Barrabás arrivò in famiglia per via mare, annotò la piccola Clara con la sua delicata calligrafia. Già allora aveva l'abitudine di scrivere le cose importanti e più tardi, quando rimase muta, scriveva anche le banalità, senza sospettare che, cinquant'anni dopo, i suoi quaderni mi sarebbero serviti per riscattare la memoria del passato, e per sopravvivere al mio stesso terrore. Il giorno in cui arrivò Barrabás era Giovedí Santo. Stava in una gabbia lercia, coperto dei suoi stessi escrementi e della sua stessa orina, con uno sguardo smarrito di prigioniero miserabile e indifeso, ma già si intuiva – dal portamento regale della sua testa e dalla dimensione del suo scheletro – il gigante leggendario che sarebbe diventato. Era quello un giorno noioso e autunnale, che in nulla faceva presagire gli eventi che la bimba scrisse perché fossero ricordati e che accaddero durante la messa delle dodici, nella parrocchia di San Sebastián, alla quale assistette con tutta la famiglia.
Tratto da:La casa degli spiriti di Isabel Allende
mercoledì 30 marzo 2011
1 commento:
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La Allende, invero, sa come portare nella storia il lettore. Anche un po' ... nel mito.
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