domenica 10 dicembre 2023

Il “caso Solvay”


Articolo da Citta` Futura on-line

Non intendiamo iniziare questo intervento con l’elenco dei morti collegabili in modo diretto o indiretto a qualcuna delle fabbriche che ci circondano o all’abitudine del fumo o alla debolezza dovuta al Covid o altro…Tutte le nostre famiglie hanno avuto padri, madri, fratelli, zie e zii, nonni eccetera “toccati” dalla gramigna dei cancri più strani, micidiali e incredibili: alla vescica, ai testicoli, alle ghiandole mammarie, al cervello, ai polmoni, all’intestino o, più semplicemente attacchi cardiaci devastanti che portano, di solito, alla fine nel giro di poco, anche se in cura con Barnard e simili. Non lo facciamo perché sappiamo, per averlo sperimentato, quanto sia difficile – se non impossibile – avere un riconoscimento di causa / effetto rispetto ad un tumore incurabile in relazione ad una possibile causa esogena. Anche se sappiamo, e se non lo sappiamo ce lo stanno confermando nuove analisi (cfr.sotto) che il piombo in varie sue forme è fortemente cancerogeno (quante volte abbiamo utilizzato un trasformatore con “pcb” o, semplicemente, ci siamo serviti di vecchie tubature con rivestimenti plumbei), che i composti del cloro lo sono altrettanto, come pure quelli del fluoro ecc.. L’elenco è infinito e riguarda elementi inalati con le benzine (qualcosa resta sempre nell’aria), vari tipi di fibre amiantifere, il cromo,  e, ormai li conosciamo, i famosi “PFAS”. Di questi ultimi tratteremo, soprattutto,  anche grazie al documento inviatoci dal WWF .

La questione è che noi di CittaFutura, noi del Laboratorio Synthesis, dell’associazione Pro Natura sapevamo – o avevamo intuito – l’entità del problema e provammo già negli anni Ottanta e Novanta dello scorso secolo a porvi rimedio. Chi avrà la pazienza di seguirci…vedrà come.

Quel che ci preme di più, anche per fare un servizio vero all’informazione e alla giustizia in modo da avvicinarci il più possibile alla verità, è delimitare i campi di azione, secondo competenze e obiettivi. Primo passo: ai magistrati il compito di appurare come sono andate veramente le cose, senza guardare in faccia a nessuno. La montagna di inquinanti pericolosi presente in Fraschetta, soprattutto a Spinetta e vicinanze non ha pari in Piemonte e, sicuramente, è ai primissimi posti di una eventuale  classifica “nera” a livello nazionale. Rifiuti chimici, scarti di anticrittogamici, diserbanti, fertilizzanti di qualsiasi tipo, vernici, polveri contenenti titanio, composti del cloro e del fluoro dispersi in molecole o concentrati su oggetti sepolti, in frammenti spaccati, dentro a sacchi non più in tenuta data l’usura degli anni, c’è un po’ di tutto….

Qualcuno ha parlato di disastro (non solo ambientale ma anche sociale ed etico) e con molte ragioni. Le produzioni, però, sono state deliberate e ordinate da qualcuno che ha apposto firme e predisposto processi industriali, la stessa gestione degli scarti con tombamenti vari ha soggiaciuto a logiche di cui qualcuno è responsabile…oppure no? Queste sono le risposte che dovrà fornire a breve la Magistratura visto il recente “Rinvio a Giudizio” di cui si offre dettagliata informazione in nota finale.

Differente la funzione della politica e soprattutto della politica industriale, in cui sono coinvolte direttamente le dirigenze attuali (e non precedenti) dell’azienda Solvay di Spinetta M.go (volendo restringere il campo a questa azienda giustamente inserita negli elenchi “ad alto rischio”) che hanno dovuto prendere, devono e dovranno assumersi responsabilità importanti: procedere ad una serie di cambiamenti nelle produzioni? Diminuire e/o azzerare l’impatto di lavorazioni attuali (cfr. PFAS e collegati) procedendo alla chiusura di quelle linee? Attivare tutti i percorsi per affrontare in modo scientifico e assolutamente sicuro le enormi operazioni di bonifica (di sei, sette tipi differenti) che comunque dovranno essere messe in atto? Come. Con quali fondi, secondo quale calendario, con la supervisione e/o collaborazione di chi? Ricordiamo che uno dei problemi inerenti l’eventuale chiusura sic et simpliciter dell’impianto Solvay di Spinetta M.go riguarda proprio le modalità di bonifica che dovranno comunque essere portate avanti e che una eventualità di una azienda ad alto rischio semplicemente messa in stand-by senza interventi di sorta che non siano il licenziamento delle maestranze e la vendita dei pezzi .pregiati, non deve nemmeno essere pensata. Quindi scelte importanti che, a interpretare le operazioni in atto, sono già state in parte prese: chiusura dei PFAS e di tutte le produzioni collegate, attenzione a nuovi settori (idrogeno, celle, prodotti a impatto zero dal punto di vista ambientale…), mantenimento (e, se possibile , incremento con nuove leve di tecnici) del personale, progressivo e continuo lavoro di bonifica, con tutti gli studi di fattibilità, i progetti e le realizzazioni che ne conseguono. Almeno così sembra…

La Consulta Ambiente del Comune di Alessandria, così come la Commissione consiliare competente trattano (e tratteranno) tutte le questioni inerenti il problema. Avranno il supporto di ARPA, ASL e di tutte le figure istituzionali e tecniche che – concretamente – parteciperanno all’impresa e, alla fine , faranno le loro valutazioni. Sicuramente l’ASL dovrà, perché è suo compito e interesse di tutti, aggiornare in modo chiaro e trasparente l’evoluzione delle morbilità e delle mortalità inerenti (o presumibilmente inerenti) a produzioni della azienda. La documentazione esiste e deve essere resa pubblica. Soprattutto, e qui veniamo al punto dolente, non ci dovrà essere nessun preconcetto di sorta nel cercare questo o quel colpevole (che ci sono e vanno perseguiti) ma ricordando che l’obiettivo non è la vendetta o forcaiola ma la concretizzazione di una proposta corretta, ambientalmente compatibile e condivisa.

E l’obiettivo comune dovrebbe essere quello di verificare la compatibilità di una azienda di quelle dimensioni, aggiornata nei sistemi e nelle procedure, senza più elementi inquinanti di nessun tipo in uscita (in qualsiasi forma), con il territorio e con un tessuto sociale che avrebbe bisogno di lavoro qualificato, di qualità  e garanzie di sicurezza e di affidabilità in tutto il ciclo lavorativo.

D’altra parte…in un mondo in cui, direttamente o via social, si danno le risposte prima ancora di aver ascoltato le domande o, peggio, dopo avere “piazzato” domande “prevedibili” sulla bocca del competitor di turno, rispondendo a quel che si vuol capire…non sarà facile. E soprattutto non sarà facile cercare di coniugare  i legittimi e non “apparenti” principi di tutela dell’ambiente e della salute con le tematiche del lavoro. Il campo del “lavoro vero”, quello di tutti i giorni, quello che ti ammazza di giorno e ti fa star sveglio la notte…dove non c’è posto per le “fakes”. Comunque ci si prova, si tenta…perché si sa che si tratta di un passaggio necessario.

Come scalare il passo di Cadibona, da Savona verso la pianura, senza allenamento e con una bici del Cinquantuno. Ma ci si prova…convinti che, e qui andiamo a riprendere un testo del nostro presidente Renzo Penna dell’ agosto 2012, in cui si espresse (su Ambiente e Lavoro) in questi termini, “La necessità di affermare il diritto a un lavoro dignitoso e sicuro ha caratterizzato, in particolare negli anni ’60 e ’70, l’iniziativa di fondo del movimento sindacale italiano. Una stagione “alta” di mobilitazione sociale e di lotte unitarie che ha voluto dare, e per alcuni aspetti vi è riuscita, concreta applicazione agli articoli fondamentali della prima parte della Costituzione. Con l’articolo 1: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”; l’articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”; l’articolo 41: l’iniziativa economica privata è libera, ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.  (Fonte CittàFutura 2 agosto 2012).
Una fase, durata circa un trentennio, che ha significato un indubbio miglioramento delle condizioni salariali e normative dei Contratti di lavoro e che, sul piano legislativo, ha influenzato e favorito l’approvazione di importanti riforme di natura sociale. Ma allora si sottovalutavano aspetti importanti di tutela dei fiumi, del suolo e dell’ambiente in generale e oggi ne paghiamo le conseguenze.

Ecco, partiamo proprio di qui, da queste riflessioni per “essere utili” e provare a superare i muri che da troppo tempo separano interessi e profili differenti. Da una parte chi ha scelto di fare impresa e, piano piano, tenta di uscire da un clichè ben noto… quello delle attivazioni facili di strutture fabbrica con le coperture amministrative e politiche a contorno di quanto era deciso in luoghi “amichevoli” e quello degli “altri”. Ai primi a cui si fa riferimento, i “signori del lavoro”, veniva comoda una opposizione di facciata, poco addentro alle cose e con scarse conoscenze dirette. Meglio se chiassosa e violenta.  Facile rispondere che “se questi sono gli interlocutori” non viene messo in discussione nulla riguardo  programmi e linee. Diversa la situazione nel caso ci fossero più attenzione (è sufficiente la sola applicazione delle normative di legge) e più informazioni sulle disposizioni e sui progetti in essere. Ben sapendo che l’obiettivo di tutti è il benessere comune, “facendo impresa”, investendo ricavi, creando nuova occupazione e, soprattutto evitando pericoli ai lavoratori e all’ambiente; questo dovrebbe essere lo scopo di ogni cittadino responsabile.

Il “caso Solvay” e il coinvolgimento di Pro Natura con altri

Il caso della “Solvay (già Solexis)”, epigona di una lunga sequela di proprietà che si sono stratificate per più di un centinaio danni in quel di Spinetta Marengo, ci permetterà di conoscere alcuni passaggi interessanti di questo confronto. Nel segno della federazione nazionale delle associazioni di  Pro Natura e di Laoratorio Synthesis, il cui Statuto all’ art. 2 “Principi” recita: “L’associazione opera esclusivamente secondo principi di solidarietà sociale al fine di promuovere la tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente. Si ispira ai valori della Costituzione della Repubblica Italiana per rendere il più possibile concreti i tre diritti fondamentali della comunicazione legata all’ambiente:           1. il  diritto di informarsi, inteso come diritto dal basso, che qualsiasi cittadino ha di accedere all’informazione ambientale, quindi di conoscere direttamente e approfondire; 2. il diritto di essere informato, che presuppone, dall’alto, l’obbligo delle pubbliche autorità di cercare, raccogliere, conservare, diffondere in modo esaustivo, continuo, trasparente e tempestivo, rendere comprensibili e accessibili a tutti le informazioni, sia sullo stato dell’ambiente attuale, sia su quanto potrebbe in futuro influire su di esso, fornendo così anche il presupposto per processi decisionali inclusivi e forme partecipative di governance; 3. il diritto di informare, cioè il diritto, orizzontale, dei cittadini di diffondere ad altri le informazioni ambientali.”

Di questi argomenti ebbi modo ce ne ineressammo con i compiant amici sindacalisti Angelo  Mirabelli e Dino Bianchi in due differenti fasi giusto alla fine del XX secolo. Ad inizio anni Novanta, cominciarono una serie di collaborazioni con diverse testate di Diritto del Lavoro e di Tutela dei Lavoratori e, tra queste, il nostro ben conosciuto “Lotte Unitarie”. Si trattava un po’ di tutto e nella cinquantina di articoli redatti allora campeggiavano spesso informazioni, dati, aggiornamenti e interviste riguardanti l’allora Ausimont. Il contatto con il Consiglio di Fabbrica, con le Rappresentanze sindacali interne e con la dirigenza, ci permisero di capire e, soprattutto, intuire quanto poi si è venuto a conoscere negli anni successivi. Una decina di quei testi furono acquisite come prove documentali al processo giudiziario per inquinamento e varie imputazioni del 2016 etc.  Da quelle piccole indagini  scaturirono due interpellanze e un ordine del giorno, quest’ ultimo accettato dall’allora Sindaco Calvo e “passato” all’unanimità (siamo nel giugno del 1995). La firma, in quei casi, era sempre in rappresentanza (e con la supervisione) del Comitato Scientifico Regionale di Pro Natura Piemonte.

Ora è venuto il momento di utilizzare questo particolare “casus” per tentare di ricostruire l’intero quadro imprenditoriale specifico, inserendolo nella confusa congerie locale e nazionale. Con l’obiettivo, lo ripetiamo, di coniugare insieme “Ambiente” e “Lavoro” ricavandone effetti concreti.


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Fonte: Citta` Futura on-line

Autore: 
Pier Luigi Cavalchini


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Articolo tratto interamente da Citta` Futura on-line


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