sabato 22 ottobre 2022

Ex Gkn, i lavoratori rilanciano per una fabbrica pubblica



Articolo da La Città invisibile, rivista del laboratorio politico perUnaltracittà – Firenze

In uno stabilimento fermo, immobile, sottoposto a un corpo di accordi fatti con Melrose secretato e tutt’altro che trasparente con un’enfasi dell’attuale proprietà su cassa integrazione e svuotamento stabilimento, senza un piano industriale vero e proprio e quel poco che è stato presentato è insufficiente, una comunità di oltre trecento persone e decine di realtà sindacali e di movimento ha dato gambe al progetto della fabbrica pubblica e integrata con il territorio. Molti gli interventi, dalla Mutua Autogestione di Firenze alla Rete Italiana di Economia Solidale, dalla Rete italiana delle fabbriche recuperate al Movimento aziende recuperate argentine. Un atto dovuto considerato che, come sottolinea il Collettivo di fabbrica, “l’attuale proprietà dopo dieci mesi di irresponsabili telenovele” chiarisce il Collettivo, “ha perso il diritto unico di proposta. Continui pure ad approfondire e dettagliare il suo piano industriale. Ma tale piano non è più l’unica proposta in campo. Anzi, chiediamo con forza che cessi immediatamente di fare da tappo a tutte le proposte alternative”.

In un documento presentato all’assemblea, il collettivo ha presentato il nuovo piano che tra le diverse direttrici proposte, lancia la nascita di un soggetto giuridico: “come strumento di mutualismo, autorecupero, progettazione del piano industriale alternativo, sviluppo di un Cral, collegamento con il territorio, riferimento di azionariato popolare e assemblee di territorio” sottolinea il Collettivo di Fabbrica ex Gkn, “nasce l’associazione Società Operaia di Mutuo Soccorso Insorgiamo. E’ un’occasione per tutte e tutti, il tempo non gioca a nostro favore”.
Una proposta inserita in un processo di lungo periodo che prevede una campagna per la fabbrica pubblica, per reclamare fondi pubblici che siano collegati a pubblica utilità e a un controllo pubblico, esercitato da una struttura societaria pubblica e dalla possibilità di assemblea permanente, Rsu, Collettivo di Fabbrica, oo.ss. di incidere sul diritto di proposta, verifica e gestione della reindustrializzazione. La possibilità di sviluppare una ricerca autonoma del core business che permetta la ripartenza dello stabilimento. Lo sviluppo di attività economiche in autoproduzione che permettano da subito la riattivazione produttiva, affiancata dal mutualismo per consolidare la comunità interna, prepararsi a una lotta di lunga durata e stringere legami con il territorio. Tutto ciò può essere reso possibile affiancandolo con una spinta per il cambiamento dei rapporti di forza attraverso lo sviluppo della mobilitazione generale e della convergenza.
I prossimi passi vedranno la costituzione di vari gruppi di lavoro tematici, tra cui comunicazione, area reindustrializzazione e soggetto giuridico, presenza territorio, ma anche riorganizzazione del presidio, che dovrà essere aggiornato alle nuove sfide che il Collettivo ex Gkn ha lanciato nella sua terza fase che vedrà, tra l’altro, la mobilitazione del 22 ottobre a Bologna e del 5 novembre a Napoli.

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Per la fabbrica pubblica e sociamente integrata

1. Lo stabilimento è fermo, immobile. L’attuale proprietà non possiede brevetti, core business e ricerca propria nel settore. Il corpo di accordi fatti con Melrose è secretato e la situazione societaria è stata resa tutt’altro che trasparente e socializzata con Rsu, Oo.ss e Collettivo di Fabbrica. Tutta l’enfasi dell’attuale proprietà è su cassa integrazione e svuotamento stabilimento. I corsi di formazione proposti sono generici e non collegati specificatamente a nessun piano industriale. Di linee di produzione si è appena accennato e comunque si tratterebbe di linee di conto terzi, temporanee. Tutto fa pensare che i timidi accenni di progetto industriale servano semplicemente come leva per completare la delocalizzazione.

2. L’attuale proprietà non ha ancora presentato un piano industriale vero e proprio. E quel poco che ha presentato è insufficiente: tra cinque anni 340 persone a pieno regime, un fatturato di 95 milioni di euro, una fabbrica contoterzista, senza brevetti e ricerca. Ma soprattutto l’attuale proprietà ha dichiarato che un accordo di sviluppo, e i fondi pubblici, sono “presupposto” essenziale per il proprio piano industriale. Il tema della fabbrica pubblica e della progettazione di un “piano b” rispetto a quello proposto dall’attuale proprietà si pone quindi in ogni caso.

3. L’attuale proprietà, dopo dieci mesi di irresponsabili telenovele, ha perso il diritto unico di proposta. Continui pure ad approfondire e dettagliare il suo piano industriale. Ma tale piano non è più l’unica proposta in campo. Anzi, chiediamo con forza che cessi immediatamente di fare da tappo a tutte le proposte alternative.

4. Abbiamo chiaro che la strada per individuare un core business che sostenga l’intero stabilimento è tutta da scrivere. E’ aperto il tavolo permanente sulla reindustrializzazione, strumento dell’assemblea permanente e che si riunisce al centro dello stabilimento. E’ accessibile a chiunque abbia idee, progetti, possibilità reali da apportare alla ripartenza produttiva dello stabilimento.







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