martedì 18 marzo 2025

La storia di Tamara de Lempicka

a Tamara.


Articolo da Enciclopedia delle donne

Eccentrica e salottiera, affascinante e talentuosa, ecco come si presentava l’artista Tamara de Lempicka agli occhi del mondo nei ruggenti anni Venti.

"Silhouette decisamente parigina. Due occhi chiari, penetranti, capelli biondi e naso greco, leggermente ricurvo. Labbra color carminio e unghie color ocra rossa. Altezza considerevole per una donna. Vestiti da favola, pellicce costosissime! La sua sola presenza suscita curiosità".
(Kobieta W., 1932)

Solo di recente si è sciolto il mistero della sua nascita. Nata Varsavia il 16 giugno 1894, Tamara Rosalia Gurwik-Gorska in vita ha sempre dichiarato di esser nata nel 1902, impersonando l’enfat prodige della sua vita inimitabile. La famiglia vanta ascendenze aristocratiche polacche da parte della madre Malvina, mentre il padre Boris, un avvocato ebreo russo, era un personaggio evanescente. In casa vigeva un onnipotente matriarcato. Dalla nonna materna, Clementina Decler, la piccola Tamara eredita l’orgoglio della nobiltà. Frequenta l’esclusivo collegio di Rydzyna, trascorre le vacanze tra l’Italia e la Francia del Sud, si dedica al disegno e diventa un’appassionata d’arte. Più indomita e volitiva rispetto ai fratelli, Stanislaw e Adrienne, lascia la famiglia per vivere l’adolescenza presso gli zii a San Pietroburgo, alla corte degli zar.

S’innamora dell’avvocato Tadeusz Lempicki, lo scapolo più ambito del momento e sbaraglia la concorrenza presentandosi a una festa in maschera in costume da contadinella con oca al guinzaglio. Si sposano nel 1916 e poco dopo nasce l’unica figlia, Kizette. Quando scoppia la rivoluzione russa, come molta parte dell’aristocrazia, incautamente la coppia rimane nella ribattezzata Pietrogrado. L’incarcerazione del marito Tadeusz, sospettato di essere una spia zarista, dà il via a una rocambolesca fuga dalla Russia bolscevica - ricordata nelle memorie della figlia Kizette. Madre e figlia vengono soccorse, con galanteria e annessi risvolti amorosi, dall’intervento del console svedese.
Giunte in salvo oltre il confine, Tamara e la figlia si ricongiungono ai parenti rifugiati a Parigi, nuova patria d’elezione di molti aristocratici esuli russi. Dopo la liberazione del marito, agli inizi degli anni ’20, Tamara s’inventa una nuova vita accettando le sfide della quotidianità fatta di povertà e difficoltà familiari. Dopo aver venduto i gioielli di famiglia, riscopre il proprio talento artistico sempre coltivato in modo dilettantistico. Mentre la sorella Adrienne diventa architetta, Tamara inizia a disegnare accessori di moda e cappelli, s’iscrive
all'Académie Ranson e all'Académie de la Grande Chaumière per diventare una pittrice professionista, unico ruolo che considera adeguato al proprio lignaggio.

Nel momento in cui le tendenze cubiste si stanno ammorbidendo e vi è una decisa ripresa del figurativo, Tamara de Lempicka, ossessionata dalla ricerca dello stile, coniuga nei suoi dipinti il classicismo di Ingres, la brillantezza dei colori dei manieristi toscani, il monumentalismo di Michelangelo e l’idea di progresso e velocità dei futuristi. Si fa notare al Salon des Indépendants e al Salon d'Automne con il cognome Lempicki, alimentando l’equivoco di essere un uomo, al fine di conquistare maggiore fama.
«Tra cento quadri, il mio si riconosce subito» dichiara.

Frequenta i salotti delle “amazzoni”, intellettuali lesbiche e libere di carattere, come Natalie Clifford-Barney e Winnaretta Singer de Polycnac. Viene introdotta nella cerchia della mondanità e conosce artisti di fama come André Gide, James Joyce, Jean Cocteau, Colette, la duchessa de la Salle e Isadora Duncan. Diventa la ritrattista del bel mondo: modelle affascinanti e uomini influenti diventano i suoi ritratti e indifferentemente suoi amanti.

"Avevo sempre un "innamorato”, sempre. Per ispirarmi, avevo bisogno di uscire la sera con un uomo attraente. Mi era indispensabile. E ne ho avuti tanti, tanti.

Grazie alla mediazione di Filippo Tommaso Marinetti e dei futuristi italiani entra in contatto con il Conte Emanuele Castelbarco, che organizza nel novembre del 1925 una mostra personale nella sua galleria d’arte Bottega di Poesia, in via Montenapoleone a Milano. Questo successo la introduce nei salotti meneghini e le permette di istaurare relazioni artistiche e sentimentali con gli aristocratici più famosi. Si aggiorna alle nuove istanze artistiche italiane espresse dalla scultura di Adolfo Wildt, dai nudi enigmatici di Felice Casorati e dall’estraniante bellezza della corrente del “Novecento Italiano”.

Attraverso conoscenze comuni, Tamara viene invitata al Vittoriale, nell’estate del 1926 e poi per due settimane nel gennaio del 1927. Il desiderio di dipingere un ritratto del celebre Gabriele d’Annunzio naufraga in un balletto di seduzioni e ripicche, e la “Polacca”, che doveva essere una conquista golosa per il vecchio poeta, scappa senza concedersi, forse rivendicando un’indipendenza di giudizio poco esercitata da molte altre ospiti.
Nei secondi anni Venti i dipinti di Tamara incarnano una donna moderna, seduttiva e alla moda, tanto che i suoi quadri vengono scelti come copertine della rivista femminile berlinese “Die Dame”. L’icona della donna indipendente, impeccabile nello stile e volitiva, è incarnata dal suo “Autoritratto alla guida della Bugatti”.
«Lempicka, una meravigliosa Brunilde, ha eseguito il ritratto di sé come è in realtà intelligente e di talento, ma anche una donna voluttuosa» (Das Magazine, 1932).

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Fonte: Enciclopedia delle donne


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Articolo tratto interamente da Enciclopedia delle donne 

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