Abstract
Manipolare i fatti, negarne l’esistenza e minacciare la distruzione di ciò che resta come traccia: queste le strategie utilizzate dai negazionisti per negare l’evidenza di ciò che i nazisti e i loro collaboratori hanno lasciato del complesso sistema di repressione, tortura e sterminio. In questa sede, analizzerò un aspetto particolare del discorso negazionista, quello che si è impegnato a demolire la credibilità dei luoghi stessi dove le atrocità sono state commesse e che sono diventati oggi memoriali, musei e monumenti dedicati alla memoria di questo terribile capitolo della storia del Ventesimo secolo. Paradossalmente, gli attacchi negazionisti si intrecciano con gli interventi di recupero e trasformazione dei luoghi originari in monumenti e musei, dei processi spesso poco evidenti al pubblico sui quali i siti stessi offrono raramente informazioni ai visitatori. Tra i molteplici casi, approfondirò soprattutto le vicende legate alla Risiera di San Sabba, il campo di detenzione e di transito sorto a Trieste all’indomani dell’8 settembre 1943, che è stato oggetto di diversi attacchi negazionisti. Senza alcuna pretesa di esaustività, questo articolo propone una riflessione preliminare a partire da alcuni studi già esistenti sul tema, un’analisi di alcuni interventi di autori negazionisti e della letteratura riguardante la storia della memoria della Shoah.
Rileggere lo spazio memoriale: siti storici e teorie negazioniste
Molti siti storici legati alla Shoah, scenari dove la persecuzione e lo sterminio degli ebrei d’Europa hanno avuto luogo, sono oggi spazi visitabili grazie a strategici interventi di recupero e valorizzazione, e sono così divenuti a loro modo delle pietre d’inciampo1, che invitano i visitatori a a riflettere su ciò che resta di quel terribile passato. In Europa il cammino che ha portato all’elaborazione della memoria della deportazione razziale e politica è stato lungo e travagliato, ma ha condotto infine alla riscoperta di alcuni siti storici che hanno accolto prima di tutto i pellegrinaggi di famiglie e sopravvissuti, poi le commemorazioni ufficiali e infine sono stati trasformati in memoriali o musei, divenendo parte del patrimonio culturale e storico collettivo.Il tentativo nazista di cancellare le prove dei propri crimini
Tuttavia, la maggior parte dei campi di sterminio, distrutti dai nazisti prima di essere abbandonati, sono diventati dei veri e propri “trous de mémoire”, cioè dei buchi della memoria2 . Assieme ai documenti, i nazisti hanno infatti cercato di distruggere anche le tracce materiali dello sterminio smantellando gli edifici che costituivano questi centri. Tuttavia, essi non sono stati dimenticati. Tra gli alberi della foresta che fu piantata per coprire il luogo dove un tempo era stato costruito il campo di Treblinka, si stagliano oggi le 17.000 pietre appuntite di un simbolico cimitero. Il memoriale, realizzato nel 1964, ricostruisce e rende visibile nel paesaggio quello che i nazisti, che potremmo considerare i primi negazionisti nella storia, avevano cercato di cancellare3.Le modifiche funzionali dei siti
Ma anche i campi di transito e concentramento allestiti durante la guerra non ci appaiono più come erano all’epoca. Una volta liberati, questi spazi sono stati riutilizzati negli anni successivi come centri di detenzione per collaborazionisti, oppure hanno avuto altre funzioni, come nel caso del campo triestino, che è stato utilizzato come campo profughi dal 1949 al 1965, divenendo un museo solo nel 1975. Un altro esempio è il campo di transito di Drancy dal quale sono passati 67.000 dei 76.000 ebrei deportati dalla Francia, che ospitò invece dal 1948 alloggi a prezzi agevolati. Un memoriale che ne racconta la storia è stato realizzato nel 2012 in un edificio posto di fronte al grande cortile a U dell’edificio originario4. Le modifiche subite dalle strutture originarie, i cambi di funzione, ma anche la loro definitiva trasformazione in musei sono stati i pretesti sui quali i negazionisti, come vedremo, hanno fondato le loro ipotesi per affermare l’inesistenza dei crimini perpetuati dai nazisti e dai collaborazionisti.Il negazionismo contro le tracce del passato
Il negazionismo, fenomeno apparso nell’immediato dopoguerra soprattutto in Francia con i testi di Maurice Bardèche e Paul Rassinier, è stato definito come “una costruzione intellettuale, con mire e pretese scientifiche, consistente nella negazione della realtà fattuale dello sterminio massiccio degli ebrei per mano dei nazisti, durante la Seconda guerra mondiale”5. Seguendo la definizione formulata da Carlo Alberto Romano, secondo i negazionisti il genocidio sarebbe stato inventato dagli alleati e dagli ebrei dopo il 1945 “al fine di giustificare una giustizia sommaria nei confronti dei vinti, di colpevolizzare il popolo tedesco e di legittimare la creazione dello Stato di Israele”6.La pubblicistica della destra radicale e i media
Secondo Francesco Germinario, il radicalismo di destra, ispirandosi alla lezione situazionista della sinistra negazionista sulla centralità dei media nella società contemporanea, avrebbe abbandonato “una pubblicistica autoconsolatoria” dedicata ai soli militanti per “aprirsi a prospettive più ambiziose”, creando “una vera e propria comunità alla spasmodica ricerca, per un verso, di interlocutori, per l’altro, di aderenti”7. Questo spiega la continua ricerca dell’attenzione dei media da parte dei negazionisti che nasce anche, secondo l’autore, dalla frustrazione del rifiuto delle loro tesi da parte degli ambienti storici8. Quale poteva essere in anni più recenti il mezzo più efficace, se non internet, per ampliare la platea dei possibili “seguaci”? Come ricorda Stefano Gatti, “la principale minaccia posta dal web 2.0 è la creazione di una cultura dove l’antisemitismo assume accettabilità sociale, particolarmente tra i giovani”9.Continua la lettura su Novecento.org
Fonte: Novecento.org
Autore: Chiara Becattini
Licenza:
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 3.0 Unported.
Articolo tratto interamente da Novecento.org
Negare ciò che è stato, significa che nulla è mai esistito. Questo comportamento è sistematico e molto pericoloso.
RispondiEliminaBuona serata!
Sicuramente.
EliminaMa dove stanno 'sti negazionisti?!?
RispondiEliminap.s. comunque la terra è piatta, e qui non ci piove..
Non era quadrata?🤔
EliminaSi.. ma ogni lato del quadrato è piatto...tutto te devo spiega'?!? ;)
Elimina👍
Elimina