mercoledì 27 novembre 2024

La tregua in Libano


Articolo da Altrenotizie

Se l’accordo per un cessate il fuoco più o meno stabile tra Israele e Hezbollah in Libano è stato accolto quasi universalmente con favore, vista la violenza scatenata dal regime di Netanyahu negli ultimi due mesi, le garanzie che la pace sia duratura lungo il confine nord dello stato ebraico restano al momento piuttosto esili. Il premier israeliano e l’amministrazione Biden hanno fatto di tutto per vendere la tregua come un successo indiscutibile di Tel Aviv. La realtà dei fatti presenta tuttavia uno scenario molto diverso. Il genocidio palestinese a Gaza, quanto meno nell’immediato, non sarà influenzato dagli eventi libanesi, ma la fine concordata delle ostilità nel “paese dei cedri” avviene indiscutibilmente senza che nessuno dei principali obiettivi prefissati da Netanyahu all’inizio dell’invasione sia stato raggiunto.

Dalle ricostruzioni proposte dai media locali e internazionali, il contenuto dell’accordo sarebbe stato modificato in vari punti su richiesta di Hezbollah, i cui vertici hanno respinto le condizioni che assegnavano virtualmente mano libera a Israele in Libano e avrebbero portato a poco meno dello smantellamento dell’ala militare del “Partito di Dio”. Nella caratterizzazione della tregua di Tel Aviv e Washington restano tuttavia elementi che, se effettivamente sottoscritti dalle due parti, darebbero vantaggi importanti a Israele.

Uno dei punti centrali è il meccanismo creato per gestire violazioni del cessate il fuoco. Da quanto si legge in queste ore, se Israele dovesse registrare infrazioni da parte di Hezbollah, dovrebbe darne segnalazione a una speciale “commissione internazionale”, guidata dagli Stati Uniti in collaborazione con la Francia. In caso la violazione fosse confermata, spetterebbe all’esercito regolare libanese intervenire, ma se ciò non dovesse accadere allora Israele avrebbe facoltà di intraprendere iniziative militari. Non ci sono stati invece riferimenti a un procedimento di questo genere a parti invertite, ovvero se Hezbollah dovesse essere esposto a trasgressioni della tregua da parte israeliana. Inizialmente, addirittura, Biden aveva parlato di diritto all’auto-difesa solo per Israele, prima che un esponente dell’amministrazione americana rettificasse confermando che questo diritto spetta a entrambe le parti.

L’accordo prevede nel concreto il ritiro, entro i prossimi 60 giorni, delle forze israeliane dal Libano meridionale e di quelle di Hezbollah a nord del fiume Litani, così da lasciare un’area oltre il confine dello stato ebraico presidiata solo dalle forze armate regolari libanesi e dal contingente ONU (UNIFIL). Si tratta in sostanza del dettato della risoluzione del Consiglio di Sicurezza n. 1701 che mise fine alla guerra del 2006, in quel caso come in quello attuale conclusa a sfavore di Israele. Quelle condizioni non sono mai state del tutto implementate a causa delle continue violazioni della sovranità del Libano da parte israeliana.

Tutte le indicazioni suggeriscono anche oggi che Netanyahu intende continuare a muoversi liberamente in Libano, rendendo fragile da subito la tregua appena entrata in vigore. Dopo l’approvazione dell’accordo da parte del suo gabinetto martedì sera, il premier israeliano ha rilasciato una dichiarazione ufficiale ultra-aggressiva attribuendosi prerogative in larga misura non previste dal cessate il fuoco. Netanyahu ha ad esempio sostenuto che, in accordo con Washington, Israele conserva “piena libertà di azione militare” in Libano e, se Hezbollah dovesse “ricostruire le proprie infrastrutture terroristiche”, le forze sioniste torneranno ad attaccare.

L’ostentazione di forza di Netanyahu serve a confondere le acque e attenuare la portata della sconfitta strategica incassata sul fronte libanese. Ciò che il premier minaccia se Hezbollah dovesse riprendere l’iniziativa militare è d’altra parte quanto Israele ha fatto negli ultimi due mesi senza riuscire a eliminare il partito-milizia sciita dall’equazione libanese. Proprio a causa del fallimento delle operazioni, con l’aumento vertiginoso delle perdite in termini di uomini e mezzi, Netanyahu ha dovuto alla fine cedere alla tregua, malgrado i rischi politici che essa comporta.


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Fonte: Altrenotizie

Autore: 
Michele Paris

Licenza: Creative Commons (non specificata la versione


Articolo tratto interamente da Altrenotizie.org 


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