Articolo da L'Indipendente
Negli ultimi dieci anni, almeno 4.000 sindacalisti e lavoratori del settore della logistica sono stati indagati o processati in Italia per azioni legate a scioperi e manifestazioni. Lo rivela uno studio dell’avvocato Eugenio Losco, specializzato in difesa sindacale, che dal 2016 ha registrato circa 3.000 casi solo in alcune aree del Nord, tra Milano, Piacenza e altre province. A livello nazionale il dato è ancora più alto, con 500 denunce solo in Emilia-Romagna e 200 casi nel distretto tessile tra Firenze, Prato e Pistoia dal 2018. Le denunce, significativamente aumentate con il decreto Salvini del 2018, spesso contestano reati come la violenza privata, nonostante i tribunali abbiano riconosciuto la maggior parte delle azioni come legittime e pacifiche. Nel frattempo, preoccupano le implicazioni del nuovo Ddl Sicurezza, che inasprisce gli strumenti repressivi contro i sindacati.
«Dal 2016 ad oggi, ho seguito circa 300 procedimenti che riguardano scioperi dove vi è stata, in media, almeno la presenza di 10 lavoratori», racconta a L’Indipendente l’avvocato Eugenio Losco. «Ancora oggi, per questioni relative all’attività dei sindacati di base, ne sono in corso decine e decine e, personalmente, sono impegnato in circa tre o quattro udienze alla settimana». Numeri che testimoniano uno scenario sempre più preoccupante. «Da quando seguo il sindacato di base, registro che ogniqualvolta viene effettuato sciopero, vi è la presenza davanti ai cancelli dell’azienda di un gran numero di agenti di polizia che controllano in maniera minuziosa quel che accade. Quasi sempre segue la contestazione di un reato: il più delle volte viene contestato ai partecipanti il fatto di non aver fornito alla questura il preavviso della manifestazione, dunque una violazione dell’art. 18 del T.U.L.P.S., e quasi sempre la violenza privata, art. 610 del codice penale, reato che tutela le persone di fronte a un impedimento da parte di altre persone che deve essere effettuato con violenza o minaccia», spiega l’avvocato. Il quale evidenzia come in realtà, ad eccezione di quanto accade nel settore dei servizi pubblici essenziali, «non è necessario un atto formale di proclamazione dello sciopero», che nella quasi totalità dei casi «viene svolto in forma pacifica, attraverso il blocco delle merci e un’attività di picchettaggio».
Il quadro legislativo rischia di irrigidirsi ulteriormente con il Ddl 1660, attualmente in discussione al Senato. Il disegno di legge prevede infatti pene più severe per il blocco stradale, trasformandolo da illecito amministrativo a reato penale, con sanzioni fino a due anni di carcere. Inoltre, il Ddl introduce l’uso ampliato di strumenti come i fogli di via e il Daspo urbano, che potrebbero essere utilizzati per allontanare i leader sindacali dalle aree di manifestazione. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha giustificato tali misure come necessarie per tutelare gli interessi delle imprese. Tuttavia, giuslavoristi e sindacati temono che queste disposizioni rappresentano un ulteriore ostacolo alla libertà di sciopero, soprattutto per i lavoratori migranti, già penalizzati da difficoltà burocratiche legate al rinnovo dei permessi di soggiorno in caso di denunce penali.
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Fonte: L'Indipendente
Autore: Stefano Baudino
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Articolo tratto interamente da L'Indipendente
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