giovedì 31 agosto 2023

Víctor Jara: le canzoni come armi della coscienza sociale

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Articolo da Contrainformación

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Contrainformación 

In un panorama globale in cui l'estrema destra sta avanzando con slancio in molte nazioni, le lezioni dell'assassinio di Jara sono più rilevanti che mai.

Víctor Jara non era solo un musicista. È stato un simbolo, un grido di resistenza e di speranza che è risuonato nelle strade di Santiago del Cile e non solo. La sua chitarra e la sua voce, cariche di significato e di lotta, non erano solo melodie; erano un appello alla giustizia, all’uguaglianza e alla libertà.

I testi che sfidavano l'oppressione

Le sue canzoni, come "Il diritto di vivere in pace" e "Mi ricordo di te Amanda", hanno trasceso confini e generazioni, diventando inni per coloro che lottano contro l'oppressione. Non solo raccontavano le storie degli emarginati, degli operai e dei contadini, ma mettevano anche in discussione chi deteneva il potere e denunciavano le ingiustizie del sistema. In un'epoca segnata da conflitti e repressione, la musica di Jara diventa una boccata d'aria fresca, un rifugio e, soprattutto, un mezzo di resistenza.

La tragedia che ha segnato una nazione

Ma la sua voce, così potente e rivelatrice, ha messo anche lui sotto i riflettori. Dopo il colpo di stato del 1973 in Cile, Víctor Jara fu arrestato e portato allo Stadio del Cile, trasformato in un centro di tortura. In quella stanza le sue mani, quelle che tessevano note di speranza, furono brutalmente spezzate. Pochi giorni dopo, la sua vita si è spenta, ma la sua eredità e la sua voce, lungi dall'essere messe a tacere, sono diventate più forti.

Sono trascorsi cinque decenni dalla sua morte e, sebbene la giustizia sia stata tardiva e sfuggente, i responsabili si trovano finalmente ad affrontare una condanna. Ma è possibile trovare conforto dopo così tanto tempo? Per molte persone, la sentenza rappresenta non solo un atto di giustizia per Víctor, ma anche un promemoria che la lotta per la verità e la riparazione, anche se lunga, non deve mai essere abbandonata.

L’ascesa delle ombre: l’ascesa dell’estrema destra

Tuttavia, mentre celebriamo atti di giustizia tardivi, non possiamo ignorare le ombre allarmanti che incombono oggi sul mondo. In un panorama globale in cui l'estrema destra sta avanzando con slancio in molte nazioni, le lezioni che l'assassinio di Jara ha lasciato sono più rilevanti che mai. La crescita di ideologie radicali che promuovono la divisione e l’odio ricorda l’urgente necessità di non dimenticare il passato e di difendere i valori di giustizia, uguaglianza e umanità. Nei momenti bui, è essenziale ricordare e imparare dalle storie di coloro che, come Jara, si sono opposti all’oppressione.

La musica come strumento di resistenza nell'era contemporanea

L’arte è sempre stata uno specchio della società e un mezzo di protesta. Proprio come Víctor Jara usava la sua musica per denunciare e resistere, le nuove generazioni devono sfruttare il potere dell’arte per affrontare le crescenti minacce dell’estremismo. La musica, la letteratura, il cinema e altre forme di espressione culturale sono strumenti potenti per sensibilizzare, educare e mobilitare le masse a favore di un mondo più giusto ed egualitario.

La morte di Víctor Jara è stata una tragedia che ha segnato il Cile e il mondo. Ma la sua eredità è la prova tangibile che, sebbene le voci critiche possano essere temporaneamente messe a tacere, la loro eco non svanisce mai. In un mondo che a volte sembra rifuggire dalle minacce dell’estrema destra, ricordare e celebrare figure come Jara è più che un atto di memoria: è una chiamata all’azione, un invito a continuare la lotta e a credere che, attraverso l’arte e la solidarietà, puoi costruire un futuro migliore.

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Fonte: Contrainformación

Autore: Javier F. Ferrero


Articolo tratto interamente da 
Contrainformación.es 

Photo credit Luis Poirot. QuenaCC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons


Questo messaggio lo dedichiamo ai folli



"Questo messaggio lo dedichiamo ai folli.
A tutti coloro che vedono le cose in modo diverso.
Potete citarli. Essere in disaccordo con loro.
Potete glorificarli o denigrarli, ma l'unica cosa che non potete fare è ignorarli.
Perché riescono a cambiare le cose.
E mentre qualcuno potrebbe definirli folli, noi ne vediamo il genio.
Perché solo coloro che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero."


Mahatma Gandhi



La nuova legge in Francia vuole censurare i browser



Articolo da Netzpolitik

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Netzpolitik

Un progetto di legge contro le frodi su Internet in Francia intende introdurre per la prima volta meccanismi di censura a livello di browser. Secondo il quotidiano Le Monde, il ministro francese responsabile ha definito "aggressiva" la proposta di legge di maggio. L'articolo 6 della cosiddetta "Legge sulla protezione e regolamentazione dello spazio digitale" (SREN) contiene requisiti che obbligano i browser web a implementare liste di blocco fornite dal governo e a bloccare i siti web, riferisce Udbhav Tiwari nel blog Mozilla del produttore di Firefox.

Lì i piani vengono descritti come “distopici”. Una mossa del genere fornirebbe ai governi autoritari uno strumento con cui rendere inutili gli strumenti di aggiramento della censura. La censura precedente si spinge ad un livello più alto, ad esempio a livello dei fornitori di servizi Internet. Con la nuova legge, i browser diventerebbero quindi strumenti di censura.

Finora i browser disponevano di una funzione di avviso che protegge gli utenti da malware e phishing. Si basano su sistemi come Navigazione sicura di Google o Smartscreen di Microsoft. Utilizzando questi sistemi, però, le pagine non vengono bloccate, ma gli utenti vengono solo avvisati chiaramente. Potete però decidere voi stessi se richiamare tale pagina oppure, nel caso di Mozilla Firefox, decidere voi stessi se volete disattivare completamente il filtro. La proposta di legge francese non prevede tale possibilità, concentrandosi invece sul blocco, si legge nel post sul blog di Mozilla. Inoltre, non esistono meccanismi nella legge per impedire che la funzionalità venga utilizzata per scopi diversi dal blocco del malware.

Partita la petizione

"Il fatto che un governo possa ordinare a un particolare sito web di non aprirsi affatto in un browser/sistema è un territorio nuovo, e anche i regimi più repressivi del mondo hanno finora preferito bloccare i siti web più in alto nel web (ISP, ecc.) )," scrive Mozilla.

Anche se oggi in Francia la tecnologia potesse essere utilizzata solo per malware e phishing, costituirebbe un precedente e imporrebbe i requisiti tecnici per la censura nei browser. "Un mondo in cui i browser possono essere costretti a integrare un elenco a livello di software di siti Web vietati che non si apriranno in nessuna regione o a livello globale è una prospettiva inquietante che solleva serie preoccupazioni sulla libertà di espressione", scrive Udbhav Tiwari. Mozilla teme che la legge renderebbe difficile per i browser rifiutare in futuro tali richieste da parte di altri governi.

La Mozilla Foundation ha recentemente lanciato una petizione contro il disegno di legge. La legge dovrebbe essere approvata questo autunno.

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Fonte: Netzpolitik

Autore:  

Articolo tratto interamente da Netzpolitik


Montagne Rocciose Canadesi

Canadian Rockies | 4K from harinarayan rajeev on Vimeo.

Photo e video credit harinarayan rajeev caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons 


Dolomiti dall'alto

Dolomites from above from Liu Xiang on Vimeo.

Photo e video credit Liu Xiang caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons 


Non potranno mentire in eterno...

 


"Non potranno mentire in eterno. Dovranno pur rispondere, prima o poi, alla ragione con la ragione, alle idee con le idee, al sentimento col sentimento. E allora taceranno: il loro castello di ricatti, di violenze, di menzogne crollerà."

Pier Paolo Pasolini



Il governo ha tagliato 300 milioni del PNRR per il riuso dei beni confiscati alle mafie



Articolo da Sbilanciamoci.info 

Il taglio da parte del Governo dei 300 milioni del PNRR destinati a rendere fruibili i beni confiscati alle mafie segna un grave arretramento nel contrasto alla criminalità, trasformando un investimento per la collettività in uno spreco di risorse. E in un danno irreparabile nella lotta alle cosche.

È sufficiente leggere la Deliberazione della Corte dei Conti n. 34 del 2 maggio 2023 sull’attività dell’Agenzia Nazionale sui Beni Sequestrati e Confiscati alle mafie (ANBSC) per rendersi conto dei fattori che ostacolano una ben più vasta attività di assegnazione dei beni a scopi sociali. Tra questi, il più problematico è la carenza di risorse finanziarie per la rifunzionalizzazione e conduzione dei beni da parte di enti locali e del terzo settore.

I magistrati contabili sottolineano nella Deliberazione il tema di come concentrare sinergicamente le energie per restituire slancio e credibilità all’azione istituzionale. In tal senso, due leve finanziarie sono fondamentali per sviluppare una strategia vincente nella politica di aggressione ai patrimoni mafiosi. La prima riguarda il loro uso razionale, con una diversa distribuzione e opportune modifiche normative in grado di avviare un processo virtuoso che andrebbe sostenuto dalla seconda leva finanziaria, quella rappresentata dai fondi europei. Nella consapevolezza che la criminalità organizzata ha essa stessa dimensioni globali.

Al contrario questo Governo, tagliando i fondi del PNRR a ciò previsti per un importo pari a 300 milioni di euro, sta impedendo il più grande investimento per rendere finalmente fruibili i beni confiscati alle mafie e, quindi, vedere la possibilità di trasformare le case dei boss in asili nido o centri antiviolenza, le aziende in cooperative per i lavoratori, i magazzini in centri sportivi, i campi in parchi urbani: presìdi di legalità in territori dove le mafie fanno sentire tutto il loro peso.

Si tratta di una scelta sbagliata, che penalizza tutte quelle Amministrazioni comunali che in questi mesi hanno progettato, impiegato risorse pubbliche, attivato manifestazioni di interesse con l’ANBSC salvo poi, improvvisamente, trovarsi senza le risorse previste per trasformare il tesoro dei boss in beni pubblici per la comunità. Quello che doveva essere un investimento per gli enti locali si è così trasformato in uno spreco di risorse pubbliche, tempo e lavoro (oltre a comportare seri rischi finanziari per gli stessi enti locali).

Colpire i patrimoni degli appartenenti ad associazioni mafiose assolve efficacemente sia a una funzione preventiva e deterrente, sia a una funzione di ripristino delle regole dell’economia legale, e con essa di garanzia dei diritti dei lavoratori per effetto della rimozione delle turbative prodotte dai capitali illegali. Si pensi all’effetto decisivo che la sottrazione di un’azienda nelle mani della mafia comporta in ordine al ripristino di condizioni di vita lavorative degne e coerenti con i dettati contrattuali e normativi.

È per questo che la scelta del Governo si rivela irresponsabile: trasmette un messaggio grave per quanto riguarda la lotta alle mafie e alla corruzione e rischia peraltro di creare problemi agli enti locali e al rapporto tra questi, il sistema delle imprese e le stesse autorità di governo, avendo i Comuni lavorato alacremente per progettare le opere da realizzare e assegnare i lavori. Ma la gravità della scelta è ancora più lampante se si pensa che proprio sul territorio emerge la forza della cosca mafiosa, che può disporre di beni giganteschi, di fronte a uno Stato che si dimostra incapace di mutare i rapporti di forza, con effetti devastanti sulla società civile che vede sempre più difficile opporsi allo strapotere delle mafie.

Per dimostrare che le mafie e i sistemi corruttivi non sono né impunibili né invincibili, per rafforzare la credibilità della politica e la fiducia dei cittadini verso le istituzioni, per garantire lavoro vero e favorire lo sviluppo economico-sociale, il contrasto alla mafia, pur incardinato sull’attività investigativa e giudiziaria, deve coronarsi con la lotta ai patrimoni illegalmente acquisiti e, grazie ad essa, con il radicamento di una cultura costituzionale a garanzia dei diritti dei cittadini. Tutto ciò passa da una concreta attività di restituzione dei beni oggetto di proprietà mafiosa al territorio, per il loro previsto riuso sociale. Questo obiettivo non è affatto simbolico, ma è la più concreta dimostrazione che è possibile sconfiggere il malaffare e restituire alla collettività il maltolto. Il mancato riuso sociale, di contro, depotenzia i pregressi successi investigativi e di giustizia.

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Articolo tratto interamente da Sbilanciamoci.info 

Citazione del giorno


 "Io non seguo il libro delle regole. Io mi faccio guidare dal cuore, non dalla testa."

Lady Diana Spencer


L'aria inquinata è la principale minaccia per la salute pubblica



Articolo da FuturoProssimo

L'aria inquinata è una minaccia che forse ancora troppe persone sottovalutano, nonostante milioni di morti ogni anno. Un recente studio dell'University of Chicago ha rivelato una verità preoccupante: respirare aria inquinata può ridurre la nostra aspettativa di vita più del fumo.

Come siamo messi nel mondo? Alcune nazioni stanno compiendo progressi significativi nella lotta contro l'inquinamento, altre stanno affrontando sfide crescenti. Guardiamo i dati da vicino.

Aria inquinata: killer silenzioso

L'aria che respiriamo ha un impatto diretto sulla nostra salute. Mentre molti sono consapevoli dei pericoli del fumo di sigaretta, pochi si rendono conto dell'effetto devastante dell'aria inquinata sulla nostra longevità. Il rapporto pubblicato dall'University of Chicago’s Energy Policy Institute parla chiarissimo: l'inquinamento atmosferico è ora identificato come la principale minaccia per la salute pubblica a livello globale, riducendo l'aspettativa di vita media di 2,3 anni.

Cina: un gigante in convalescenza

La Cina, per molto tempo terra di cieli oscurati dallo smog, prova ad emergere ora come un modello di miglioramento. Dal 2013 al 2021, la seconda economia più grande al mondo ha migliorato la qualità dell'aria di oltre il 40%.

Questo notevole progresso ha portato ad un aumento dell'aspettativa di vita dei suoi cittadini di oltre due anni. Ma come ha fatto la Cina a compiere un tale cambiamento?

Tutto è iniziato nei primi anni 2010, quando un influente magnate immobiliare ha lanciato una campagna sui social media, sottolineando i dati sulla qualità dell'aria di Pechino pubblicati dall'ambasciata USA. Una mossa che ha spinto la capitale cinese a essere più trasparente riguardo ai livelli di inquinamento.

La richiesta del pubblico non si è fermata, e il governo centrale ha lanciato una "guerra all'aria inquinata" nel 2013. Oggi, quasi 25.000 dispositivi di monitoraggio delle emissioni sono installati in stabilimenti e fabbriche in tutto il paese, fornendo aggiornamenti orari sui dati delle emissioni accessibili al pubblico.

India: la strada è tutta in salita

Per una Cina che cerca lentamente di sistemare le cose, dal 2015 al 2023 oltre il 50% degli anni di vita perduti nel mondo sono in quattro paesi del Sud Asia (India, Bangladesh, Nepal e Pakistan). L'India in particolare, da sola ha contribuito per quasi il 60% all'aumento dell'inquinamento atmosferico globale durante quel periodo. Se l'India dovesse aderire alle linee guida dell'OMS sull'inquinamento da particolato, l'aspettativa di vita dei residenti della capitale, Nuova Delhi, aumenterebbe di 12 anni.

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Fonte: FuturoProssimo

Autore: Gianluca Riccio


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Articolo tratto interamente da FuturoProssimo


Cinque operai sono morti travolti da un treno


Un treno ha travolto e ucciso 5 operai al lavoro sui binari della linea ferroviaria Torino-Milano, nei pressi della stazione di Brandizzo, in provincia di Torino. L'incidente è avvenuto poco dopo la mezzanotte.

Secondo una prima ricostruzione, il treno era in transito sul binario 1, mentre gli operai erano al lavoro sul binario 2. Il convoglio, che viaggiava a una velocità di circa 160 chilometri orari, non si è accorto della presenza degli operai e li ha travolti in pieno.

L'incidente ha provocato anche il ferimento di altri due operai, che sono stati trasportati in ospedale in condizioni gravi.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri, i vigili del fuoco e la polizia ferroviaria. Le indagini sono in corso per ricostruire la dinamica dell'incidente.

Ennesima strage sul lavoro, esprimo il mio profondo cordoglio alle famiglie.



Il balcone di Charles Baudelaire


Il balcone

Madre delle memorie, amante delle amanti,
fonte d'ogni mia gioia e d'ogni mio dovere,
ricorderai le tenere nostre ebbrezze, davanti
al fuoco, e l'incantesimo di quelle lunghe sere,
madre delle memorie, amante delle amanti!

Le sere accanto al palpito luminoso dei ceppi,
le sere sul balcone, velate d'ombre rosee...
Buono il tuo cuore, e dolce m'era il tuo seno: oh, seppi
dirti, e sapesti dirmi, inobliabili cose,
le sere accanto al palpito luminoso dei ceppi.

Come son belli i soli nelle calde serate,
quanta luce nel cielo, che ali dentro il cuore!
Chino su te sentivo, o amata fra le amate,
alitar del tuo sangue il recondito odore...
Come son belli i soli nelle calde serate!

Un muro era la notte, invisibile e pieno.
Io pur sapevo al buio le tue pupille scernere,
e bevevo il tuo fiato, dolcissimo veleno,
e i piedi t'assopivo, entro mani fraterne.
Un muro era la notte, invisibile e pieno.

Io so come evocare i minuti felici,
e rivivo il passato, rannicchiato ai tuoi piedi:
è infatti nel tuo mite cuore e nei sensi amici
tutta chiusa la languida bellezza che possiedi.
Io so come evocare i minuti felici...

O promesse, o profumi, o baci senza fine,
riemergerete mai dai vostri avari abissi,
come dal mare, giovani e stillanti, al confine
celeste i soli tornano dopo la lunga eclissi?
- O promesse, o profumi, o baci senza fine!


 Charles Baudelaire

martedì 29 agosto 2023

Commenti liberi: la mancanza d'empatia e umanità in Italia

Oggi voglio condividere con voi un tema che mi sta molto a cuore: la mancanza d'empatia e umanità in Italia. Mi chiedo spesso come sia possibile che in un paese così ricco di storia, cultura e bellezza, ci sia così poco rispetto per gli altri, per le loro sofferenze, per le loro diversità. Mi riferisco non solo ai casi più gravi di violenza, discriminazione e odio, ma anche alle piccole cose di ogni giorno, come l'indifferenza, l'egoismo, la maleducazione. Penso che ci sia una profonda crisi di valori, di senso civico, di solidarietà. Penso che ci sia bisogno di una maggiore educazione emotiva, di una maggiore consapevolezza di sé e degli altri, di una maggiore capacità di ascolto e dialogo. Penso che ci sia bisogno di più empatia e umanità.

Non voglio fare di tutta l'erba un fascio, so bene che ci sono tante persone meravigliose in Italia, che si impegnano ogni giorno per rendere il mondo un posto migliore. Ma credo anche che ci sia ancora tanto da fare, da migliorare e da cambiare. 

Vi invito quindi a riflettere su questo tema, a confrontarvi con me e con gli altri lettori, a condividere le vostre esperienze, opinioni e proposte. Spero che questo post possa essere uno spunto per una discussione costruttiva e stimolante. 

Attendo una vostra opinione in merito.




Oggi, 29 agosto, si celebra la Giornata Internazionale contro i test nucleari


Oggi, 29 agosto, si celebra la Giornata Internazionale contro i test nucleari, una ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 2009 per sensibilizzare l'opinione pubblica sui pericoli e le conseguenze delle esplosioni nucleari.

Il test nucleare è una prova sperimentale di un'arma nucleare o di un dispositivo nucleare, che comporta il rilascio di energia nucleare e la produzione di radiazioni ionizzanti. I test nucleari sono stati condotti da nove paesi dal 1945 al 1998, con un totale di oltre 2000 esplosioni. Queste attività hanno causato gravi danni all'ambiente e alla salute umana, oltre a contribuire alla proliferazione nucleare e alla corsa agli armamenti.

La Giornata Internazionale contro i test nucleari è un'occasione per ricordare le vittime dei test nucleari e per riaffermare il nostro impegno per un mondo libero dalle armi nucleari. L'obiettivo è quello di promuovere la ratifica e l'entrata in vigore del Trattato di divieto completo dei test nucleari (CTBT), un accordo internazionale che vieta qualsiasi tipo di esplosione nucleare a scopi pacifici o militari. Il CTBT è stato aperto alla firma nel 1996, ma non è ancora entrato in vigore perché otto paesi non lo hanno ratificato.

In qualità di cittadini del mondo, abbiamo la responsabilità di sostenere gli sforzi diplomatici per eliminare le armi nucleari e garantire una pace globale. Possiamo farlo informandoci, sensibilizzando, partecipando a iniziative civiche e sociali, esprimendo le nostre opinioni e richieste ai nostri governi e alle organizzazioni internazionali. La Giornata Internazionale contro i test nucleari è un'opportunità per rafforzare il nostro impegno per una causa comune: un mondo senza test nucleari e senza armi nucleari.



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Non è mai troppo tardi...



"Per quello che vale, non è mai troppo tardi, o nel mio caso troppo presto, per essere quello che vuoi essere. Non c'è limite di tempo, comincia quando vuoi, puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola in questo. Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio, spero che tu viva tutto al meglio, spero che tu possa vedere cose sorprendenti, spero che tu possa avere emozioni sempre nuove, spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi, spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita e se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero."


Tratto dal film | Il curioso caso di Benjamin Button



È iniziato lo sversamento in mare dell'acqua di Fukushima



Articolo da Il Becco

La questione del rilascio in mare delle acque contaminate stoccate all’interno dell’ex impianto di Fukushima continua ad essere al centro delle discussioni in Giappone ed all’estero.

Il 22 agosto, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica ha informato che informerà con regolarità la Corea del Sud circa lo scarico delle acque. La RdC, per motivi di ordine politico e militare, aveva già dato il via libera al rilascio. L’Agenzia ha anche comunicato che tutte le sue attività di monitoraggio saranno rese pubbliche. Il capo del governo sudcoreano, Han Duck Soo, pressato dall’opposizione, ha comunque chiesto ai nipponici di essere trasparenti nella divulgazione delle informazioni. Proteste si sono tenute a Seul, Busan, Gwangju ed in altre città e contro il rilascio si sono espresse la Federazione Coreana dei Movimenti Ambientalisti e la Confederazione Coreana dei Sindacati che ha definito la posizione del proprio governo come “complice di un atto criminale”.

“Si tratta di un aperto abbandono della promessa del governo alla popolazione della Prefettura di Fukushima secondo la quale nessuno smaltimento sarebbe stato effettuato senza la comprensione dei pescatori e delle altre parti interessate e ciò è assolutamente inaccettabile” ha dichiarato, nel corso di una conferenza stampa, il Presidente del Partito Comunista, Kazuo Shii, il quale ha ricordato che la Federazione nazionale delle cooperative di pesca si è sempre espressa contro il piano.
Shii ha anche ribadito che la quantità di acqua, piovana e di falda, che verrà a contatto col materiale radioattivo continuerà ad aumentare in quanto sono falliti tutti i tentativi di isolare il nocciolo e gli altri detriti altamente radioattivi dalle infiltrazioni di acqua.
Proteste si sono tenute il 22 agosto davanti agli uffici della giunta prefettizia mentre era in corso la visita del ministro dell’Economia, Industria e Commercio, Yasutoshi Nishimura, ed il 24 agosto davanti la sede della TEPCO ed in altre località del Tohoku.

“È sbagliato aver avviato il rilascio senza un dialogo sincero con le cooperative di pesca della prefettura di Fukushima” ha commentato il Presidente del Partito Costituzionale Democratico, Kenta Izumi, il quale ha comunque criticato e ritenuto non fondato scientificamente il divieto all’importazione di prodotti ittici nipponici da parte della Cina.
“Il governo non ha mantenuto la promessa contenuta in un documento del 2015 e cioè di non effettuare alcuno smaltimento senza la comprensione delle parti interessate” ha ribadito il collega di partito, Akira Nagatsuma.

Lo scarico delle acque, come annunciato, è iniziato giovedì. Le operazioni potrebbero proseguire per altri 30 o 40 anni ritardando ulteriormente il decommissionamento della centrale. L’acqua, trattata con sistema ALPS, viene mescolata con quella del mare affinché la concentrazione di trizio scenda a meno di 1.500 becquerel per litro.
“La nostra opposizione non viene meno” si legge in un comunicato rilasciato dalla Federazione Nazionale delle Associazioni delle Cooperative di Pesca.

All’estero, oltre alle posizioni espresse dalla Corea del Sud, si sono avute quelle della Russia che, con Maria Zacharova, portavoce del dicastero degli Esteri di Mosca, ha affermato che il Giappone “fornire ai Paesi interessati tutte le informazioni necessarie, inclusa la possibilità di prelevare campioni dai punti in cui verrà rilasciata l’acqua” esprimendo poca fiducia per quanto è stato e verrà comunicato da TEPCO.

La Cina ha, come scritto poco sopra, ha annunciato, proprio a partire dal 24, lo stop alle importazioni di prodotti ittici provenienti dal Giappone.
“Lo smaltimento dell’acqua contaminata dal nucleare di Fukushima è una questione importante per la sicurezza nucleare. Il suo impatto va oltre i confini del Giappone e la questione non è affatto un affare privato del Giappone. Da quando l’umanità ha iniziato a utilizzare l’energia nucleare per scopi pacifici, non ci sono stati né precedenti né standard universalmente riconosciuti per lo scarico di acqua contaminata dal nucleare nell’oceano. L’incidente nucleare di Fukushima, avvenuto 12 anni fa, è stata una grave catastrofe che ha già causato la fuoriuscita di grandi quantità di sostanze radioattive nell’oceano. Potrebbe verificarsi un disastro secondario causato dall’uomo per la popolazione locale e per il mondo intero se il Giappone scegliesse di scaricare l’acqua nell’oceano solo per servire i suoi interessi egoistici. Il governo giapponese non è riuscito a dimostrare la legittimità e la legalità della decisione, l’affidabilità a lungo termine dell’impianto di depurazione e l’autenticità e l’accuratezza dei dati sull’acqua. Non è riuscito a dimostrare che gli scarichi oceanici siano sicuri e innocui per l’ambiente marino e la salute delle persone e che il piano di monitoraggio sia valido ed efficace. Inoltre, il Giappone non è riuscito ad avere scambi di opinioni approfonditi con le altre parti interessate. L’oceano appartiene a tutta l’umanità. Avviare forzatamente lo scarico negli oceani è un atto estremamente egoista ed irresponsabile in spregio all’interesse pubblico globale. Scaricando l’acqua nell’oceano, il Giappone sta diffondendo i rischi al resto del mondo e sta lasciando una ferita aperta alle future generazioni dell’umanità. In tal modo, il Giappone si è trasformato in un sabotatore del sistema ecologico ed inquinatore dell’oceano. Sta violando i diritti delle persone alla salute, allo sviluppo e ad un ambiente sano e ciò viola le responsabilità morali e gli obblighi del Giappone ai sensi del diritto internazionale. Dal momento in cui ha avviato il discarico, il Giappone si è messo sul banco degli imputati di fronte alla comunità internazionale ed è destinato ad affrontare la condanna internazionale per molti anni a venire” ha commento, da Pechino, il Portavoce del Ministero degli Esteri della RPC, Wang Wenbin.
Immediata è stata la richiesta di Kishida di non impedire le importazioni dei prodotti ittici nipponici in Cina. Venerdì, il ministro delle Finanze, Shunichi Suzuki, ha sostenuto che lo Stato studierà delle misure di sussidio per i pescatori volte ad attenuare l’effetto delle decisioni cinesi. Nel 2022, le esportazioni di prodotti ittici giapponesi verso la Cina è stata pari a 160 miliardi di yen: circa il 40% delle esportazioni totali del settore.

“È innegabile che lo scarico in mare di acque inquinate contenenti grandi quantità di materiali radioattivi è un atto immorale di distruzione dell’ambiente geoecologico e di minaccia all’esistenza dell’umanità. […] Il Giappone inganna e prende in giro la comunità internazionale affermando che l’acqua inquinata dal nucleare è stata filtrata dalle apparecchiature di depurazione dei polinuclidi diventando acqua pulita. Ma è stato scientificamente provato che, la cosiddetta acqua pulita, contiene ancora una grande quantità di nuclidi radioattivi estremamente pericolosi tra cui cesio, stronzio e rutenio oltre al trizio. Ciò è stato riconosciuto dalla Tokyo Electricity Company, operatore della centrale atomica di Fukushima, nel settembre 2017. Nel maggio scorso, nei pesci catturati nelle acque al largo della prefettura di Fukushima è stato rilevato cesio pari a 180 volte il valore standard, suscitando grande sgomento nella comunità internazionale. […] Gli esperti esprimono preoccupazione e affermano che se l’acqua inquinata dal nucleare venisse scaricata nelle acque costiere al largo di Fukushima, si riverserebbe nella metà del Pacifico in 50 giorni e passa e, dopo alcuni anni, si diffonderebbe nei mari del mondo intero per causare gravi danni all’umanità per migliaia di anni. Questa non è una questione banale” si legge in un comunicato del Ministero degli Esteri della Repubblica Popolare Democratica di Corea.

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Fonte: Il Becco

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Articolo tratto interamente da Il Becco


Dal momento in cui oltrepassa il muro...

1979 - BasagliaFoto800

 "Dal momento in cui oltrepassa il muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale [...]; viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità, della libertà, nel manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell'internamento. L'assenza di ogni progetto, la perdita del futuro, l'essere costantemente in balia degli altri senza la minima spinta personale, l'aver scandita e organizzata la propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che – proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema istituzionalizzante su cui si articola la vita dell'asilo."

Franco Basaglia

Photo credit MLucan, CC BY-SA 3.0, attraverso Wikimedia Commons


Mattino di Rabindranath Tagore

Mattino

Il mare di silenzio del mattino
si ruppe in un mormorìo
di canti di uccelli.
Sul bordo della strada
i fiori erano tutti felici
e l'oro del sole si spargeva
attraverso una schiarita di nubi.

Rabindranath Tagore


Proverbio del giorno


La pazienza è un albero: le radici sono molto amare, ma i frutti dolcissimi.

Proverbio Tuareg




lunedì 28 agosto 2023

"Makeba", una tendenza virale su TikTok rende omaggio a Mama Africa

Miriam Makeba10

Articolo da Unicorn Riot

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Unicorn Riot

Che tu utilizzi TikTok o Instagram Reels, se nelle ultime otto settimane hai effettuato il doom scrolling, è probabile che tu abbia sentito l'orecchiabile "Can I get a ooh wee?” ritornello della canzone "Makeba", una versione pop dance della cantante francese Jain. Il meme, iniziato su TikTok, ha inizialmente guadagnato viralità come una semplice colonna sonora di danza e sincronizzazione labiale. Ma nel giro di poche settimane, ha ottenuto ancora più riconoscimenti quando una clip di uno sketch del Saturday Night Live con Bill Hader che balla è stata aggiunta a Tiktok insieme alla canzone. Casualmente, la danza banale di Hader nella clip SNL si sincronizzava perfettamente con i BPM di "Makeba".

La canzone ha visto un notevole aumento degli stream, il che è notevole dato che è stata pubblicata nel 2015. Il video musicale di "Makeba" è stato persino nominato per un Grammy nel 2016. Tuttavia, per quanto la canzone sia diventata grande sui social media, il suo significato ha radici molto più profonde. 

https://youtu.be/59Q_lhgGANc?si=GrAwjgca25jxL1C5

"Makeba" è un riferimento a Miriam Makeba, una musicista sudafricana che era affettuosamente conosciuta come Mama Africa nel suo continente natale. Più che una semplice figura di spicco nella diaspora panafricana, la sua musica e il suo acume politico erano facilmente identificabili con persone di diversa estrazione, in particolare i neri americani. Proprio come i problemi che Makeba aveva con l’apartheid in Sud Africa, i neri americani avevano le loro battaglie contro la segregazione. “Non c'era molta differenza in America; era un paese che aveva abolito la schiavitù, ma a suo modo esisteva l’apartheid”.

La vita di Makeba continua ad avere un impatto culturale, ma è iniziata in modo relativamente umile e rilassato. Nata a Johannesburg, in Sud Africa, nel 1932, Zenzile Miriam Makeba ha iniziato a cantare nella sua chiesa quando era molto giovane. Ma fu solo quando il re Giorgio, sua moglie e le sue figlie, vale a dire la regina e la principessa Elisabetta, arrivarono in visita in Sud Africa nel 1947, che a Makeba fu dato il suo primo assolo per esibirsi per la visita reale. Fin da adolescente, tutti notarono quanto fosse talentuosa e quando divenne una giovane adulta negli anni '50, Makeba si esibiva a livello professionale.

Quando Makeba iniziò a cantare con un gruppo locale chiamato Manhattan Brothers, il governo sudafricano della minoranza bianca introdusse ancora più leggi nel loro sistema già segregato nel 1952. Sebbene non fosse d'accordo con le leggi oppressive, la cantante continuò a dedicarsi alla musica. L'anno successivo, Makeba e i Manhattan Brothers pubblicarono il loro primo successo chiamato "Lakutshon Ilanga", aumentando la sua notorietà. 

Verso la fine degli anni '50, Makeba si unì al gruppo di sole donne noto come Skylarks, cantando un mix di jazz e canzoni tradizionali africane. Ma quando le tensioni razziali nel suo paese cominciarono a crescere, non poteva più rimanere in silenzio. Nel 1959, Miriam accettò di avere un breve cameo in un film anti-apartheid intitolato “Come Back, Africa”.

Più tardi, nello stesso anno, ha accettato il ruolo di protagonista femminile nell'opera jazz tutta africana di Todd Matshikiza “King Kong”. L'opera è stata un evento fondamentale dato che ha avuto luogo nel Sud Africa devastato dall'apartheid e ha visto la partecipazione di artisti sia bianchi che neri, il che ha rappresentato una sfida diretta alle recenti ulteriori leggi sull'apartheid. Il ruolo che ha interpretato nell'opera, oltre al cameo nel documentario, ha catapultato lei e la sua musica verso un riconoscimento internazionale e si è trasferita negli Stati Uniti per espandere la sua carriera. 

Ma mentre la sua carriera negli Stati Uniti cominciava a prendere slancio, le turbolenze in Sud Africa raggiunsero il culmine. Nel 1960, durante le proteste contro le leggi dell'apartheid, 69 persone furono uccise e 180 ferite in quello che divenne noto come il massacro di Sharpeville.

Tra i manifestanti uccisi dalla polizia quel giorno c'erano due membri della famiglia di Makeba. Poco dopo il massacro, ha saputo che anche sua madre era morta, spingendola a organizzare il viaggio per tornare a casa sua. 

Tuttavia, mentre cercava di lasciare l'America, apprese che il suo passaporto sudafricano era stato cancellato e sfortunatamente non aveva potuto partecipare al funerale di sua madre. 

“Ho sempre desiderato uscire di casa. Non avrei mai saputo che mi avrebbero impedito di tornare. Makeba si ricordò. “Forse, se lo avessi saputo, non me ne sarei mai andato. È un po' doloroso essere lontani da tutto ciò che hai sempre conosciuto. Nessuno conoscerà il dolore dell’esilio finché non sarai in esilio”.  

Grazie al suo profilo, Makeba è riuscita a richiamare l'attenzione sulle crudeltà dell'apartheid senza dover dire una parola. Ma ciò non durò a lungo. 

Sia che si sentisse responsabile di aver potuto lasciare il paese mentre altri non potevano, sia che si sentisse in colpa perché non poteva tornare a casa, Makeba divenne sempre più esplicita nell'opposizione all'apartheid e al governo della minoranza bianca del Sud Africa.

"La gente pensa che io abbia deciso consapevolmente di dire al mondo cosa stava succedendo in Sud Africa", ha detto Makeba al Guardian in un'intervista. "NO! Cantavo della mia vita, e in Sud Africa cantavamo sempre di ciò che ci stava accadendo, specialmente delle cose che ci ferivano.

Di fronte a perdite devastanti nella famiglia e nei legami con la sua terra natale, Makeba è diventata più devota che mai alla sua musica. Dopo aver incontrato Harry Belafonte a Londra, il crooner è diventato il suo mentore e collega. Incoraggiò persino il suo efficace trasferimento a New York City, dove divenne immediatamente popolare dopo aver registrato il suo primo album da solista nel 1960. "Era un buon insegnante e si prese cura di me", ha detto Makeba di Belafonte. "Ha detto: 'Hai un talento così grande, devi cercare di non essere un tornado, sii come un sottomarino". 

Ma la popolarità di Makeba non derivava solo dal suo talento come cantante. Il contenuto della sua musica è diventato altrettanto popolare grazie al fatto che cantava sull'ingiustizia dell'apartheid fondendo la musica tradizionale africana con una struttura occidentale. In questo modo, ha potuto condividere la sua musica con un pubblico più diversificato.

I testi di Makeba - spesso in swahili, xhosa e sotho - furono una delle prime volte in cui gli americani videro un'autentica rappresentazione africana. Molti la considerano la ragione per cui esiste la categoria "World Music" nell'industria musicale.

"Le frequenti apparizioni di Makeba sulla TV americana e le collaborazioni con Belafonte hanno offerto a molti americani il primo incontro con un africano e hanno contribuito a sfidare la sensibilità plasmata dai film di Tarzan", ha scritto il New York Times. "Ha costruito l'immagine di un'intrattenitrice accessibile ma cosmopolita che ha affermato le lotte del suo popolo attraverso la dignità con cui ne ha rappresentato la cultura." 

Makeba divenne più politicamente vigile con il progredire degli anni '60. La sua musica rifletteva la sua posizione sull'anti-apartheid e sui diritti civili e sottolineava il suo coinvolgimento politico con i movimenti Black Power e Black Consciousness. 

La tensione tra Makeba e il governo sudafricano si interruppe bruscamente nel 1962 dopo che lei testimoniò contro l'apartheid davanti al Comitato speciale delle Nazioni Unite contro l'apartheid. “Chiedo a te e a tutti i leader del mondo: agireste diversamente, restereste in silenzio e non fareste nulla se foste al nostro posto?” ha detto Makeba alle Nazioni Unite.

“Non resisteresti se nel tuo Paese non ti venissero concessi diritti perché il colore della tua pelle è diverso da quello dei governanti, e se fossi punito anche solo per aver chiesto l’uguaglianza? Faccio appello a voi, e attraverso voi a tutti i paesi del mondo, affinché facciate tutto il possibile per fermare la tragedia imminente. Ti faccio appello per salvare le vite dei nostri leader, per svuotare le carceri di tutti coloro che non avrebbero mai dovuto essere lì”.

-Miriam Makeba al Comitato Speciale delle Nazioni Unite sulle Politiche di Apartheid del Governo della Repubblica del Sud Africa, 16 luglio 1963.

Dopo questa protesta pubblica contro le pratiche razziste del suo governo, le autorità sudafricane le hanno rapidamente revocato la cittadinanza e il diritto di tornare a casa. Per aggiungere la beffa al danno, hanno bandito la sua musica anche in Sud Africa. Fortunatamente, Makeba ha ricevuto passaporti da Algeria, Ghana, Belgio e Guinea. Infatti, durante la sua vita, Makeba possedeva nove passaporti e la cittadinanza di 10 paesi. 

Questa non sarebbe nemmeno la prima volta che la sua residenza viene revocata da un paese. Dopo essere diventata più attiva nel movimento per i diritti civili degli Stati Uniti, sposò Kwame Ture (nato Stokely Carmichael) nel 1968, che per caso era un membro di spicco del Black Panther Party.

Non conquistando più gli americani bianchi con il suo ritrovato status di voce del potere nero, Makeba ha scoperto che i media conservatori la condannavano come estremista mentre la Central Intelligence Agency (CIA) ha installato dispositivi di registrazione nel suo appartamento per continuare a monitorare sia le sue attività che quelle di suo marito. . Avendo deciso di andare in vacanza alle Bahamas, una volta che Makeba e Ture hanno deciso di tornare, hanno scoperto che gli Stati Uniti le avevano annullato il visto e le avevano vietato il rientro. Non le fu permesso di tornare negli Stati Uniti fino al 1987. 

Trasferitasi a Conakry, in Guinea, dove visse per i successivi 15 anni, Makeba continuò a pubblicare musica e ad esibirsi. Anche se ha girato l'Europa e l'Asia, niente è paragonabile all'accoglienza che ha ricevuto quando ha suonato in Africa. E man mano che sempre più paesi ottenevano l’indipendenza dagli oppressivi colonialisti europei, lei fu invitata ad esibirsi alle loro cerimonie, diventando la voce della liberazione.

“Gli africani che vivono ovunque dovrebbero combattere ovunque”. proclamò Makeba. “La lotta non è diversa in Sud Africa, nelle strade di Chicago, Trinidad o in Canada. I neri sono vittime del capitalismo, del razzismo e dell’oppressione, punto”.

L'influenza di Makeba nei paesi panafricani non poteva essere ignorata, nemmeno dalla stessa Makeba. Ad un concerto in Liberia, mentre eseguiva la sua canzone più popolare “Pata Pata”, la folla iniziò a fare così tanto rumore che lei non riuscì nemmeno a finire la performance. Nonostante l'inconveniente, Makeba avrebbe ammesso pubblicamente molto più tardi che quella performance avvenne quando finalmente iniziò ad accettare il soprannome di "Mama Africa". “Ho mantenuto la mia cultura. Ho mantenuto la musica delle mie radici", ha detto Makeba. “Attraverso la mia musica, sono diventato la voce e l’immagine dell’Africa e delle persone senza nemmeno rendermene conto”.

Nel 1988, ora residente in Belgio, Makeba fu invitato a cantare al concerto tributo al 70° compleanno di Nelson Mandela a Londra mentre successivamente continuò la sua pena detentiva in Sud Africa. Lo scopo dello spettacolo era quello di aumentare la consapevolezza sull'apartheid ed è stato influente nello scoprire il crescente sostegno globale per il rilascio di Mandela dalla prigione.

Due anni dopo, dopo crescenti intimidazioni a livello internazionale e locale, l’allora presidente dello Stato sudafricano, Frederik Willem de Klerk, annullò il divieto delle organizzazioni anti-apartheid e liberò Mandela dalla prigione.

Una volta rilasciato dal carcere l'11 febbraio 1990, dopo aver scontato 27 anni, Mandela convinse Makeba a tornare in Sud Africa una volta che la fine dell'apartheid era finalmente giunta a buon fine. Nello stesso anno, a giugno, Makeba tornò finalmente a casa e trascorse lì il resto della sua vita.

Dal 1990 fino alla sua scomparsa nel 2008, Miriam Makeba ha continuato a cantare in tutto il mondo, dicendo una volta: "Ci sono tre cose con cui sono nata in questo mondo, e ci sono tre cose che avrò fino al giorno in cui morirò: speranza, determinazione e canzone. 

La sua musica e la sua passione sono senza dubbio alcuni dei motivi principali per cui le persone della diaspora africana pensano a lei con così tanto affetto.

E Jain, la cui madre è di origine franco-malgascia, elenca Makeba come un'influenza musicale, e nei versi di "Makeba" puoi vedere chiaramente il riferimento:

“Voglio vederti cantare, voglio vederti combattere

Perché tu sei la vera bellezza dei diritti umani ...

Nessuno può battere Mama Africa

Segui il ritmo che lei ti darà

Solo il suo sorriso può far andare tutto bene

La sofferenza di mille altri”.

-Jain, “Makeba”

"È stata la prima donna della canzone del Sud Africa e meritava ampiamente il titolo di Mama Afrika", ha detto Mandela in un omaggio all'icona dopo la sua morte per un attacco di cuore. “Era una madre per la nostra lotta e per la nostra giovane nazione”.

In modo controverso, molti attribuiscono la liberazione del Sud Africa a Makeba, non a Mandela. "La gente attribuisce sempre a Nelson Mandela il merito di averci liberato, nessuna Miriam Makeba ci ha liberato", ha detto il dirigente musicale Nota Baloyi in un'intervista.

“Se non fosse stato per Miriam Makeba che era andata negli Stati Uniti [e] aveva incontrato Harry Belafonte, non sarebbe andata alle Nazioni Unite. Per gli americani allora, prima che Miriam Makeba parlasse di apartheid all’ONU, tutto era normale.

Lei aprì la porta. La nostra libertà non è dovuta alla leadership politica, ma ai nostri musicisti”, continua Baloyi. “È dovuto alla leadership artistica di 'Mam Miriam Makebas'. Sono loro che ci hanno liberato”. 

-Nota Baloyi

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Fonte: Unicorn Riot

Autore: Brittany Gaston

Articolo tratto interamente da Unicorn Riot

Photo credit Roland Godefroy, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons