale”. Servirsi di manovalanza non qualificata e non dichiarata, con il solo intento di trarre illecitamente maggiore guadagno privandosi di conseguenza di operai qualificati. Operai che, utilizzando le proprie competenze acquisite nel merito - quindi con un costo certo - vengono di fatto sostituiti da chi svende la professione a discapito anche della regola d’arte di un’opera, complici quegli imprenditori senza scrupoli che raccattano attraverso il caporalato, risorse umane – più delle volte ai margini della società - utili ai loro sporchi e criminali interessi.

Figure professionali come: muratori, impiantisti, pontisti, carpentieri e quant’altro coinvolge la manodopera nell’ edilizia, sono discriminate e sottopagate, vere e proprie vittime di un dumping sociale che ha svilito questa importante maestranza a cui dovremmo noi tutti essere grati per il loro arduo lavoro.

Da nord a sud della nostra nazione, un operaio edile, vive con il rischio di recarsi su un cantiere e non fare più ritorno a casa. Cause riconducibili in merito, sono il rispetto di quelle normative da parte dei datori di lavoro (segue la mancanza di adeguati controlli) a garantire tutela per i propri dipendenti sulla sicurezza (intesa anche come prevenzione) che nella maggior parte dei casi viene inosservata. Un lavoro sporco, definito da molti, un settore tristemente noto per la forte rilevanza di malattie professionali, soggetti esposti ad ogni tipo di intemperie, basti pensare ad una forza lavoro attualmente minore di quella dirigenziale nel comparto interessato.

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Fonte: CUB - Confederazione Unitaria di Base


Autore: CUB - Confederazione Unitaria di Base



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Articolo tratto interamente da 
CUB - Confederazione Unitaria di Base


Non ho più pazienza...



"Non ho più pazienza per alcune cose, non perché sia diventata arrogante, semplicemente perché sono arrivata a un punto della mia vita, in cui non mi piace più perdere tempo con ciò che mi dispiace o ferisce. Non ho più pazienza per il cinismo, critiche eccessive e richieste di qualsiasi natura. Ho perso la voglia di compiacere chi non mi aggrada, di amare chi non mi ama e di sorridere a chi non mi sorride. Non dedico più un minuto a chi mente o vuole manipolare. Ho deciso di non convivere più con la presunzione, l’ipocrisia, la disonestà e le lodi a buon mercato. Non tollero l’erudizione selettiva e l’arroganza accademica. Non mi adeguo più al provincialismo e ai pettegolezzi. Non sopporto conflitti e confronti. Credo in un mondo di opposti. Per questo evito le persone rigide e inflessibili. Nell'amicizia non mi piace la mancanza di lealtà e il tradimento. Non mi accompagno con chi non sappia incoraggiare o elogiare. I sensazionalismi mi annoiano e ho difficoltà ad accettare coloro a cui non piacciono gli animali. Soprattutto, non ho più nessuna pazienza per chi non merita la mia pazienza."

Meryl Streep




Australia: i koala sono stati dichiarati ufficialmente in pericolo di estinzione


Articolo da NonSoloAnimali

Come i canguri, i koala rappresentano gli animali più iconici dell’Australia . Originari di quel paese, non si trovano in nessun’altra parte del pianeta. E purtroppo rischiano di estinguersi . Lo ha dichiarato il Ministero dell’Ambiente annunciando che la specie è “minacciata”, negli stati del Nuovo Galles del sud, Queensland e Territorio della Capitale, Canberra.

“Stiamo adottando misure senza precedenti per proteggere il koala, lavorando con scienziati, ricercatori medici, veterinari, comunità, stati, governi locali e proprietari terrieri”, – ha affermato Sussan Ley, ministro dell’Ambiente. “L’impatto della siccità prolungata, seguita dagli incendi dell’estate tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, oltre alle malattie sessualmente trasmissibili, gli abbattimenti per la loro pelliccia, l’urbanizzazione e la perdita di habitat negli ultimi 20 anni, hanno portato alla quasi scomparsa dei koala”.

Già nel giugno dello scorso anno, gli esperti avevano avvertito che per non far scomparire i koala dovevano subito classificarli come specie “in via di estinzione” sottolineando che se non si fossero provvedimenti urgenti, entro il 2050 questi marsupiali spariranno dall’Australia.

Per salvare il koala dall’estinzione, l’Australia sta investendo oltre 74 milioni di dollari per proteggere la specie e garantirne la resilienza a lungo termine. I finanziamenti sono così divisi: 47 milioni di dollari nel ripristino dell’habitat, 8,7 milioni di dollari in progetti sanitari, ricerca genetica e supporto medico e altri 12 milioni di dollari per il National Koala Monitoring Program, il progetto che mira a tutelare gli animali.

Attualmente i koala sono così pochi da non avere più un ruolo nell’ecosistema.
I biologi affermano anche che il declino della popolazione compromette la sicurezza e la variazione genetica della specie, poiché l’accoppiamento avviene spesso tra “parenti” molto stretti.

Si pensa che i koala (Phascolarctos cinereus)  si siano evoluti sulla terraferma australiana durante il periodo in cui l’Australia iniziò a spostarsi lentamente verso nord, separandosi gradualmente dalla massa continentale antartica, circa 45 milioni di anni fa. Sono stati trovati resti fossili di animali simili a loro risalenti a 25 milioni di anni fa. Quando il clima è cambiato e l’Australia è diventata più secca, la vegetazione si è modificata e si è espanso l’eucalipto primaria fonte di cibo per questi marsupiali.

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Fonte: 
NonSoloAnimali

Autore: redazione NonSoloAnimali

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Articolo tratto interamente da 
NonSoloAnimali


Comunicazione di servizio


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L'alba di Rabindranath Tagore


L'alba

Ogni Alba porta un nuovo giorno,
lavando con la luce della speranza
le macchie e la polvere dello spirito
vuoto di ogni giorno passato.
Vuoi celare te stesso!
Il cuore non ubbidisce,
diffonde luce dagli occhi.
Nella vita non c’è speranza
di evitare il dolore:
che tu possa trovare nell’animo
la forza per sopportarlo.
Cieco, non sai che l’andare e il venire
camminano sulla stessa strada?
Se sbarri la strada all’andata
perdi la speranza del ritorno…

Rabindranath Tagore

Proverbio del giorno


 Chi troppo vuole, nulla stringe.


venerdì 18 febbraio 2022

Sanità al collasso



Comunicato da USB

I tagli di 20 anni si sono visti nella difficoltà del persone sanitario che ha difeso la salute di tutti.

 Mai come nel caso dello slogan scelto per lo sciopero della sanità proclamato da USB lo scorso 28 gennaio Operatori esauriti, sanità al collasso, ha saputo cogliere il segno di quella che si preannuncia come la pandemia nella pandemia e che è destinata ad avere conseguenze sulla sanità pubblica ben più a lungo della fine dello stato di emergenza fissata per il prossimo 31 marzo.

I dati degli studi fin qui pubblicati sanciscono un quadro desolante: in due anni di pandemia medici, infermieri e operatori sanitari hanno accumulato talmente tanto stress lavoro correlato (paura, ansia, stanchezza, insonnia) da costringere tutte le ASL a correre ai ripari con l’attivazione di servizi di assistenza psicologica.

Un malessere talmente vasto che tocca punte del 70% tra il personale infermieristico, il più colpito insieme agli specializzandi. Dalla paura iniziale di portare l’infezione a casa con il conseguente allontanamento dai propri familiari, al passaggio da eroi osannati dai balconi ad incapaci di rispondere efficacemente ad un virus che ha causato oltre 150mila morti. La difficoltà a gestire la morte in isolamento dei pazienti e il dramma dei loro familiari.

E poi riposi e ferie negate, turni massacranti, migliaia di infortuni, tamponi continui, giornate intere trascorse con i DPI addosso.

Persino peggiore, se possibile, la situazione dei neoassunti che si sono ritrovati da un giorno all’altro e senza formazione nei reparti Covid pagando un prezzo altissimo in termini di salute psicofisica.

2500 gli infermieri che si sono licenziati, ma la cifra oltre ad essere sottostimata è del tutto provvisoria.

Il numero chiuso delle università e una pessima programmazione delle scuole di specializzazione di medicina, stanno invece permettendo l’esternalizzazione dei pronto soccorso, molti dei quali ormai privi di medici strutturati, a personale interinale per cifre giornaliere pari alla metà di uno stipendio mensile.

Ma l'impatto del Covid è stato devastante anche sulle liste di attesa e sull'accesso alle prestazioni sanitarie. L'attività delle sale operatorie è diminuita dell'80% e sono circa 400mila gli interventi chirurgici rinviati, sono calate del 20% le prestazioni ambulatoriali e specialistiche e di 1,7 milioni i ricoveri - con riduzioni significative in chirurgia oncologica e cardiochirurgia. Le conseguenze dirette sono un aumento dei tumori nei prossimi anni e una diminuzione delle speranza di vita già stimata in oltre un punto percentuale.

Per medici, infermieri e operatori sanitari le condizioni di lavoro non miglioreranno di pari passo alle misure di allentamento che il governo intende mettere in atto nei prossimi mesi ma proseguiranno con lo stesso affanno nel tentativo di smaltire le liste di attesa.

E se, dal punto di vista ospedaliero, la situazione è critica, le cose non vanno meglio per quanto riguarda la medicina territoriale se più di un report segnala difficoltà con l'assistenza domiciliare e il sensibile peggioramento nell'erogazione del servizio dal periodo pre covid.

Le cause di questo sfacelo sono tutte imputabili al progressivo smantellamento della sanità pubblica, nella massiccia riduzione di infermieri e operatori sanitari in nome della sostenibilità economica e nel costante definanziamento al quale è stato sottoposto il fondo sanitario nazionale.

Sempre più urgente un cambio di rotta: assunzioni massicce, stabilizzazioni di tutto il personale precario, investimenti strutturali per garantire il diritto alla salute e la certezza dell’accesso alle cure.

USB Sanità



Salute e sicurezza nel lavoro, il punto della situazione



Articolo da Diario Prevenzione

La sequenza tragica di incidenti mortali sul lavoro che si ripete da molti mesi, dalla ripresa delle attività dopo le fasi acute della pandemia, ha  destato allarme sociale e ha alimentato la richiesta da parte delle organizzazioni sindacali di provvedimenti urgenti.

Le tipologie degli incidenti mortali riportati dalle cronache sono quelle di sempre, dagli anni 50 del secolo scorso: schiacciamento da camion in retromarcia, operai asfissiati in ambienti confinati, cadute da ponteggi in cantieri, corpi di operaie straziati da organi in movimento di macchine non protette, schiacciamenti di magazzinieri dal ribaltamento di pallets impilati male, gruista folgorato perchè con la benna ha sfiorato i cavi AT, crolli di gru nella fase del montaggio……. 

La stragrande maggioranza di questi incidenti erano e sono evitabili con una corretta organizzazione del lavoro, con pratiche concrete di valutazione e gestione dei rischi, con una formazione professionale mirata ai rischi specifici connessi alla mansione. Le politiche del governo dei bonus per le manutenzioni delle facciate e per gli interventi di coibentazione delle abitazioni private hanno “surriscaldato” il settore edile delle manutenzioni. La politica dei bonus ha alimentato una domanda enorme  concentrata in tempi stretti, la moltiplicazione dei subappalti dei lavori a gruppi di artigiani e/o a microimprese che lavorano con personale assai spesso non formato in modo adeguato per lavorare in sicurezza. Gli incidenti mortali da precipitazione dai ponteggi, dai tetti si sono moltiplicati. La scelta di politica economica , l’incentivazione della domanda tramite i bonus, ha prodotto un cortocircuito micidiale nel comparto edilizio delle ristrutturazioni per quanto attiene la sicurezza e la legalità del lavoro. Tra i provvedimenti urgenti richiesti dalle OO.SS  negli ultimi mesi dell’anno scorso vi è stata la richiesta di maggiori controlli da parte delle autorità preposte. Una richiesta reiterata di maggiori controlli da parte dei rappresentanti delle OOSS dopo ogni incidente grave o mortale sul lavoro è più che legittima,  ma non può essere la sola iniziativa del sindacato in materia.

La vigilanza da parte dello Stato nelle sue articolazioni è importante ma non potrà mai sostituire il compito delle imprese nella gestione dei rischi , non vi saranno mai abbastanza ispettori per vigilare che vi sia una corretta gestione della sicurezza a livello aziendale nella miriade d’imprese e microimprese.

 Infatti se esaminiamo le modalità e i contesti in cui avvengono gli attuali incidenti gravi e mortali sul lavoro registriamo assai spesso che i determinanti che hanno causato l’incidente riguardano la precarietà del rapporto di lavoro, la mancata e/o inadeguata formazione alla sicurezza dei lavoratori , la debolezza contrattuale dell’impresa che fornisce prestazioni in regime di subappalto verso la stazione appaltante, l’informalità maligna che regola l’organizzazione approssimativa del lavoro nelle reti dei subappalti.

Per questi motivi per arrestare e fare arretrare il fenomeno degli incidenti mortali occorre una iniziativa su diversi campi, dalla regolarità del lavoro alle regole sugli appalti, la vigilanza in materia di sicurezza degli Enti preposti è solo uno degli strumenti, molto importante, ma non sufficiente.

La risposta che vi è stata da parte del governo  è la Legge 215/21  che rende più pesanti le sanzioni alle imprese, una sorta di via penale alla sicurezza che contiene in sè una rappresentazione troppo riduttiva della complessità del fenomeno. Le assunzioni di nuovi ispettori e carabinieri posti in capo all’ INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro)  non coprono  neppure le esigenze ispettive riferite alla  lotta contro il caporalato e le irregolarità del lavoro. Nel contempo vengono assegnate all’ INL funzioni di vigilanza in materia di sicurezza del lavoro che richiedono competenze specialistiche cui questi ispettori nuovi assunti dovranno essere formati. La risposte operative su scala ridotta si potranno vedere forse, per essere ottimisti,  tra un paio di anni…

 Quali compiti per il Sindacato dei lavoratori ?

La cultura sindacale in materia di salute e sicurezza maturata negli anni 60 e 70 faceva riferimento al principio della “non delega”: erano i lavoratori che , in assenza dell’intervento dell’Ispettorato del lavoro di allora, assumevano il compito di valutare e intervenire sulle nocività e sui rischi di incidenti con l’aiuto di propri esperti ( ex.art.9 Legge 300/70). Gli esperti di fiducia chiamati in fabbrica dai lavoratori stessi erano medici e ingegneri. Questi nuclei di esperti redigevano relazioni tecniche dopo avere ascoltato i  lavoratori e valutato i dati oggettivi di rischio . Sulla base di queste relazioni i lavoratori  elaboravano piattaforme con le richieste di miglioramento delle condizioni di sicurezza.  Sulla base di quella esperienza furono istituiti presso le Province i primi servizi di medicina del lavoro dai quali poi, successivamente, furono costruiti i  servizi delle ASL con il passaggio delle competenze di vigilanza e ispezione fino ad allora gestite ion modo insoddisfacente dall’Ispettorato del Lavoro. Di quella esperienza originale del sindacato  ritengo non sia rimasta neppure una pallida memoria.

Dal principio della “non delega” praticato con successo in quegli anni , siamo passati, purtroppo,  alla “delega in bianco” con la richiesta di più controlli come generica rivendicazione sindacale e con un assenso, sia pure tiepido , dato ad un D.L poi convertito nella Legge 215/21 che contiene, assai palese, una ipotesi di accentramento e di concentrazione degli interventi in materia di salute e sicurezza in un unico ente posto in capo al Ministero del Lavoro, dopo 40 anni di assenza di questo Ente dalle competenze in materia di salute e sicurezza, fatto salvo il settore delle costruzioni.

Sarebbe opportuno ammettere che l’impostazione approssimativa e un pò sgangherata del percorso  dal D.L. 146/21  alla conversione nella Legge 215/21 aprirà  una serie di problemi che saranno da risolvere  tra breve . Qualora non fossero introdotti correttivi alla Legge 215/21  e non fossero definiti con chiarezza i compiti  e le funzioni dei Servizi di Prevenzione e Medicina del Lavoro delle ASL la vigilanza diventerà , nel migliore dei casi, solo generica vigilanza antinfortunistica e gli aspetti di rischio riguardanti le malattie professionali saranno posti in secondo o terzo piano, consegnati , nel migliore dei casi, solo a qualche volonteroso Medico Competente. I  Servizi di Prevenzione negli ambienti di lavoro delle Asl non sono stati istituiti in eguale misura sul territorio nazionale ma nelle regioni più importanti hanno lavorato bene , hanno sviluppato metodologie operative e un patrimonio di esperienze gestionali volto alla soluzione dei problemi e non solo alla ricerca dei reati. Le Regioni, per parte loro, hanno una grave responsabilità in quanto, in molti casi, non hanno investito sui Servizi di medicina del lavoro delle Asl , non hanno neppure assunto il personale che doveva sostituire i pensionamenti,  mettendo in crisi operativa i Servizi. 

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Fonte: 
Diario Prevenzione


Autore: 
Gino Rubini


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Articolo tratto interamente da 
Diario Prevenzione


Con i razzisti...



"Con i razzisti e con i nazisti non si convive, non si tratta, li si chiude, loro sì, dentro quattro mura, e che dimostrino lì la loro autosufficienza, le loro capacità di uomini superiori, la loro grande forza esercitata, chissà perché, sempre e soltanto sui più deboli."

Fabrizio De André



Seealpsee

Seealpsee from Florian Hölterhoff on Vimeo.

Photo e video credit Florian Hölterhoff caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Nostalgia

NOSTALGIA - A story in 4K from Samuel Debon on Vimeo.

Photo e video credit Samuel Debon caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Pollice su e giù della settimana




 



giovedì 17 febbraio 2022

Intervista a Diego del blog: Il Blog dell'Alligatore

 


Oggi ho l'onore di intervistare Diego, noto blogger che tanti di voi, conoscono già.


Buongiorno Diego, puoi presentarti agli amici che non ti conoscono?

Sono un blogger che si occupa essenzialmente di musica indipendente italiana. Ne scrivo attraverso interviste e recensioni sul mio blog “Il blog dell’Alligatore” e sul portale di Smemoranda, la mitica agenda. Scrivo anche di libri, sempre con interviste agli autori e recensioni, sul portale di letteratura MeLoLeggo. In passato ho collaborato con il Frigidaire cartaceo e Il Nuovo Male, sempre occupandomi di musica.

L’anno scorso ha pubblicato un tuo libro, puoi presentarlo agli amici di questo blog?

Si tratta del mio primo libro: Giovani, musicanti e disoccupati, uscito con Arcana edizioni. È una pubblicazione di interviste a una trentina di giovani e meno giovani musicanti della scena indie. Interviste fatte tramite mail, o su social, durante il primo lockdown, quello della primavera-estate del 2020. Come tutti noi, anche i musicanti erano bloccati, ma più di noi erano impossibilitati a svolgere una delle loro attività importanti, anzi, fondamentali, cioè i concerti. In questo libro, ne è uscito un quadro drammatico, dal punto di vista sociale ed economico, ma vitale e combattivo, per la voglia di fare musica contro tutto e tutti. Direi una storia emblematica del precariato di oggi, purtroppo la regola in molte occupazioni. 




Come esperto di musica, hai presentato tanti musicisti nel tuo blog, quale intervista ti è rimasta particolarmente cara?

In assoluto quella che ho fatto agli Offlaga Disco Pax nel marzo del 2012, non solo per la fama del gruppo e per la presenza di molto pubblico quella sera, ma perché durante quell’intervista ho conosciuto una persona per me molto importante, che ha poi influito sulla mia vita in questi ultimi dieci anni.

Parliamo di cinema, quali sono i tuoi film preferiti?

Tanti, che quasi fatico a citarli tutti. Il primo che mi viene in mente è C’era una volta in America, di Sergio Leone, ma anche altri dello stesso regista. E poi tantissimi di Woody Allen, tipo Manhattan, Io e Annie, Radio Days, Harry a pezzi, La rosa purpurea del Cairo, Brodway Danny Rose, ma anche suoi recenti, tipo La ruota delle meraviglie, Irrational Man. Mi piace anche Chaplin, tipo Il grande dittatore o La febbre dell’oro. Il Kubrick di Orizzonti di gloria, Lolita, Eyes Wide Shut. Il film che mi ha fatto ridere più di tutti è stato Hollywood Party di Blake Edwards, altro regista che ha fatto un sacco di buoni film. Mi piacciono le commedie, mi piace ridere e quindi ti potrei citare anche The Blues Brothers, Animal House, con il grande John Belushi, o il classico A qualcuno piace caldo di Billy Wilder (ma anche Viale del tramonto, dello stesso regista tedesco). Poi, non posso dimenticare il Truffaut di I quattrocento colpi (e tutti i suoi film dopo), il Wenders de Il cielo sopra Berlino (e di tanti altri film), il Fassbinder di Veronika Voss (e di tanti altri film), Herzog di Fitzcarraldo (e di tanti altri film). Ma anche la commedia all’italiana, con Mario Monicelli in testa: come non citare L’armata Brancaleone? E Il sorpasso di Dino Risi? Mi sto dimenticando di Moretti, di Polanski, Fellini, Tarantino, Jodorowski, Almodovar, Kaurismaki, Garrone, Kusturica, Loach, Bellocchio, Jarmush, Guadagnino, Rossellini … non mi fermo più, il cinema è il mio grande amore, peccato non riesca ad andarci in questo periodo, e non riesca a organizzarmi per rivedere qualche film in tv (in verità, ho perso il gusto a vedere film in tv, per problemi miei).

Rimanendo in tema cinematografico, come vedi la situazione attuale?

Se parlassimo di prima del covid, direi bene, con un sacco di nuovi registi, e finalmente anche diverse donne tipo Cèline Sciamma, la Coppola, la Rohrwacher, la Gerwig… se invece parliamo del periodo 2020/2022, un disastro. Si sta uccidendo il cinema in sala, spingendo per le piattaforme, e questo a me non piace. La politica, tra divieti assurdi, chiusure e riaperture a metà (impedendo a chi non ha il supergreenpass di accedere alla sala) è complice della morte del cinema in Italia. Molti cinema sono stati chiusi e non riapriranno. Una situazione simile a luoghi di intrattenimento per concerti indipendenti. La logica è sempre quella: favorire i grandi gruppi, lasciare morire quelli piccoli. Dobbiamo dire basta!

Temi sociali, cosa manca in Italia?

Tante cose, a partire da una ridistribuzione del lavoro. Ho sempre creduto allo slogan “Lavorare meno, lavorare tutti”, e ora, con questa crisi che avanza, dovrebbe essere non solo uno slogan, ma un progetto politico. Se c’è meno lavoro ridistribuiamolo, con salari e stipendi non da fame, come succede sempre di più, purtroppo. Ma è un tema che sembra sparito dall’agenda politica, complice una stampa poco attenta e poco libera, essendo concentrata nelle mani dei soliti grandi gruppi.  

Negli ultimi anni tanti diritti sono stati aboliti, temi altre limitazioni?

Più di così non so cosa possano fare. Il famigerato greenpass, o supergreenpass è uno strumento che, lungi dal salvaguardare la salute, ha limitato il movimento di milioni di persone in particolare sui luoghi di lavoro. Ovviamente dietro alla sua istituzione c’erano motivazioni legate alla salute, si voleva cioè, spingere più persone a vaccinarsi. Parlo al passato, però, assurdamente, esso è ancora in piedi, nonostante si continui a dire che l’emergenza sta finendo, che il virus è in buona parte debellato, si possono levare le mascherine all’aperto. E allora, perché rimane in piedi il supergreenpass?

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Ho molte idee, ma confuse. La principale sarebbe di scrivere un nuovo libro sui musicanti nel 2021 e 2022, per vedere se qualcosa è cambiato. Ho già iniziato da mesi a intervistare artisti e addetti ai lavori per un ipotetico nuovo libro, ma non riesco a venirne a capo per problemi di organizzazione personale. Spero di riuscirci, perché anche in questi mesi ci sarebbero molte cose da raccontare.

Grazie per le tue risposte, terminiamo l’intervista con una tua citazione preferita.

 “Quando il gioco si fa duro, i duri incominciano a giocare”, John Belushi, Animal House.


Grazie Diego della tua disponibilità, mi raccomando di visitare il suo blog.



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