"Cosa siamo noi, abitanti di questo globo, il più piccolo tra i molti che popolano lo spazio infinito? La nostra mente abbraccia l'infinito, ma il meccanismo visibile del nostro essere è in balia del più piccolo accidente. Giorno dopo giorno siamo forzati a prestar fede a questo. Chi è stato distrutto da un graffio, chi scompare dalla vita visibile sotto l'influenza delle forze ostili che si muovono intorno a noi, aveva le mie stesse facoltà: anch'io sono soggetto alle stesse leggi. A dispetto di tutto questo, noi ci chiamiamo signori della creazione, dominatori degli elementi, padroni della vita e della morte, e adduciamo a scusa di questa arroganza l'argomento che, se pure l'individuo viene distrutto, l'uomo continua per sempre. Così, perdendo la nostra identità, che è quello di cui siamo maggiormente coscienti, ci gloriamo della continuità della specie, e impariamo a guardare alla morte senza terrore. Ma quando un'intera nazione, qualunque essa sia, diventa la vittima delle forze distruttrici degli agenti esterni, allora l'uomo si fa davvero piccolo fino a diventare insignificante; sente che la sua permanenza in vita è incerta, il suo diritto all'eredità della terra negato."
Mary Shelley
Tratto da L'ultimo uomo di Mary Shelley
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