sabato 30 novembre 2024

Ritmi retrò (viaggio nella musica degli anni 70, 80 e 90): Another Brick in the Wall dei Pink Floyd

Austin Graffiti


Angolo curato e gestito da Mary B.

"Another Brick in the Wall" è una delle canzoni più celebri dei Pink Floyd, proveniente dall'album "The Wall" del 1979. Questo brano, suddiviso in tre parti, offre una critica incisiva al sistema educativo e alla società oppressiva dell'epoca.

  • La prima parte presenta il tema della costruzione del "muro" metaforico che il protagonista, Pink, erige attorno a sé. Questo muro simboleggia le barriere emotive e psicologiche che si formano a causa delle esperienze traumatiche della sua infanzia, inclusa la perdita del padre in guerra.
  • La seconda parte, la più nota, è un inno di ribellione contro l'educazione autoritaria. Con il suo ritornello indimenticabile "We don't need no education, we don't need no thought control", la canzone critica il sistema scolastico che soffoca la creatività e l'individualità degli studenti. Il coro dei bambini aggiunge un tocco di ironia e potenza al messaggio, rendendo il brano un simbolo di protesta giovanile.
  • La terza parte riflette la completa alienazione del protagonista, ormai adulto, che si rende conto di essere diventato un altro "mattone nel muro". Questa sezione evidenzia la desolazione e la solitudine che derivano dalla costruzione di barriere emotive.

Musicalmente, "Another Brick in the Wall" si distingue per il suo ritmo incalzante e il caratteristico riff di chitarra. La fusione di rock psichedelico e elementi di musica pop ha permesso ai Pink Floyd di raggiungere un pubblico più vasto, consolidando la loro posizione come una delle band più influenti nella storia della musica.

"Another Brick in the Wall" ha avuto un impatto duraturo sulla cultura popolare, diventando un inno di protesta contro l'oppressione e l'autoritarismo. La canzone è stata utilizzata in vari contesti, dai movimenti studenteschi alle campagne per i diritti civili, dimostrando la sua rilevanza e potenza anche a decenni di distanza dalla sua pubblicazione.

Ascoltala su YouTube

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Photo credit Senorelroboto, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons


Il film "Mia": un dramma che colpisce al cuore



La Rai, nei giorni scorsi, ha trasmesso il film "Mia", diretto da Ivano De Matteo e interpretato da Edoardo Leo, Greta Gasbarri e Milena Mancini. La pellicola narra la storia di Mia, una giovane adolescente la cui vita viene stravolta da una relazione tossica e violenta con Marco, un manipolatore che la allontana dai suoi amici e dalla sua famiglia, costringendola a vivere un vero e proprio incubo.

La trama si sviluppa in modo intenso e coinvolgente, mettendo in luce il coraggio di Mia e il supporto incondizionato del padre Sergio, interpretato in modo magistrale da Edoardo Leo. Il film affronta temi delicati come la violenza psicologica e fisica, il controllo ossessivo e il revenge porn, offrendo uno spaccato realistico e doloroso delle difficoltà che molte giovani donne possono trovarsi ad affrontare.

Ivano De Matteo riesce a trasmettere con grande sensibilità e realismo le emozioni dei personaggi, rendendo "Mia" un film che lascia il segno. Le interpretazioni degli attori sono intense e toccanti, con una menzione speciale per Greta Gasbarri, che nel ruolo di Mia riesce a esprimere tutta la fragilità e la forza del suo personaggio.

E voi, cosa ne pensate di "Mia"? Avete visto il film? Quali sono le vostre impressioni?

NB: il film è ancora visibile su RaiPlay

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Autore: Anonimo

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C'è una Palestina che abita dentro ognuno di noi...


"C'è una Palestina che abita dentro ognuno di noi, una Palestina che ha bisogno di essere salvata: una Palestina libera in cui tutte le persone indipendentemente dal colore, dalla religione o dalla razza coesistono; una Palestina in cui il significato della parola "occupazione" è limitato solo a ciò che dice il dizionario, piuttosto che a quei molti significati e connotazioni di morte, distruzione, dolore, sofferenza, privazione, isolamento e restrizioni che Israele ha iniettato nella parola."

Refaat Alareer



Una delle ultime lettere di Rachel Corrie

Rachel Corrie

“Sono preoccupata per il lavoro che svolgo. La grande maggioranza della gente qui, anche se avesse i mezzi per fuggire altrove, anche se veramente volesse smetterla di resistere sulla sua terra e andarsene semplicemente (e questo sembra essere uno degli obiettivi meno nefandi di Sharon), non può andarsene. Perché non possono entrare in Israele per chiedere un visto e perché i paesi di destinazione non li farebbero entrare: parlo sia del nostro paese che di quelli arabi. Quindi penso che quando la gente viene rinchiusa in un ovile - Gaza - da cui non può uscire, e viene privata di tutti i mezzi di sussistenza, ecco, questo credo che si possa qualificare come genocidio

Rachel Corrie

Tratto dalle ultime lettere di Rachel Corrie alla famiglia

Photo credit ISM-NC caricata su Flickr - licenza foto: Creative Commons



Il consumatore d’illusioni

Queue - Quo Vadis?

"Questa costante dell'economia capitalistica che rappresenta la caduta tendenziale del valore d'uso sviluppa una nuova forma di produzione all'interno della sopravvivenza aumentata, la quale non si è affatto affrancata dall'antica penuria, poiché esige la partecipazione della grande maggioranza degli uomini, come lavoratori salariati, al proseguimento infinito del suo sforzo, e che ciascuno sappia che vi si deve sottomettere o morire. E' la realtà di questo ricatto, il fatto che l'uso sotto la sua forma più povera (mangiare, abitare) non esiste più se non imprigionato nella ricchezza illusoria della sopravvivenza aumentata, è questa la base reale dell'accettazione dell'illusione in generale nel consumo delle merci moderne. Il consumatore reale diviene consumatore di illusioni. La merce è questa illusione effettivamente reale, e lo spettacolo la sua manifestazione generale."

Guy Debord

Tratto da | La società dello spettacolo di Guy Debord


Photo credit h.koppdelaney caricata su Flickr - licenza foto: Creative Commons


Voglio ricordare il guestbook

Guestbook


Voglio ricordare ai lettori e amici del blog, che ho creato un libro degli ospiti. Nella pagina puoi lasciare qualsiasi commento, non pertinente ai post.

Grazie a tutti!


Il monologo di Gian Maria Volonté tratto dal film "La classe operaia va in paradiso"



Lulù: Adesso vado su io a parlare... io non so come chiamarvi... signori lavoratori, operai, compagni, signori compagni, cioè io non lo so...
Bassi: Ma piantala, vieni qua, vieni a parlare al microfono.
Sindacalista: Su, vieni, vieni al microfono!
Bassi: Vieni qua!
Lulù: Ma guarda vado un momento su, guarda... lo studente... lo studente lì, fuori, ha detto, che noi entriamo qui dentro di giorno, quando è... è buio, e usciamo di sera quando è buio. Ma che vita è la nostra! Questo pro forma. Allora io dico... già che ci siamo... perché non lo raddoppiamo questo cottimo, eh? Così lavoriamo anche la domenica, magari veniamo qui dentro anche di notte, anzi magari portiamo dentro anche i bambini, le donne. I bambini li sbattiamo sotto a lavorare, le donne ci sbattono a noi un panino in bocca e noi via che andiamo avanti senza staccare, avanti, avanti, avanti... avanti per queste quattro lire vigliacche fino alla morte! E così da quest'inferno, sempre senza staccare, facciamo direttamente quell'altro inferno che tant l'è istess, eh?
Bassi: Sentimi bene Massa, te che adesso parli tanto, ma dov'è che eri quando noi altri coi compagni del sindacato abbiamo fondato il sindacato qua della fabbrica, della B.A.N.? Dov'è che eri, eh? Rispondi!
Lulù: Eh, dov'è che ero... dov'è che ero... facevo il cottimista! Seguivo la politica dei sindacati! Lavoravo per la produttività, incrementavo io, incrementavo! E adesso... adesso cosa sono diventato... guarda son diventato una bestia, una bestia, guarda son diventato.
Bassi: Te sei una bestia, mica noi altri.
Lulù: Lo stude-lo studente, lo studente, lì fuori, dice... aspetta qua, dice... dice... ecco... che noi... siamo come le macchine! Capito? Che io sono una macchina! Io sono una puleggia, io sono un bullone, io sono una vite, io sono una cinta di trasmissione, io sono una pompa! E adè la pompa l'è rota, la va pü... e non c'è più verso di aggiustarla la pompa adesso. Io... propongo... questa proposta... di lasciare... subito... il lavoro... tüt! E chi non lascia il lavoro, subito adesso, è un crumiro! È un facia de merda!

Tratto dal film La classe operaia va in paradiso di Elio Petri (il monologo di Lulù)


Se ci fosse più empatia nel cuore...



"Se ci fosse più empatia nel cuore di ogni essere umano, il mondo sarebbe completamente diverso. L'empatia è un sentimento pacifico, più dell'amore. L'empatia si insegna. È un'educazione affettiva, un modo di guardare al mondo, di mettersi in corrispondenza con gli altri. A me l'ha insegnata mia madre.L'empatia non è un semplice ascoltare gli altri. È piuttosto un sentire, un sintonizzarsi, ascoltare non è tutto. Le persone ascoltano, ma non sentono, o sentono ma non ascoltano. C'è un ascolto emotivo, che è l'ascolto reale, che viene dimenticato."

Geraldine Brooks


La situazione ad Haiti è sempre più grave



Articolo da Lettera22

di Gianna Pontecorboli da New York

Gli ultimi avvenimenti a Haiti e l’impotenza dell’Onu e delle organizzazioni umanitarie nell’aiutare concretamente la sua popolazione raccontano una storia allarmante per tutti e che non merita di essere ignorata. Di fronte alla violenza crescente delle gang che stanno terrorizzando i civili dopo l’uccisione oltre tre anni fa del suo ultimo presidente Jovenel Moise, infatti, perfino gli operatori umanitari sembrano essersi rassegnati a una bruciante sconfitta.

Dall’inizio dell’anno, la situazione si è progressivamente aggravata e le bande criminali, sostenute anche da alcuni politici e da alcuni gruppi imprenditoriali, hanno alzato il tiro nel tentativo di destabilizzare il paese. A poco a poco, i principali quartieri della capitale Port-au-Prince sono caduti sotto il loro controllo, impedendo agli aiuti umanitari di giungere a destinazione. All’inizio del 2024, le bande hanno attaccato con successo le carceri e alcune istituzioni pubbliche e gli scontri con la popolazione si sono intensificati. All’inizio di novembre, l’aeroporto e’ stato chiuso al traffico commerciale dopo che le gang hanno attaccato alcuni aerei americani e pochi giorni dopo i gruppi armati hanno preso di mira anche Petion-ville, uno dei quartieri periferici della capitale considerati ancora sicuri e in cui si erano installate diverse istituzioni umanitarie private e e parecchi uffici diplomatici e delle Nazioni Unite. Le cifre, nell’ultimo anno, hanno parlato da sole. Secondo i calcoli oltre 4500 persone sono morte a causa degli scontri e più di 700.000 hanno dovuto abbandonare la propria casa. Solo durante l’ultima settimana, le vittime sono state 150 e circa 20.000 persone hanno dovuto lasciare la propria abitazione.

”La violenza senza fine delle gang e la diffusa insicurezza approfondiscono la dura crisi umanitaria, compreso l’impatto di una severa scarsità di cibo e acqua e la diffusione delle malattie infettive in un momento in cui il sistema umanitario è sull’orlo del collasso” ha spiegato Volker Turk, alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, "Si stima che quattro milioni di abitanti di Port-au-prince siano praticamente tenuti in ostaggio poiché le bande controllano ora tutte le strade principali dentro e fuori la capitale ”. Tra le vittime più colpite, soprattutto le donne che subiscono violenza e i bambini costretti sempre più spesso ad arruolarsi nelle bande criminali.

Di fronte a una situazione fuori controllo, sia l’Onu che le organizzazioni umanitarie sono state costrette a rivedere con amarezza le loro posizioni per non mettere a rischio il proprio personale. ”Noi non ce ne andiamo” ha assicurato pochi giorni fa il vice portavoce delle Nazioni Unite Farhan Haq,”Continuiamo a sostenere il popolo e le autorità haitiane, con un’assistenza umanitaria fondamentale e sostegno politico per assistere gli sforzi guidati da Haiti per portare a termine con successo la transizione politica”. “Vogliamo accelerare e intensificare l’aiuto umanitario a Haiti. E richiederà  accortezza e creatività ” gli ha fatto eco Ulrika Richardson, coordinatore umanitario dell’Onu. I fatti, però, raccontano una storia molto diversa.

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Fonte: Lettera22

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Articolo tratto interamente da Lettera22


Il fatto che l’uomo...



"Il fatto che l’uomo sappia distinguere tra il bene e il male dimostra la sua superiorità intellettuale rispetto alle altre creature; ma il fatto che possa compiere azioni malvagie dimostra la sua inferiorità morale rispetto a tutte le altre creature che non sono in grado di compierle."

Mark Twain


Anch'io avevo le mie illusioni...



"Anch'io avevo le mie illusioni. Pensavo che la vita sarebbe stata una commedia brillante, e tu uno dei suoi molti e affascinanti personaggi. Scopersi che era una tragedia repellente e ignobile e che la sinistra occasione del grande colpo di scena, sinistra nella concentrazione della sua mira e nell'intensità del suo maligno volere, eri tu, spogliato di quella maschera di gioia e piacere da cui non meno di me eri stato ingannato e fuorviato."

Oscar Wilde

 

L'Australia vieta i social sotto i 16 anni



Articolo da Boing Boing

Questo articolo è stato tradotto automaticamente. La traduzione rende il senso dell’articolo, tuttavia consigliamo di leggere il testo originale su Boing Boing

Proposta non molto tempo fa, la legge australiana che vieta l'uso dei social media ai minori di 16 anni è già entrata in vigore.

La legge renderà le piattaforme tra cui TikTok, Facebook, Snapchat, Reddit, X e Instagram responsabili di multe fino a 50 milioni di dollari australiani (33 milioni di $) per fallimenti sistemici nell'impedire ai bambini di età inferiore ai 16 anni di detenere account. Il Senato ha approvato il disegno di legge con 34 voti contro 19. La Camera dei rappresentanti mercoledì ha approvato a larga maggioranza la legislazione con 102 voti contro 13. Gli emendamenti rafforzano la protezione della privacy. Alle piattaforme non sarebbe consentito obbligare gli utenti a fornire documenti di identità rilasciati dal governo, inclusi passaporti o patenti di guida, né potrebbero richiedere l'identificazione digitale tramite un sistema governativo.

 Un altro spunto su cui riflettere per Mark Zuckerberg!

"Naturalmente, rispettiamo le leggi decise dal Parlamento australiano", ha affermato Meta Platforms, proprietario di Facebook e Instagram, in una dichiarazione. "Tuttavia, siamo preoccupati per il processo che ha accelerato l'approvazione della legislazione senza considerare adeguatamente le prove, ciò che l'industria fa già per garantire esperienze appropriate all'età e le voci dei giovani".

Le aziende di social media hanno creato un labirinto di tariffe così velenoso che è facile scrollarsi di dosso la repressione dell'Australia qui, qualunque siano gli incentivi politici più profondi. Un grosso problema sembra essere (come sostiene Facebook) che la legge è un miscuglio di gergo da consulente politico non legale e non progettato ed è adatta solo a essere uno strumento di persecuzione arbitraria piuttosto che di elaborazione di politiche. Una buona risposta potrebbe essere quella di creare nuovi media che ("Fase 2: ???") non finiranno per monetizzare i danni ai bambini e non saranno così vulnerabili alla sorveglianza e alla censura.


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Fonte: Boing Boing 


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Articolo tratto interamente da Boing Boing


Credo che il senso della vita sia nell'amore...


"Credo che il senso della vita sia nell'amore, nell'amore per gli altri, nell'amore per la natura, nell'amore per la bellezza, nell'amore per la verità. Credo che l'amore sia la forza più grande che ci sia, la forza che ci fa andare avanti, che ci fa sperare, che ci fa credere che la vita ha un senso."

Etty Hillesum


La stanchezza di Fernando Pessoa


La stanchezza

Quello che c'è in me è soprattutto stanchezza
non di questo o di quello,
e neppure di tutto o di niente:
stanchezza semplicemente, in sè,
stanchezza.

La sottigliezza delle sensazioni inutili,
le violente passioni per il nulla,
gli amori intensi per ciò che si suppone qualcuno,
tutte queste cose -
queste e ciò che manca in esse eternamente -
tutto ciò produce stanchezza,
questa stanchezza,
stanchezza.

C'è senza dubbio chi ama l'infinito,
c'è senza dubbio chi desidera l'impossibile,
c'è senza dubbio chi non vuole niente,
tre tipi di idealisti, e io nessuno di questi:
perchè io amo infinitamente il finito,
perchè io deisdero impossibilmente il possibile,
perchè io voglio tutto, o ancora di più, se può essere,
o anche se non può essere...

E il risultato?
Per loro la vita vissuta e sognata,
per loro il sogno sognato o vissuto,
per loro la media fra tutto e niente, cioè la vita...
Per me solo una grande, una profonda,
e, ah, con quale infelicità, infeconda stanchezza,
una supremissima stanchezza,
issima, issima, issima,
stanchezza...

Fernando Pessoa


venerdì 29 novembre 2024

Oggi è la Giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese

 







Video credit Lyrics Musique caricato su YouTube


Sciopero generale contro una manovra filoliberista



Articolo da la Sinistra quotidiana

Lo sciopero generale proclamato da CGIL e UIL per correggere la manovra economica del governo Meloni ha assunto il carattere di quella “rivolta sociale” che, molto comodamente, l’esecutivo ha preferito mostrare urbi et orbi come una sorta di proclama eversivo, di “rivoluzione” quasi bolscevica contro la stabilità capitalistica e liberista protetta da Palazzo Chigi con tutte le compatibilità del caso tra opportunismo politico e interesse particolare del mondo delle imprese.

L’attacco frontale che le destre portano all’altro mondo, quello del lavoro e del disagio (anti)sociale, è nitido, cristallino, impossibile da non vedere per chi, per lo meno, vive nella quotidiana realtà di un’esistenza sopravvivente a sé stessa attimo dopo attimo. L’immersione totalizzante nell’economia di guerra spinge le cifre date dal governo verso una indimostrabilità altrettanto manifesta: la stessa Presidente del Consiglio si corregge più volte e, soprattutto quando fa riferimento alla spesa sociale, non può non ammettere che non c’è ripresa.

La contrazione salariale è lì a dimostrarlo in un contesto europeo in cui, invece, vi è una espansione in questo senso. Unitamente alla profonda crisi multistrato in cui ci troviamo, il governo associa una reazione muscolare che muta il carattere squisitamente rivendicativo dello sciopero generale, della lotta sociale che, per l’appunto, entra nel vivo di una critica di classe che non può non essere evidenziata. Persino i meno propensi a farsi i fatti degli altri notano, senza ormai troppo stupore, che la condizione propria di indigenza è qualcosa di più di un fenomeno particolare.

È la costante di un comportamento della grande economia sovranazionale che ha ripercussioni nell’Italia del fallimento della pace sociale meloniana di vasta portata. Non si tratta soltanto di prendere atto della disapplicazione di buona parte dei piani europei e dei loro finanziamenti (leggasi: prestiti…) dati con precisi scopi di intervento strutturale. Qui la questione tracima dagli argini della manovra di bilancio tout court, perché non riguarda soltanto gli interventi che il governo vuole programmare oggi per i prossimi anni, ma concerne ciò che era già stato messo in cantiere due anni fa.

Le legge di bilancio taglia praticamente tutto quello che gravita nella sfera pubblica e privilegia, con sistematica coerenza filoliberista, tutto quello che invece attiene al privato. La rivendicazione prima quindi è anche quella del mutamento di indirizzo contenuto nella manovra finanziaria, ma prima di tutto è la rivolta sociale contro un politica economica che non è più sostenibile per decine di milioni di italiani. Meloni e Giorgetti hanno – dicono – portato a casa il nuovo Patto di Stabilità europeo. Sembrerebbe una buona notizia, ed invece non lo è per niente.

Quello che hanno portato a casa è un regime di austerità reinnescato con un “piano strutturale di bilancio” che prevede un taglio di oltre tredici miliardi di euro presi non dalle tasche dei ricchissimi ma, come è ovvio nella logica del primo liberismo stile anni Settanta e Ottanta, dalle casse pubbliche, dalle tasche di tutte e tutti noi, spalmando il tutto in una programmazione temporale lunga sette anni. Questa impostazione di correzione dei conti, dettata dall’Unione europea dopo la sostanziale sospensione del famigerato “Patto di Stabilità“, ha aperto le porte ad una nuova “governance” nei conti.

Dal triennalismo del Documento di economia e finanza (il DEF) si passa al pluriennalismo del nuovo piano che ha un carattere vincolante e determina cifre ed investimenti impossibili quindi da modificare se non in presenza di una crisi di governo che, comunque, necessita di un passaggio tutt’altro che formale con la Commissione europea. A detta dell’esecutivo di Giorgia Meloni, finanza, economia, mondo delle imprese e del lavoro vanno a gonfie vele, nonostante le crisi internazionali e nonostante persino i giganti della ripresa in Europa, primo fra tutti l’esempio tedesco, siano in clamoroso affanno.

La crisi pandemica ha fatto sussultare l’intero impianto strutturale continentale; il tutto nel contesto di una globalizzazione in cui il multipolarismo ha accelerato le contese locali in una dinamica di ridefinizione dei poli di espansione: due miliardi e mezzo di salariati nel mondo subiscono le ripercussioni di una economia che concentra sempre di più i capitali e mette nelle mani di pochi queste immense ricchezze e la possibilità per loro di determinare la prassi di governo di Stati dominanti e di una serie di servitori cortesi che vi si accodano mestamente.

Dopo la pandemia, dunque, si è giunto ad un livello di “crescita zero” nel corso del 2023, confermata nel 2024 da un calo della produzione industriale che prosegue ininterrottamente da oltre un anno a questa parte: gli esempi possono essere molti, tra tutti Stellantis e Beko. Si parla quindi di migliaia e migliaia di posti di lavoro che rischiano di saltare e quindi della chiusura di interi impianti produttivi con ripercussioni enormi sugli indotti che ne sono collegati. La frammentazione nel mondo del lavoro è devastante: si va al di là della parcellizzazione, si è all’atomizzazione dei diritti.

Ormai per “lavoro autonomo” si intende praticamente tutto e il contrario di tutto. Non esiste nessuna vera “autonomia” da parte del lavoratore di gestire il proprio tempo, se non in una chiave meramente illusoria di disporre di modalità che sono prevista dall’impersonale datore di lavoro: la grande popolazione precaria dei riders sa di cosa si tratta. Guadagnare meno di otto euro all’ora, grazie ad un contratto stipulato dalla sola UGL (il che la dice lunga, o corta, a seconda dei casi e delle interpretazioni…), con trattenute fiscali del 20%, costretti ad un regime di partita IVA se si superano incassi lordi di cinquemila euro all’anno, come lo si può chiamare?

Lavoro autonomo? Oppure, più opportunamente e consonamente “neoschiavismo“? Quando economisti tutt’altro che vicini al sindacato, ma obiettivi nell’esame dei dati, affermano che il lavoro autonomo è praticamente sovrapponibile a quello del precariato estremizzato all’ennesima esasperante potenza dello sfruttamento a tutto tondo, non commettono un errore di sopravvalutazione. Semmai il contrario. Il citato “Piano strutturale di bilancio” è la fotocopia di tutto questo.

Prevede solamente tagli a tutto spiano che si tradurranno in sempre meno risorse per la sanità, per l’istruzione e la ricerca, per le politiche sociali, per i salari e gli investimenti pubblici, per le pensioni. La già pesante riduzione del potere di acquisto (calcolata nel triennio 2021-2023 di circa 18 punti in percentuale) si somma a nuovi carichi inflattivi che impoveriscono ulteriormente i ceti già più traumatizzati dalle ricadute antisociali delle politiche di austerità dei decenni precedenti. Non è vero – come sostengono Meloni e Giorgetti – che questa è l’unica via possibile per ritemprare i conti del Paese.

Articolo tratto interamente da la Sinistra quotidiana 


Il diritto di sciopero in Italia: un pilastro democratico a rischio

Il diritto di sciopero, previsto dall'articolo 40 della Costituzione italiana, è un elemento essenziale della nostra democrazia e un potente strumento per i lavoratori, utile a tutelare i propri diritti e a migliorare le condizioni di lavoro. Negli ultimi anni, però, stiamo assistendo a un aumento dei tentativi, da parte di alcune forze politiche, di limitare o addirittura sopprimere questo diritto fondamentale. 

Un chiaro esempio di questa tendenza è il DDL 1660, che intende restringere la possibilità di organizzare picchetti durante le manifestazioni sindacali. I picchetti, che rappresentano la libertà di riunione e di espressione, sono sempre stati un mezzo legittimo di protesta e di sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Limitare questa forma di espressione significa compromettere il diritto di sciopero e indebolire la capacità dei lavoratori di far sentire le proprie ragioni. 

 Il diritto di sciopero non è un privilegio, ma un diritto fondamentale. Attaccare questo diritto equivale a minacciare la democrazia stessa. È nostro compito difenderlo con tutte le nostre forze.

Video credit CGIL Nazionale caricato su YouTube


Una società dove i lavoratori decadono a merce



"Noi siamo partiti dai presupposti dell'economia politica. Abbiamo accettato la sua lingua e le sue leggi. Abbiamo preso in considerazione la proprietà privata, la separazione tra lavoro, capitale e terra, ed anche tra salario, profitto del capitale e rendita fondiaria, come pure la divisione del lavoro, la concorrenza, il concetto del valore di scambio, ecc. Partendo dalla stessa economia politica, e valendoci delle sue stesse parole, abbiamo mostrato che l'operaio decade a merce, alla più misera delle merci, che la miseria dell'operaio sta in rapporto inverso con la potenza e la quantità della, sua, produzione, che il risultato necessario della concorrenza è l'accumulazione del capitale in poche mani, dunque una più spaventosa restaurazione del monopolio; che infine scompare la differenza tra capitalista e proprietario fondiario, cosi come scompare la differenza tra contadino e operaio di fabbrica, e tutta intera la società deve scindersi nelle due classi dei proprietari e degli operai senza proprietà."


Karl Marx


Sindacalisti sotto tiro: la repressione delle proteste nella logistica



Articolo da L'Indipendente

Negli ultimi dieci anni, almeno 4.000 sindacalisti e lavoratori del settore della logistica sono stati indagati o processati in Italia per azioni legate a scioperi e manifestazioni. Lo rivela uno studio dell’avvocato Eugenio Losco, specializzato in difesa sindacale, che dal 2016 ha registrato circa 3.000 casi solo in alcune aree del Nord, tra Milano, Piacenza e altre province. A livello nazionale il dato è ancora più alto, con 500 denunce solo in Emilia-Romagna e 200 casi nel distretto tessile tra Firenze, Prato e Pistoia dal 2018. Le denunce, significativamente aumentate con il decreto Salvini del 2018, spesso contestano reati come la violenza privata, nonostante i tribunali abbiano riconosciuto la maggior parte delle azioni come legittime e pacifiche. Nel frattempo, preoccupano le implicazioni del nuovo Ddl Sicurezza, che inasprisce gli strumenti repressivi contro i sindacati.

«Dal 2016 ad oggi, ho seguito circa 300 procedimenti che riguardano scioperi dove vi è stata, in media, almeno la presenza di 10 lavoratori», racconta a L’Indipendente l’avvocato Eugenio Losco. «Ancora oggi, per questioni relative all’attività dei sindacati di base, ne sono in corso decine e decine e, personalmente, sono impegnato in circa tre o quattro udienze alla settimana». Numeri che testimoniano uno scenario sempre più preoccupante. «Da quando seguo il sindacato di base, registro che ogniqualvolta viene effettuato sciopero, vi è la presenza davanti ai cancelli dell’azienda di un gran numero di agenti di polizia che controllano in maniera minuziosa quel che accade. Quasi sempre segue la contestazione di un reato: il più delle volte viene contestato ai partecipanti il fatto di non aver fornito alla questura il preavviso della manifestazione, dunque una violazione dell’art. 18 del T.U.L.P.S., e quasi sempre la violenza privata, art. 610 del codice penale, reato che tutela le persone di fronte a un impedimento da parte di altre persone che deve essere effettuato con violenza o minaccia», spiega l’avvocato. Il quale evidenzia come in realtà, ad eccezione di quanto accade nel settore dei servizi pubblici essenziali, «non è necessario un atto formale di proclamazione dello sciopero», che nella quasi totalità dei casi «viene svolto in forma pacifica, attraverso il blocco delle merci e un’attività di picchettaggio».

Il quadro legislativo rischia di irrigidirsi ulteriormente con il Ddl 1660, attualmente in discussione al Senato. Il disegno di legge prevede infatti pene più severe per il blocco stradale, trasformandolo da illecito amministrativo a reato penale, con sanzioni fino a due anni di carcere. Inoltre, il Ddl introduce l’uso ampliato di strumenti come i fogli di via e il Daspo urbano, che potrebbero essere utilizzati per allontanare i leader sindacali dalle aree di manifestazione. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha giustificato tali misure come necessarie per tutelare gli interessi delle imprese. Tuttavia, giuslavoristi e sindacati temono che queste disposizioni rappresentano un ulteriore ostacolo alla libertà di sciopero, soprattutto per i lavoratori migranti, già penalizzati da difficoltà burocratiche legate al rinnovo dei permessi di soggiorno in caso di denunce penali.

Continua la lettura su L'Indipendente


Fonte: L'Indipendente

Autore: 
Stefano Baudino


Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.


Articolo tratto interamente da L'Indipendente


Basta morti sul lavoro!


Ogni giorno un lavoratore non torna a casa e muore sul lavoro...

Vi invito a riflettere su questi dati:

Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro



Video credit 451Fahrenheit451 caricato su YouTube


Comunicazione di servizio: ripartono le interviste





Voglio informare gli amici e lettori di questo blog, che presto tornerò a pubblicare interviste su diversi temi.

Se vuoi essere intervistato, basta contattarmi via mail, cliccando sul banner "Contatti".

Sorelle di speranza di Paul Éluard



Sorelle di speranza

Sorelle di speranza o donne coraggiose

Contro la morte avete stretto un patto

Quello di unir le virtù dell'amore


Sopravvissute sorelle

Vi giocate la vita

Perché la vita vinca


Vicino è il giorno o mie sorelle di grandezza

Che delle parole guerra e miseria noi rideremo

Di quanto fu amarezza nulla resisterà


Ogni viso avrà diritto alle carezze.

Paul Éluard


La mia filosofia...


"La mia filosofia è ciò che la gente dice di me non è affar mio… Sono quello che sono e faccio quello che faccio. Non mi aspetto niente e accetto tutto. E questo rende la vita più facile. Non vale la pena trascorrere il tempo discutendo su ogni cosa. Sto imparando a non reagire a tutto ciò che mi dà fastidio. Sto imparando che non ho bisogno di ferire chi mi fa del male. A volte il massimo segno di maturità è allontanarsi. Sto imparando che l’energia che spendo per ribattere e discutere mi impedisce di concentrare le energie su cose utili per me. Sto imparando che non posso piacere a tutti, e va bene così. Sto imparando che di tanto in tanto, non dire nulla, dice tutto. Sto imparando che rispondere alle provocazioni, dà potere a un’altra persona sulle mie emozioni. Non posso controllare ciò che dicono gli altri, ma posso decidere come reagire. Sto scegliendo di provare ad essere migliore. Sto scegliendo la mia tranquillità, perché è quello di cui ho davvero bisogno."

Roberto Vecchioni 


Proverbio del giorno


Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.


Siamo senza speranza!



"Siamo senza speranza. L'aveva già spiegato Pasolini: la speranza è una trappola, usata dal potente politico e religioso per ingabbiare i poveretti, con promesse di futuro benessere o di paradisiaci aldilà. Non c'è alcuna speranza di riscatto per il Paese. Il vero problema non è tanto la classe politica, che è una minoranza, ma questa generazione, che manda giù tutto senza protesta, cullandosi sulle promesse. È tutta una generazione che va cambiata, anzi rigenerata con urgenza."

Mario Monicelli


Pollice su e giù della settimana

 







L'amore è un fiore...



"L'amore è un fiore che sboccia dovunque, compie i suoi dolci miracoli sfidando il gelo dell'autunno e la neve dell'inverno e torna a rifiorire, turgido e fragrante durante il corso dell'anno, rendendo felice chi lo dona e chi lo riceve."

Louisa May Alcott 


Sheinbaum risponde a Trump: per ogni tariffa ce ne sarà un’altra in reciprocità

Claudia Sheinbaum frente a las cámaras


Articolo da Wikinoticias

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La presidente del Messico Claudia Sheinbaum ha risposto a Donald Trump, presidente eletto degli Stati Uniti, che per ogni tassa che questo paese imporrà al Messico a causa dell'immigrazione, risponderà con una percentuale simile. L’annuncio arriva dopo che Trump ha dichiarato che punirà il Messico con dazi aggiuntivi del 25% per aver presumibilmente fallito nel fermare il traffico di droga e l’immigrazione.

Claudia Sheinbaum ha espresso nella sua conferenza mattutina il suo disaccordo con la misura e ha indicato che se quel governo approverà la misura, il Messico farà lo stesso in reciprocità, un fatto che, secondo il presidente, metterebbe a rischio le imprese comuni. «Presidente Trump, non è con minacce o tariffe che si affronterà il fenomeno migratorio o il consumo di droga negli Stati Uniti per affrontare queste grandi sfide sono necessarie cooperazione e comprensione reciproca; A una tariffa ne arriverà un’altra in risposta”, ha detto Sheinbaum.

Donald Trump ha annunciato che punirà Messico, Canada e Cina con aumenti tariffari “dal primo giorno” del suo mandato.

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Fonte: Wikinoticias


Autori: vari

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Articolo tratto interamente da 
Wikinoticias

Photo credit EneasMx, CC BY 4.0, via Wikimedia Commons


La morale della storia...


La morale della storia è che, se accetti gli alti, dovrai passare anche attraverso i bassi. Nelle nostre vite abbiamo imparato a conoscere l'amore e l'odio, gli alti e i bassi, il bene e il male, le sconfitte e le vittorie. Era come una versione amplificata di quello che vive chiunque altro. Quindi, essenzialmente, va bene. Qualsiasi cosa sia accaduta è positiva se ci ha insegnato qualcosa, ed è negativa solo se non abbiamo imparato: "Chi sono? Dove sto andando? Da dove vengo?"

George Harrison

L’eterno fascismo italiano


"Noi non possiamo oggi prevedere quali forme politiche si preparino per il futuro: ma in un paese di piccola borghesia come l’Italia, e nel quale le ideologie piccolo-borghesi sono andate contagiando anche le classi popolari cittadine, purtroppo è probabile che le nuove istituzioni che seguiranno al fascismo, per evoluzione lenta o per opera di violenza, e anche le più estreme e apparentemente rivoluzionarie fra esse, saranno riportate a riaffermare, in modi diversi, quelle ideologie; ricreeranno uno Stato altrettanto, e forse più, lontano dalla vita, idolatrico e astratto, perpetreranno e peggioreranno, sotto nuovi nomi e nuove bandiere, l’eterno fascismo italiano."

Carlo Levi

Tratto da Cristo si è fermato a Eboli di Carlo Levi