Articolo da Pressenza
Il governo Meloni abolisce il reddito di cittadinanza attaccando “i furbetti del non lavoro”, e dicendo invece di volere aiutare chi è realmente bisognoso. Il discorso fila? Niente affatto! In realtà si tratta di un imbroglio.
Dietro questo apparente buon senso dei nostri governanti ci sta una radicale inversione di tendenza rispetto ai requisiti di base che vengono richiesti a noi cittadini per avere accesso alla distribuzione della ricchezza socialmente prodotta. In pratica si passa dal principio del DIRITTO AL REDDITO quale condizione di inclusività sociale, al principio del DOVERE AL LAVORO. Quasi quasi qualcuno penserà che è anche giusto così! Mica si può avere tutto gratis nella vita! Unica obiezione del benpensante: E se il lavoro non c’è? E qui viene il bello! Si da il caso infatti che per i grandi pensatori, politici ed economisti neo liberisti, il lavoro c’è sempre e la disoccupazione non esiste!
Spieghiamo l’arcano: Nella logica per cui il mercato è bello e pensa a tutto da solo, il lavoro è una merce come un’altra e si regola attraverso la legge della domanda e dell’offerta che trova sempre un punto di equilibrio nel prezzo (senza crisi di sovrapproduzione e neppure di sottoconsumo). Il prezzo del lavoro si chiama salario e mette sempre tutto a posto. In soldoni: C’è una grande domanda di lavoro e poco lavoro disponibile? Non c’è problema! Basta accontentarsi di 600 euro al mese per otto ore di lavoro al giorno e il problema è risolto! Neppure così? Poco male! Si vede che lavorerai dieci ore per 500 o magari 400 euro. Insomma se ti accontenti, in una logica al ribasso, il lavoro lo trovi sempre. E i disoccupati? Fannulloni che non vogliono lavorare!
In realtà ciò che rende impossibile accettare qualunque lavoro e a qualunque condizione non è “la pigrizia”, ma un dato culturale che si è sviluppato nel tempo, soprattutto grazie alle lotte popolari, e che si chiama semplicemente DIGNITA’ DEL LAVORO, che impone limiti e condizioni oltre le quali non si può andare. E’ questa la ragione per cui molti ritengono inaccettabile che i migranti lavorino nei campi a raccogliere pomodori per quattro soldi. Qualcuno pensa che siamo troppo pretensiosi? E allora pensate ai bambini del Congo che per tutta la giornata lavorano a mani nude nelle miniere per raccogliere le “terre rare”, essenziali per produrre e fare funzionare gli smartphone con cui ci facciamo tanti bei selfie per gli amici.
Quello che molti non capiscono è che in fondo il reddito di cittadinanza, dando a tutti il diritto di accesso alla ricchezza (seppure a condizioni minimali), ha contribuito ad elevare la DIGNITA’ DEL LAVORO, rendendo impossibile concepire come accettabile il lavoro sotto una certa soglia di retribuzione, fissata per l’appunto dall’entità del reddito. (Che poi in pratica i percettori del reddito abbiano spesso lavorato in nero sta solo a testimoniare, da una parte l’insufficienza dello stesso reddito di cittadinanza, e per altro verso la persistenza della piaga del lavoro nero e sottopagato che dell’insufficienza del reddito si è giovato).
Se invece si accetta la logica del DOVERE AL LAVORO, ogni altro discorso passa in second’ordine. Ecco perché, secondo i nostri attuali governanti (ma non solo secondo loro), chi percepisce il reddito deve accettare la prima offerta utile, ovunque e a qualunque condizione. Ecco perché la figura del “percettore di reddito” viene sostituita con quella di colui che è “OCCUPABILE”. Ed ecco perché se sei occupabile sono “cavoli tuoi” e non hai più nessun diritto; Perché colui che è occupabile, se vuole il lavoro lo trova e lo si può quindi considerare come già “occupato”. In conclusione: LA DISOCCUPAZIONE E’ UNA COLPA, perché la causa del non lavoro sei comunque sempre e solo tu!
Autore: Antonio Minaldi
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