Articolo da La chiave di Sophia
Viviamo nell’epoca dell’individualismo,
in cui ciascuno di noi pone i propri bisogni e desideri in primo piano.
Portato all’estremo, questo interesse limitato all’Io, porta a mettere fra parentesi l’Altro, rischiando di relegarlo a una posizione di ostacolo per i propri interessi.
Il fenomeno che vede sempre più a rischio le relazioni, di qualsiasi
tipo esse siano, a causa di questa tendenza sociale è stato molto
studiato. Tra i contributi più influenti troviamo il discorso tenuto da
George Saunders, scrittore e saggista statunitense, ai neolaureati della
Syracuse University. Questo discorso è stato pubblicato in seguito e il
suo titolo rende chiaramente l’idea che l’autore sostiene: L’egoismo è inutile – Elogio alla gentilezza. Superfluo dire quanto le sue parole costituiscano una lezione fondamentale per tutti noi, da ascoltare e condividere.
Seguiamo passo dopo passo l’intero discorso. Innanzitutto, in ognuno di noi c’è una tendenza – una malattia, per usare il termine che preferisce Saunders – che è l’egoismo.
La stessa tradizione filosofica ci ha parlato di quest’ultimo: Hobbes,
per esempio, afferma che gli interessi di ciascuno di noi sono diversi
da quelli degli altri e, dunque, siamo portati a metterci in primo
piano, attuando atti di egoismo. Tendiamo (se naturalmente o non e
quanto frequente sono questioni molto discusse) all’egoismo, al bellum omnium contra omnes, per difendere i nostri interessi e farli prevalere. Per questa malattia esiste, però, una cura: la gentilezza. Indipendentemente dalla nostra natura, che sia di homo homini lupus (“l’uomo è un lupo per l’uomo” hobbesiano) o zoon politikon (“animale
politico” aristotelico) – ovvero: sia che la nostra natura tenda
all’egoismo sia che tenda alle relazioni con gli altri – potrebbe
ritessi necessario attuare la cura, ovvero una gentilezza che consista
di atti di aiuto e altruismo verso gli altri. Non si tratta di dover
mettere tra parentesi il nostro io, autocausandoci danni o autoponendoci
in difficoltà. Si tratta, piuttosto, di trovare un equilibrio
e, pur tenendo in grande considerazione il nostro benessere, porre
attenzione alle necessità altrui e mettere in atto una gentilezza
che ci richiede di non rimanere neutrali di fronte alla sofferenza
altrui, o alle esigenze altrui. Si tratta di rispondere all’appello a
cui ci richiama il volto dell’Altro, usando un’espressione di
Levinas. Questo giova anche alla nostra coscienza, poiché non reagire di
fronte alla sofferenza altrui potrebbe portarci al pentimento causato
dal non avere agito per l’Altro. Continua la lettura su La chiave di Sophia Articolo tratto interamente da La chiave di Sophia
Fonte: La chiave di Sophia
Autore: Andreea Gabara
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