Articolo da Valori
Il piano ReArm spinge l’Europa alla guerra contro la Russia alimentando la bolla speculativa del mercato delle armi
I contenuti del piano europeo ReArm Europe, formalmente presentato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, sono a mio parere tragici. Per almeno tre ragioni. In primo luogo, il principio che ispira tale piano è assolutamente esplicito: l’Europa sta per entrare in guerra. Si sta attrezzando per un conflitto contro la Russia e contro chi sosterrà la Russia.
Il pacifismo armato dell’Europa che vuole la guerra
La politica del riarmo si fonda sulla retorica della difesa da una possibile invasione russa dopo che gli Stati Uniti hanno sospeso gli aiuti all’Ucraina. Ma una simile argomentazione è molto debole di fronte all’annuncio di un vero e proprio cambiamento di paradigma. Per cui gli europei devono destinare la gran parte della propria spesa pubblica e dei capitali privati al riarmo. Le manifestazioni per la pace diventano rapidamente l’espressione di una visione europea dove essere armati è l’unico vero deterrente contro la guerra, secondo un modello storicamente devastante che ha generato soltanto drammatici conflitti.
Siamo in guerra, la Russia è un nemico irriducibile con cui non si può negoziare se non dopo la sua sconfitta. E dunque ogni spazio di mediazione, di confronto, di dialettica sparisce, sostituita dalla narrazione belluina del nemico. Il pragmatismo dei tanti “pacifisti armati” pare dimenticare del tutto che le guerre si evitano prima di tutto eliminando lo “spirito della guerra” come dominus delle relazioni internazionali. Il paradosso però è che mentre ci armiamo dichiariamo esplicitamente di non voler mandare un solo soldato sul fronte, coltivando un fariseismo che è ormai il tratto tipico della fase attuale.
L’Europa deroga dal Patto di stabilità, ma solo per la guerra
La seconda ragione è ancora di carattere culturale. La Commissione europea è disposta a rimuovere i vincoli del Patto di stabilità solo per il riarmo. Se gli Stati aumenteranno almeno dell’1,5% del loro Pil la spesa per il riarmo, potranno farlo senza che quella spesa rientri nei vincoli del Patto. In altre parole, non è possibile derogare alle ferree regole europee per la sanità, ormai in profonda crisi. Per la spesa sociale, legata al crescente impoverimento. Per l’istruzione, per la transizione ecologica, per la tutela del territorio. Ma per le armi sì.
Non conta il fatto che l’Europa ha bisogno di maggiori risorse pubbliche per fronteggiare l’invecchiamento della popolazione, per l’istruzione di milioni di giovani legati ai grandi spostamenti di popolazione, alla trasformazione produttiva in termini sostenibili, alle profonde disuguaglianze. No, nessuna di queste esigenze strutturali ha un valore paragonabile a quello delle armi. Tanto da consentire ai singoli Stati membri non solo di tenere fuori dal Patto le spese militari. Ma di poter negoziare persino le somme attribuite per le politiche di coesione o per altre finalità, purché simili rinegoziazioni finiscano in armi.
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Fonte: Valori
Autore: Alessandro Volpi
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Articolo tratto interamente da Valori
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