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La strage di Monchio, Susano e Costrignano fu una rappresaglia compiuta dalle truppe naziste in Italia il 18 marzo 1944, contro la costituzione delle prime brigate partigiane sull'appennino modenese. Tutti i fatti sono avvenuti in frazioni del comune di Palagano, ma all'epoca questo territorio era parte del comune di Montefiorino. Nell'indicare la strage viene spesso omesso il nome del paese di Savoniero, essendoci stata una sola vittima di questa frazione uccisa inoltre il giorno dopo, presso la rocca di Montefiorino.
Dopo alcuni scontri avvenuti il 9 marzo 1944 tra formazioni partigiane e truppe G.N.R. in cui rimasero uccisi sette soldati nei pressi di Savoniero, il 16 ed il 17 marzo altri scontri avvennero nei pressi del Monte Santa Giulia, dove si erano ritirati i partigiani; qui rimasero uccisi un ufficiale ed alcuni soldati tedeschi.
A questo punto venne fatto intervenire l'ufficio germanico di collegamento per l'Emilia, che fece affluire sull'Appennino modenese un reparto di soldati della divisione corazzata Hermann Göring comandato dal capitano Kurt Christian von Loeben, accompagnato da reparti della G.N.R. di Modena che si piazzarono a Montefiorino e circondarono la valle del Dragone.
Alle prime luci dell'alba del 18 marzo iniziarono un intenso cannoneggiamento su Monchio, Susano e Costrignano, frazioni del comune poste sull'altro fianco della valle del Dragone. Gli abitanti abbandonarono le case più esposte al tiro dei cannoni e tra il terrore generale cercarono riparo nelle cantine delle abitazioni più riparate. Molti trovarono rifugio con le famiglie nei dirupi aperti dai torrenti che dai monti scendono verso il Dragone o nei boschi, protetti da grosse querce o negli avvallamenti protetti da dossi. Fu impossibile raggiungere altre borgate perché le granate esplodevano in modo incessante, impedendo ogni via di fuga.
Verso le 7 gli automezzi delle truppe tedesche iniziarono a muoversi da Montefiorino e Savoniero per circondare i paesi colpiti, formando una lunga colonna di autocarri, camionette, mezzi cingolati ed autoblinde. I reparti si erano divisi le borgate e le frazioni da rastrellare; non appena giunti sul posto assegnato lanciavano in aria razzi luminosi per informare l'artiglieria di spostare il tiro su zone non ancora raggiunte. Quando tutti i reparti raggiunsero i loro obiettivi cessò il cannoneggiamento.
Il primo borgo interessato fu Susano; qui furono sterminate intere famiglie, compreso lo straziante caso della famiglia Gualmini: tutti gli otto componenti vennero uccisi, compresi i bambini di 7, 5 e 4 anni. Tutte le case incontrate vennero razziate e depredate di provviste alimentari, di oggetti di valore e date alle fiamme; gli animali in buona salute vennero razziati, gli altri bruciati vivi nelle stalle. Le donne ed i bambini furono spinti sulla strada verso Susano e qui trattenuti sotto la minaccia delle armi fino a sera. Gli uomini vennero usati per trasportare armi e munizioni, alcuni vennero uccisi direttamente sul posto. Parallelamente, altri reparti si abbatterono sulle prime borgate di Costrignano. Anche a Monchio si ripeterono le stesse scene degli altri paesi. Qui di particolare importanza la testimonianza del parroco del paese Don Luigi Braglia che sulla strage scriverà:
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