Articolo da Diario Prevenzione
La sequenza tragica di incidenti mortali sul lavoro che si ripete da molti mesi, dalla ripresa delle attività dopo le fasi acute della pandemia, ha destato allarme sociale e ha alimentato la richiesta da parte delle organizzazioni sindacali di provvedimenti urgenti.
Le tipologie degli incidenti mortali riportati dalle cronache sono quelle di sempre, dagli anni 50 del secolo scorso: schiacciamento da camion in retromarcia, operai asfissiati in ambienti confinati, cadute da ponteggi in cantieri, corpi di operaie straziati da organi in movimento di macchine non protette, schiacciamenti di magazzinieri dal ribaltamento di pallets impilati male, gruista folgorato perchè con la benna ha sfiorato i cavi AT, crolli di gru nella fase del montaggio…….
La stragrande maggioranza di questi incidenti erano e sono evitabili con una corretta organizzazione del lavoro, con pratiche concrete di valutazione e gestione dei rischi, con una formazione professionale mirata ai rischi specifici connessi alla mansione. Le politiche del governo dei bonus per le manutenzioni delle facciate e per gli interventi di coibentazione delle abitazioni private hanno “surriscaldato” il settore edile delle manutenzioni. La politica dei bonus ha alimentato una domanda enorme concentrata in tempi stretti, la moltiplicazione dei subappalti dei lavori a gruppi di artigiani e/o a microimprese che lavorano con personale assai spesso non formato in modo adeguato per lavorare in sicurezza. Gli incidenti mortali da precipitazione dai ponteggi, dai tetti si sono moltiplicati. La scelta di politica economica , l’incentivazione della domanda tramite i bonus, ha prodotto un cortocircuito micidiale nel comparto edilizio delle ristrutturazioni per quanto attiene la sicurezza e la legalità del lavoro. Tra i provvedimenti urgenti richiesti dalle OO.SS negli ultimi mesi dell’anno scorso vi è stata la richiesta di maggiori controlli da parte delle autorità preposte. Una richiesta reiterata di maggiori controlli da parte dei rappresentanti delle OOSS dopo ogni incidente grave o mortale sul lavoro è più che legittima, ma non può essere la sola iniziativa del sindacato in materia.
La vigilanza da parte dello Stato nelle sue articolazioni è importante ma non potrà mai sostituire il compito delle imprese nella gestione dei rischi , non vi saranno mai abbastanza ispettori per vigilare che vi sia una corretta gestione della sicurezza a livello aziendale nella miriade d’imprese e microimprese.
Infatti se esaminiamo le modalità e i contesti in cui avvengono gli attuali incidenti gravi e mortali sul lavoro registriamo assai spesso che i determinanti che hanno causato l’incidente riguardano la precarietà del rapporto di lavoro, la mancata e/o inadeguata formazione alla sicurezza dei lavoratori , la debolezza contrattuale dell’impresa che fornisce prestazioni in regime di subappalto verso la stazione appaltante, l’informalità maligna che regola l’organizzazione approssimativa del lavoro nelle reti dei subappalti.
Per questi motivi per arrestare e fare arretrare il fenomeno degli incidenti mortali occorre una iniziativa su diversi campi, dalla regolarità del lavoro alle regole sugli appalti, la vigilanza in materia di sicurezza degli Enti preposti è solo uno degli strumenti, molto importante, ma non sufficiente.
La risposta che vi è stata da parte del governo è la Legge 215/21 che rende più pesanti le sanzioni alle imprese, una sorta di via penale alla sicurezza che contiene in sè una rappresentazione troppo riduttiva della complessità del fenomeno. Le assunzioni di nuovi ispettori e carabinieri posti in capo all’ INL (Ispettorato Nazionale del Lavoro) non coprono neppure le esigenze ispettive riferite alla lotta contro il caporalato e le irregolarità del lavoro. Nel contempo vengono assegnate all’ INL funzioni di vigilanza in materia di sicurezza del lavoro che richiedono competenze specialistiche cui questi ispettori nuovi assunti dovranno essere formati. La risposte operative su scala ridotta si potranno vedere forse, per essere ottimisti, tra un paio di anni…
Quali compiti per il Sindacato dei lavoratori ?
La cultura sindacale in materia di salute e sicurezza maturata negli anni 60 e 70 faceva riferimento al principio della “non delega”: erano i lavoratori che , in assenza dell’intervento dell’Ispettorato del lavoro di allora, assumevano il compito di valutare e intervenire sulle nocività e sui rischi di incidenti con l’aiuto di propri esperti ( ex.art.9 Legge 300/70). Gli esperti di fiducia chiamati in fabbrica dai lavoratori stessi erano medici e ingegneri. Questi nuclei di esperti redigevano relazioni tecniche dopo avere ascoltato i lavoratori e valutato i dati oggettivi di rischio . Sulla base di queste relazioni i lavoratori elaboravano piattaforme con le richieste di miglioramento delle condizioni di sicurezza. Sulla base di quella esperienza furono istituiti presso le Province i primi servizi di medicina del lavoro dai quali poi, successivamente, furono costruiti i servizi delle ASL con il passaggio delle competenze di vigilanza e ispezione fino ad allora gestite ion modo insoddisfacente dall’Ispettorato del Lavoro. Di quella esperienza originale del sindacato ritengo non sia rimasta neppure una pallida memoria.
Dal principio della “non delega” praticato con successo in quegli anni , siamo passati, purtroppo, alla “delega in bianco” con la richiesta di più controlli come generica rivendicazione sindacale e con un assenso, sia pure tiepido , dato ad un D.L poi convertito nella Legge 215/21 che contiene, assai palese, una ipotesi di accentramento e di concentrazione degli interventi in materia di salute e sicurezza in un unico ente posto in capo al Ministero del Lavoro, dopo 40 anni di assenza di questo Ente dalle competenze in materia di salute e sicurezza, fatto salvo il settore delle costruzioni.
Sarebbe opportuno ammettere che l’impostazione approssimativa e un pò sgangherata del percorso dal D.L. 146/21 alla conversione nella Legge 215/21 aprirà una serie di problemi che saranno da risolvere tra breve . Qualora non fossero introdotti correttivi alla Legge 215/21 e non fossero definiti con chiarezza i compiti e le funzioni dei Servizi di Prevenzione e Medicina del Lavoro delle ASL la vigilanza diventerà , nel migliore dei casi, solo generica vigilanza antinfortunistica e gli aspetti di rischio riguardanti le malattie professionali saranno posti in secondo o terzo piano, consegnati , nel migliore dei casi, solo a qualche volonteroso Medico Competente. I Servizi di Prevenzione negli ambienti di lavoro delle Asl non sono stati istituiti in eguale misura sul territorio nazionale ma nelle regioni più importanti hanno lavorato bene , hanno sviluppato metodologie operative e un patrimonio di esperienze gestionali volto alla soluzione dei problemi e non solo alla ricerca dei reati. Le Regioni, per parte loro, hanno una grave responsabilità in quanto, in molti casi, non hanno investito sui Servizi di medicina del lavoro delle Asl , non hanno neppure assunto il personale che doveva sostituire i pensionamenti, mettendo in crisi operativa i Servizi.
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Fonte: Diario Prevenzione
Autore: Gino Rubini
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Articolo tratto interamente da Diario Prevenzione
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