domenica 26 dicembre 2021

Buone feste e felice anno nuovo



Questo spazio resterà in pausa dal 27 dicembre 2021 al 1 gennaio 2022 (salvo imprevisti). Voglio ricordare, che tutti i commenti in moderazione nel blog, saranno pubblicati al mio ritorno. Inoltre, per gli amici che mi seguono su Facebook, l'attività continuerà ai soliti indirizzi:


Profilo personale: Vincenzo Cavaliere

Pagina ufficiale Web sul blog: Web sul blog

Pagina ufficiale Cavaliere oscuro del web: Cavaliere oscuro del web


Auguro un sereno anno nuovo a tutti gli amici e lettori di questo blog.




Il mio augurio di fine anno



Quest'anno, il mio tradizionale augurio arriverà un po' prima, poiché il mio blog chiuderà per ferie. Il 2021 non è stato un anno favoloso, ancora una volta la pandemia è salita alla ribalta delle cronache, basta pensare anche ai dati delle ultime settimane. 

In questi mesi, le polemiche non sono mancate, tra pro vax, no vax e incerti, discussioni che spesso sono degenerate, non degne di un confronto libero e democratico. Il vaccino sicuramente ha portato qualche beneficio a livello di casi gravi, ma la famosa immunità di gregge è rimasta sulla carta. Nuove varianti continuano a uscire, rendendo ancora lontana una via d'uscita da questa emergenza.

Mentre questo virus persiste, tanti diritti continuano a essere calpestati. Vorrei ricordare che il virus più grande di questo mondo è quel capitalismo senza etica, che continua a sfruttare e fare vittime nei luoghi di lavoro.

Altra piaga che vorrei citare è la violenza contro le donne, i numeri che arrivano dalle cronache, sono spaventosi, ma ancora una volta ribadisco, il problema è in primis culturale, questa società è troppa sessista e patriarcale, senza un'inversione di rotta, non cambierà mai nulla.

Passiamo all'ambiente e il cambiamento climatico in atto, come noterete, gli eventi sono sempre estremi, senza fatti reali, il pianeta rischierà l'apocalisse.

Aspettando tempi migliori, voglio fermarmi qui, spero che il 2022 sia un anno di consapevolezza.

Buon anno a tutti voi che seguite il mio blog e che il 2022 vi porti tanta serenità e felicità.



Noi saremo di Paul Verlaine



Noi saremo

Noi saremo, a dispetto di stolti e di cattivi
che certo guarderanno male la nostra gioia,

talvolta, fieri e sempre indulgenti, è vero?
Andremo allegri e lenti sulla strada modesta

che la speranza addita, senza badare affatto
che qualcuno ci ignori o ci veda, è vero?

Nell'amore isolati come in un bosco nero,
i nostri cuori insieme, con quieta tenerezza,

saranno due usignoli che cantan nella sera.
Quanto al mondo, che sia con noi dolce o irascibile,

non ha molta importanza. Se vuole, esso può bene
accarezzarci o prenderci di mira a suo bersaglio.

Uniti dal più forte, dal più caro legame,
e inoltre ricoperti di una dura corazza,
sorrideremo a tutti senza paura alcuna.

Noi ci preoccuperemo di quello che il destino
per noi ha stabilito, cammineremo insieme
la mano nella mano, con l'anima infantile
di quelli che si amano in modo puro, vero?


Paul Verlaine

Proverbio del giorno

Dove non c'è amore, non c'è umanità.


 

26 dicembre 2004 – Uno tsunami sconvolge una vastissima area dell'Asia, con ripercussioni in Africa e Australia, causando almeno 230.000 vittime

2004-tsunami


Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Il maremoto dell'Oceano Indiano e della placca indo-asiatica del 26 dicembre 2004 è stato uno dei più catastrofici disastri naturali dell'epoca moderna e ha causato centinaia di migliaia di morti. Ha avuto la sua origine e il suo sviluppo nell'arco di poche ore in una vasta area della Terra: ha riguardato l'intero sud-est dell'Asia, giungendo a lambire le coste dell'Africa orientale, destando per questo, insieme all'ingente numero di vittime, notevole impressione tra i mezzi di comunicazione e in generale nell'opinione pubblica nel mondo.

L'evento ha avuto inizio alle ore 07:58:53 UTC+7 (le 00:58:53 UTC) del 26 dicembre 2004 quando un violentissimo terremoto, con una magnitudo di 9,1[1], ha colpito l'Oceano Indiano al largo della costa nord-occidentale di Sumatra in Indonesia. Il sisma è durato 8 minuti. Tale terremoto è risultato il terzo più violento degli ultimi sessant'anni, dopo il sisma che colpì Valdivia, in Cile, il 22 maggio del 1960 e quello dell'Alaska del 1964, rispettivamente con magnitudo 9,5 e 9,2.

Esso ha provocato centinaia di migliaia di vittime, sia direttamente sia attraverso il conseguente maremoto manifestatosi attraverso una serie di onde alte fino a quindici metri, che hanno colpito vaste zone costiere dell'area asiatica tra i quindici minuti e le dieci ore successive al sisma. I maremoti hanno colpito e devastato parti delle regioni costiere dell'Indonesia, dello Sri Lanka, dell'India, della Thailandia, della Birmania, del Bangladesh e delle Maldive, giungendo a colpire le coste della Somalia e del Kenya (ad oltre 4.500 km dall'epicentro del sisma). Si stima che 230.000 persone siano morte per questi eventi, di cui circa il 25% bambini. 

La scossa principale, lunga 8 minuti, è stata avvertita da buona parte dei sismografi in attività su tutta la Terra. In un primo momento le era stata assegnata una magnitudo di 6,8, presto corretta a 8,1. Successivamente analisi più approfondite hanno aumentato questa misura in un primo momento ad 8,5, poi ad 8,9, ed infine a 9,0 (un'energia equivalente a circa 52 miliardi di tonnellate di tritolo, 52.000 megatoni). Più tardi venne pubblicata una nuova stima della magnitudo momento del sisma, che venne stimata in un valore compreso tra 9,1 e 9,3[5]. Nel 2012 la magnitudo è stata ulteriormente ridefinita dall'USGS in 9,1[1]. Per un confronto, le due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki nel corso della seconda guerra mondiale avevano insieme una potenza complessiva di 0,038 megatoni: quindi l'energia sprigionata da questo terremoto è stata un milione e mezzo di volte superiore.

Come ulteriore raffronto, il più violento terremoto mai registrato mediante sismografi è stato il Grande Terremoto Cileno del 1960, al quale fu assegnata una magnitudo pari a 9,5.

L'ipocentro del terremoto è stato localizzato a 3,298°N, 95,779°E, a circa 160 km ad ovest di Sumatra, ad una profondità di 30 km sotto il livello del mare, all'interno della cosiddetta cintura di fuoco del Pacifico, una regione geografica di cui è risaputa l'elevata sismicità. Il terremoto è stato talmente violento da poter essere avvertito (a prescindere dalle onde anomale), oltre che in Indonesia, anche in Bangladesh, India, Malaysia, Birmania, Singapore, Thailandia ed addirittura nelle Maldive.

Dal punto di vista tettonico, l'area di innesco del sisma sottomarino è caratterizzata dalla placca indiana, che fa parte della più vasta placca indo-australiana, comprendente l'Oceano Indiano ed il golfo del Bengala, che si sposta verso nord-est ad una velocità media di 6 cm annui (5 metri ogni secolo) verso la placca birmana. La placca birmana, di cui fanno parte sia le isole Nicobare sia le isole Andamane e la parte settentrionale di Sumatra, è a sua volta spinta verso ovest dalla placca della Sonda (della quale fa parte la zona meridionale di Sumatra). Sia la placca birmana sia la placca della Sonda fanno parte della placca euroasiatica e le attività tettoniche che risultano dalle loro interazioni e delle relative faglie hanno portato alla creazione della fossa della Sonda e dell'arco della Sonda, la cui orogenesi è ancora attiva.

L'area investita direttamente dal terremoto è stata insolitamente ampia: si è stimato che, su circa 1.200 km di faglia, la placca indo-asiatica si sia incuneata sotto quella birmana, provocando l'innalzamento verticale del fondo oceanico dalla parte della placca birmana di circa 10 m e creando così le condizioni ideali per generare delle grandi onde anomale che, viaggiando a circa 800 km/h, hanno raggiunto in poco tempo le coste di buona parte dell'Oceano Indiano trasformandosi in enormi maremoti.

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Photo credit David Rydevik (email: david.rydevikgmail.com), Stockholm, Sweden., Public domain, attraverso Wikimedia Commons


Benvenuti a Roma

Welcome to Rome (Cinematic travel video) from Kve Prod on Vimeo.

Photo e video credit Kve Prod caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


Andalusia

Andalucian Tapas | Highlights of a delicious roadtrip from Mert Hüroglu on Vimeo.

Photo e video credit Mert Hüroglu caricato su Vimeo - licenza: Creative Commons


sabato 25 dicembre 2021

Citazione del giorno

 


"Se ci diamo una mano i miracoli si faranno e il giorno di Natale durerà tutto l'anno."

Gianni Rodari



Principali eventi del 2021 secondo Wikipedia (parte 2)

Taliban Humvee in Kabul, August 2021 (cropped)

 

Luglio

Agosto

Settembre

Ottobre

Novembre

Nb: foto evento


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Principali eventi del 2021 secondo Wikipedia (parte 1)

Riot police and protester outside United States Capitol at evening 20210106



Gennaio

Febbraio

Marzo

Aprile

Maggio

Nb: foto evento

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Photo credit Tyler Merbler, CC BY 2.0, attraverso Wikimedia Commons


L'indifferenza verso i senzatetto


Articolo da AsinuPress

Non è cambiato nulla. Sono trascorsi quasi due anni dallo sconvolgimento del mondo, ma certe realtà non mutano mai, peggiorano e si radicalizzano. Era marzo 2020, e che casa fosse un posto sicuro, accogliente, salvifico lo abbiamo dovuto scoprire tramite una forzatura, un espediente che, ancora una volta, ha salvato letteralmente vite umane riducendo contatti non necessari. Ha salvato anche il Natale, passato tra 4 mura, ad annoiarsi, festeggiare, ripararsi dal freddo e trascorrere le festività natalizie più o meno indenni. Quelle quattro mura, dicembre 2021, rappresentano un privilegio. Poche settimane fa, a Roma, un senza tetto è morto di freddo in strada. Il ventisettenne è stato trovato senza vita da un passante, che lo ha segnalato alle autorità. A Roma si muore di freddo. A Milano invece, la possibilità che si possa morire di freddo, è addirittura avallata dall’amministrazione comunale, che una settimana dopo toglieva dalla strada coperte e materassi per evitare che le persone senza dimora possano rifugiarsi e proteggersi in maniera adeguata. 

Sul piano urbanistico, di vivibilità delle città, si è più volte tentato di sensibilizzare sul tema delle barriere architettoniche costituite da tutti quegli impedimenti strutturali che rendono difficile, se non impossibile, l’accesso alle strutture da parte di persone con disabilità motoria. Se le città sono costruite a misura d’uomo (ndr. genere umano), c’è da chiedersi come sia quest’uomo o, più precisamente, come sia la società attorno alla quale quella città è stata costruita. Qualcuno senz’altro in grado di muoversi liberamente senza necessitare di supporto. Le barriere architettoniche sono il naturale prodotto della pretesa di pensare che ciò che vale per sé può valere tranquillamente per chiunque altro imponendo costruzioni generalmente accessibili e non tenendo conto di chi si discosta da quel generalmente accessibili. Le barriere architettoniche sono il frutto di un pensiero mancato, un’attenzione che non si è voluta avere. Ad un altro tipo di approccio corrispondono le cosiddette architetture ostili costruite con l’intento di allontanare chi vive in strada. Sono barriere di vario genere, forma, colore, dimensione, situate in quegli spazi spontaneamente ricavati dagli edifici. Il riparo sotto a un balcone, l’angolo al coperto di un palazzo, i parcheggi delle stazioni ferroviarie, le panchine a tarda notte. Sono tutti spazietti che per chi vive in strada possono rivelarsi utili per ripararsi dalla pioggia o per trascorrere la notte. Sono piccoli accorgimenti strutturali che prevedono piccoli interventi in grado di avere grossi impatti su chi vive in strada. Pensati proprio per allontanare queste persone perché non rientranti nel concetto di decoro urbano. Sapere di una persona che vive in estrema povertà e non ha un luogo in cui andare non dovrebbe spingerci a farci altre domande anziché interrogarci su quanto il decoro urbanistico potrebbe risentirne dall’avere concesso a un senzatetto di dormire su una panchina?

La morte del senzatetto di Roma è solo uno dei decessi causati dal freddo. Già a inizio di quest’anno, l’Unione europea delle cooperative (Uecoop) aveva parlato di decine di morti tra i senzatetto a causa del calo delle temperature. Vittime invisibili di un fenomeno esistente da anni. Nonostante la crisi sanitaria abbia contribuito, grazie ai rifugi messi a disposizione dai comuni, a diminuire la percentuale di senzatetto in diversi paesi, i dati restano preoccupanti. In Italia, secondo il Censimento Permanente della Popolazione e delle Abitazioni 2021 redatto dall’Istat, sono oltre mezzo milione le persone senza fissa dimora o che vivono nei campi attrezzati. Sono uomini, donne, bambini, anziani e spesso interi nuclei familiari che si ritrovano per strada in cerca di un posto di fortuna – una panchina, il marciapiede sotto un ponte, in stazione – dove ripararsi per la notte. I motivi riguardano fattori sociali come la carenza di alloggi a prezzi accessibili e la criminalità, ma anche problemi di salute come malattie mentali o fisiche o tossicodipendenze. Oppure, spesso nel caso delle donne, la necessità di scappare da relazioni violente. Con una risoluzione approvata il 24 novembre 2020, il Parlamento Europeo si è posto come obiettivo quello di porre fine al fenomeno dei homeless entro il 2030 e ha invitato gli Stati membri a introdurre leggi in questa direzione. Le strade possibili per raggiungerla sono diverse: fornire ai senzatetto l’accesso ai servizi pubblici come l’assistenza sanitaria e il diritto all’istruzione tramite l’incremento di raccolte fondi, aiutarli nell’inserimento, fornire assistenza finanziaria alle Organizzazioni Non Governative (ONG) del mondo del lavoro e garantire la fruizione dei centri di assistenza. Tutte manovre da mettere in atto per porre l’attenzione su un fenomeno considerato un peso.

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Fonte: AsinuPress


Autore: redazione AsinuPress



Articolo tratto interamente da AsinuPress


La Tregua di Natale del 1914



Articolo da Vanilla Magazine

La prima guerra mondiale viene ricordata per la sua crudeltà e per le conseguenze lasciate sulle persone, fisicamente e psicologicamente, sia militari sia civili. Iniziò nel 1914 e terminò nel 1918, lasciando sul campo nove milioni di militari e sette milioni di civili circa, oltre quello che fu un problema sociale di dimensioni impensabili legato ai mutilati di guerra.

Un conflitto di quelle proporzioni non si era mai visto prima nella storia (e purtroppo sarà surclassato per numero di morti dalla Seconda Guerra Mondiale), e fu combattuta dalle coste dell’America sino alle pianure dell’Asia. Anche in un conflitto tanto cruento, un barlume di umanità trovò spazio fra le truppe inglesi e tedesche, durante il giorno di Natale del 1914.

Durante la notte del 24 Dicembre, le truppe inglesi su moltissimi fronti e in diversi luoghi del conflitto udirono quelle tedesche cantare in trincea, mentre accendevano piccole candele e posizionavano alcuni abeti e decorazioni lungo le linee di difesa. I tedeschi iniziarono poi a cantare Stille Nacht (Astro nel Ciel), e a raggiungere la zona di conflitto a fuoco fra i due schieramenti, la “terra di nessuno”. Gli inglesi, inizialmente perplessi, iniziarono a loro volta a cantare e accendere lumi, raggiungendo i propri avversari nel lembo di terreno fra le due trincee.

Era l’inizio di un cessate il fuoco che sarebbe poi stata chiamata “la tregua di Natale”

Il giorno seguente, i tedeschi chiamarono nuovamente i britannici ad incontrarsi nella Terra di Nessuno. Inizialmente i soldati di Sua Maestà erano perplessi, ma poi videro i tedeschi in piedi sulle trincee, disarmati e allo scoperto. Gli uomini gridarono che non volevano combattere, che erano stanchi e che avrebbero soltanto bevuto un po’ di birra insieme.

100.000 inglesi e tedeschi deposero le armi in segno di pace, con un gesto di fratellanza non ordinato da nessun comandante

Ufficialmente, soltanto un capo di stato (il Vaticano) chiese la tregua Natalizia, Papa Benedetto XV, che propose di effettuare una pausa tra i governi in guerra, supplicando:

I cannoni possano tacere almeno nella notte in cui gli angeli cantano

Senza ricevere ordini superiori in moltissime zone del fronte occidentale, che si estendeva dal mare del Nord alla Svizzera, soldati tedeschi e inglesi si strinsero la mano, si scambiarono doni, scattarono fotografie e si omaggiarono con cibo e souvenir. Durante il giorno di Natale entrambi gli schieramenti poterono fruire del tempo necessario a seppellire i morti della terra di nessuno, senza il pericolo di venire uccisi a propria volta dagli avversari. Addirittura ricordarono i caduti insieme, con funzioni religiose per i compagni morti in battaglia.

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Fonte: 
Vanilla Magazine

Autore: 
Matteo Rubboli

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 2.5 Italia


Articolo tratto interamente da 
Vanilla Magazine


Vignetta del giorno

 


Photo credit 
Mauro Biani caricato su http://maurobiani.it/ - licenza: Creative Commons


Discorso all'umanità



"Mi dispiace, ma io non voglio fare l'Imperatore: non è il mio mestiere; non voglio governare né conquistare nessuno. Vorrei aiutare tutti, se possibile: ebrei, ariani, uomini neri e bianchi. Tutti noi esseri umani dovremmo aiutarci sempre, dovremmo godere soltanto della felicità del prossimo, non odiarci e disprezzarci l'un l'altro. In questo mondo c'è posto per tutti. La natura è ricca, è sufficiente per tutti noi; la vita può essere felice e magnifica, ma noi lo abbiamo dimenticato. L'avidità ha avvelenato i nostri cuori, ha precipitato il mondo nell'odio, ci ha condotti a passo d'oca fra le cose più abbiette. Abbiamo i mezzi per spaziare, ma ci siamo chiusi in noi stessi. La macchina dell'abbondanza ci ha dato povertà; la scienza ci ha trasformato in cinici; l'avidità ci ha resi duri e cattivi; pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità; più che abilità, ci serve bontà e gentilezza. Senza queste qualità la vita è violenza e tutto è perduto. L'aviazione e la radio hanno riavvicinato le genti; la natura stessa di queste invenzioni reclama la bontà nell'uomo, reclama la fratellanza universale, l'unione dell'umanità. Perfino ora la mia voce raggiunge milioni di persone nel mondo, milioni di uomini, donne e bambini disperati, vittime di un sistema che impone agli uomini di torturare e imprigionare gente innocente. A coloro che mi odono, io dico: non disperate! L'avidità che ci comanda è solamente un male passeggero, l'amarezza di uomini che temono le vie del progresso umano. L'odio degli uomini scompare insieme ai dittatori e il potere che hanno tolto al popolo ritornerà al popolo e, qualsiasi mezzo usino, la libertà non può essere soppressa. Soldati! Non cedete a dei bruti, uomini che vi disprezzano e vi sfruttano, che vi dicono come vivere, cosa fare, cosa dire, cosa pensare, che vi irreggimentano, vi condizionano, vi trattano come bestie. Non vi consegnate a questa gente senza un'anima, uomini macchina, con macchine al posto del cervello e del cuore. Voi non siete macchine, voi non siete bestie: siete uomini!
Voi avete l'amore dell'umanità nel cuore, voi non odiate, coloro che odiano sono quelli che non hanno l'amore altrui. Soldati! Non difendete la schiavitù, ma la libertà! Ricordate nel Vangelo di S. Luca è scritto: "Il Regno di Dio è nel cuore dell'uomo". Non di un solo uomo o di un gruppo di uomini, ma di tutti gli uomini. Voi! Voi, il popolo, avete la forza di creare le macchine, la forza di creare la felicità. Voi, il popolo, avete la forza di fare che la vita sia bella e libera; di fare di questa vita una splendida avventura. Quindi, in nome della democrazia, usiamo questa forza. Uniamoci tutti! Combattiamo per un mondo nuovo che sia migliore! Che dia a tutti gli uomini lavoro; ai giovani un futuro; ai vecchi la sicurezza. Promettendovi queste cose dei bruti sono andati al potere, mentivano! Non hanno mantenuto quelle promesse, e mai lo faranno! I dittatori forse sono liberi perché rendono schiavo il popolo. Allora combattiamo per mantenere quelle promesse! Combattiamo per liberare il mondo, eliminando confini e barriere; eliminando l'avidità, l'odio e l'intolleranza. Combattiamo per un mondo ragionevole. Un mondo in cui la scienza e il progresso diano a tutti gli uomini il benessere. Soldati, nel nome della democrazia, siate tutti uniti!
Hannah, puoi sentirmi? Dovunque tu sia, abbi fiducia. Guarda in alto, Hannah! Le nuvole si diradano: comincia a splendere il Sole. Prima o poi usciremo dall'oscurità, verso la luce e vivremo in un mondo nuovo. Un mondo più buono in cui gli uomini si solleveranno al di sopra della loro avidità, del loro odio, della loro brutalità. Guarda in alto, Hannah! L'animo umano troverà le sue ali, e finalmente comincerà a volare, a volare sull'arcobaleno verso la luce della speranza, verso il futuro. Il glorioso futuro che appartiene a te, a me, a tutti noi. Guarda in alto Hannah, lassù."


Tratto dal film "Il grande dittatore" di Charlie Chaplin.

venerdì 24 dicembre 2021

Auguri!



"Vorrei un Natale a luci spente, ma col cuore acceso. Un Natale con persone meno illuminate fuori e più splendenti dentro. Un Natale con meno regali, ma più abbracci, più emozioni, più valori."

Anonimo

Frase tratta dal web senza fonti sull'autore


Auguro un sereno Natale a tutti!



Gli auguri di fine anno di Anna Bernasconi




Anche Anna Bernasconi  lascia i suoi auguri di fine anno.

Gli auguri di fine anno di Anna Bernasconi

"Auguri per il 2022 a tutti i lettori di "Web Sul Blog"!
Che il futuro anno vi regali sempre più motivi per sorridere e la capacità di trovare piccoli motivi per farlo anche quando le cose vanno male: anche pochi secondi rubati alla tristezza sono preziose boccate d'aria."

Anna

Grazie Anna per l'adesione e i tuoi auguri.

Se vuoi aderire all'iniziativa Il tuo augurio di fine anno, basta contattarmi via mail, cliccando sul banner "Contatti".



L'Angolo del Rockpoeta®: "Rap Natalizio"

 

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ci regala anche ai lettori di questo blog i suoi versi, stavolta un video rap natalizio.


Angolo curato e gestito da Daniele Verzetti il Rockpoeta®


Buon Natale ad ognuno di voi, con affetto.

DANIELE VERZETTI ROCKPOETA®


L'articolo originale è pubblicato su L'Agorà

Questo post, fa parte dell'iniziativa gli angoli. Se anche tu, vuoi avere uno spazio fisso in questo blog, clicca qui.



giovedì 23 dicembre 2021

Lavoro: una proposta di legge anti-delocalizzazioni



Articolo da Transform! Italia

Mentre gli indicatori economici certificano un rimbalzo dell’economia italiana con una ripresa produttiva, confermata dal recente intervento della Presidente della Commissione UE, Von der Leyen; l’aritmetica algida dei dati non rispecchia il tipo di rilancio e soprattutto la redistribuzione di questa ricchezza.

In un quadro economico dopato dall’elevata adesione alla campagna vaccinale, che ha ridato fiducia agli investimenti nel mercato italiano, altrettanto evidente è la tendenza cronica alla delocalizzazione, che nell’ultimo anno ha visto un’emorragia industriale in particolare nel comparto automotive.

Emblema di questa deriva è la vertenza GKN Driveline, con l’azienda produttrice di semiassi per Stellantis che, in seguito al subentro del fondo finanziario Melrose, dallo scorso luglio ha avviato una cosiddetta ‘ristrutturazione’, licenziando in tronco oltre quattrocento dipendenti dello stabilimento di Campi Bisenzio (Firenze), per spostare altrove la produzione.

La mobilitazione massiccia del Collettivo di fabbrica, supportato da un intero territorio, è stata la risposta più fragorosa alle ricadute dello sblocco dei licenziamenti, che ha dato il via ad altre operazioni simili, come nei casi di Timken, Giannetti Ruote, Speedline e Caterpillar, solo per citarne alcune del solito comparto, per un totale di circa 700 aziende di dimensioni medio-grandi negli ultimi anni.

L’attenzione mediatica accompagnata dalle solite passerelle politiche non ha fin da subito convinto lavoratrici e lavoratori che, nell’ambito di un’assemblea permanente in corso da mesi, hanno incontrato in più occasioni esperti di Giuristi Democratici e dell’assistenza legale ‘Telefono Rosso’ di PaP, per l’elaborazione di una proposta di legge anti-delocalizzazioni, poi inserita come emendamento alla legge di bilancio, in discussione proprio in questi giorni.

Una proposta “fatta con le nostre teste e non sopra le nostre teste” come hanno ribadito le RSU di GKN, presentando il documento composto da otto punti, motivati dal rovesciamento di un paradigma del neoliberismo italico, in cui lo Stato funge da bancomat, mediante incentivi, prestiti garantiti e sgravi fiscali, fino a quando l’amministrazione aziendale non decide di staccare la spina, portandosi dietro know-how e brevetti sviluppati anche con quelli stessi finanziamenti pubblici; e mandando in cassa integrazione centinaia di addetti.

Fra le principali criticità scatenanti questo fenomeno di impresa parassitaria è l’obsolescenza della legge n.223 del 1991 inerente ‘licenziamenti per cessazione di attività’, che non pone alcun vincolo o interruzione sulle procedure di allontanamento, rivelandosi perciò inefficace di fronte alla fluidità delle speculazioni di grandi multinazionali.

L’emendamento anti-delocalizzazioni fa leva soprattutto sugli art.4 e art.41 della Costituzione della Repubblica italiana, rispettivamente sulla tutela del diritto al lavoro e sulla limitazione della libertà d’impresa privata in nome dell’interesse collettivo, proprio per sottolineare l’impoverimento del tessuto produttivo.

Questa proposta si concentra sulle aziende con oltre 100 dipendenti e punta al controllo pubblico sulle chiusure degli stabilimenti, con sanzioni rigorose e obblighi procedurali, che prescrivono un piano di recupero e l’approvazione concordata, previa adeguata informazione scritta alle autorità competenti e alle rappresentanze sindacali, così da avere un controllo effettivo dei lavoratori sulla situazione. Altrettanto dirompente è la struttura “della crisi d’impresa” presso il Ministero dell’Economia, che dovrebbe fungere da cabina di regia di una sorta di atterraggio assistito, in caso di squilibri patrimoniali accertati. Inoltre, viene proposto un provvedimento per il diritto di prelazione alle cooperative di lavoratori, che decidessero di rilevare l’azienda, in questo caso a costi ridotti dei contributi pubblici prestati. Un’altra ancora di salvezza è la possibilità di subentro di Cassa Depositi e Prestiti con quote, utili a mantenere i due pilastri della proposta, ovvero: mantenimento dei livelli occupazionali e continuità produttiva, anche in caso di eventuale riconversione.

La campagna organizzata dal gruppo di solidali al Collettivo di fabbrica GKN ha sostenuto in queste settimane la presentazione dell’emendamento, che ha passato il vaglio della commissione parlamentare.

In seguito allo sciopero generale di CGIL e UIL però, fra i timidi riscontri del governo Draghi, lo scorso fine settimana ha portato all’ennesima anomalia politica con l’accordo fra il Ministro del Lavoro, Orlando (PD), e l’omologo allo Sviluppo Economico, Giorgetti (Lega), proprio per l’inserimento di un maxiemendamento alla manovra di bilancio, contenente anche la loro versione di decreto anti-delocalizzazioni.

Se non bastasse la proposta di validità relativa ad aziende oltre 250 dipendenti, che riduce notevolmente la platea di soggetti interessati a 4mila siti in tutta Italia, appena lo 0,1% del totale; a confermare la presa di posizione ancora una volta marcatamente confindustriale del governo italiano e della sua trasversale maggioranza, c’è il semplice raddoppio dei costi di buonuscita e l’aumento dei tempi di comunicazione preventiva a 90 giorni. Il tutto comunque edulcorato da un fondo straordinario per prepensionamento e ammortizzatori sociali, che il governo riserverebbe all’occorrenza. Dal Collettivo di fabbrica di GKN hanno tenuto inoltre a precisare che con queste modalità, neppure i ricorsi per comportamento antisindacale, ai sensi dell’art.28 dello Statuto dei Lavoratori, avrebbero impedito alla proprietà di smantellare il sito produttivo, in cambio di un indennizzo di 600mila euro.

Un semplice ‘buffetto’ a chi da tempo segue la moda del prendere i finanziamenti pubblici e poi delocalizzare insomma. L’eufemismo è presto spiegato anche dal confronto fra la bozza originale delle ‘misure per la tutela dell’insediamento dell’attività produttiva e di salvaguardia del perimetro aziendale’, che indicavano una multa del 2% sul fatturato, a confronto con circa 3mila euro di penalità da pagare per ogni lavoratore licenziato. Lo stesso sfoltimento dei tempi a 3 mesi per la ricerca di un acquirente successivo (dopo i 6 di comunicazione preventiva) non sembra affatto sufficiente rispetto all’esperienza consolidata dei tempi tecnici per simili operazioni di subentro.

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Fonte: 
Transform! Italia


Autore: 
Tommaso Chiti



Articolo tratto interamente da Transform! Italia