martedì 16 ottobre 2018

16 ottobre 1943 – Deportazione dal Ghetto di Roma di 1023 ebrei verso il campo di concentramento di Auschwitz


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Il rastrellamento del ghetto di Roma è consistito in una retata di 1259 persone, di cui 689 donne, 363 uomini e 207 tra bambini e bambine quasi tutti appartenenti alla comunità ebraica, effettuato dalle truppe tedesche della Gestapo tra le ore 05:30 e le ore 14:00 di sabato 16 ottobre 1943 (da cui il ricordo di questo giorno come Sabato nero), principalmente in Via del Portico d'Ottavia e nelle strade adiacenti ma anche in altre differenti zone della città di Roma.

Dopo il rilascio di un certo numero di componenti di famiglie di sangue misto o stranieri, 1 023 rastrellati furono deportati direttamente al campo di sterminio di Auschwitz. Soltanto 16 di loro sopravvissero (15 uomini e una donna, Settimia Spizzichino morta nel 2000). Con la scomparsa di Enzo Camerino il 2 dicembre 2014, il solo Lello Di Segni è ancora in vita tra i sopravvissuti.


I primi ebrei si erano insediati in Roma nel II secolo a.C. e la loro consistenza aumentò sensibilmente dopo la prima guerra giudaica condotta dal futuro imperatore Tito (66-70 d.C.).

Nel 1555, Papa Paolo IV ordinò la reclusione di tutti gli ebrei di Roma in un'area del rione Sant’Angelo, tra l'antico Portico d’Ottavia e la sponda del Tevere. Il luogo, recintato da mura, era dotato di porte che venivano chiuse dal tramonto all'alba e, così come l'analogo luogo di reclusione veneziano, fu ben presto chiamato “ghetto”. Nel 1825, Papa Leone XII ampliò il ghetto ebraico con un ulteriore isolato dell'attuale Via della reginella.

Pio IX, nel 1848, abbatté le mura del ghetto e liberalizzò la residenza degli ebrei a Roma. Il rione, tuttavia, continuò ad essere abitato, in stragrande maggioranza, da cittadini di religione ebraica.

Nel settembre del 1943, la comunità ebraica romana contava tra le 8.000 e le 12.000 persone.

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