lunedì 31 marzo 2025

Io capitano: recensione del film



Io capitano è un film del 2023 diretto da Matteo Garrone.


Attenzione: il seguente articolo contiene spoiler del film!


Trama 

Seydou e Moussa, due cugini senegalesi di 16 anni, lasciano Dakar per raggiungere l'Europa e sfuggire alla miseria. Transitano attraverso il Mali muniti di falso passaporto e, benché la truffa venga scoperta da un poliziotto, evitano la prigione in cambio di denaro. Giunti in Niger, pagano per unirsi a un gruppo che attraversa il deserto. Durante il tragitto due persone vengono lasciate indietro: i guidatori di un Pick-up si rifiutano di tornare indietro quando un uomo cade dal veicolo e, durante un tratto a piedi, una donna esausta viene abbandonata fra le dune e muore fra le braccia di Seydou. Arrivati al confine con la Libia il gruppo viene fermato dalla polizia, alla ricerca di oggetti di valore, che porta Moussa in prigione dopo che ha tentato di nascondere i suoi soldi nel retto. Disperato, Seydou continua il viaggio ma tutto si rivela un imbroglio quando viene portato con gli alrti migranti in una prigione gestita dai trafficanti. I criminali vogliono che i prigionieri contattino i loro parenti per chiedere un riscatto, altrimenti saranno torturati e ridotti in schiavitù. Seydou rifiuta e viene torturato e violentemente malmenato.

Il giorno dopo un detenuto di nome Martin, impietosito dalle condizioni di Seydou, lo trascina con sé ad un'asta di schiavi, dove il rappresentante di una ricca tenuta li acquista come muratori. A Martin e Seydou, che stringono una forte amicizia, viene affidata la costruzione di un muro intorno alla tenuta e di una fontana. Avendo lavorato bene, il padrone concede loro la libertà e gli paga un trasporto a Tripoli. Nella capitale libica i due si separano con rammarico: Martin continua il suo viaggio per raggiungere Caserta mentre Seydou rimane a Tripoli per cercare Moussa. Alla fine i due cugini si ritrovano, ma Moussa è stato ferito a una gamba durante la sua fuga dalla prigione. Seydou fa medicare la gamba con mezzi di fortuna, ma lo stato di Moussa resta critico e ha bisogno di essere ricoverato in ospedale. Questo convince i due a riprendere il viaggio, poiché Moussa non verrebbe mai curato in Libia.

Seydou si rivolge ad un faccendiere di nome Ahmed per attraversare il Mediterraneo. Senza soldi a sufficienza però, a Seydou viene offerta una sola opzione: dovrà guidare la barca. Ahmed istruisce rapidamente Seydou su come guidare la barca e navigare con una bussola verso la Sicilia. Nonostante il viaggio estenuante, con litigi tra i migranti a bordo e la nascita di un bambino, Seydou riesce a portare la barca fino alle acque territoriali italiane, dove vengono avvistati e soccorsi da un elicottero della guardia costiera. Nonostante il giubilo dei migranti e di Seydou, che grida "Io capitano!" agli uomini dell'elicottero (rischiando quindi di essere accusato di scafismo), ora affronteranno un destino incerto per mano del governo italiano

Curiosità sul film

Io capitano nasce da un'idea del regista Matteo Garrone, che ha scritto la sceneggiatura con Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri, basandosi sulle storie di emigrazione dal continente africano di Kouassi Pli Adama Mamadou, Arnaud Zohin, Amara Fofana, Brhane Tareke e Siaka Doumbia,[9] oltreché dell'autore e attivista Ibrahima Lo.[10][11]

Nel corso dell'80ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia il responsabile del casting Henri-Didier Njikam non ha ottenuto il visto d'ingresso dall'Ambasciata d'Italia a Rabat, in Marocco, poiché non vi erano garanzie che avrebbe abbandonato il territorio italiano una volta entrato.[48] In un'intervista rilasciata al The Hollywood Reporter Roma, Njikam ha dichiarato che il fatto è stato percepito come «un atto di razzismo» in quanto «l'ambasciata ha giustificato il rifiuto sostenendo che non c'erano garanzie che avrei abbandonato il territorio italiano una volta entrato, a Venezia. In pratica mi hanno trattato come un migrante, come se volessi approfittare della situazione per scappare. Ma io ho un lavoro, una tessera professionale del Centro Marocchino del Cinema. E, sinceramente, se avessi voluto lavorare in Europa, lo avrei già fatto» e che l'ente «non ha guardato il mio curriculum né i miei documenti, ma solo il colore della mia pelle. [...] Questo problema esiste solo con l'ambasciata italiana in Marocco, perché i miei colleghi dal Ghana e dalla Costa d'Avorio sono riusciti a partire. Se fossi stato bianco, non credo che sarei stato trattato così».

La mia opinione

Il film si distingue per il suo messaggio forte e chiaro, che invita alla riflessione sulle condizioni dei migranti e sulla loro ricerca di una vita migliore.

Voto: 7,5

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