Articolo da AsinuPress
Non è cambiato nulla. Sono trascorsi quasi due anni dallo sconvolgimento del mondo, ma certe realtà non mutano mai, peggiorano e si radicalizzano. Era marzo 2020, e che casa fosse un posto sicuro, accogliente, salvifico lo abbiamo dovuto scoprire tramite una forzatura, un espediente che, ancora una volta, ha salvato letteralmente vite umane riducendo contatti non necessari. Ha salvato anche il Natale, passato tra 4 mura, ad annoiarsi, festeggiare, ripararsi dal freddo e trascorrere le festività natalizie più o meno indenni. Quelle quattro mura, dicembre 2021, rappresentano un privilegio. Poche settimane fa, a Roma, un senza tetto è morto di freddo in strada. Il ventisettenne è stato trovato senza vita da un passante, che lo ha segnalato alle autorità. A Roma si muore di freddo. A Milano invece, la possibilità che si possa morire di freddo, è addirittura avallata dall’amministrazione comunale, che una settimana dopo toglieva dalla strada coperte e materassi per evitare che le persone senza dimora possano rifugiarsi e proteggersi in maniera adeguata.
Sul piano urbanistico, di vivibilità delle città, si è più volte tentato di sensibilizzare sul tema delle barriere architettoniche costituite da tutti quegli impedimenti strutturali che rendono difficile, se non impossibile, l’accesso alle strutture da parte di persone con disabilità motoria. Se le città sono costruite a misura d’uomo (ndr. genere umano), c’è da chiedersi come sia quest’uomo o, più precisamente, come sia la società attorno alla quale quella città è stata costruita. Qualcuno senz’altro in grado di muoversi liberamente senza necessitare di supporto. Le barriere architettoniche sono il naturale prodotto della pretesa di pensare che ciò che vale per sé può valere tranquillamente per chiunque altro imponendo costruzioni generalmente accessibili e non tenendo conto di chi si discosta da quel generalmente accessibili. Le barriere architettoniche sono il frutto di un pensiero mancato, un’attenzione che non si è voluta avere. Ad un altro tipo di approccio corrispondono le cosiddette architetture ostili costruite con l’intento di allontanare chi vive in strada. Sono barriere di vario genere, forma, colore, dimensione, situate in quegli spazi spontaneamente ricavati dagli edifici. Il riparo sotto a un balcone, l’angolo al coperto di un palazzo, i parcheggi delle stazioni ferroviarie, le panchine a tarda notte. Sono tutti spazietti che per chi vive in strada possono rivelarsi utili per ripararsi dalla pioggia o per trascorrere la notte. Sono piccoli accorgimenti strutturali che prevedono piccoli interventi in grado di avere grossi impatti su chi vive in strada. Pensati proprio per allontanare queste persone perché non rientranti nel concetto di decoro urbano. Sapere di una persona che vive in estrema povertà e non ha un luogo in cui andare non dovrebbe spingerci a farci altre domande anziché interrogarci su quanto il decoro urbanistico potrebbe risentirne dall’avere concesso a un senzatetto di dormire su una panchina?
La morte del senzatetto di Roma è solo uno dei decessi causati dal freddo. Già a inizio di quest’anno, l’Unione europea delle cooperative (Uecoop) aveva parlato di decine di morti tra i senzatetto a causa del calo delle temperature. Vittime invisibili di un fenomeno esistente da anni. Nonostante la crisi sanitaria abbia contribuito, grazie ai rifugi messi a disposizione dai comuni, a diminuire la percentuale di senzatetto in diversi paesi, i dati restano preoccupanti. In Italia, secondo il Censimento Permanente della Popolazione e delle Abitazioni 2021 redatto dall’Istat, sono oltre mezzo milione le persone senza fissa dimora o che vivono nei campi attrezzati. Sono uomini, donne, bambini, anziani e spesso interi nuclei familiari che si ritrovano per strada in cerca di un posto di fortuna – una panchina, il marciapiede sotto un ponte, in stazione – dove ripararsi per la notte. I motivi riguardano fattori sociali come la carenza di alloggi a prezzi accessibili e la criminalità, ma anche problemi di salute come malattie mentali o fisiche o tossicodipendenze. Oppure, spesso nel caso delle donne, la necessità di scappare da relazioni violente. Con una risoluzione approvata il 24 novembre 2020, il Parlamento Europeo si è posto come obiettivo quello di porre fine al fenomeno dei homeless entro il 2030 e ha invitato gli Stati membri a introdurre leggi in questa direzione. Le strade possibili per raggiungerla sono diverse: fornire ai senzatetto l’accesso ai servizi pubblici come l’assistenza sanitaria e il diritto all’istruzione tramite l’incremento di raccolte fondi, aiutarli nell’inserimento, fornire assistenza finanziaria alle Organizzazioni Non Governative (ONG) del mondo del lavoro e garantire la fruizione dei centri di assistenza. Tutte manovre da mettere in atto per porre l’attenzione su un fenomeno considerato un peso.
Autore: redazione AsinuPress
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Articolo tratto interamente da AsinuPress
Dio solo sa guanto mi addolora dire .......... nulla cambierà nel merito, chi muore di freddo chi muore bruciato per gioco.
RispondiEliminaLa cosa più brutta è vedere l'indifferenza di tante persone, aiutare il prossimo è un dovere di tutti.
EliminaPer prima cosa auguri ! Purtroppo resta sempre sullo sfondo l'indifferenza.
RispondiEliminaPurtroppo...
EliminaIn un'Italia ricca questa indifferenza mi fa male!
RispondiEliminaMolto!
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