martedì 31 marzo 2020

La sfida musicale: scegli la tua canzone preferita



V'invito a scegliere la vostra canzone preferita tra le cinque del sondaggio, inoltre voglio ricordare a tutti, che si può esprimere una sola preferenza e attendo anche i vostri commenti.

Mi raccomando di condividere questo post nei vostri blog/profili sociali e invitare i vostri amici a partecipare nella scelta. 




Promemoria sulla privacy 

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Enpa: le bufale sugli animali al tempo del coronavirus

In queste settimane di quarantena, si ascoltano troppe bufale sugli animali. L’Ente Nazionale Protezione Animali ha deciso di realizzare un video, per smontare tutte le idiozie che girano in rete.


 

Video credit Enpa Onlus caricato su YouTube


In Ungheria pieni poteri al primo ministro Orbán


Comunicato da Amnesty International - Italia

Con 137 voti a favore 53 contrari e zero astenuti, il parlamento ungherese ha approvato una nuova legge che autorizza l’Esecutivo a governare, ai sensi dello stato d’emergenza, attraverso decreti, senza alcuna supervisione efficace, senza una chiara data di chiusura  e senza revisioni periodiche.
Questa legge istituisce uno stato d’emergenza privo di controlli e a tempo indeterminato e dà al governo di Viktor Orbán via libera per limitare i diritti umani. Non è questo il modo di affrontare la crisi posta dalla pandemia di Covid-19“, ha dichiarato in una nota ufficiale David Vig, direttore di Amnesty International Ungheria.

La nuova legge prevede l’autorizzazione all’Esecutivo a governare attraverso decreti, senza una data di scadenza e senza alcuna clausola tale da consentire al parlamento di esercitare un controllo effettivo.


Inoltre, introduce due nuovi reati incompatibili con le norme e gli standard del diritto internazionale dei diritti umani: chiunque diffonda informazioni false o distorte che interferiscano con “l’efficace protezione” della popolazione o crei in essa “allarme e agitazione” potrà subire una condanna fino a cinque anni di carcere. Inoltre, chiunque interferisca nell’esecuzione di ordini di quarantena o di isolamento potrà essere a sua volta punito con cinque anni di carcere, che diventeranno otto se quell’interferenza sia causa di morte.

Continua la lettura su Amnesty International - Italia


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Citazione del giorno


"Le gravi catastrofi naturali reclamano un cambio di mentalità che obbliga ad abbandonare la logica del puro consumismo e a promuovere il rispetto della creazione."

Albert Einstein


lunedì 30 marzo 2020

Inno alla notte di Fernando Pessoa



Inno alla notte

Vieni,
Notte antichissima e identica,
Notte Regina nata detronizzata,
Notte internamente uguale al silenzio,
Notte con le stelle, lustrini rapidi
sul tuo vestito frangiato di Infinito.
Vieni e cullaci,
vieni e consolaci,
baciaci silenziosamente sulla fronte,
cosi lievemente sulla fronte
che non ci accorgiamo d’essere baciati
se non per una differenza nell’anima
e un vago singulto che parte misericordiosamente
dall’antichissimo di noi
laddove hanno radici quegli alberi di meraviglia
i cui frutti sono i sogni che culliamo e amiamo,
perché li sappiamo senza relazione
con ciò che ci può essere nella vita.

Fernando Pessoa


Si è spento Manolis Glezos, eroe della resistenza greca

Manolis Glezos with LAE 1

Articolo da Sinistra in Europa

Per Charles de Gaulle era “il primo partigiano dell’Europa”. Per noi era semplicemente Manolis, il nostro amico e compagno di sempre nei tempi buoni e sopratutto difficili.

di Argiris Panagopoulos

Se n’è andato oggi Manolis Glezos, il nostro eroe della resistenza e di tutte le lotte per la democrazia in Grecia.

Aveva amato cosi tanto il nostro paese e la sua gente da farsi 16 anni di prigione e di confino e passare per ben 28 volte dalle aule dei tribunali di tutti i generi, civili o militari.
Manolis aveva 97 anni. Il suo fratello Nikos è stato fucilato il maggio del 1943 insieme con altri 91 compagni dai tedeschi.


“Coraggioso, dritto, combattente fino all’ultimo giorno, Manolis Glezos è arrivato alla fine di un eccezionale percorso. la Grecia, la Repubblica e la democrazia, la giustizia sociale, hanno perso un grande combattente della prima linea”, ha scritto Alexis Tsipras.

Manolis è nato il 3 settembre del 1922 a Naxos nelle Cicladi. Insieme con Lakis Santas la notte tra il 30 e il 31 maggio del 1941 hanno buttato giù dall’Acropolis la bandiera degli occupanti nazisti con la croce uncinata.

Ha preso parte alla Resistenza. Era stato arrestato dai tedeschi il febbraio del 1942 e a causa delle torture si ammala di una forte tubercolosi e per questa viene liberato in fin di vita. L’aprile del 1943 è stato arrestato dai carabinieri e sei mesi dopo la sua nuova liberazione, nel febbraio del 1944, viene ancora arrestato dai collaborazionisti dai carabinieri, ma riesce a evadere dal carcere nel settembre del 1944.
Era stato direttore del giornale del Partito comunista KKE “Risospastis” e più tardi del giornale di Unione Democratica di Sinistra EDA “Avgi”.


Manolis è stato condannato a morte 3 volte ed è stato incarcerato per tantissimi anni per uscire definitamente dal carcere con la amnistia generale della giunta dei colonnelli il 1971.
L’ottobre del 1948 è stato condannato per prima volta a morte per “delitto” attraverso la stampa. Una seconda condanna era arrivata il marzo del 1949, ma le proteste internazionale e quelle in Grecia hanno salvato la vita di Manolis.


Picasso, Sartre, De Gaulle, Camus e tante altre personalità hanno salvato due volte Manolis, e alcuni dei suoi compagni, dai plotoni di esecuzione che lavoravano a pieno ritmo per anni durante e dopo la guerra civile.


Manolis è stato eletto deputato della Unione Democratica di Sinistra EDA, ma il governo negava la sua liberazione e l’immunità parlamentare. Dopo 12 giorni di sciopero della fame per scarcerare i 10 deputati di EDA chiusi nelle carceri o confinati nelle isole, Manolis esce dal carcere. Il dicembre del 1956 Manolis è diventato direttore di “Avgi”.

Continua la lettura su Sinistra in Europa 

Fonte: Sinistra in Europa

Autore: 
Argyrios Argiris Panagopoulos

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia


Articolo tratto interamente da Sinistra in Europa


Photo credit DTRocks / CC BY-SA


In questo momento...

Gino Strada 2010

"In questo momento c’è chi fa e c’è chi parla. Chi fa cerca di aiutare. Chi parla molto spesso parla a sproposito. Specie se è un giornalista e vuol sapere cosa fa Emergency o chiunque altro, basta una telefonata o andare su Internet. Quello che credo sia la cosa più importante è capire che la sanità, la medicina, il curare le persone, come preciso dovere dello Stato, può essere solo una sanità pubblica e gratuita. Non si può fare profitto sulla sofferenza degli altri."

Gino Strada


Photo credit Matteo Masolini (Gino Strada #3) [CC BY-SA 2.0], attraverso Wikimedia Commons 


Come ci rapportiamo al virus?



Articolo da Tlaxcala

L'eurocentrismo si manifesta adesso a proposito della pandemia di coronavirus. Questa volta non si tratta dei morti in una carestia che non ci riguarda o di una guerra che abbiamo provocato senza mettere a repentaglio la vita dei nostri civili, ma solo per incrementare le nostre esportazioni di armi. Ma si tratta di un intermezzo virologico che noi interpretiamo come una pandemia, assumendo un punto di vista eurocentrico e che vogliamo arginare a tutti i costi visto che è da quando ha colpito con forza anche l´Europa. 


Quando scoppiò l’ebola in Nigeria e raggiunse un tasso di mortalità del 40 %, il problema rimase un problema africano, un evento nel remoto continente nero e rapidamente arginato dal governo del gigante del petrolio. La Nigeria il 20 ottobre 2014 è stata solennemente dichiarata “libera dall’ebola” e tutto è stato poi dimenticato rapidamente. Soprattutto si sono dimenticati subito il collegamento tra la povertà e l’ebola, gli slum e la diffusione della letale malattia.

L’ondata di colera, causata dall’intervento militare contro un paese in via di sviluppo già povero di per sé come lo Yemen e considerata la pandemia più lunga del secolo, dai media è stata trattata come una questione regionale o è stata ignorata del tutto. Sommando le due ondate di colera nel paese arabo in guerra, tra il 2016 e il 2019 si hanno 1.704.246 casi sospettati e 3.438 casi letali confermati. Anche se la morbosità era abbastanza bassa e ammontava solo allo 0,2 percento, il 28% dei casi sospettati erano bambini sotto i 5 anni.

La stessa cosa si può dire della malaria e di altre malattie come ad esempio il noma (stomatite gangrenosa) che riguardano solamente l’Africa e dunque non suscitano l’interesse degli europei. Nel 2018, 272.000 bambini morirono di malaria. Ogni anno tra le 80.000 e le 90.000 persone muoiono di noma.

Ora si scatena il coronavirus che inizialmente colpisce la fabbrica mondiale cinese, a partire dalla regione di Wuhan. Su internet si diffondono pregiudizi ed esternazioni razziste sui cinesi. Sarebbe colpa loro. Il virus lo avrebbero prodotto loro, viste le abitudini alimentari che includono degli animali dubbiosi. Persino la rivista tedesca “Der Spiegel” pubblica il titolo “Virus Made in China”, come se esistesse un rapporto tra nazione, cultura e virus. Si accusa una “nazione” di aver creato o favorito la diffusione di un virus. La sinofobia dilaga ovunque nei social media e persino nei media classici.

Noi europei siamo il centro del pensiero e dell’azione. Il virus non è il nostro virus. È un virus cinese. I pipistrelli non sono pipistrelli europei, ma pipistrelli cinesi, come se la virologia e la zoologia includessero delle distinzioni di tipo nazionale.


Ora che il virus ha raggiunto l’Europa e gli Stati Uniti come “epicentro” della sua diffusione, il virus ad un tratto è visto come una patologia minacciosa senza alcun colpevole. Gli stati europei si assumono il compito nazionale di Sisifo riguardante lo stato di emergenza, programmando la trasformazione delle loro comunità nazionali in gigantesche prigioni. Le persone devono diventare dei greggi che chiusi tra le mura domestiche devono adempiere questo compito nazionale che consiste nello starsene a casa per salvare il proprio popolo.
 
Continua la lettura su Tlaxcala



Per concessione di Tlaxcala
Fonte: http://tlaxcala-int.org/article.asp?reference=28475
Data dell'articolo originale: 28/03/2020
URL dell'articolo: http://www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=28482


Fonte: Tlaxcala 

Autore: 
Milena Rampoldi


Licenza: Copyleft 


Articolo tratto interamente da Tlaxcala 


Proverbio del giorno


Dove c’è volontà, c’è soluzione.


Thailandia

Timeless Thailand from Pete R. on Vimeo.

Photo e video credit Pete R. caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons 


Sicilia

Sicily Drone 2019 from tripartiste on Vimeo.

Photo e video credit tripartiste caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


domenica 29 marzo 2020

Quaranta milioni di poveri...

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"Quaranta milioni di poveri non sono più accettabili e sostenibili per questo Paese, il più ricco del mondo. Nel XXI secolo negli Stati Uniti ci sono ancora 42 milioni di persone, in gran parte donne giovani con figli, che abitano in case con affitti impossibili da sostenere e che vanno stabilizzati. Ci sono ancora più di cento milioni di cittadini senza sicurezza sanitaria."

Alexandria Ocasio-Cortez

Photo credit Matt Johnson from Omaha, Nebraska, United States / CC BY


Voglio ricordare i profili sociali di questo blog

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La natura ci sta inviando un messaggio, secondo la direttrice del programma delle Nazioni Unite per l'ambiente


Articolo da Salva le Foreste

La distruzione della fauna selvatica e la crisi climatica stanno minacciando l'umanità, e gli esperti affermano che il Covid-19 è un "chiaro avvertimento”. La direttrice del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, Inger Andersen ha chiaramente avvertito detto che l'umanità sta esercitando troppa pressione sul mondo naturale con conseguenze dannose e ha avvertito che significa non prendersi cura di noi stessi a meno che non ci si prenda cura del pianeta. Scienziati di spicco hanno notato come  lo scoppio di Covid-19 è stato sia un primo avviso: negli animali selvatici vivono numerosi altri batteri e virus, alcuni molto più letali del Covid-19 e la nostra civiltà “sta giocando con il fuoco". Infatti è  quasi sempre il comportamento umano a causare la diffusione della malattia fin’oora sconosciute al genere umano.

Per prevenire ulteriori focolai, e al tempo stesso il riscaldamento globale, è necessario fermare immediatamente che la distruzione degli ambienti naturali da parte di agricoltura, estrazione mineraria e edilizia. Infatti sono questi i datori che mettono la fauna selvatica in contatto con l’uomo, esponendolo a patologie fino ad oggi sconosciute.
Gli scienziati esortano le autorità a vietare immediatamente i mercati di animali vivi e il commercio illegale della fauna - che rappresentano il crogiolo ideale per la diffusione delle epidemie.
Sebbene la priorità immediata sia proteggere la popolazione dal virus corona e impedirne la diffusione, "la nostra risposta a lungo termine deve affrontare la perdita di habitat e la biodiversità", spiega Ingera Andersen in un'intervista rilasciata al Guardian. "Non c'è stata mai nella storia una possibilità così alta  per gli agenti patogeni di migrare dagli animali selvatici agli esseri umani". Il 75% di tutte le malattie infettive emergenti proviene da animali selvatici.

"La continua erosione di spazi naturali selvaggi ci ha portato vicino ad animali e piante che ospitano malattie in grado di diffondersi nell'uomo”. ha aggiunto. Se guardiamo a questo a ad altri eventi, come l’ondata di incendi che quest’anno si è estesa dall’Amazzonia, all’Australia, all’Indonesia all'Africa, o la peggiore invasione di cavallette degli ultimi 70 anni in Kenya, è chiaro ch era natura ci sta inviando un messaggio", ha avvertito Anderson. "C'è troppa pressione sui nostri sistemi naturali e bisogna fare qualcosa", ha aggiunto. "Siamo strettamente collegati alla natura, che ci piaccia o no. Se non ci curiamo della la natura, non possiamo prenderci cura di noi stessi.

I focolai di malattie infettive sono in aumento: negli ultimi anni abbiamo visto Ebola, influenza aviaria, sindrome respiratoria del Medio Oriente (Mers), febbre della Rift Valley, sindrome respiratoria acuta improvvisa (Sars), virus del Nilo occidentale e virus Zika. Tutte queste epidemie ci sono giunte da un contatto innaturale con animali.

"Non solo era prevedibile la diffusione e la diffusione di Covid-19, ma era anche previsto che ci sarebbe stata un'altra presenza virale della fauna selvatica che avrebbe rappresentato una minaccia per la salute pubblica", ha affermato il professor Andrew Cunningham della Zoological Society of London. Difatti uno studio del 2007 sull'epidemia di Sars del 2002/03 concludeva: "La presenza di un grande serbatoio di virus simili a Sars-CoV nei pipistrelli, messa assieme alla cultura del consumo di mammiferi esotici nella Cina meridionale è una bomba a orologeria. "

Il professor Cunningham si sofferma un un aspetto inquietante: altre malattie della fauna selvatica hanno avuto tassi di mortalità molto più elevati nell'uomo, risputò al Covid-19, basti pensare al 50% di mortalità nel caso di Ebola e al 60% -75% per il virus Nipah, trasmesso dai pipistrelli nell'Asia meridionale. Anche se al momento sembra cinico affermarlo, con il Covid-19 ci è andata anche bene: sarebbe potuto accadere lo stesso con un virus dalla mortalità molto più alta. Dobbiamo prenderlo come un avvertimento. Se non cambiamo abitudini, dovremo affrontare nuove pandemie, e la prossima volta potrebbe trattarsi di virus molto piacere letali. “Gli animali catturati vengono trasportati su grandi distanze stipati assieme in gabbie. Sono stressati, immunosoppressi ed espellono qualsiasi agente patogeno che hanno in loro ", ha aggiunto. “Messi in mercati affollati, in stretto contatto con i fluidi corporei di questi animali, ecco un crogiolo ideale per l’insorgere di tali epidemie. Non c’è scenario migliore per avere il massimo fattore di moltiplicazione”. La diffusione dei viaggi intercontinentali ha semplicemente aggiunto una ulteriore velocità di trasmissione planteria.

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Fonte: Salva le Foreste


Autore: redazione Salva le Foreste

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 2.5 Italia.
 

Articolo tratto interamente da Salva le Foreste



Essere solidali ai tempi del coronavirus


Articolo da Rete della Conoscenza


Le diseguaglianze non sono in quarantena


“Siamo tutti sulla stessa barca”. La pandemia del coronavirus è spesso trattata come un mostro cieco e sordo, che non fa differenza di sesso, colore e classe sociale.

Niente di più falso. L’accesso alla sanità privata e la possibilità di vivere la quarantena imposta in case su tre piani per due persone e ville con piscina, la possibilità di essere rassicurati giornalmente da un medico che risponde a ogni nostra chiamata non è un privilegio universale, e soprattutto fa emergere contraddizioni preesistenti che sfruttano la quarantena per esplodere.
“Andrà tutto bene”, “ci siamo dentro insieme”.

Approfondendo, anche le preoccupazioni e i pensieri costanti durante questa emergenza sanitaria sono diverse e emblematiche: la maggior parte delle famiglie italiane percepisce la paura di non poter pagare l’affitto, le bollette, la spesa, i libri di scuola ai propri figli quando si tornerà alla vita normale, come più forte della paura del contagio. Per tante lavoratrici e tanti lavoratori, a tutto questo si affianca proprio la paura di andare a lavoro, per questo fin da subito abbiamo preteso la chiusura di tutte le attività non essenziali, ottenuta infine dai sindacati dei lavoratori nonostante le resistenze di Confindustria e di una parte della maggioranza. Intanto però, nelle aree più colpite dal virus, in cui i contagi tra chi lavora nei servizi essenziali continuano a crescere, a chi è ancora sano vengono imposti turni massacranti: è il caso non solo di  chi lavora nella sanità, ma anche di chi tiene aperti i supermercati, di chi garantisce i trasporti…


Si chiede a gran voce un ritorno alla normalità, ma siamo sicuri di aver bene in mente la “normalità”? 

Si auspica il ritorno ad un’Italia con più di 5 milioni di persone in povertà assoluta, in cui muoiono 3 persone al giorno sul posto di lavoro, con la convinzione che la paura di rimanere senza cibo o senza tetto siano causate dall’emergenza e non siano in effetti l’emergenza stessa, quella che però resta costante.

Stessa normalità nella quale è stato “normale” e “fondamentale” tagliare 37 miliardi negli ultimi anni alla sanità, continuando ad attingere ai fondi per la ricerca e la formazione come fossero fondi illimitati, come se si trattasse di soprattutto settori trascurabili, e non, come l’emergenza ha dimostrato, di importanza nazionale.

Il numero crescente di morti viene quindi presentato esclusivamente come una conseguenza del virus, quando è evidente come sia anche la conseguenza di trent’anni di politiche sbagliate.

In questa quarantena ci stiamo rendendo conto dell’importanza di una casa, di un tetto, per la differenza che comporta passare un mese chiuso in 30 metri quadri e in 100, di che portata fossero realmente i tagli alla sanità e alla ricerca che in questi anni abbiamo sentito nominare, facendo spesso l’errore di immaginarli lontani e astratti; ci stiamo rendendo conto di quanto la socialità sia importante e di quanto l’isolamento porti a conseguenze sociali, economiche e psicologiche devastanti e di come sia necessario, ora più che mai, essere comunità e provare a immaginare un paese diverso e con meno disuguaglianze, un paese in cui gli investimenti strategici non siano quelli militari, ma quelli nella ricerca, nella sanità, nella formazione.

Anche a distanza, rompiamo l’isolamento


Ma da quanto siamo in isolamento?

Oggi diventa più che mai fondamentale trovare una risposta a questa domanda, una risposta che non è inquadrata in un limite temporale che sta ai decreti del governo, una risposta che forse deve andare a cercare la sua complessità più indietro e che deve necessariamente partire da altri presupposti che vanno ben oltre l’emergenza del Covid-19.

Lo smantellamento dello stato sociale, di cui oggi scontiamo tutte le conseguenze mentre la pandemia rischia di mettere in ginocchio il sistema sanitario del nostro paese, si intreccia con politiche ventennali (non ultime Buona Scuola e Jobs Act) il cui risultato è stato produrre frammentazione, precarietà esistenziale e individualismo. La competitività è diventato sempre più un dogma costante all’interno di tutti gli spazi che viviamo, dai luoghi della formazione a quelli del lavoro, e all’interno dei quali siamo educati all’isolamento sociale, al ricambiare la menzogna con la menzogna e l’odio con l’odio e che impara, a vedere i nostri compagni di banco o i colleghi ad una scrivania di distanza come gli avversari nella scalata verso la possibilità di “realizzarsi”. Possibilità che sempre più coincide con la semplice garanzia dei diritti fondamentali, ormai percepibili quasi come “privilegi”.

Un quadro complesso che ci pone in una posizione di solitudine inevitabile, come se non ci potesse essere una chiave di lettura differente della società, magari del tutto nuova, magari diametralmente opposta alle condizioni materiali esistenti in cui pare siamo incastrati.  E allora l’isolamento non è iniziato qualche settimana fa con la prima delle tante dirette del premier, l’isolamento è una condizione di vita a cui siamo obbligati.

Ci può essere una risposta diversa?

Collettivamente però possiamo riuscire a costruire un’opzione diversa e in questi giorni su tanti territori del nostro paese soggetti organizzati provano ad interrogarsi su quale potrebbero essere le risposte d’alternativa, evidentemente differenti dalla beneficenza che fanno i grandi complici al Cotugno di Napoli piuttosto che al San Raffaele di Milano, delle risposte complessive rispetto al quadro compiuto che ci da la possibilità di leggere questa emergenza sanitaria.

I soggetti organizzati che stanno costruendo queste opzioni all’interno delle loro città stanno provando a mettere in piedi dei circuiti che riescano a porre in contraddizione complessivamente il sistema fallace e che riescano a dare una risposta su un periodo che va oltre quello dell’emergenza del coronavirus.

Non riusciremo a debellare questo virus se ognuno di noi agisce da solo: per questo occorre portare attenzione a tutti quei fenomeni sociali (come flash mob, dirette partecipate su instagram)  che si stanno sviluppando in questi giorni, nel tentativo di creare una nuova rete, ritenuta sempre più indispensabile per affrontare questo cruccio comune. È da questa e altre considerazioni parallele che ribadiamo ancora più ad alta voce quella necessità che da sempre esprimiamo nei nostri quartieri e nelle nostre piazze, quando riconosciamo nel collettivo lo strumento per sortire di problemi che altrimenti ci sembrano troppo grandi per essere mai affrontati.

È in queste situazioni che scopriamo la necessità di una dimensione collettiva, che sia quella del nucleo familiare, ai tempi della quarantena domestica; quella di un collettivo scolastico, all’interno delle mura delle nostre scuole; l’organizzazione sindacale, nelle fabbriche.

Ma quando tutto questo manca, quando manca il lavoro, quando non c’è la possibilità di organizzarsi a scuola, quando la casa non è un luogo sicuro, come garantiamo solidarietà?

Il nostro posto è all’interno delle nostre città, dove proviamo ad essere protagonisti in un ambiente abbastanza piccolo da permetterci di farci valere, ma al contempo abbastanza grande da essere un calderone eterogeneo di diverse criticità e diverse opportunità.


Ma da dove cominciamo?

Non c’è bisogno di un occhio esperto per riuscire a fare una piccola analisi del contesto sociale delle nostre città, certamente non tutti i quartieri vivono le stesse questioni, non tutti i quartieri sono rappresentati allo stesso modo, ed è questa la funzione che svolgiamo nelle nostre città, creare solidarietà e mutualismo in quelle parti della città che ne hanno davvero bisogno. Questi sono gli strumenti che ci permettono di essere operativi anche in un periodo così complesso come quello del Coronavirus, creando reti di solidarietà che riesca a coinvolgere i quartieri della città nella vita di tutti i giorni, riuscendo a farci garanti di un modello di vita diverso da quello imposto dalla società. Un mondo dove non è la beneficenza ad assolvere ai bisogni delle fasce di popolazioni meno abbienti, ma dove a partire dal mutualismo si costruiscono risposte dal basso e attraverso il conflitto si rivendica il welfare per tutti.

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Fonte: Rete della Conoscenza


Autore: redazione Rete della Conoscenza


Licenza: 

Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia.


Articolo tratto interamente da
 Rete della Conoscenza 



Canto di marzo di Giosuè Carducci

Canto di marzo

Quale una incinta, su cui scende languida
languida l'ombra del sopore e l'occupa,
disciolta giace e palpita su 'l talamo,
sospiri al labbro e rotti accenti vengono
e súbiti rossor la faccia corrono,

tale è la terra: l'ombra de le nuvole
passa a sprazzi su 'l verde tra il sol pallido:
umido vento scuote i pèschi e i mandorli
bianco e rosso fioriti, ed i fior cadono:
spira da i pori de la glebe un cantico.

- O salïenti da' marini pascoli
vacche del cielo, grigie e bianche nuvole,
versate il latte da le mamme tumide
al piano e al colle che sorride e verzica,
a la selva che mette i primi palpiti -.

Cosí cantano i fior che si risvegliano:
cosí cantano i germi che si movono
e le radici che bramose stendonsi:
cosí da l'ossa dei sepolti cantano
i germi de la vita e de gli spiriti.

Ecco l'acqua che scroscia e il tuon che brontola:
porge il capo il vitel da la stalla umida,
la gallina scotendo l'ali strepita,
profondo nel verzier sospira il cúculo
ed i bambini sopra l'aia saltano.

Chinatevi al lavoro, o validi omeri;
schiudetevi a gli amori, o cuori giovani;
impennatevi a i sogni, ali de l'anime;
irrompete a la guerra, o desii torbidi:
ciò che fu torna e tornerà ne i secoli.

Giosuè Carducci


sabato 28 marzo 2020

Noi siamo convinti...



"Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita."

Enrico Berlinguer


Vi consiglio di leggere questo post!


I sovranisti italiani, vogliono copiare questo sistema sanitario, dove il profitto vale più di una vita umana.

Link diretto: https://contropiano.org/news/internazionale-news/2020/03/28/usa-non-hai-i-soldi-e-un-ragazzo-muore-di-covid-19-0125950




#Iorestoacasama…Lotto tutti i giorni: nuova campagna lanciata dalla rete Non Una Di Meno


Comunicato da NonUnaDiMeno

Da sabato 28 marzo alle ore 12 inizia la CAMPAGNA di NON UNA DI MENO #IORESTOACASAMA… LOTTO TUTTI I GIORNI!

DOVE? Segui le indicazioni sui nostri SOCIAL (Twitter, Instagram, Facebook) e continua a leggere qui per avere più info.

#iorestoacasama è una campagna per rompere la solitudine e l’isolamento, per raccogliere la voce di chi paga l’emergenza, per metterci in connessione e far circolare strumenti e informazioni per aiutarci e sostenerci, per lottare insieme.

Invia testimonianze della quarantena, racconta come è cambiata la tua vita, la tua affettività, la relazione con il tuo corpo, il tuo rapporto con un tempo senza tempo (ritrovato o sospeso?). L’emergenza #covid_19 non è uguale per tutti, fa esplodere le contraddizioni, approfondisce le ingiustizie sociali e le discriminazioni. Cominciamo a pensare adesso il mondo che verrà dopo.

COME CONTRIBUIRE

A partire da sabato 28 alle 12.00 pubblica testi, video, immagini,
accompagnate dall’HT #iorestoacasama…
I puntini di sospensione accompagnano la tua presa di parola, per uscire dall’isolamento emotivo, dalla solitudine, ci connettiamo con i fili di un hashtag, perché non sei sola, ovunque ti trovi.
-Invia un racconto, una poesia, un testo in prima o in terza persona (firmati o anonimi)
-Invia dei video-racconti sulla tua condizione e la tua esperienza
-Invia delle foto, grafiche, artwork (firmate o anonime)

DOVE?

SU TWITTER

TWEET STORM E INQUINAMENTO sabato 28 ALLE 12
Dalle 12.00 alle 14.00 su Twitter chiunque abbia un account usi
l’hashtag ufficiale #iorestoacasa insieme al secondo hashtag lanciato da Non Una di Meno #iorestoacasama inserendo i contenuti e le grafiche della campagna per, contemporaneamente, inquinare l’HT ufficiali con le nostre parole, esperienze e rivendicazioni e salire in trending topic con il nostro #iorestoacasama.

SU INSTAGRAM

DA sabato 28 E NEI PROSSIMI GIORNI
Usa l’HT #iorestoacasama e invia come messaggio sulla pagina di Non una di meno, oppure tagga la pagina ig stessa, oppure taggala nella tua storia.
Usa anche l’HT ufficiale #iorestoacasa nelle tue storie per rendere
visibile la tua storia comparire nelle storie in evidenza nazionale.

SU FACEBOOK

DA sabato 28 E NEI PROSSIMI GIORNI
Usa l’HT #iorestoacasama e invia come messaggio sulla pagina nazionale di Non una di meno, oppure tagga la pagina fb stessa, a tua scelta.
Questa campagna inizia sabato 28 ma non si conclude in un giorno. Continua anche nei giorni successivi sui vari social a tua scelta a condividere le tue esperienze e rompere l’isolamento per lottare insieme attraverso immagini, video, grafiche e post.

Segui gli account di Non una di meno per avere gli aggiornamenti sulla campagna #iorestoacasama

Non Una di Meno


Brasile: allarme nelle favelas dopo il primo contagio da coronavirus


Articolo da Peacelink

Pochi giorni fa il primo caso di contagio da Corona virus, nella favela Ciudad de Dios, a Rio de Janeiro, ha provocato un forte allarme in tutto il Brasile. Nelle favelas sono milioni le persone che non hanno alcuno strumento per far fronte alla pandemia, mentre il presidente Bolsonaro continua, irresponsabilmente, a minimizzare. Anche nel paese più grande dell’America latina è forte il rischio dell’ecatombe.

Solo a Rio de Janeiro sono stimate circa 740 favelas, scrive il giornalista Eric Nepomuceno sul quotidiano argentino Página/12, mentre a San Paolo i favelados raggiungono quasi il milione e mezzo. In tutto il Brasile, osserva il giornalista, ben 12 milioni di persone vivono nelle baraccopoli, una popolazione superiore a quella dell’intero Portogallo.

Le politiche liberiste prima di Temer e adesso di Bolsonaro hanno ridotto in miseria il 17% della popolazione del paese. In un’altra favela di Rio, come nella gran parte di queste, manca tutto: pensare a gel disinfettanti, mascherine chirurgiche o guanti è pura utopia. Il Corona virus in Brasile farà vittime di classe. Da un lato, nonostante il totale menefreghismo del Messia nero, nei quartieri benestanti del paese le persone cercano di attrezzarsi, tanto che addirittura il suo ministro della salute, Luiz Henrique Mandetta, ha iniziato a fare previsioni allarmanti sul futuro che attende i favelados a breve termine.

L’alzata di spalle con la quale Bolsonaro ha liquidato l’allarme virus rappresenta un crimine contro l’umanità. È per questo motivo che João Pedro Stedile, principale esponente del Movimento Sem terra, ha sottolineato che, una volta sconfitto il virus, i brasiliani dovranno sconfiggere un governo già travolto dalle proteste per la sua aperta sottovalutazione della pandemia. Nelle piazze brasiliane, già dieci giorni fa, si gridava “Bolsonaro assassino”.

C’è allarme, inoltre, per la sorte dei lavoratori informali. Lo sottolinea Brasil de Fato, storico quotidiano della sinistra brasiliana, secondo il quale, mentre le istituzioni pubbliche già si adoperano per invitare a lavorare da remoto, il rischio di una tragedia sociale ed economica è molto alto. Spiega infatti Clemente Ganz Lúcio, economista del dipartimento intersindacale di Statistica e studi socioeconomici intervistato da Brasil de Fato: “Le persone non disporranno di denaro a sufficienza per fare la spesa, il conflitto sociale sarà molto duro. Dagli 80 ai 100 milioni di persone non saranno in grado di sfamare le loro famiglie”.

Tuttavia, anche il rischio del tracollo economico non sembra spaventare il presidente: un suo decreto, pochi giorni fa, ha sancito la possibilità, per le imprese, di non pagare i lavoratori per almeno  4 mesi, dando loro inoltre l’autorizzazione per sospendere i contratti in essere. Secondo Bolsonaro questa misura, da sola, sarebbe in grado di frenare la crisi economica. Questo ha scatenato una nuova ondata di cacerolazos in tutto il Brasile, dai balconi e dalle finestre, al grido di “Bolsonaro vattene”. Addirittura, il presidente ha tacciato di isteria gli inviti a prendere delle precauzioni contro l’arrivo del virus, che ha già provocato 4 morti ed oltre 300 casi confermati di contagio secondo le autorità sanitarie.

Stanchi di questa situazione, alcuni deputati federali del Psol – Partido Socialismo e Liberdade – hanno avviato la procedura per mettere in stato di impeachment il presidente. Fernanda Melchionna, David Miranda e Samia Bomfim, insieme a deputati statali, consiglieri e sindaci del partito, intellettuali ed esponenti dei movimenti sociali hanno consegnato al presidente della Camera Rodrigo Maia la richiesta di impeachment contro Bolsonaro, accusato di “condotta criminale”, di mettere a rischio la salute dei brasiliani e di non prendere alcuna misura per l’isolamento come indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità.


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Fonte: Peacelink


Autore: David Lifodi

Licenza: Copyleft 


Articolo tratto interamente da Peacelink


Stanotte torna l'ora legale



Torna l'ora legale in Italia, stanotte le lancette dovranno essere spostate dalle 2 alle 3 e quindi si dormirà un'ora in meno.

Lo scopo dell'ora legale è quello di consentire un maggior risparmio energetico, grazie al minore utilizzo dell'illuminazione elettrica. Il cambio di orario consente un maggior sfruttamento delle ore di luce che sono solitamente "sprecate" a causa delle abitudini di orario.

Non indolore il cambiamento, purtroppo può portare e aggravare alcuni disturbi di salute, che vanno dall'alterazione del ciclo del sonno ai rischi per il cuore.

L'ora solare tornerà sui nostri orologi nella notte tra il 24 e il 25 ottobre prossimo.



Citazione del giorno


"L'alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d'un residuo di sogno e d'un principio di pensiero."

Victor Hugo


28 marzo 1979 - Incidente alla pompa di raffreddamento della Centrale nucleare di Three Mile Island (Pennsylvania)


Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera

L'incidente di Three Mile Island fu un parziale meltdown nucleare avvenuto nella centrale nucleare sull'omonima isola, nella Contea di Dauphin, in Pennsylvania, il 28 marzo del 1979. Fu il più grave incidente nucleare avvenuto negli Stati Uniti d'America, e ha portato al rilascio di piccole quantità di gas radioattivi e di iodio radioattivo nell'ambiente.

L'impianto era sia di proprietà che gestito dalla General Public Utilities e della Metropolitan Edison (Met Ed). Il reattore coinvolto nell'incidente, l'unità 2, era un reattore ad acqua pressurizzata (PWR: Pressurized Water Reactor) prodotto da Babcock & Wilcox.

L'incidente avvenne esattamente alle ore 4:00 di mercoledì 28 marzo 1979, quando il reattore era ad un regime di potenza del 97%. L'incidente ebbe inizio nel circuito di refrigerazione secondario, con il blocco della portata di alimentazione ai generatori di vapore. Questo blocco portò, nel circuito primario di raffreddamento del nocciolo, ad un considerevole aumento della pressione del refrigerante, causando prima l'apertura di una valvola PORV di rilascio posta sul pressurizzatore e poi lo "SCRAM" (arresto di emergenza del reattore mediante l'inserimento delle barre di controllo). A questo punto la valvola di rilascio non si richiuse e gli operatori non si resero conto del problema, anche perché non vi era nella strumentazione l'indicazione della reale posizione della valvola. Fu così che il circuito di raffreddamento primario si vuotò parzialmente e il calore residuo del nocciolo del reattore non poté essere smaltito. A causa di ciò il nocciolo radioattivo subì gravi danni. Gli operatori non poterono diagnosticare correttamente cosa avveniva e reagire in maniera adeguata. La strumentazione carente della sala controllo e l'addestramento inadeguato risultarono essere le cause principali dell'incidente.

Durante l'incidente si ebbe una pericolosa fusione parziale del nocciolo e di conseguenza vennero riportati alcuni gravissimi danni; l'unità 2 fu chiusa ed è ancora oggi sotto monitoraggio, in attesa delle future azioni di smantellamento.

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venerdì 27 marzo 2020

Il mondo ha bisogno di pace: cessate il fuoco!


Comunicato da Perlapace
Cessate il fuoco globale ora!

Fermate i combattimenti. Smettetela di sparare e di bombardare!!!

La Tavola della pace invita tutti a sostenere l’appello del Segretario Generale dell’Onu appendendo la bandiera della pace alla finestra


Cessate il fuoco! Fermate i combattimenti. Smettetela di sparare e di bombardare. Di questo ha bisogno, oggi più che mai, la nostra famiglia umana. Il nostro mondo deve fronteggiare oggi un solo nemico: Covid-19.”

Il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres ha lanciato, a nome di noi tutti, un importantissimo appello per chiedere l’immediato cessate il fuoco in tutti gli angoli del mondo. Stiamo parlando di centinaia di milioni di bambini, donne, uomini sparsi in quasi 50 paesi del mondo.

“La furia del virus rispecchia la follia della guerra. Per questo oggi chiedo l’immediato cessate il fuoco in tutti gli angoli del mondo. E’ tempo di fermare i conflitti armati e di concentrarci sulla vera lotta da perseguire.

Il nostro mondo deve fronteggiare oggi un solo nemico: Covid-19. Questo virus non conosce nazionalità o etnie, fazioni o fedi. Attacca tutti in modo implacabile. Allo stesso tempo i conflitti armati continuano in tutto il mondo facendo pagare un prezzo altissimo a tutte le persone più vulnerabili. I sistemi sanitari stanno collassando. Anche i rifugiati e i migranti sono esposti ad un rischio altissimo. Finiamola con il morbo della guerra e combattiamo la malattia che sta devastando il nostro mondo.”

E’ vero che gli appelli non bastano a fermare le guerre ma le parole del Segretario Generale dell’Onu non possono essere lasciate cadere nel vuoto.


INVITIAMO TUTTI A SOSTENERE L’APPELLO DEL SEGRETARIO GENERALE DELL’ONU APPENDENDO LA BANDIERA DELLA PACE ALLA FINESTRA.

Ci sono gesti che contano. E questo, per quanto piccolo e semplice, può rompere il silenzio che circonda da lungo tempo la tragedia dei dimenticati della terra.

Insieme chiediamo al Parlamento, ai Ministri degli Esteri e della Difesa di inviare un chiaro messaggio di sostegno al Segretario Generale dell’Onue di contribuire al raggiungimento di questo obiettivo attivando tutta la nostra rete diplomatica nel mondo.

Chiediamo all’Italia e a tutti i paesi europei di fermare subito anche la costruzione e la vendita delle armi. Per la nostra sicurezza oggi servono non bombe ma disinfettanti e mascherine. E domani riconvertiamo finalmente le fabbriche d’armi.

Appendi la bandiera della pace alla tua finestra. Scatta una foto diffondila sui social con #GlobalCeasefireNow #Fermateleguerre #PaceSubito e #bandierediPace. Diffondi la proposta. Passaparola.


Perugia, 26 marzo 2020


Gaza: il sistema sanitario potrebbe crollare con la diffusione del coronavirus


Articolo da Agenzia stampa Infopal

MEMO.  Il ministero della Salute palestinese a Gaza ha avvertito mercoledì del crollo del sistema sanitario a causa del rigido assedio israeliano che dura da 14 anni, secondo quanto riportato dalla rivista Al-Mujtama.

In un’intervista esclusiva con la rivista, il portavoce del ministero della Salute Ashraf Al-Qidra ha avvertito che l’enclave costiera è sull’orlo di un imminente disastro a causa della mancanza di attrezzature e strutture necessarie nella lotta contro il coronavirus.

“La Striscia di Gaza è un’area molto fragile in quanto è il luogo più densamente popolato della terra”, ha detto Al-Qidra, osservando che ci sono 5.500 persone per chilometro quadrato.

“Questo la rende una bomba ad orologeria – ha aggiunto. Se solo un residente di Gaza fosse infetto dal coronavirus, ci sarebbe un disastro poiché questa persona infetta si mescolerebbe facilmente e rapidamente con centinaia di persone”, ha spiegato.

Al-Qidra ha incolpato l’occupazione israeliana per il fatiscente sistema sanitario nella Striscia di Gaza, che potrebbe portare alla rapida diffusione della malattia a causa della grave carenza di macchinari respiratori, unità di terapia intensiva e medicine.

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Fonte: Agenzia stampa Infopal


Autore: 
redazione Infopal

Licenza: Copyleft 



Articolo tratto interamente da Agenzia stampa Infopal