Articolo da Cronache di ordinario razzismo
La mattina del 14 dicembre,
a Sondrio, una giovane
madre di 22 anni si accorge che la sua piccola, una bimba di appena 5
mesi, non respira più mentre si trova nel suo lettino. La donna afferra
sua figlia e corre in strada in cerca di aiuto.
Grazie al soccorso di un automobilista
riesce rapidamente a raggiungere l’ospedale. Purtroppo, giunta in
Pronto soccorso, a nulla servono le cure del personale ospedaliero per
farla tornare in vita:
la piccola muore a seguito di un arresto circolatorio. Tra le ipotesi più probabili quella della morte in culla. Su decisione della Procura della Repubblica,
sarà l’autopsia a stabilire le cause del decesso.
Una
tragedia immensa. Un dolore senza fine. Uno strazio indicibile.
Ma voi lo sapete cosa vuol dire perdere un figlio? Ve lo immaginate il dolore di una madre?
Eppure, le persone che erano in attesa
al Pronto Soccorso quel giorno forse non se lo sono chiesto. Ha prevalso la loro cattiveria. E cosi le “urla” strazianti di una
madre addolorata per la perdita della sua piccola, sono diventate elemento di “disturbo” per chi era lì in attesa. Ma come mai? Perché la giovane madre in questione
è una cittadina nigeriana ed è nera.
E il cinismo di queste persone, pur coscientemente sedute in un luogo
di dolore e sofferenza per antonomasia, si è spinto sino a commenti
indicibili. La morte di questa piccola creatura è diventata
“un rito tribale”, “un rito satanico”, “una tradizione africana”.
Come se le altre mamme, quelle “bianche” e “occidentali”, non
piangessero e non manifestassero dolore per tragedie come queste.
Addirittura si è arrivati a dire che
per “questi africani” perdere un figlio non conta, “tanto ne sfornano uno all’anno” (
qui una testimonianza). Fino alla frase terribile: “Mettetela a tacere quella scimmia”.
Nelle ultime ore, la notizia, inizialmente resa nota solo dalla
stampa locale (SondrioToday e La Provincia di Sondrio), è stata ripresa
da quotidiani e siti di portata nazionale, fra i quali anche
Fanpage,
Next e
Open.
E
l’indignazione e la rabbia nell’opinione pubblica stanno salendo.
Eppure,
la stampa mainstream è tutta concentrata su di un’altra faccenda. Poco
importa che sempre di razzismo si parli. Ma si sa. In Italia, il calcio
è davvero più appetibile e attira molti più lettori. E soprattutto
“vende” di più. E allora, messa da parte la tragedia della mamma
nigeriana, capita che
ci s’indigni di più davanti a questa nuova campagna messa in atto dalla Lega di Serie A che, per combattere il razzismo, ha scelto di mostrare
l’opera Trittico di tre scimmie
(ironia della sorte!) realizzato da Simone Fugazzotto (un’opera,
oltretutto, realizzata nel maggio scorso in occasione della finale della
Coppa Italia). In molti, sono rimasti basiti di fronte a questa
operazione “comunicativa” e in tanti stanno cercando di capirne il
senso.
Ma poi perché la scelta delle scimmie? Persino l’International Advertising Association (IAA) si è espresso a riguardo contestando il modo
poco chiaro e poco diretto
(assolutamente “contro-intuitivo”) con cui è stato veicolato un
messaggio che dovrebbe impattare su un pubblico molto vasto.
L’organizzazione ha concluso il discorso cosi: “È come pensare di
parlare in greco antico al popolo degli stadi”.
Oltre ad alcuni club e alle proteste sui social, anche
alcuni media internazionali bocciano la scelta della Lega Serie A.
Le parole di Fare (Football Against Racism in Europe) network nato per
combattere la discriminazione nel calcio europeo supportato da FIFA,
Uefa e commissione europea, pubblicate ieri su Twitter, vengono
condivise dal The New York Times, dalla BBC, dalla CNN, solo per citare
alcune testate, fino ad Al Jazeera. In Inghilterra il Sun si è chiesto
se si trattasse di uno scherzo e il Guardian ha parlato di una “
burla malsana“.
“
Queste creazioni sono un oltraggio – afferma il Fare -, saranno controproducenti e continueranno
la disumanizzazione
delle persone di origine africana. È difficile capire cosa pensasse la
Serie A, con chi si sono consultati? È tempo che i club progressisti
della Lega facciano sentire la loro voce”.
Ecco.
“Disumanizzazione”. E’ questa la parola giusta.
Continua la lettura su Cronache di ordinario razzismo
Fonte: Cronache di ordinario razzismo
Autore: redazione Cronache di ordinario razzismo
Licenza:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.
Articolo tratto interamente da Cronache di ordinario razzismo