domenica 31 dicembre 2023

Il mio augurio di fine anno



Il 2023 è stato un anno difficile, caratterizzato da guerre, conflitti e instabilità. Abbiamo assistito a scene di violenza e distruzione che hanno lasciato un segno profondo nel nostro cuore. 

In questo contesto, è importante ricordare i valori che ci uniscono come esseri umani: la pace, la giustizia, l'uguaglianza e la solidarietà. 

La pace è il fondamento di ogni società civile. Senza pace, non è possibile costruire un futuro migliore per tutti. 

La giustizia è un altro valore fondamentale. Tutti gli esseri umani hanno diritto a essere trattati con equità e rispetto, indipendentemente dalla loro razza, religione, sesso o orientamento sessuale. 

L'uguaglianza è un diritto di tutti. Tutti gli esseri umani sono uguali in dignità e diritti. 

La solidarietà è la forza che ci permette di superare le difficoltà. Quando ci uniamo per un obiettivo comune, possiamo raggiungere grandi risultati.

In questo nuovo anno, auguro a tutti di continuare a lottare per questi valori. Solo insieme possiamo costruire un mondo più giusto, pacifico e inclusivo. 

Buon anno a tutti voi che seguite il mio blog e che il 2024 vi porti tanta serenità e felicità.





L’ultimo giorno dell’anno...


"L’ultimo giorno dell’anno è un giorno insieme magico e speciale, è tempo di bilanci, resoconti, valutazioni, è tempo di sogni, speranze, pianificazione. In un giorno vecchio e nuovo si incontrano, come in un abbraccio e l’uomo, per degli istanti è messo di fronte al tempo che passa, alla gioia del nuovo, al ricordo del passato. Trasforma questi momenti in un’occasione per seminare nuovi gesti nella tua vita per ottenere in regalo, nel nuovo anno, ciò che ancora cerchi e speri per te stesso. Butta i vecchi abiti mentali e indossa un nuovo atteggiamento che ti faccia scoprire in ogni singolo attimo la bellezza di una vita che si snocciola, giorno dopo giorno, tra le tue mani. Oggi e in ogni nuovo giorno, al sorgere del sole. Tu sei protagonista, ricordalo."

Stephen Littleword


Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere

 
Venditore
Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere
Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore
Si signore.
Passeggere
Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore
Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere
Come quest’anno passato?
Venditore
Più più assai.
Passeggere
Come quello di là?
Venditore
Più più, illustrissimo.
Passeggere
Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore
Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere
Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore
Saranno vent’anni, illustrissimo.
Passeggere
A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
Venditore
Io? non saprei.
Passeggere
Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore
No in verità, illustrissimo.
Passeggere
E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore
Cotesto si sa.
Passeggere
Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore
Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere
Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore
Cotesto non vorrei.
Passeggere
Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore
Lo credo cotesto.
Passeggere
Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore
Signor no davvero, non tornerei.
Passeggere
Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore
Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
Passeggere
Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore
Appunto.
Passeggere
Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore
Speriamo.
Passeggere
Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
Venditore
Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggere
Ecco trenta soldi.
Venditore
Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.


Tratto da | Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere (operette morali) di Giacomo Leopardi
 

Locorotondo

Locorotondo, Puglia, Italy. from Andrea Di Stefano on Vimeo.

Photo e video credit Andrea Di Stefano caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Odissea 12K | timelapse del Giappone orientale

12K Odyssey | Stroll Through East Japan's Serene Timelapse Vistas from Daisuke Shimizu on Vimeo.

Photo e video credit Daisuke Shimizu caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Proverbio del giorno


Chiara notte di Capodanno, dà slancio a un buon anno.


Mezzanotte di Giovanni Pascoli

 

Mezzanotte

Otto... nove... anche un tocco: e lenta scorre
l'ora; ed un altro... un altro. Uggiola un cane.
Un chiù singhiozza da non so qual torre.

È mezzanotte. Un doppio suon di pesta
s'ode, che passa. C'è per vie lontane
un rotolìo di carri che s'arresta

di colpo. Tutto è chiuso, senza forme,
senza colori, senza vita. Brilla,
sola nel mezzo alla città che dorme,
una finestra, come una pupilla

aperta. Uomo che vegli nella stanza
illuminata, chi ti fa vegliare?
dolore antico o giovine speranza?

 Giovanni Pascoli

sabato 30 dicembre 2023

Discorso all'umanità



"Mi dispiace, ma io non voglio fare l'Imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l'un l'altro. In questo mondo c'è posto per tutti. La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca fra le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l'avidità ci ha resi duri e cattivi; pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità; più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti; la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell'uomo, reclama la fratellanza universale, l'unione dell'umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono, io dico: non disperate! L'avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e, qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie: siete uomini!
Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore, voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l'amore altrui. Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di S. Luca è scritto: "Il Regno di Dio è nel cuore dell'uomo". Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini. Voi! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera; di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore! Che dia a tutti gli uomini lavoro; ai giovani un futuro; ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere, mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse, e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere; eliminando l'avidità, l'odio e l'intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia, siate tutti uniti!
Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia, abbi fiducia. Guarda in alto, Hannah! Le nuvole si diradano: comincia a splendere il Sole. Prima o poi usciremo dall'oscurità, verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto, Hannah! L'animo umano troverà le sue ali, e finalmente comincerà a volare, a volare sull'arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto Hannah, lassù."


Tratto dal film "Il grande dittatore" di Charlie Chaplin.


Tutto il 2023 riassunto in un cartoon

Puntuale come ogni anno, non poteva mancare il riassunto dell'anno in stile cartoon; scritto, diretto ed animato da Daniele e Davide Ratti, meglio conosciuti in rete, come Dan e Dav.

Buona visione.


Video credit Dan e Dav caricato su YouTube


Gli auguri di fine anno di Mirtillo



Mirtillo lascia i suoi auguri.

Gli auguri di fine anno di Mirtillo

"Per il nuovo anno vorrei che tutti potessero vivere in serenità e nel rispetto reciproco!! Quindi spero che ci sia la volontà di cercare presto soluzioni di pace per mettere fine a tutti i conflitti che stanno insanguinando il mondo e causando la morte di un'infinità di innocenti, nonché la distruzione di intere città!! Inoltre mi auguro che ci siano iniziative e leggi a favore dell 'ambiente, per migliorare la qualità della nostra vita perché stiamo proprio rischiando grosso!!

A tutti voi auguro la salute, che è importantissima e l'affetto sincero di coloro che vi circondano. Buon Anno!!!"

Mirtillo14

Speriamo bene e grazie per l'adesione.

Se vuoi aderire all'iniziativa Il tuo augurio di fine anno, basta contattarmi via mail, cliccando sul banner "Contatti".




L'odio è radicato nella paura...

 


"L'odio è radicato nella paura e l'unico rimedio per l'odio-guerra è l'amore. La nostra situazione internazionale che va sempre peggiorando è attraversata dai dardi letali della paura... Non è forse la paura una delle maggiori cause della guerra? Noi diciamo che la guerra è conseguenza dell'odio, ma un attento esame rivela questa sequenza: prima la paura, poi la guerra e infine un odio più profondo. Se una guerra nucleare da incubo inabissasse il nostro mondo, la causa ne sarebbe non tanto il fatto che una nazione odiava l'altra, ma che entrambe le nazioni avevano paura una dell'altra. Che metodo ha usato la sofisticata ingenuità dell'uomo moderno per trattare la paura della guerra? Ci siamo armati fino all'ennesima potenza. L'occidente e l'oriente si sono impegnati in una febbrile gara di armamenti: le spese per la difesa sono salite a proporzioni di montagne e agli strumenti di distruzione si è data priorità su tutti gli sforzi umani. Le nazioni hanno creduto che maggiori armamenti avrebbero eliminato la paura, ma ahimè, essi hanno prodotto una paura più grande."


Martin Luther King





Il più bel discorso di fine anno

Sandro Pertini1

"Il bisogno di onestà, coerenza e altruismo
I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo. 
E' con questo animo quindi, giovani che mi rivolgo a voi: ascoltatemi vi prego: non armate la vostra mano.
Armate il vostro animo.
Non armate la vostra mano, giovani, non ricorrete alla violenza, perchè la violenza fa risorgere dal fondo dell'animo dell'uomo gli istinti primordiali, fa prevalere la bestia sull'uomo ed anche quando si usa in istato di legittima difesa essa lascia sempre l'amaro in bocca.
No, giovani, armate invece il vostro animo di una fede vigorosa: sceglietela voi liberamente purchè la vostra scelta, presupponga il principio di libertà, se non lo presuppone voi dovete respingerla, altrimenti vi mettereste su una strada senza ritorno, una strada al cui termine starebbe la vostra morale servitù: sareste dei servitori in ginocchio, mentre io vi esorto ad essere sempre degli uomini in piedi, padroni dei vostri sentimenti e dei vostri pensieri se non volete, che la vostra vita scorra monotona, grigia e vuota, fate che essa sia illuminata dalla luce di una grande e nobile idea."

Sandro Pertini

Tratto dal messaggio di fine anno agli italiani, 31 dicembre 1978

Photo credit Presidenza della Repubblica [Attribution], via Wikimedia Commons


Come diavolo siamo arrivati ​​fin qui?



Articolo da Caitlin Johnstone

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Caitlin Johnstone

Come abbiamo permesso a noi stessi di rinunciare a tutto ciò che la nostra specie ha la capacità di essere in cambio di questo paradigma da incubo di ecocidio infinito, sfruttamento, oppressione, guerra e militarismo?

Avremmo potuto essere molto di più. Abbiamo la capacità di creare un mondo sano e armonioso e di collaborare per dare a tutti sulla terra tutto ciò di cui hanno bisogno, e invece stiamo uccidendo la biosfera discutendo se sia o meno antisemita opporsi a un genocidio attivo.

Potremmo avere la pace sulla terra e passare da sistemi basati sulla competizione a sistemi basati sulla collaborazione per massimizzare il nostro potenziale creativo e innovativo e trascorrere la nostra esistenza esplorando l'universo esterno e gli universi dentro di noi, e invece stiamo intensificando la politica del rischio calcolato tra nucleare e nucleare. stati armati e discutono se sia etico o meno far piovere esplosivi militari su un gigantesco campo di concentramento pieno di bambini.

Abbiamo la tecnologia per consentire a ogni scienziato sulla terra di condividere idee e informazioni tra loro in tutto il mondo in tempo reale e in qualsiasi lingua, e invece abbiamo fratturato lo sviluppo scientifico in piccole camere di eco atomizzate di segreti gelosamente custoditi in nome del profitto generazione e “sicurezza nazionale”.

Come siamo arrivati ​​qui? Come siamo stati indotti a scambiare il paradiso terrestre con questa folle distopia? Come abbiamo permesso a noi stessi di rinunciare a tutto ciò che la nostra specie ha la capacità di essere in cambio di questo paradigma da incubo di ecocidio infinito, sfruttamento, oppressione, guerra e militarismo?

Per quanto ne so, in definitiva è perché la nostra specie ha sviluppato questi enormi cervelli molto rapidamente che non abbiamo ancora imparato a usare in modo maturo, come un bambino che impara ad andare in bicicletta subito dopo aver rimosso le ruote da allenamento. Ciò ci ha permesso di dominare il pianeta pur essendo noi stessi dominati da impulsi primitivi basati sulla paura che erano molto più adatti ai nostri primi antenati evoluzionari mentre cercavano di sopravvivere nelle pericolose pianure dell’Africa come piccoli animali da preda.

Sviluppiamo l'ego nella prima infanzia per aiutarci a sentirci sicuri e protetti in un mondo confuso pieno di giganti, che la maggior parte di noi continua a utilizzare in modi altamente disadattivi per il resto della nostra vita. La nostra psicologia è piena di pregiudizi cognitivi, che gli astuti manipolatori tra noi possono usare per inducerci a comportamenti su larga scala che avvantaggiano loro piuttosto che comportarsi in un modo che avvantaggia gli altri e il nostro ecosistema.

I più astuti di questi manipolatori sono in grado di usare la loro intelligenza per raggiungere i vertici dei nostri sistemi politici, governativi, commerciali e finanziari in tutto il mondo, e usano metodi di propaganda sempre più sofisticati per indurre il resto di noi a muoversi in allineamento con la loro volontà. E la loro volontà non è saggia né intelligente; è guidato dagli stessi impulsi primitivi basati sulla paura da cui sono guidati il ​​resto degli umani intrappolati nella coscienza egoica.

Allora eccoci qua. Ecco perché ora ci troviamo in questa civiltà profondamente disfunzionale in cui la biosfera è trattata come un nemico e gli esseri umani sono trattati come carburante e le menti vengono marinate in una cultura tradizionale sempre più insulsa dove tutto è falso e stupido. Ecco perché non abbiamo il paradiso in terra, ed ecco perché oggi le bombe cadono su Gaza.

Ma è solo una fase. Un bambino che sta imparando ad andare in bicicletta non rimane per sempre sulle ruote traballanti. Alla fine riusciremo a capire questa cosa. Alla fine diventeremo questi nostri nuovi cervelli giganti e diventeremo una specie cosciente. 

A patto che non ci eliminiamo prima, ovviamente.


Continua la lettura su Caitlin Johnstone

Fonte: Caitlin Johnstone

Autore: Caitlin Johnstone

Licenza: Creative Commons (non specificata la versione

Articolo tratto interamente da Caitlin Johnstone



Palazzina Laf, un film ricco di riflessioni

ILVA - Unità produttiva di Taranto - Italy - 25 Dec. 2007

Articolo da L'Ordine Nuovo

A partire dallo scorso 30 novembre è disponibile nelle sale cinematografiche italiane il film “Palazzina LAF”. Con la regia di Michele Riondino, alla sua prima esperienza da regista, e la partecipazione di attori quali lo stesso Riondino, Elio Germano e Vanessa Scalera, questo film è tratto dal libro “Fumo sulla città” dello scrittore Alessandro Leogrande. Ambientato nel 1997, ripercorre una delle prime vicende riconosciute in Italia come mobbing, nel quadro di uno fra i maggiori casi di speculazione, danni a salute della popolazione e ambiente nel nostro paese: quello dell’ILVA di Taranto (oggi denominata Acciaierie d’Italia). Le vicende narrate testimoniano la fase immediatamente successiva alla privatizzazione avvenuta nel 1995 dell’ILVA stessa, in precedenza Italsider e di proprietà statale, e in quegli anni acquisita dalla famiglia Riva.

La trama del film: ristrutturazione aziendale come condanna dei lavoratori

Nel contesto descritto, i padroni e i dirigenti della fabbrica, tra cui Giancarlo Basile, capo del personale interpretato da Elio Germano, attuano una feroce condotta antisindacale, sottoponendo a continue minacce di ritorsioni gli iscritti a un sindacato o chiunque fosse critico nei confronti della gestione aziendale. Sono infatti diverse le persone scontente per una ristrutturazione che viene pagata sulla pelle dei lavoratori, anche in termini di orari di lavoro insostenibili, che causano sempre più spesso incidenti mortali. Molti dei lavoratori considerati “scomodi” vengono trasferiti nella cosiddetta Palazzina LAF (in quanto adiacente al laminatoio a freddo), un vero e proprio reparto confino, ritenuto però dalla gran parte degli operai un paradiso di ozio e svago che garantisce a chi vi viene collocato uno stipendio pressoché senza lavorare.

Al contrario, a chi vi è stanziato non viene assegnata alcuna mansione e, impossibilitati a lavorare o divagarsi, questi lavoratori sono costretti a una vera e propria detenzione per tutta la giornata lavorativa in un ambiente angusto, sovraffollato e fatiscente, sottoposti a continue vessazioni verbali e fisiche dalle guardie giurate con cui l’azienda li sorveglia a vista. La reclusione nella palazzina rappresenta un vero e proprio incubo per i lavoratori che vi risiedono, molti dei quali presentano evidenti disturbi psicologici, tra cui depressione, episodi di rabbia incontrollata e uno stress pari, se non superiore, ai loro colleghi che effettivamente svolgono lavori.

Nella speranza di essere ricollocati e poter abbandonare quello che ormai considerano un carcere, i lavoratori, che nel corso del film aumentano progressivamente (da 48 a 79), si rivolgono ai sindacati. Tuttavia, la dirigenza aziendale si mostra irremovibile, cercando un pretesto per licenziare i sindacalisti e promettendo ai lavoratori un ricollocamento solo qualora questi (per lo più impiegati) avessero accettato un demansionamento e incarichi dal massimo rischio per i quali non sarebbero stati adeguatamente formati.

Proprio per “spiare” i lavoratori e i sindacalisti, i padroni scelgono Caterino Lamanna, un operaio addetto alla manutenzione della fornace, chiedendo a questo di infiltrarsi e riferire ogni informazione utile ad ostacolare un’opposizione alle politiche societarie, con la promessa di aumenti di livello, salariali e vari altri benefici.

I risultati delle grandi privatizzazioni negli anni 1990

Il contesto in cui le vicende dell’ILVA si svolgono è quello degli anni 1990, contraddistinti dal grande processo di dismissione del patrimonio pubblico e del settore statale dell’economia italiana operato tanto dai governi del centro-destra (Berlusconi), quanto da quelli del centro-sinistra (D’Alema e Prodi), avvenuta di concerto con lo smantellamento dei diritti dei lavoratori e dello stato sociale, frutto della nuova strategia della borghesia italiana che mirava a massimizzare così la propria competitività nella cornice del mercato unico. Talvolta mettendo a disposizione addirittura incentivi statali, i governi hanno proceduto a svendere a grandi fondi speculativi i principali beni pubblici, che, seppur in assenza di un precedente controllo operaio e senza pertanto che quei beni fossero mai stati realmente a disposizione del benessere collettivo, passavano così apertamente nelle mani di gruppi imprenditoriali privati che rinnegavano anche nominalmente qualsiasi forma di finalità sociale, piegando la produzione a pure logiche di bilancio e di profitto.

In diverse delle aziende che hanno subito questo destino si è assistito a gravi casi di speculazione, anche tramite il ricorso a fondi pubblici, vicende che hanno condotto a ristrutturazioni aziendali che non permettevano alcun rispetto del diritto al lavoro.

L’Italsider era proprio una di quelle aziende di proprietà statale, attraverso l’IRI, con il suo  stabilimento di Taranto che fu inaugurato il 10 aprile 1965. Con il pretesto di una crisi del settore siderurgico, l’ILVA (che aveva assunto questo nome nel 1988) fu prima smembrata, con la chiusura o svendita degli impianti a diversi gruppi, e poi del tutto privatizzata con l’acquisto del polo di Taranto da parte del Gruppo Riva. Proprio in questo periodo la nuova proprietà si macchia di vari reati ambientali e di inquinamento, oltre ad organizzare un vero e proprio sistema punitivo per i dipendenti, da cui le vicende della Palazzina LAF.

Non è un caso se la privatizzazione delle aziende pubbliche, in un contesto di liberalizzazioni che proseguì per molti anni, abbia portato a speculazione, devastazione, condotte antioperaie, attacco ai diritti e al benessere della collettività. Lungi dal ritenere che la mera proprietà pubblica di determinati asset strategici nell’economia nazionale possa, in assenza del potere ai lavoratori, garantire benessere, o addirittura una tappa verso una società strutturalmente diversa da quella odierna (il ruolo dello Stato in economia ha piuttosto rappresentato in Italia un uso della spesa pubblica a sostegno del processo di concentrazione del capitale privato), è impossibile non riconoscere come sul piano occupazionale e dei diritti la stagione delle liberalizzazioni abbia rappresentato un peggioramento, legato al più ampio arretramento in Italia del movimento operaio, del sindacalismo confederale e dei partiti che di esso si facevano interpreti.

Tutto ciò che ne consegue, tra cui le vicende narrate in Palazzina LAF, non può pertanto prescindere da una lettura di quegli anni, in un cui veniva meno la necessità per i governi borghesi di garantire una gestione, almeno all’apparenza, “sociale” tramite welfare e proprietà pubblica di parte dei mezzi di produzione a cui i governi stessi erano costretti dalla presenza di un blocco socialista che desse forza a un’alternativa socialista alla barbarie del capitalismo. Nel nostro paese, proprio grazie alla disorganizzazione della classe operaia, questo processo di dismissione di elementi “palliativi” ha rappresentato un salto di qualità per una società che strutturalmente si fonda sul profitto, in barba a qualsiasi finalità sociale della produzione.

Le conseguenze della divisione tra i lavoratori

La figura di Caterino e il suo rapporto con gli altri lavoratori mostrano in maniera cinica ma efficace la strategia padronale di frammentare la classe lavoratrice, creando divisioni, spesso pretestuose quanto artificiali, sulla base della mansione, del salario e dell’anzianità. Caterino è infatti un lavoratore disilluso, che non vede possibile un miglioramento delle proprie condizioni materiali se non nel compiacimento delle richieste padronali, tanto da essere preda della retorica dell’interesse aziendale, anche a scapito dei suoi colleghi.

Come tutti gli operai dell’acciaieria, Caterino non vede di buon occhio chi lavora nella Palazzina LAF, riservando loro atti di scherno, provocazione e derisione. Infatti, lui prova invidia, che genera in lui risentimento e voglia di rivalsa, per i lavoratori della Palazzina LAF, che considera privilegiati in quanto percepiscono, senza lavorare, uno stipendio superiore al suo, che rischiava ogni giorno la vita alle batterie. Per chi lavorava nel suo reparto, infatti, le morti sul lavoro erano una realtà quotidiana.

Vi sono infine i lavoratori impiegati nella vigilanza privata di stanza nel complesso industriale, che, incapaci di percepire e provare risentimento per le condizioni a cui sono sottoposti i lavoratori confinati nella palazzina, diventano lo strumento che consente ai padroni di mantenere un clima di intimidazione, timore, violenza verbale e fisica.

È proprio la divisione tra i lavoratori della fabbrica a renderli ricattabili. Infatti, l’atomizzazione che le politiche aziendali sono riuscite a produrre e l’individualismo imperante nella società capitalistica fanno sì che ciascun lavoratore, se non i più coscienti, non veda nei suoi pari un compagno nella lotta per la conquista di condizioni migliori. Questa realtà è stata descritta in un’intervista anche da Elio Germano, secondo il quale la corsa al profitto genera conflittualità tra i lavoratori, impedendo a questi di lottare insieme, e individuando il proprio nemico negli altri lavoratori, piuttosto che nel datore di lavoro.

La necessità di un sindacalismo conflittuale

Una figura importante in tutto l’arco narrativo del film è quella di Renato Morra, un sindacalista che cerca in varie maniere di mobilitare i lavoratori. A partire dall’organizzazione di uno sciopero contro le frequenti morti sul lavoro, Morra attira su di sé le attenzioni dei dirigenti della fabbrica, che a più riprese cercano di “assoldare” lavoratori, tra cui Caterino, per incastrarlo, se non addirittura per creare ad arte prove di violazioni disciplinari, al fine di licenziarlo e sbarazzarsene.

Senza alcun dubbio la figura di Morra lascia trasparire una sincera volontà di migliorare le condizioni di lavoro degli operai, e, in seguito, di “liberare” i lavoratori della Palazzina LAF, che gli si erano rivolti nella speranza di poter abbandonare quel luogo. Il suo ruolo nella trama è pertanto sicuramente positivo. Tuttavia, fin da subito è possibile riscontrare alcune contraddizioni che impediscono a Morra di restare in contatto con gli altri lavoratori e di organizzarli in una lotta.

In primo luogo, i lavoratori non ritengono all’altezza la risposta sindacale alle morti sul lavoro (emblematica è l’affermazione di Caterino, secondo il quale quando muore un operaio i sindacati si limiterebbero a fare mezz’ora di sciopero, senza quindi incidere realmente); in secondo luogo, Morra non riesce a contrastare le politiche societarie, in quanto il suo sindacato era firmatario degli accordi di ristrutturazione aziendale (ciò lascia intuire che, realisticamente, il sindacato in questione fosse uno tra i confederali) che consentivano ai padroni, in tutta la loro arroganza, di disporre dei lavoratori a loro piacimento.

La debolezza, se non la compromissione aperta in taluni casi, dei principali sindacati che hanno scelto la via della concertazione, piuttosto che quella della conflittualità, è ciò che rende ai lavoratori, preda della propaganda borghese, inviso lo strumento stesso del sindacato, vedendo come inutile o perfino ostile uno degli elementi fondamentali della lotta di classe.

Seppur il film non vi faccia riferimento esplicito, la necessità di un sindacalismo conflittuale, che sappia contrapporre a concertazione e collaborazionismo la lotta di classe sui luoghi di lavoro, è evidente dalla pellicola. Si evince che proprio la lotta può far pesare la forza dei lavoratori sui padroni, mentre al contrario la concertazione non fa che “anestetizzare” le lotte, producendo rassegnazione e disillusione per quei sindacalisti, che altrimenti vengono visti come individui dediti esclusivamente alla ricerca di soldi e tessere, come afferma Caterino in apertura.

Il mobbing come violenza fisica e psicologica sui lavoratori

Come anticipato in apertura, il film trae spunto dai fatti realmente avvenuti presso gli stabilimenti tarantini dell’ILVA tra fine anni 1990 e inizio anni 2000, uno dei primissimi casi riconosciuti come mobbing in Italia.

Per oltre due anni, i lavoratori confinati non hanno svolto alcuna attività lavorativa e per un certo periodo sono stati tenuti a casa col pagamento dello stipendio. In seguito sono finiti in cassa integrazione, scaduta il 30 novembre 2001: tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002 una minima parte di loro è rientrata nel ciclo produttivo insieme ad altri lavoratori che erano in CIGS (cassa integrazione guadagni straordinaria). Una parte dei 70 lavoratori, a causa di queste vessazioni, ha subito danni psicologici e persino fisici (come testimoniato da un articolo de “La Repubblica” dell’8 dicembre 2001).

A seguito di una nota del locale ispettorato del lavoro, originata da una richiesta pervenuta dal Ministero del Lavoro che doveva predisporre una risposta ad un’interrogazione parlamentare, il 19 febbraio 1998 venne avviata un’inchiesta, che condusse alla condanna per violenza privata a due anni e tre mesi di reclusione di Emilio Riva, presidente del consiglio di amministrazione dell’ILVA, Luigi Capogrosso, direttore dello stabilimento di Taranto, e un caporeparto, Antonio Bon, oltre alla condanna di altri sette imputati, tutti capireparto, a pene minori, a partire da nove mesi di reclusione. Le condanne sono arrivate in primo grado il 7 marzo 2002, in appello il 10 agosto 2005. La sentenza del Tribunale di Taranto rileva come gli imputati:

«Minacciavano i lavoratori in questione, in maniera diretta ed indiretta, e quantomeno in forma implicita, che, ove non avessero accettato la proposta novazione del rapporto di lavoro con declassamento dalla qualifica di impiegato a quella di operaio con conseguente mutamento peggiorativo delle mansioni relative, i predetti sarebbero stati trasferiti (trasferimento poi attuato) alla “Palazzina Laf”, ove era sicuramente prevedibile la inevitabile sottoposizione ad un regime lavorativo umiliante e peggiorativo rispetto alle aspirazioni legittime dei dipendenti, al miglioramento e alla tutela delle loro attitudini professionali e consistente nella mancata assegnazione di qualunque tipo di incarico e attività operativa, sì da dover trascorrere, peraltro in un ambiente non decoroso e trascurato, le ore prescritte in una situazione di assoluta inerzia, lesiva della dignità dei lavoratori stessi, con ciò determinando da un lato il prevedibile ed inevitabile peggioramento delle capacità professionali delle parti lese e, dall’altra, l’avvilimento del loro legittimo diritto ad espletare un’attività lavorativa decorosa e confacente ai principi tipici di un equilibrato rapporto di lavoro, subordinando il ripristino di un normale rapporto alla accettazione della “proposta” di novazione, lasciando perdurare a tempo indeterminato la negativa situazione descritta a fronte del perdurante diniego opposto dagli interessati.»

Le pratiche di mobbismo sono solo uno dei numerosi esempi di prevaricazione e abuso di potere sul luogo di lavoro, spesso finalizzate a creare un ambiente ostile al lavoratore, costringendolo alle dimissioni e all’abbandono del lavoro stesso o all’accettazione di un ridimensionamento della propria figura professionale. Se nel periodo all’incirca coincidente con i fatti narrati in Palazzina LAF perfino il Parlamento Europeo, lungi dal rappresentare un attore neutrale nel conflitto tra capitale e lavoro, riconosceva come tra il 2000 e il 2001 «l’8% dei lavoratori dell’Unione europea, pari a 12 milioni di persone, è stato vittima di mobbing sul posto di lavoro, e che si può presupporre che il dato sia notevolmente sottostimato», in Italia l’Eurispes rilevava come i lavoratori italiani mobbizzati ammontavano a un milione e mezzo (su 21 milioni di occupati), pari al 7,1%.

Ancora oggi il mobbing è considerato uno dei principali determinanti della riduzione del benessere lavorativo a livello mondiale ed in grado di causare nelle vittime non solo problemi di salute mentale, come ad esempio depressione, ansia, idee suicidarie, alterazioni del ritmo sonno-veglia, ma anche di influenzare il decorso di malattie cardiovascolari, e diabete. L’assenza nel nostro paese di una fattispecie di reato specifica contro il mobbismo, oltre a non contribuire ad arginare queste pratiche ostili ai lavoratori, rende ad ogni modo lo studio del fenomeno in Italia farraginoso, nonché le statistiche incomplete e scarsamente aggiornate.

Esempi di casi a cui la giurisprudenza ha riconosciuto pratiche mobbiste riguardano situazioni di emarginazione, demansionamento, inattività coatta, denigrazione, dequalificazione, discriminazione professionale, terrorismo psicologico, umiliazioni e pressioni psicologiche, intento lesivo diretto alla persecuzione e moltre altre situazioni analoghe.

Purtroppo, come testimonia il film, quella del mobbing è una pratica spesso sottovalutata o non denunciata come abusatrice da parte dei lavoratori: questo avviene da una parte per una difficoltà da parte dei lavoratori nel reagire alle diverse forme con cui l’oppressione padronale si può esplicare nei luoghi di lavoro; dall’altra per una vera e propria assuefazione ai soprusi commessi dal padronato stesso, in un contesto in cui, in assenza di una prospettiva politica o sindacale che rilanci la centralità del proletariato e la lotta per la conquista di diritti sociali, caporalato e arroganza padronale diventano per i proletari stessi la normalità e l’unica prospettiva in una società all’insegna di precarietà e sfruttamento.

Negli anni immediatamente successivi alla sentenza sull’ILVA, secondo una ricerca dell’IREF del 2004, il 70,4% dei lavoratori italiani dichiarava di non conoscere il fenomeno del mobbing. Nel film, Caterino stesso, convinto che la prospettiva di guadagnare stipendi maggiori senza dover lavorare sia un’utopia, si rende conto solo con il passare del tempo che la vita nella Palazzina LAF è in realtà un inferno.

Continua la lettura su L'Ordine Nuovo


Fonte: L'Ordine Nuovo

Autore: 
Lorenzo Vagni

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 3.0 Italia.

Articolo tratto interamente da 
L'Ordine Nuovo



Citazione del giorno



"Le persone che si amano possono essere separate dalle circostanze della vita ma, anche se solo in sogno, la notte appartiene a loro."

Patti Smith


I video musicali più visti su YouTube nel 2023 in Italia



Ecco la classifica dei primi 10 video musicali più visti in Italia nel 2023.

Uomo di Alfonsina Storni

 


Uomo

Uomo, voglio che tu comprenda il mio male,

uomo, voglio che tu mi doni dolcezza,

uomo, cammino per i tuoi stessi sentieri;

Figlio di mamma: comprendi la mia follia...

Alfonsina Storni


venerdì 29 dicembre 2023

Gli auguri di fine anno dell'Alligatore

 


L'Alligatore lascia i suoi auguri ai lettori di questo blog.

Gli auguri di fine anno dell'Alligatore

Auguro a tutti voi un 2024 di Pace, perché è il bene più importante. Il massacro del popolo palestinese deve finire, come la guerra in Ucraina con una soluzione diplomatica, e devono avere fine tutti i conflitti che infestano il mondo e ingrassano i mercanti di morte. Come diceva il buon Gino Strada, facciamo diventare la guerra un tabù. Questo il mio augurio per il 2024.

L'Alligatore

Grazie a Diego per i suoi auguri, speriamo in una vera pace.

Se vuoi aderire all'iniziativa Il tuo augurio di fine anno, basta contattarmi via mail, cliccando sul banner "Contatti".



Questo blog riprende le pubblicazioni



Voglio avvisare gli amici e lettori di questo blog, che tra poco riprenderanno le consuete pubblicazioni.

Visto il poco tempo a disposizione non riesco a passare in tutti i vostri blog, ma voglio ringraziarvi per gli auguri e i commenti che mi avete lasciato in mia assenza.





venerdì 22 dicembre 2023

Blog in ferie: auguro a tutti delle buone feste




Questo spazio resterà in pausa dal 23 dicembre al 29 dicembre 2023 (salvo imprevisti). Voglio ricordare, che tutti i commenti in moderazione nel blog, saranno pubblicati al mio ritorno. Inoltre, per gli amici che mi seguono su Facebook, l'attività continuerà ai soliti indirizzi:


Profilo personale: Vincenzo Cavaliere

Pagina ufficiale Web sul blog: Web sul blog

Pagina ufficiale Cavaliere oscuro del web: Cavaliere oscuro del web


Auguro delle serene feste a tutti gli amici e lettori di questo blog.




giovedì 21 dicembre 2023

Restiamo umani

Vittorio Arrigoni

"Restiamo umani, a qualunque latitudine, facciamo parte della stessa comunità. Ogni uomo, ogni donna, ogni piccolo di questo pianeta, ovunque nasca e viva, ha diritto alla vita e alla dignità. Gli stessi diritti che rivendichiamo per noi appartengono anche a tutti gli altri e le altre, senza eccezione alcuna. Restiamo umani, anche quando intorno a noi l’umanità pare si perda."

Vittorio Arrigoni

 Photo credit AlphaBetaUnlimited caricata su Flickr - licenza foto: Creative Commons



Il 71% degli abitanti di Gaza soffre la fame estrema



Articolo da Peoples Dispatch

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Peoples Dispatch

Israele usa la fame come arma per punire collettivamente i palestinesi di Gaza, afferma un gruppo per i diritti umani con sede a Ginevra

Secondo uno studio condotto da Euro-Med Human Rights Monitor con sede a Ginevra, oltre il 71% di tutti gli abitanti di Gaza soffre di fame estrema a causa del fatto che Israele usa la fame come arma per punire collettivamente i palestinesi nella sua guerra a Gaza.

Il dato è stato ottenuto da uno studio analitico condotto da Euro-Med Monitor, su un campione di 1.200 persone a Gaza, per valutare l'impatto della crisi umanitaria creata dalla guerra israeliana sul territorio palestinese assediato dal 7 ottobre.

Quasi 20.000 palestinesi sono stati uccisi e più di 60.000 sono rimasti feriti nei bombardamenti indiscriminati e nell'offensiva di terra israeliana a Gaza finora. Quasi il 90% dei suoi 2,3 milioni di abitanti sono stati sfollati e costretti a vivere in rifugi temporanei o all’aperto.

Secondo i risultati dell’Euro-Med Human Rights Monitor, il 98% degli abitanti di Gaza non riceve cibo a sufficienza, mentre il 64% ha ammesso di essere costretti a mangiare materiali scaduti, cibo immaturo e persino erba per sopravvivere.

Un rapporto simile è stato pubblicato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). Si stima che la percentuale di famiglie che denunciano gravi livelli di fame a Gaza sia aumentata dal 24% al 44% tra il 30 novembre e il 12 dicembre.

Israele ha imposto un blocco sulla fornitura di cibo e altri materiali essenziali all'interno del territorio palestinese dal 9 ottobre. Ciò ha creato una massiccia carenza di cibo e altri materiali essenziali nel territorio.

Israele ha accettato di concedere aiuti umanitari limitati al territorio assediato dopo le pressioni delle agenzie internazionali a fine novembre. Tuttavia, la fornitura di aiuti è estremamente inadeguata a soddisfare i bisogni di milioni di palestinesi a Gaza.

Prima del 7 ottobre, ogni giorno almeno 500 camion entravano a Gaza con cibo e altri rifornimenti. Anche da quando Israele ha consentito la consegna di aiuti umanitari attraverso il confine egiziano di Rafah, in media sono entrati nel territorio solo 100 camion, osserva il rapporto.

"L'uso della fame come arma da parte di Israele è stato intensificato dal 7 ottobre, e ha comportato il taglio di tutte le forniture di cibo agli abitanti di Gaza, nonché il bombardamento e la distruzione di panifici, fabbriche, negozi di cibo, stazioni idriche e carri armati della Striscia", ha affermato Euro-Med. dice il rapporto.

L'esercito israeliano ha anche bombardato e bruciato campi agricoli, pescherecci, magazzini e persino centri di rifornimento delle agenzie di soccorso internazionali come l'Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e il lavoro (UNRWA) a Gaza.

Prendere di mira le infrastrutture civili e la produzione alimentare durante la guerra è un crimine secondo il diritto internazionale. Gli atti israeliani a Gaza violano anche i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale. In quanto potenza occupante, Israele ha la responsabilità di fornire cibo e sicurezza a tutti i palestinesi.

Inoltre, è estremamente difficile consegnare i limitati aiuti alimentari ai palestinesi colpiti all’interno di Gaza poiché i veicoli non hanno abbastanza carburante per funzionare.

La maggior parte degli abitanti di Gaza non riceve abbastanza acqua per bere, pulire e lavarsi. Secondo i risultati dell’indagine, in media la maggior parte degli abitanti di Gaza riceve solo 1,5 litri di acqua al giorno. Secondo gli standard internazionali una persona ha bisogno di almeno 16,5 litri di acqua al giorno per mantenersi in salute. 

La maggior parte delle infrastrutture civili, comprese le condutture fognarie e dell'acqua potabile, sono state distrutte a causa dei bombardamenti israeliani. Anche questi servizi sono gravemente compromessi a causa della mancanza di elettricità. 

L’impatto della mancanza di acqua potabile è enorme e chiaro. Secondo i risultati, almeno il 66% di tutti gli intervistati ha sofferto di alcune malattie direttamente legate all'acqua come diarrea, eruzioni cutanee o malattie intestinali.

Il capo dell'UNRWA Philippe Lazzarini e il segretario generale dell'ONU Antonio Guterres hanno ripetutamente sottolineato la disperata situazione umanitaria a Gaza, compreso l'aumento della fame e della fame causati dalla guerra israeliana, e hanno chiesto un cessate il fuoco immediato. 

Continua la lettura su Peoples Dispatch


Fonte: Peoples Dispatch

Autore: Peoples Dispatch


Articolo tratto interamente da 
Peoples Dispatch