sabato 29 marzo 2025

I salari italiani sempre più bassi



Articolo da World Politics Blog

1. È davvero noiosa la banalità di ciò che la TV passa per politica, cosa invece seria, buona e desiderabile.

Si discute da giorni dei salari italiani. Sono cresciuti, affermano i destri. Dimostra quanto sia giusta la politica del governo. 
Sono sempre più bassi, afferma un’opposizione afona e stanca che, insieme agli ideali, sembra aver perso le idee. 

2. Fin da Erodoto sappiamo che una cosa è la cronaca, e cioè i fatti, un’altra la storia, e cioè la loro interpretazione. 
Fin da Erodoto sappiamo che, prima di interpretare i fatti, si deve conoscerli.
Essendo la critica informata la prima esercitazione della democrazia, è d’obbligo partire sempre dalla cronaca, e cioè dai dati. 

3. Parlare di economia, in questo caso di salario medio reale, suppone sempre l’impiego di statistiche. 
Perciò, conviene tenere presente il sonetto “Statistiche”, scritto da Trilussa nel 1931:

“… da li conti che se fanno
seconno le statistiche d’adesso
risurta che te tocca un pollo all’anno:
e, se nun entra nelle spese tue,
t’entra ne la statistica lo stesso
perch’è c’è un antro che ne magna due.” 

4. Nel settembre 2024 una ricerca di Transform Italia concludeva: 
“Tra i Paesi europei, solo in Italia il salario medio é inferiore a quello del 1990”.
Spesso si fa riferimento a questa osservazione a prescindere.
È utile tracciarne il contesto. 

5. Nel periodo 1990-2020, in Europa, il maggior aumento netto del salario medio annuo si è registrato nella Europa centrale e orientale. 
In Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, il salario medio annuo si è duplicato. 

6. Le maggiori percentuali di crescita si sono registrate nei Paesi baltici – Estonia, Lettonia e Lituania – dove, in 30 anni, i salari medi si sono più che triplicati. 
Certamente, nel 1990 questi salari erano molto bassi rispetto a quelli degli altri Paesi europei ma in Lituania, dove si è registrato il maggiore miglioramento, il salario medio si è quadruplicato: da 8.000 a 32.000 dollari annui.
A chi guarda gli avvenimenti coi piedi sulla Terra, questo dato dovrebbe spiegare, non giustificare, molti atteggiamenti politici dei baltici. 

7. Nell’Europa meridionale, Spagna e Portogallo hanno registrato aumenti modesti: 13,7% in Portogallo, 6,2% in Spagna. 
Il salario medio annuo spagnolo è passato da 36.000 a 38.000 dollari. Nel Portogallo da 25.000 a 28.000 dollari. 
Del tutto diverso è il caso della Grecia. Partiva da 21.000 dollari nel 1995. Poi ha registrato un aumento importante fino al 2009, arrivando a 34.000 dollari annui. Successivamente è sbarcata la troika – UE, FMI e BCE – ed i salari sono precipitati. 
Di quanto? Probabilmente per non dover picchiarsi il petto, gli economisti di regime non danno dati ma solo stime. Queste riportano il salario medio annuo greco vicino ai 21.000 dollari del 1995. 
Si ricorderà che, nel 2010 si affermò che i vincoli di bilancio europeo non permettevano altro.
Da lì, il triste primato europeo greco: essere l’esempio provato dei guai provocati dal fanatismo neoliberista che, proprio in Grecia, assunse per la prima vota in Europa le odierne caratteristiche di sadismo. 

8. In Italia, tra il 1995 e il 2009 il salario medio annuo è passato da 37.000 a 42.000 dollari, aumento comunque inferiore a quello di altre nazioni europee.
Ad esempio, negli stessi anni il salario medio irlandese passava da 31.000 a 50.000 dollari annui. 
Tra il 2012 e il 2018 la variazione dei salari medi italiani è stata minima. 
Tra il 2019 e il 2020 si è registrata una diminuzione tanto importante che i salari medi italiani sono andati al di sotto dei livelli del 1990. 

9. Nei primi anni ’90 il salario medio annuo in Italia era al settimo posto in Europa, subito dopo la Germania.
Nel 2020 è arrivato al tredicesimo posto, sotto la Francia, l’Irlanda e la Spagna, che negli anni ’90 avevano salari inferiori.  
Fin qui il rapporto di Trasform! Italia. 

10. Il 24 marzo 2025 l’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) ha pubblicato il suo “Rapporto mondiale sui salari 2024-2025”.
Evidenzia una ripresa nella crescita dei salari reali a livello globale in atto fin dal 2022. 
Tuttavia, nella maggior parte dei Paesi, i salari reali ancora non recuperano la perdita di potere d’acquisto provocata dall’ultima crisi inflazionaria. 

11. Dall’inizio del terzo millennio, in circa due terzi dei Paesi analizzati è in atto una tendenza alla riduzione delle disuguaglianze salariali. 
In tutti però, le disparità retributive rimangono significative. 

12. In particolare, le lavoratrici sono particolarmente penalizzate e sovra rappresentate nei lavori a bassa retribuzione, con un divario salariale di genere persistente (il rapporto non considera il lavoro non retribuito che, concettualmente, non è considerato lavoro proprio perché non retribuito). 
Al ritmo attuale, colmare il divario di genere richiederà ben più di un secolo. 

13. I lavoratori autonomi, che sono una percentuale rilevante della forza lavoro nei “Paesi a basso e medio reddito”, si collocano nelle fasce di reddito più basse.
La stessa tendenza si verifica nei Paesi ad alto reddito, ad esempio tra i lavoratori di Deliveroo e simili, i giovani con partite IVA forzate, chi deve subire i “contratti a chiamata”, eccetera. 
La inclusione di questa categoria di lavoratori accentua dovunque la disuguaglianza complessiva dei redditi da lavoro. 

14. Nel 2022-2023, in Italia i salari sono diminuiti e le diseguaglianze aumentate. 
I salari sono tornati a crescere nel 2024 ma, come avviene nella maggior parte dei Paesi, questo aumento non compensa neppure le perdite subite durante il periodo di alta inflazione. 

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Articolo tratto interamente da World Politics Blog


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