Ricevo e pubblico:
Social media,
post, condivisione, fake news, big data: negli ultimi anni siamo
bombardati da termini che riguarda il più grande cambiamento tecnologico del
secolo, la rete. Rete intesa non solo come connessione virtuale, internet, il
web, ma anche come rete sociale, ovvero i social network, tutti quei spazi
virtuali in cui condividiamo momenti della nostra vita con il mondo intero. C’è
chi diffida della rete, chi ci si è immerso fino al collo e chi cerca di mantenere
un equilibrio perché si è reso conto che in fondo è difficile rimanere fuori da
qualunque tipo di connessione social.
Non esiste un
giusto o sbagliato nel mondo tecnologico, e dunque anche online, esistono solo
strumenti e il giudizio morale ricade sull'utilizzo che gli utenti fanno dello
strumento in loro possesso, dal post di Facebook al deep web. Cosa ci sta succedendo allora? Perché ci sentiamo esposti
e schiavizzati dai social? La confusione del nostro tempo, l’esposizione
mediatica della persona media, le insicurezze economiche e sociali, hanno
portato la maggior parte della popolazione ad un livello di frustrazione tale
da aver trovato la valvola di sfogo in ciò che appare il luogo – virtuale – più
democratico e libero al mondo: internet e i social network. Diciamo appare
perché non si tratta davvero di un luogo libero e aperto a tutti: esiste il
controllo da parte delle grandi aziende, esiste la censura applicata dagli
stati (anche se esistono metodi per evitarla come con le connessioni VPN) ed esiste la disinformazione, una delle piaghe più
grandi del mondo online.
Tutto perduto
dunque? No di certo. I social network, e il web in generale, non sono solo un
ammasso di informazioni false, hacker senza scrupoli e governi che spiano i
propri cittadini. Nel mondo virtuale troviamo anche reti di resistenza,
associazioni che promuovono l’assistenza e la collaborazione tra cittadini e
soprattutto troviamo un giornalismo d’inchiesta non condizionato da poteri
forti. Basti pensare alle primavere arabe, ai conflitti in luoghi remoti del
mondo e alle inchieste che hanno portato alla luce gli abusi di guerra.
Senza il web e
senza i social tutto ciò non sarebbe stato possibile, o almeno non a questa velocità.
Proprio per questo non si possono condannare gli strumenti ma anzi l’impegno
della società civile dev’essere indirizzato a difendere gli strumenti web dalle
imposizioni dall'alto e riportare gli spazi virtuali alle loro origini, ovvero
un posto in cui ci si può conoscere e confrontare anche a chilometri di
distanza. Uno spazio in cui si può essere sociali e solidali.
Fonte: inviato via mail dall'autore
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