lunedì 31 marzo 2025

Occupazione significa che ogni giorno muori e il mondo guarda in silenzio...


“Occupazione, coprifuoco, insediamenti, zona militare chiusa, detenzione amministrativa, assedio, sciopero preventivo, infrastruttura terroristica, trasferimento. La loro GUERRA distrugge il linguaggio. Parla di genocidio con le parole di un tecnico silenzioso. Occupazione significa che non puoi fidarti del CIELO APERTO o di qualsiasi strada aperta vicino ai cancelli della torre dei cecchini. Significa che non puoi fidarti del futuro o avere fede che il passato sarà sempre lì. Occupazione significa vivere la tua vita sotto il governo militare e sotto la costante minaccia di morte, una morte rapida a causa del proiettile di un cecchino o dell'attacco missilistico di un M16. Una morte schiacciante, soffocante, una morte lenta e dissanguata in un'ambulanza ferma per ore a un posto di blocco. Una morte oscura, su un tavolo di tortura in una prigione israeliana: solo una morte arbitraria e casuale. Una morte fredda e calcolata: da una malattia curabile. Mille piccole morti mentre guardi la tua famiglia morire intorno a te. Occupazione significa che ogni giorno muori e il mondo guarda in silenzio. Come se la tua morte non fosse niente, come se fossi una pietra che cade nella terra, come se fossi un'acqua che cade sull'acqua. E se affronti tutta questa morte e indifferenza e mantieni la tua umanità, il tuo amore e la tua dignità e TU rifiuti di arrenderti al loro terrore, allora conoscerai qualcosa del coraggio che è la Palestina”.

Suheir Hammad


Questa terra è una signora terra...


Questa terra è una signora terra, 

madre di ogni inizio, 

madre di ogni fine.

Veniva chiamata Palestina,

Verrà chiamata Palestina. 

Mahmoud Darwish


Sono qui...


"Sono qui e nessuno mi conosce, sono un volto anonimo in questa moltitudine di volti anonimi, sono qui come potrei essere altrove, è la stessa cosa, e questo mi dà un grande struggimento e un senso di libertà bella e superflua, come un amore rifiutato."

Antonio Tabucchi


Io capitano: recensione del film



Io capitano è un film del 2023 diretto da Matteo Garrone.


Attenzione: il seguente articolo contiene spoiler del film!


Trama 

Seydou e Moussa, due cugini senegalesi di 16 anni, lasciano Dakar per raggiungere l'Europa e sfuggire alla miseria. Transitano attraverso il Mali muniti di falso passaporto e, benché la truffa venga scoperta da un poliziotto, evitano la prigione in cambio di denaro. Giunti in Niger, pagano per unirsi a un gruppo che attraversa il deserto. Durante il tragitto due persone vengono lasciate indietro: i guidatori di un Pick-up si rifiutano di tornare indietro quando un uomo cade dal veicolo e, durante un tratto a piedi, una donna esausta viene abbandonata fra le dune e muore fra le braccia di Seydou. Arrivati al confine con la Libia il gruppo viene fermato dalla polizia, alla ricerca di oggetti di valore, che porta Moussa in prigione dopo che ha tentato di nascondere i suoi soldi nel retto. Disperato, Seydou continua il viaggio ma tutto si rivela un imbroglio quando viene portato con gli alrti migranti in una prigione gestita dai trafficanti. I criminali vogliono che i prigionieri contattino i loro parenti per chiedere un riscatto, altrimenti saranno torturati e ridotti in schiavitù. Seydou rifiuta e viene torturato e violentemente malmenato.

Il giorno dopo un detenuto di nome Martin, impietosito dalle condizioni di Seydou, lo trascina con sé ad un'asta di schiavi, dove il rappresentante di una ricca tenuta li acquista come muratori. A Martin e Seydou, che stringono una forte amicizia, viene affidata la costruzione di un muro intorno alla tenuta e di una fontana. Avendo lavorato bene, il padrone concede loro la libertà e gli paga un trasporto a Tripoli. Nella capitale libica i due si separano con rammarico: Martin continua il suo viaggio per raggiungere Caserta mentre Seydou rimane a Tripoli per cercare Moussa. Alla fine i due cugini si ritrovano, ma Moussa è stato ferito a una gamba durante la sua fuga dalla prigione. Seydou fa medicare la gamba con mezzi di fortuna, ma lo stato di Moussa resta critico e ha bisogno di essere ricoverato in ospedale. Questo convince i due a riprendere il viaggio, poiché Moussa non verrebbe mai curato in Libia.

Seydou si rivolge ad un faccendiere di nome Ahmed per attraversare il Mediterraneo. Senza soldi a sufficienza però, a Seydou viene offerta una sola opzione: dovrà guidare la barca. Ahmed istruisce rapidamente Seydou su come guidare la barca e navigare con una bussola verso la Sicilia. Nonostante il viaggio estenuante, con litigi tra i migranti a bordo e la nascita di un bambino, Seydou riesce a portare la barca fino alle acque territoriali italiane, dove vengono avvistati e soccorsi da un elicottero della guardia costiera. Nonostante il giubilo dei migranti e di Seydou, che grida "Io capitano!" agli uomini dell'elicottero (rischiando quindi di essere accusato di scafismo), ora affronteranno un destino incerto per mano del governo italiano

Curiosità sul film

Io capitano nasce da un'idea del regista Matteo Garrone, che ha scritto la sceneggiatura con Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri, basandosi sulle storie di emigrazione dal continente africano di Kouassi Pli Adama Mamadou, Arnaud Zohin, Amara Fofana, Brhane Tareke e Siaka Doumbia,[9] oltreché dell'autore e attivista Ibrahima Lo.[10][11]

Nel corso dell'80ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia il responsabile del casting Henri-Didier Njikam non ha ottenuto il visto d'ingresso dall'Ambasciata d'Italia a Rabat, in Marocco, poiché non vi erano garanzie che avrebbe abbandonato il territorio italiano una volta entrato.[48] In un'intervista rilasciata al The Hollywood Reporter Roma, Njikam ha dichiarato che il fatto è stato percepito come «un atto di razzismo» in quanto «l'ambasciata ha giustificato il rifiuto sostenendo che non c'erano garanzie che avrei abbandonato il territorio italiano una volta entrato, a Venezia. In pratica mi hanno trattato come un migrante, come se volessi approfittare della situazione per scappare. Ma io ho un lavoro, una tessera professionale del Centro Marocchino del Cinema. E, sinceramente, se avessi voluto lavorare in Europa, lo avrei già fatto» e che l'ente «non ha guardato il mio curriculum né i miei documenti, ma solo il colore della mia pelle. [...] Questo problema esiste solo con l'ambasciata italiana in Marocco, perché i miei colleghi dal Ghana e dalla Costa d'Avorio sono riusciti a partire. Se fossi stato bianco, non credo che sarei stato trattato così».

La mia opinione

Il film si distingue per il suo messaggio forte e chiaro, che invita alla riflessione sulle condizioni dei migranti e sulla loro ricerca di una vita migliore.

Voto: 7,5

Questo articolo è pubblicato nei termini della licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Esso utilizza materiale tratto da Wikipedia, l'enciclopedia libera.


I rifugiati climatici



Articolo da Open Migration

Sempre più persone in futuro si sposteranno a causa degli effetti negativi prodotti dal riscaldamento globale. Già oggi, in molti, più o meno consapevolmente, basano la propria decisione di migrare su questo. Tra casi studio, la necessità di riconoscere i rifugiati climatici, le politiche migratorie non possono che passare anche da un'attenzione sempre più crescente a questo tema.

Il riscaldamento globale è diventato un fattore determinante nella scelta migratoria di milioni di persone, costrette da alluvioni, siccità e altri eventi estremi a lasciare la propria terra, al pari di conflitti, violenze e discriminazioni.

L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni utilizza le definizioni di migranti e sfollati ambientali dal 2007, e nel 2018 anche l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto la crisi climatica come fattore fondamentale dei flussi migratori con il Global Compact for Safe, Orderly and regular Migration, ma il primo riferimento storico a popolazioni sfollate a causa di eventi climatici risale al 1948, quando William Vogt, ornitologo americano considerato il “padre” dell’ecologismo, pronosticò l’avvento di milioni di potenziali migranti ambientali nel suo libro Road to survival.

Migrazioni e capacità di adattamento agli eventi climatici

Il principale organismo internazionale per la valutazione del riscaldamento globale, l’Intergovernmental Panel on Climate Change IPCC ha associato la migrazione climatica ad una serie di fattori che rimandano ad altre categorie, come il rendimento delle colture o gli incendi che hanno un impatto diretto sulla produzione alimentare, oppure alla capacità di adattamento alle condizioni ambientali avverse e alla presenza di infrastrutture efficienti sul territorio. È emerso che nei paesi del Sud del mondo sia molto più complesso far fronte agli eventi climatici estremi, con un conseguente aumento della vulnerabilità della popolazione più povera: secondo i dati dell’Adaptation Gap Report 2024, i paesi in via di sviluppo avrebbero bisogno di un budget fra i 187 e i 359 miliardi di dollari annui per finanziare le strategie di adattamento al riscaldamento globale e ai conseguenti eventi estremi, rispetto ai 28 miliardi di dollari stanziati dai paesi più ricchi (dati 2022).

Il progetto “Le rotte del clima”

Promosso nel 2023 dal Centro Studi Systasis per la prevenzione e la gestione dei conflitti ambientali assieme ad una serie di partner fra i quali l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione Asgi, il progetto “Le rotte del clima” si concluderà alla fine di quest’ anno, ma nel frattempo ha dato origine ad una pubblicazione che mette insieme i dati raccolti finora.

L’indagine ha coinvolto 348 persone, oggi residenti in Italia, con una storia di migrazione alle spalle.

Alla domanda sul proprio genere hanno risposto solo in 282, per l’88,7% maschi (250) e per l’11,3% donne (32). Si tratta di soggetti prevalentemente adulti (81%), contro il 19% di minori. Fra i paesi di provenienza, quelli maggiormente rappresentati sono il Bangladesh (24,4%), il Pakistan (13%), la Costa d’Avorio (5,2%), il Sudan (3,4%), la Somalia (2,6%) e l’Afghanistan (2,3%). Ai rispondenti è stato chiesto quali conseguenze di evento climatico estremo avessero vissuto, e la maggior parte, 244, ha dichiarato di essersi trovato in pericolo di vita o di aver temuto la morte di familiari e amici. Fra le altre conseguenze indicate, la mancanza di acqua potabile, il rischio di contrarre malattie, l’impossibilità di coltivare la terra e il rischio di distruzione della propria abitazione e delle infrastrutture vicine. Il 78% del campione ha anche dichiarato che di fronte agli eventi estremi le autorità non si sono attivate.

Una scarsa consapevolezza

Dalle risposte al questionario è emersa però una scarsa conoscenza del concetto di cambiamento climatico, reso poi comprensibile attraverso immagini, video ed esempi concreti: il 51% dei partecipanti ha dichiarato di non aver mai pensato che il riscaldamento globale potesse essere una ragione valida per ottenere protezione umanitaria. Eppure il 50% ricorda le alluvioni come evento frequentissimo. Fra le motivazioni per emigrare sono stati indicati soprattutto la ricerca di migliori condizioni di vita, di opportunità di studio/lavoro, i conflitti armati, le discriminazioni/violenze, la salute, e infine il degrado ambientale e del territorio.

Anche l’informazione, una volta arrivati nel nostro paese, non aiuta: nel 2022 Greenpeace ha avviato un monitoraggio sul racconto del riscaldamento globale da parte dei media italiani, ed è emerso che l’attenzione per la crisi climatica è in calo costante. “Sui principali quotidiani e telegiornali italiani dal 2022 al 2024 è diminuita l’attenzione ma è cresciuta la dipendenza economica dalla pubblicità delle aziende inquinanti – spiega Felice Moramarco, project strategist di Greenpeace – i dati più recenti ci dicono che le cause della crisi climatica sono citate solo nel 14,5% degli articoli di quotidiani, circa uno su dieci, e nel 7% delle notizie dei Tg. E il 40% del dibattito sul clima è in mano alle aziende inquinanti.”

Agricoltura e cambiamento climatico

Il cambiamento climatico interessa direttamente chi coltiva della terra, nonostante la poca consapevolezza della maggior parte dei rispondenti, che spesso motivano la decisione di partire con la ricerca di migliori opportunità, ma non associano la siccità, le alluvioni e altri fenomeni climatici alle difficoltà lavorative. Fra gli intervistati che svolgevano attività agricole, la maggior parte proviene da Bangladesh e Pakistan, seguiti dai paesi dell’Africa Subsahariana (Mali, Burkina Faso, Eritrea, Gambia e Guinea) e dall’Afghanistan. Nei paesi d’origine il 60% ricopriva una posizione non qualificata nelle coltivazioni, nell’allevamento o nella pesca, e riporta ricordi di carenza idrica, morte di bestiame e condizioni di vita molto dure.

Il caso del Bangladesh

Paese particolarmente vulnerabile ai rischi climatici, con oltre la metà del territorio situato a meno di sei metri sul livello del mare, il Bangladesh è soggetto a frequenti e improvvise inondazioni, oltre a terremoti e frane soprattutto nella zona orientale. Nelle regioni nord-occidentali, invece, il rischio siccità è associato ai ritardi delle piogge monsoniche. In generale, il paese è stato il settimo al mondo per disastri naturali fra il 2000 e il 2019. Le condizioni climatiche avverse causano innanzitutto migrazioni interne che, come evidenzia il rapporto Le rotte del clima, mette in condizioni di estrema vulnerabilità gli sfollati, costretti a pagare l’affitto anche nelle baraccopoli alle bande locali. Il rischio è quello di contrarre debiti sempre più elevati, che si concretizzano in relazioni di dipendenza lavorativa, minacce e aggressioni, e che portano alla decisione di lasciare il paese per tentare di saldarli.

Il caso del Pakistan

Il Pakistan è fra i primi dieci paesi del mondo per eventi ambientali estremi: nel 2022 un’ondata di calore estrema ha portato a lungo le temperature a 45°; successivamente inondazioni devastanti hanno colpito più di trenta milioni di persone e provocato 8,2 milioni di sfollati interni.

Anche in questo caso, la precarietà finanziaria delle popolazioni colpite spinge a richiedere prestiti tramite canali non ufficiali, alimentando il fenomeno del peshgi, la “schiavitù per debiti”, in cui la vittima è costretta a lavorare gratis o a salario ridotto fino al saldo del debito contratto. In molti casi i datori di lavoro costringono anche i parenti del dipendente a patire la stessa condizione di sfruttamento, che a volte non si estingue nemmeno alla morte del debitore, ma viene tramandato alle generazioni successive.

Meccanismi come questi caratterizzano anche il percorso migratorio delle vittime, ed è per questo che le persone rimpatriate forzatamente in questi paesi definiti “sicuri” non hanno alcuna prospettiva di uscire dalla schiavitù se non emigrando nuovamente.

Continua la lettura su Open Migration

Fonte: Open Migration


Autore: 
Ilaria Romano

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione 4.0 Internazionale


Articolo tratto interamente da 
Open Migration


La libertà regalata




"Alcune persone regalano facilmente la propria libertà, ma altre vi sono costrette con la forza. Veniamo imprigionati fin da piccoli. La società, i genitori, tutti ti impediscono di mantenere la libertà con cui siamo nati. Esistono maniere sottili per punire chi osa provare dei sentimenti. Basta guardarsi attorno per scoprire che tutti hanno distrutto la propria autentica natura sensibile. Ognuno di noi finisce per adeguarsi a questo scenario, imitandolo."

Jim Morrison
 
 

La solitudine


 
"Ci sono due modi di sentire la solitudine: sentirsi soli al mondo o avvertire la solitudine del mondo. Chi si sente solo vive un dramma puramente individuale; il sentimento dell'abbandono può sopraggiungere anche in una splendida cornice naturale. In tal caso interessa unicamente la propria inquietudine. Sentirti proiettato e sospeso in questo mondo, incapace di adattarti ad esso, consumato in te stesso, distrutto dalle tue deficienze o esaltazioni, tormentato dalle tue insufficienze, indifferente agli aspetti esteriori – luminosi o cupi che siano –, rimanendo nel tuo dramma interiore: ecco ciò che significa la solitudine individuale. Il sentimento di solitudine cosmica deriva invece non tanto da un tormento puramente soggettivo, quanto piuttosto dalla sensazione di abbandono di questo mondo, dal sentimento di un nulla esteriore. Come se il mondo avesse perduto di colpo il suo splendore per raffigurare la monotonia essenziale di un cimitero. Sono in molti a sentirsi torturati dalla visione di un mondo derelitto, irrimediabilmente abbandonato ad una solitudine glaciale, che neppure i deboli riflessi di un chiarore crepuscolare riescono a raggiungere. Chi sono dunque i più infelici: coloro che sentono la solitudine in se stessi o coloro che la sentono all'esterno? Impossibile rispondere. E poi, perché dovrei darmi la pena di stabilire una gerarchia della solitudine? Essere solo non è già abbastanza?"

Emil Cioran


Rami di pesco di Ada Negri


Rami di pesco

Ferma al quadrivio, mentre piove e spiove
sotto l’aspro alternar delle ventate
chiaccianti come fruste sulle facce
di chi va, di chi viene, una vecchietta
vende rami di pesco.
O primavera
per pochi soldi! O riso, o tremolìo
di stelle rosee su bagnate pietre!

Scompare agli occhi miei la strada urbana
con fango e folla e strider di convogli
sulle rotaie, e saettar nemico
d’automobili in corsa. Ecco, e in un campo
mi trovo: è verde, di frumento appena
sorto dal suolo: pioppi e gelsi intorno
con la promessa delle fronde al sommo
dei rami avvolti in una nebbia d’oro:
e peschi: oh, lievi, oh, gracili, d’un rosa
che non è della terra: ch'è di tuniche
d’angeli, scesi a benedire i primi
germogli, e pronti, a un alito di brezza,
a rivolar da nube a nube in cielo.

Ada Negri 




Il caso


"Il caso? Difficile dire che non esiste, ma in qualche modo mi andavo convincendo che gran parte di quel che sembra succedere appunto "per caso", siamo noi che lo facciamo accadere; siamo noi che, una volta cambiati gli occhiali con cui guardiamo il mondo, vediamo ciò che prima ci sfuggiva e per questo credevamo non esistesse. Il caso, insomma, siamo noi."

Tiziano Terzani

 
 
 

È davvero meraviglioso...



"È davvero meraviglioso che io non abbia lasciato perdere tutti i miei ideali perché sembrano assurdi e impossibili da realizzare. Eppure me li tengo stretti perché, malgrado tutto, credo ancora che la gente sia veramente buona di cuore. Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione. Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ci ucciderà, partecipo al dolore di migliaia di uomini, eppure quando guardo il cielo, penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno la pace e la serenità."


Anna Frank


Che cosa strana sono mai i presentimenti


"Che cosa strana sono mai i presentimenti, le simpatie e anche i presagi! Tutti insieme formano un mistero di cui l'uomo non ha peranco trovata la chiave. Non ho mai riso dei presentimenti in vita mia, perché ne ho avuto certuni stranissimi. Credo che le simpatie esistano e si manifestino fra parenti assenti da lungo tempo ed estranei fra loro, affermando, nonostante la distanza, l'unità della sorgente da cui ognuno di essi deriva."

Charlotte Brontë

Tratto da Jane Eyre di Charlotte Brontë


Citazione del giorno



"Il dubbio è l'origine della saggezza."

Cartesio
 
 

domenica 30 marzo 2025

Vi ricordo l'iniziativa poesie e racconti dal web





Voglio ricordare a tutti gli amici e lettori di questo blog, l'iniziativa poesie e racconti dal web. Se siete interessati alla pubblicazione di una vostra opera su questo blog, inviatemi la vostra richiesta via mail.


Essere autentici in un mondo che punisce la verità...

Sinéad O'Connor (9781720722)

"Essere autentici in un mondo che punisce la verità è un atto di coraggio. Non c'è niente di più pericoloso di una persona che si rifiuta di tacere, che si rifiuta di fingere, che si rifiuta di inchinarsi davanti a ciò in cui non crede. Essere veri ha un prezzo, ma ha anche una ricompensa: la libertà. E io, sinceramente, preferisco perdere tutto piuttosto che perdere me stessa."

Sinéad O'Connor

Photo credit Man Alive!, CC BY 2.0, da Wikimedia Commons


Ci sono momenti in cui la tentazione...

Sandra Bullock, The Heat, London, 2013

"Ci sono momenti in cui la tentazione di rispondere con la stessa moneta è forte. Di ricambiare ogni mancanza di rispetto, ogni gesto crudele. Ma poi mi fermo, osservo e vedo le loro vite, le loro battaglie e capisco che il mondo vi ha già dato abbastanza punizioni. Alcune guerre non si combattono con le parole, ma con il silenzio. Alla fine, ognuno dà ciò che ha dentro. Io scelgo di non restituire il danno, ma di andare avanti."

Sandra Bullock

Photo credit Richard Goldschmidt, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons


Questa attesa inenarrabile...


"Questa attesa inenarrabile, questa tensione di tutto l'essere, questa vecchia abitudine di aspettare chi so che non verrà. Di questo morirò, di attesa arrugginita, di polvere attendente. E quando sarò morta da molto tempo, so che le mie ossa saranno ancora erette, in attesa: le mie ossa saranno alla maniera di cani fedeli, estremamente tristi in cima all'abbandono. E quando morirò appena, quando inaugurerò la mia morte, il mio essere in un'erezione improvvisa si ridurrà pietrificato sotto forma di abbandonata attesa, in forma di innamorata senza causa. Ed ecco ciò che mi uccide, ecco la forma della mia malattia, il nome di ciò che mi morde come una tigre cresciuta improvvisamente in gola, nato dalla mia vocazione."

Alejandra Pizarnik


L'illusione


"La rapidità con cui una notizia viene fornita dà l'illusione di vivere al centro degli avvenimenti, ma significa soltanto che siamo sottoposti a una propaganda ancora più intensa. Quando gli avvenimenti sono istantanei e appassionanti, ci lasciamo trascinare dal loro flusso. Secondo me la superficialità, non la rapidità, incide sulla percezione del presente. Ma si fa di tutto per cancellare ogni memoria."

Noam Chomsky



Le conchiglie di Paul Verlaine


Le conchiglie

Ogni incrostata conchiglia che sta
In quella grotta in cui ci siamo amati
Ha la sua propria particolarità.

Una dell'anima nostra ha la porpora
Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

Un'altra imita te nei tuoi languori
E nei pallori tuoi di quando, stanca,
Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

Questa fa specchio a come in te s'avvolge
La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
Alla tenera e corta nuca rosa;

Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.

Paul Verlaine


Tramonti



"Sapete, è geniale questa cosa che i giorni finiscono. E’ un sistema geniale. I giorni e poi le notti. E di nuovo i giorni. Sembra scontato, ma c’è del genio. E là dove la natura decide di collocare i propri limiti, esplode lo spettacolo. I tramonti."

Alessandro Baricco
 
 

Io penso di vedere...

"Io penso di vedere qualcosa di più profondo, più infinito, più eterno dell'oceano nell'espressione degli occhi di un bambino piccolo quando si sveglia alla mattina e mormora o ride perché vede il sole splendere sulla sua culla."

Vincent Van Gogh 


Io sento penosamente la sofferenza altrui...


"Io sento penosamente la sofferenza altrui: dei più deboli, o più esattamente dei più offesi. Ma la sento perché pesa a me: per così dire, mi dà fastidio, mi fa star male. Quindi, in un certo senso, non è un agire per gli altri: è un agire per me. Perché alcune sofferenze degli altri mi sono insopportabili"

Pietro Ingrao


Dipinto del giorno


La lattaia di Bordeaux
di Francisco Goya



sabato 29 marzo 2025

Ritmi retrò (viaggio nella musica degli anni 70, 80 e 90): Ho visto un re di Enzo Jannacci



Angolo curato e gestito da Mary B.

"Ho visto un re" di Enzo Jannacci è un vero gioiello della musica italiana, un esempio splendido di come il cantautorato riesca a fondere ironia, impegno civile e poesia. Uscita nel 1968, questa canzone ci trascina in un viaggio suggestivo e grottesco nella società dell'epoca, narrato con una satira tagliente e teatrale.

Il brano si configura come una specie di favola agrodolce, dove si susseguono le lamentele di diversi personaggi, dai contadini al re, tutti quanti colpiti da ingiustizie che ridicolizzano l'intero sistema sociale. Il linguaggio è semplice ma colmo di significati nascosti, e Jannacci riesce a catturare l'attenzione dell'ascoltatore con la sua voce espressiva e una melodia che, pur essendo facile da ricordare, conserva un'intensità emotiva davvero singolare.

La sinergia con Dario Fo, autore del testo, evidenzia un'analisi intelligente delle disuguaglianze sociali, sempre però filtrata attraverso un sorriso e una certa leggerezza. Questo contrasto tra comicità e messaggio profondo rende la canzone senza tempo, capace ancora oggi di farci riflettere.

Con il suo ritmo trascinante, i cori coinvolgenti e il mix di ironia e malinconia, "Ho visto un re" affascina non solo per la sua musicalità, ma anche per la sua capacità di arrivare al cuore e alla mente. È una canzone che ci spinge a ridere delle assurdità del potere e, allo stesso tempo, a non dimenticare la solidarietà e la speranza. Enzo Jannacci ci ricorda, con il suo stile inimitabile, che dietro ogni risata c'è sempre spazio per una profonda riflessione.

Ascoltala su YouTube

Questo post, fa parte dell'iniziativa gli angoli. Se anche tu, vuoi avere uno spazio fisso in questo blog, clicca qui.


Tutti parlano di pace, ma nessuno educa alla pace


"Tutti parlano di pace, ma nessuno educa alla pace. A questo mondo, si educa per la competizione, e la competizione è l'inizio di ogni guerra. Quando si educherà per la cooperazione e per offrirci l'un l'altro solidarietà, quel giorno si starà educando per la pace."

Maria Montessori


Un acquazzone...


"Un acquazzone impartisce i suoi insegnamenti. Se la pioggia vi sorprende a metà strada, e camminate più in fretta per trovare un riparo, nel passare sotto alle grondaie o nei punti scoperti vi bagnerete ugualmente. Se invece ammettete sin dall’inizio la possibilità di bagnarvi, non vi darete pena, pur bagnandovi lo stesso. La stessa disposizione d’animo, per analogia, vale in altre occasioni."

Yamamoto Tsunetomo


Primavera di Edna St. Vincent Millay


Primavera

A che scopo, Aprile, torni di nuovo?

La bellezza non basta.

Non puoi più calmarmi con il rossore

Di piccole foglie che si aprono appiccicose.

So quello che so.

Il sole è caldo sul mio collo mentre osservo

Le spighe del croco.

L'odore della terra è buono.

È evidente che non c'è morte.

Ma cosa significa?

Non solo sottoterra i cervelli degli uomini Sono

mangiati dai vermi.

La vita in sé

È niente,

Una tazza vuota, una rampa di scale senza tappeto.

Non basta che ogni anno, giù per questa collina,

Aprile

Venga come un idiota, balbettando e spargendo fiori.

Edna St. Vincent Millay


Sciopero metalmeccanici: la voce dei lavoratori

Ieri si è svolto lo sciopero nazionale dei metalmeccanici; ecco la voce dei lavoratori.


Video credit InfoautVideo caricato su YouTube



Video credit CGIL Emilia Romagna caricato su YouTube


Non possiamo mai giudicare le vite degli altri...


"Non possiamo mai giudicare le vite degli altri, perché ogni persona conosce solo il suo dolore e le sue rinunce. Una cosa è sentire di essere sul giusto cammino, ma un’altra è pensare che il tuo sia l’unico cammino."

Paulo Coelho


Il silenzio



"Il silenzio è un dono universale che pochi sanno apprezzare. Forse perché non può essere comprato. I ricchi comprano rumore. L'animo umano si diletta nel silenzio della natura, che si rivela solo a chi lo cerca."

Charlie Chaplin


I salari italiani sempre più bassi



Articolo da World Politics Blog

1. È davvero noiosa la banalità di ciò che la TV passa per politica, cosa invece seria, buona e desiderabile.

Si discute da giorni dei salari italiani. Sono cresciuti, affermano i destri. Dimostra quanto sia giusta la politica del governo. 
Sono sempre più bassi, afferma un’opposizione afona e stanca che, insieme agli ideali, sembra aver perso le idee. 

2. Fin da Erodoto sappiamo che una cosa è la cronaca, e cioè i fatti, un’altra la storia, e cioè la loro interpretazione. 
Fin da Erodoto sappiamo che, prima di interpretare i fatti, si deve conoscerli.
Essendo la critica informata la prima esercitazione della democrazia, è d’obbligo partire sempre dalla cronaca, e cioè dai dati. 

3. Parlare di economia, in questo caso di salario medio reale, suppone sempre l’impiego di statistiche. 
Perciò, conviene tenere presente il sonetto “Statistiche”, scritto da Trilussa nel 1931:

“… da li conti che se fanno
seconno le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:
e, se nun entra nelle spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perch’è c’è un antro che ne magna due.” 

4. Nel settembre 2024 una ricerca di Transform Italia concludeva: 
“Tra i Paesi europei, solo in Italia il salario medio é inferiore a quello del 1990”.
Spesso si fa riferimento a questa osservazione a prescindere.
È utile tracciarne il contesto. 

5. Nel periodo 1990-2020, in Europa, il maggior aumento netto del salario medio annuo si è registrato nella Europa centrale e orientale. 
In Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, il salario medio annuo si è duplicato. 

6. Le maggiori percentuali di crescita si sono registrate nei Paesi baltici – Estonia, Lettonia e Lituania – dove, in 30 anni, i salari medi si sono più che triplicati. 
Certamente, nel 1990 questi salari erano molto bassi rispetto a quelli degli altri Paesi europei ma in Lituania, dove si è registrato il maggiore miglioramento, il salario medio si è quadruplicato: da 8.000 a 32.000 dollari annui.
A chi guarda gli avvenimenti coi piedi sulla Terra, questo dato dovrebbe spiegare, non giustificare, molti atteggiamenti politici dei baltici. 

7. Nell’Europa meridionale, Spagna e Portogallo hanno registrato aumenti modesti: 13,7% in Portogallo, 6,2% in Spagna. 
Il salario medio annuo spagnolo è passato da 36.000 a 38.000 dollari. Nel Portogallo da 25.000 a 28.000 dollari. 
Del tutto diverso è il caso della Grecia. Partiva da 21.000 dollari nel 1995. Poi ha registrato un aumento importante fino al 2009, arrivando a 34.000 dollari annui. Successivamente è sbarcata la troika – UE, FMI e BCE – ed i salari sono precipitati. 
Di quanto? Probabilmente per non dover picchiarsi il petto, gli economisti di regime non danno dati ma solo stime. Queste riportano il salario medio annuo greco vicino ai 21.000 dollari del 1995. 
Si ricorderà che, nel 2010 si affermò che i vincoli di bilancio europeo non permettevano altro.
Da lì, il triste primato europeo greco: essere l’esempio provato dei guai provocati dal fanatismo neoliberista che, proprio in Grecia, assunse per la prima vota in Europa le odierne caratteristiche di sadismo. 

8. In Italia, tra il 1995 e il 2009 il salario medio annuo è passato da 37.000 a 42.000 dollari, aumento comunque inferiore a quello di altre nazioni europee.
Ad esempio, negli stessi anni il salario medio irlandese passava da 31.000 a 50.000 dollari annui. 
Tra il 2012 e il 2018 la variazione dei salari medi italiani è stata minima. 
Tra il 2019 e il 2020 si è registrata una diminuzione tanto importante che i salari medi italiani sono andati al di sotto dei livelli del 1990. 

9. Nei primi anni ’90 il salario medio annuo in Italia era al settimo posto in Europa, subito dopo la Germania.
Nel 2020 è arrivato al tredicesimo posto, sotto la Francia, l’Irlanda e la Spagna, che negli anni ’90 avevano salari inferiori.  
Fin qui il rapporto di Trasform! Italia. 

10. Il 24 marzo 2025 l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) ha pubblicato il suo “Rapporto mondiale sui salari 2024-2025”.
Evidenzia una ripresa nella crescita dei salari reali a livello globale in atto fin dal 2022. 
Tuttavia, nella maggior parte dei Paesi, i salari reali ancora non recuperano la perdita di potere d’acquisto provocata dall’ultima crisi inflazionaria. 

11. Dall’inizio del terzo millennio, in circa due terzi dei Paesi analizzati è in atto una tendenza alla riduzione delle disuguaglianze salariali. 
In tutti però, le disparità retributive rimangono significative. 

12. In particolare, le lavoratrici sono particolarmente penalizzate e sovra rappresentate nei lavori a bassa retribuzione, con un divario salariale di genere persistente (il rapporto non considera il lavoro non retribuito che, concettualmente, non è considerato lavoro proprio perché non retribuito). 
Al ritmo attuale, colmare il divario di genere richiederà ben più di un secolo. 

13. I lavoratori autonomi, che sono una percentuale rilevante della forza lavoro nei “Paesi a basso e medio reddito”, si collocano nelle fasce di reddito più basse.
La stessa tendenza si verifica nei Paesi ad alto reddito, ad esempio tra i lavoratori di Deliveroo e simili, i giovani con partite IVA forzate, chi deve subire i “contratti a chiamata”, eccetera. 
La inclusione di questa categoria di lavoratori accentua dovunque la disuguaglianza complessiva dei redditi da lavoro. 

14. Nel 2022-2023, in Italia i salari sono diminuiti e le diseguaglianze aumentate. 
I salari sono tornati a crescere nel 2024 ma, come avviene nella maggior parte dei Paesi, questo aumento non compensa neppure le perdite subite durante il periodo di alta inflazione. 

Continua la lettura su World Politics Blog


Autore: 

Licenza: Copyleft 


Articolo tratto interamente da World Politics Blog


La crisi della violenza di genere in Perù richiede soluzioni strutturali



Articolo da Green Left

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Green Left

Le donne in Perù devono affrontare uno dei livelli più alti di violenza di genere in America Latina, oltre a barriere strutturali nell'accesso all'assistenza sanitaria essenziale, come l'aborto e la contraccezione.

Il Ministero per le donne e le popolazioni vulnerabili (MIMP) ha registrato lo scorso anno 71.717 casi di violenza psicologica, 63.692 casi di violenza fisica e 12.524 casi di violenza sessuale contro le donne, ma il numero effettivo è molto più alto a causa della mancata denuncia.

Un sondaggio del 2023 sulle donne ha rilevato che più della metà (53,8%) era stata vittima di violenza psicologica, fisica o sessuale da parte del partner o ex partner. Si stima che l'80% delle donne e delle ragazze abbia subito violenza di genere almeno una volta nella vita.

Inoltre, lo scorso anno sono stati segnalati 170 casi di femminicidio (l'omicidio di una donna o di una ragazza a causa del suo genere), il che rappresenta un aumento del 13% rispetto al 2023.

L'ombudsman del Perù ha registrato 7097 sparizioni forzate di donne e ragazze lo scorso anno, un aumento del 37% rispetto al 2023, con il 65% di minori di 18 anni. Tali rapimenti sono una forma di violenza legata ai femminicidi, al traffico sessuale e agli abusi sessuali.

Nonostante l'aggravarsi della crisi, meno del 30% delle donne denuncia alle autorità episodi di violenza di genere.

La mancanza di tutele per le donne che cercano di denunciare gli incidenti le rende vulnerabili alle rappresaglie dei colpevoli.

La polizia si rifiuta sistematicamente di elaborare segnalazioni di incidenti presentate da donne. La polizia perpetra anche violenza di genere, commettendo e coprendo casi di femminicidio, abusi sessuali e traffico sessuale.

Anche quando le donne riescono a denunciare la violenza, si scontrano con il sistema giudiziario peruviano profondamente patriarcale: meno dell'1% dei casi denunciati di violenza di genere si conclude con una condanna per l'autore.
Contraccettivi, diritto all'aborto

L'incapacità del governo di fornire contraccettivi facilmente accessibili (le donne peruviane hanno uno dei tassi di utilizzo più bassi dell'America Latina) provoca ogni anno decine di migliaia di gravidanze indesiderate .

Inoltre, l'aborto è illegale in Perù, anche in caso di stupro. Sebbene tecnicamente consentito nei casi in cui la salute o la vita della persona incinta siano a rischio, in pratica è difficile accedere a un aborto sicuro.

Le pene per chi abortisce possono arrivare fino a cinque anni di carcere, e fino a quattro anni per chi esegue o assiste a un aborto.

Per legge, i medici sono tenuti a denunciare alla polizia le donne che desiderano abortire, ma spesso subiscono molestie e multe.

Le leggi punitive costringono le donne incinte ad abortire in condizioni clandestine e non sicure, con gravi rischi per la salute. L'aborto non sicuro è la quarta causa di morte materna, con 50-70 persone che muoiono ogni anno per complicazioni legate all'aborto.

La mancanza di accesso all'aborto amplifica la crisi peruviana di stupri di minorenni che portano a gravidanze. I centri di emergenza per le donne hanno assistito a 7614 casi di stupro contro ragazze e adolescenti nel 2022, mentre il ministero della salute ha registrato 1624 nascite da madri di età inferiore ai 15 anni.

L'accesso all'aborto è più basso nelle aree rurali e remote, dove l'assistenza sanitaria è generalmente più scarsa e le persone devono percorrere lunghe distanze per accedere ai servizi medici. Per le comunità indigene, le informazioni sulla salute sono solitamente fornite solo in spagnolo, non nella loro lingua madre.
Risposta del governo

La risposta del governo alla crescente crisi è stata quella di difendere la violenza della polizia contro le donne e di introdurre leggi regressive che compromettono i diritti delle donne.

Il governo intende eliminare o accorpare il MIMP, che ha poche risorse ma fornisce servizi essenziali, come linee telefoniche dedicate alla violenza di genere, rifugi e risorse educative.

Il 12 marzo il Congresso ha approvato una nuova legge autoritaria, ampiamente soprannominata “Legge anti-ONG”, che consente al governo di sanzionare, multare e sciogliere le ONG per “azioni contro lo Stato”.

Un esempio di ciò che ora è considerato un reato sanzionabile sono le ONG che aiutano le donne nei casi legali che cercano giustizia per le migliaia di violazioni dei diritti umani commesse da attori statali: polizia, esercito e paramilitari.

Colonialismo

Durante la conquista del continente, i coloni spagnoli imposero un sistema di governo patriarcale, impiegarono la violenza di genere come strumento di oppressione e stabilirono norme sessiste.

Le eredità coloniali di povertà diffusa, discriminazione razziale e disuguaglianze di genere sono spesso le cause profonde della violenza di genere. I paesi colonizzati hanno 50 volte più probabilità di avere un'alta incidenza di violenza contro le donne.

In Perù, la maggior parte del lavoro domestico non retribuito è svolto dalle donne, anche se impiegate, che in media ammontano ad almeno nove ore di lavoro complessivo in più rispetto agli uomini a settimana.

Solo metà delle donne in età lavorativa ha un lavoro retribuito, che è più probabile che sia nel settore informale, e quindi generalmente meno retribuito e più precario. Il divario salariale di genere è del 25% .

Le donne, in particolare le indigene e le afro-peruviane, sono le più colpite dal colonialismo in corso.

Un rapporto della Rete latinoamericana delle donne difensori dei diritti sociali e ambientali (RLMDDSA) evidenzia gli impatti unici della colonizzazione storica e attuale sulle donne: "L'oppressione dei corpi delle donne latinoamericane al momento è profondamente pervasa dall'invasione europea dell'America Latina".

I coloni spagnoli imposero il latifondo , un sistema semi-feudale di proprietà terriera in cui solitamente un individuo o una famiglia possedeva vaste distese di terra lavorate da manodopera a basso costo o schiavizzata.

Questo modello di latifondo concentrato non è mai stato smantellato, il che significa che la proprietà terriera rimane altamente concentrata, ora nelle mani di aziende agroalimentari prevalentemente possedute da uomini. Ad esempio, il 65% delle terre irrigate sulla costa è di proprietà di sole 30 aziende.

Man mano che la proprietà terriera diventa sempre più concentrata, la terra posseduta o lavorata dai campesinos (piccoli agricoltori) è diventata sempre più frammentata e riflette le disuguaglianze di genere. Uno studio del 2021 ha rilevato che, nelle aree rurali, gli uomini possedevano tutta la terra nella maggior parte delle famiglie (77,6%). Solo nel 9,8% dei casi le donne possedevano completamente la terra della famiglia.

Le terre che in precedenza erano controllate dalle comunità sono state fagocitate dalle aziende agroalimentari e dai ricchi proprietari terrieri, riducendo ulteriormente l'accesso delle donne al loro territorio.

“Gli spazi che avevano un uso comunitario sono ora monopolizzati dagli uomini”, afferma il rapporto RLMDDSA, “producendo nuove relazioni di potere che escludono donne e bambini”.

Nonostante la costante repressione ed esclusione, le donne, in particolare le donne indigene, sono in prima linea nella resistenza all'estrattivismo e all'espropriazione, alla violenza e all'inquinamento intrinseci all'espansione dell'industria mineraria e petrolifera. Il degrado ambientale causato dall'estrattivismo è un'altra forma di violenza patriarcale, a causa dei suoi impatti specifici sulle donne.

La resistenza guidata dalle donne, non solo contro l'estrattivismo e la violenza ambientale, è una forza potente in Perù.

La protesta Ni Una Menos (Non una donna di meno) del 2016 contro l'inazione del governo sui femminicidi e la violenza di genere è stata la marcia più grande nella storia del paese. Il sostegno ai movimenti di base guidati dalle donne in Perù è fondamentale per realizzare i cambiamenti strutturali necessari per affrontare la crisi della violenza di genere e della disuguaglianza.

Continua la lettura su Green Left

Fonte: Green Left

Autore: Ben Radford

Licenza: Copyleft 

Articolo tratto interamente da Green Left


L'Albania blocca TikTok per un anno



Articolo da East Journal

A partire dal 13 marzo in Albania, è entrato in vigore la chiusura di TikTok annunciata dal governo per l’iniziale durata di un anno, motivando la decisione con la necessità di proteggere i giovani dall’influenza negativa che l’app di video sharing cinese avrebbe in relazione all’incitamento alla violenza ed al bullismo online.

Questa misura, che ha suscitato forti reazioni sa livello nazionale, è stata presa dopo l’omicidio di un quattordicenne avvenuto a novembre 2024 in seguito a una lite iniziata, secondo quanto affermato dal governo, proprio sulla piattaforma social e che aveva scosso fortemente l’opinione pubblica. Numerosi governi europei, e le stesse istituzioni europee, avevano già attuato alcune limitazioni a TikTok per motivi di sicurezza, ma mai si era arrivati ad una chiusura completa come quella in Albania.

Le motivazioni del governo e le critiche

Il primo ministro Edi Rama ha fortemente sostenuto la decisione affermando che TikTok rappresenta una minaccia per la sicurezza dei giovani albanesi. Secondo il governo, la piattaforma ha facilitato episodi di cyberbullismo, diffusione di contenuti violenti e persino l’organizzazione di scontri tra bande giovanili. La decisione è arrivata, secondo il governo, dopo che le autorità hanno consultato 1300 tra insegnanti e genitori, con il 90% di questi che si è detto favorevole al divieto.

Inoltre, il governo ha anche sottolineato che TikTok non ha rispettato le normative locali sulla protezione dei dati e sulla moderazione dei contenuti violenti, rendendo così inevitabile questa decisione drastica, la quale ha inevitabilmente scaturito numerose critiche, soprattutto da parte delle organizzazioni per la libertà di stampa e dai partiti politici che sono all’opposizione del governo guidato da Rama. Sabato 15 marzo, l’opposizione ha organizzato a Tirana una protesta a cui hanno partecipato centinaia di giovani che accusano il governo di star attuando una vera e propria censura, controllando il flusso di informazioni e limitando la libertà di espressione. Per questo, l’associazione dei giornalisti albanesi ha anche annunciato l’intenzione di portare il caso davanti alla Corte Costituzionale per valutare la legittimità della decisione. Inoltre, come affermato dal padre dell’adolescente che è stato accoltellato, suo figlio non aveva mai avuto un account TikTok, affermando anche che la tragedia che ha colpito la sua famiglia è stata utilizzata dal governo per i propri fini politici, andando a smentire tutte le argomentazioni delle istituzioni stesse.

Continua la lettura su East Journal



Licenza: Licenza Creative Commons

Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.


Articolo tratto interamente da East Journal