martedì 14 giugno 2022

Ricordiamo Ivan Della Mea



Articolo da InfoAut

Ivan Della Mea è morto il 14 giugno 2009.

Così lo ricorda Pino Bertelli in una lettera a lui dedicata:

«Ciao a te, Ivan, ti vedo lì, insieme a tuo fratello, Luciano, nella vita sognata degli angeli ribelli, stretti a schiere di compagni di strada a cantare con il disincanto dei poeti del pugno chiuso contro il cielo del potere, i desideri, i sogni, la critica radicale di uomini, donne appassionati al ribaltamento di prospettiva di un mondo rovesciato, insorti in difesa dei popoli sfigurati, violati e impoveriti a margine delle democrazie dello spettacolo.» (…) «…cantavi come un trovatore d’idee di amore, di resistenza e libertà» (…) «Le tue canzoni libertarie hanno accompagnato i “ragazzi gioiosi” del ‘68 fino ai nostri giorni e niente può far scomparire la tua voce e le tue ballate dal cuore di molti… le tue canzoni hanno investito la morale dei padroni e ridicolizzato la genuflessione dei servi…» (…) «I dannati della terra… (…) … hanno accompagnato i tuoi passi nella storia degli ultimi e portato ovunque un uomo soffriva, la solidarietà, la fratellanza, la condivisione delle lotte sociali per seminare il reincanto del mondo.»

Anche Roberto Massari, editore, parla di Ivan:

«… uno dei primissimi cantautori italiani… (…) certamente tra i più impegnati nella lotta dalla parte degli oppressi (di tutti gli oppressi), Ivan scrisse nel ‘67 la canzone politicamente più guevarista che ci sia dato conoscere, dal titolo inconfondibile: “Creare, due, tre, molti Vietnam.” Indimenticabile il primo verso… (…) forte, vibrante, tra lo slogan urlato e un canone gregoriano prolungato… che scandisce: “il-do-ve-re-del-ve-ro-ri-vo-lu-zionaaaaario è fa-re la ri-vo-lu-ziooooooneeeeee”, e poi via con i riferimenti diretti al pensiero del Che e alle guerriglie di allora.»

Chi ha conosciuto Ivan può considerarsi un privilegiato, ma anche chi ha solo ascoltato e cantato le sue canzoni lo è; perché nelle canzoni di Ivan ci si ritrovava: c’era il sangue versato dall’umanità nei marciapiedi della storia. C'è tutta la tribolata sofferenza del vivere del proletariato che in più di cento anni di storia contro il capitalismo padronale non è riuscito ad abbattere, né - nonostante interminabili gesti di rivolta - a liberarsi dal giogo dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Nella sua canzone c’era e ci sono lacrime di gioia viva, di dolore profondo, di rabbia e di solidarietà... nella sua canzone c’è posto per chiunque avesse e abbia volontà di vivere, voglia di libertà, passione rivoluzionaria; per chiunque lottasse e lotti per abbattere le proprie catene con il sorriso sulle labbra e il piacere del rischio. Canti e storie di vite vissute che hanno riempito le piazze e affollato i cortei della metà del secolo passato dove ci si riconosceva e ci si univa e le sue parole non erano “trovate” da parolieri per canzonette, ma messaggi e strumenti di rivolta, nel lungo sogno del 68.

Come non ricordare la struggente “O cara moglie” (sulla condizione operaia) e “Nel mondo il rosso è diventato giallo” (una riflessione sul partito, sull’organizzazione del proletariato, sulla denuncia dello stalinismo). Con lui e assieme a lui – in quegli anni - hanno fatto scuola Paolo Pietrangeli (“Contessa”), Pino Masi (“Quella notte davanti alla Bussola", "La ballata della Fiat”), il veneziano Gualtiero Bertelli (“Nina ti te ricordi”, “Suona la sirena”), Giovanna Marini (“La violenza”), interpretando al meglio la voglia di cambiamento di un movimento che aveva creduto nella rivoluzione.

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Fonte: InfoAut


Autore: redazione InfoAut

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Articolo tratto interamente da InfoAut 



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