sabato 4 giugno 2022

La morte degli oceani



Articolo da Unimondo

 Fate un bel respiro. Un’inspirazione profonda, un’espirazione lunga. È una bella sensazione no? L’aria fresca che entra, l’aria calda che esce. Ora fatene un altro. Ecco, questo secondo respiro proviene dagli oceani.

Inizia più o meno così una delicata, amichevole e struggente conversazione tra Vincenzo Venuto, biologo, divulgatore scientifico, autore e conduttore televisivo e Telmo Pievani, filosofo, evoluzionista e titolare della prima cattedra italiana di Filosofia delle scienze biologiche presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova, in apertura di un podcast della raccolta che porta lo stesso titolo del coinvolgente libro di Venuto Il Gorilla ce l’ha piccolo.

Gli oceani sono stati la culla della vita, senza di loro non saremmo potuti esistere.
Producono ossigeno, controllano il clima, ci danno da mangiare, ci fanno respirare. Eppure non sembra che ce ne importi granché. Non è nemmeno così comune che se ne riconosca l’importanza per la nostra stessa sopravvivenza. Di fatto, li stiamo uccidendo. 

Un’affermazione forte, ma confermata in maniera inappellabile dal funesto sbiancamento delle barriere coralline, un insieme di aree con un’estensione di appena 600 mila km quadrati. Uno spazio che corrisponde allo 0,2% di tutta la superficie degli oceani. Cosa vuoi che sia? Invece. In questo 0,2% nato dalla combinazione fortuita e misteriosa di una preziosa varietà di organismi viventi, equilibrio di condizioni geologiche antichissimo, è ospitato il 33% di tutte le specie marine conosciute. E il rischio, già molto concreto, è quello che diventino un deserto subacqueo di morti e assenze.

Ci bastano un paio di riflessioni interconnesse tra le tante che si potrebbero raccogliere e citare, ma sufficienti a fotografare la situazione: se da un lato, attraverso la pesca indiscriminata e intensiva, continuiamo a sottrarre agli oceani le migliaia di tonnellate di pesci pescati oggi, e dall’altro lato continuiamo imperterriti a utilizzare tonnellate di plastica che sfociano a mare non solo nei più visibili sacchetti o tappi di bottiglia o flaconi di detersivo, ma soprattutto in trilioni di minuscole particelle (microplastiche), intorno al 2050 negli oceani di tutto il mondo ci sarà in termini di peso più plastica che fauna marina. Una proiezione sconfortante, e non solo per la sua vicinanza temporale drasticamente imminente. Senza contare le emissioni di gas serra, l’inquinamento da idrocarburi, insetticidi, pesticidi e metalli pesanti… anche “solo” con questo semplice dato possiamo tristemente accorgerci di quello che sta accadendo. Stiamo assistendo imbambolati all’assassinio degli oceani. E se gli oceani muoiono, moriamo anche noi. Stiamo soffocando la vita, quella degli ecosistemi che ci sorreggono, e dunque anche la nostra. Togliamo il fiato al mondo.

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Fonte: Unimondo

Autore: 
Anna Molinari


Licenza: Licenza Creative Commons
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Articolo tratto interamente da 
Unimondo.org


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