martedì 24 gennaio 2023

Gran Bretagna: il ritorno in campo della classe lavoratrice



Articolo da Rivoluzione

Da quasi un anno ormai il Regno Unito è attraversato da un’ondata di scioperi quale non si vedeva da decenni. Ferrovieri, postini, portuali e aeroportuali, infermiere, lavoratori delle ambulanze, delle telecomunicazioni, dell’università sono protagonisti di scioperi e manifestazioni che fanno del movimento sindacale la vera opposizione al governo del Partito conservatore.

La Gran Bretagna è uno dei paesi con l’inflazione più alta: l’ultimo dato ufficiale è del 10,7% dopo avere superato l’11% in ottobre. Alla corsa dei prezzi si aggiunge una distribuzione del reddito sempre più diseguale, con interi settori della popolazione lavoratrice che sprofondano nella povertà.

I giornali riportano di continuo storie dickensiane di povertà estrema, di lavoratori costretti a ricorrere alle mense pubbliche o di pensionati costretti a scegliere se fare la spesa o riscaldare la casa. Una organizzazione assistenziale stima che ci siano 800mila bambini che saltano pasti perché le famiglie non possono permettersi di pagare la retta dei pasti scolastici.

Si aggiunga che decenni di moderatismo dei sindacati hanno permesso al padronato di fare arretrare salari e condizioni di lavoro. Secondo uno studio del TUC, la confederazione sindacale, i salari reali del 2021 erano avevano perso in media 70 dollari al mese rispetto all’inizio della crisi del 2008.

Gli aumenti salariali offerti (laddove questo è avvenuto) sono ben lontani dal coprire l’aumento dei prezzi. Si chiede di fatto ai lavoratori di accettare un taglio del salario reale mentre i manager e gli azionisti continuano a riempirsi le tasche. Un articolo di Labornotes del 18 novembre riporta il caso di Philip Jansen, AD del gruppo BT (l’ex monopolista British Telecom, ora privatizzato), che nel 2021 ha intascato 3,5 milioni di sterline di compenso, con un aumento del 32 per cento. Pochi mesi dopo lo stesso Jansen ha troncato la trattativa col sindacato CWU(1) imponendo unilateralmente un aumento di 1770 dollari annui, ossia un taglio in termini reali, per i 40mila addetti ai call center del gruppo.

Nella scorsa estate è stata la vertenza dei ferrovieri organizzati dall’RMT(2) a conquistare l’attenzione generale. Le ferrovie sono privatizzate da tempo e la trattativa riguarda sia le società private concessionarie, sia la rete (che è rimasta di proprietà statale). Le imprese hanno proposto un aumento del 4 per cento all’anno per due anni, ma vogliono recuperare le risorse attaccando pesantemente le condizioni di lavoro. Pretendono che sui treni rimanga solo il macchinista, senza altro personale, che dovrebbe quindi anche sorvegliare l’apertura e chiusura delle porte. Vogliono inoltre la chiusura totale degli sportelli di biglietteria e l’equiparazione delle domeniche ai giorni feriali.

Nei mesi estivi il sindacato Unite(3) con uno sciopero combattivo che ha bloccato l’aeroporto di Heathrow, ha ottenuto aumenti del 13 per cento per il personale aeroportuale di terra e per gli equipaggi. Allo stesso modo i portuali di Liverpool hanno conquistato il 18,5 per cento di aumento dopo due settimane di sciopero.

In questo clima, nell’estate del 2022, l’allora primo ministro Boris Johnson attaccava pubblicamente “i sindacalisti marxisti che vogliono rovesciare il governo”. Il giornale “popolare” Sun usciva con una prima pagina intitolata “Class War” (guerra di classe). Ma era solo l’inizio.

A ruota dei ferrovieri si è sviluppata la vertenza dei postini di Royal Mail, anch’esso privatizzato una decina di anni fa. Un gruppo che nel 2021 ha fatto 758 milioni di profitti e ne ha distribuiti 500 milioni in dividendi agli azionisti, con un amministratore delegato che ritenendo insufficiente il suo stipendio di 63mila sterline al mese si è attribuito un bonus una tantum di altre 142mila sterline, per poi presentarsi al tavolo delle trattative offrendo un aumento del 2 per cento.

Dopo un primo giro di scioperi, l’azienda ha proposto il 7 per cento in due anni e un piano di “modernizzazione” che scardinerebbe completamente i diritti dei lavoratori introducendo tra gli autisti una sorta di “modello Uber”, nonché la disdetta di tutta la precedente contrattazione. Il sindacato ha risposto convocando 19 giornate di sciopero nel periodo fino a natale, compreso il Black Friday e altre date chiave per gli acquisti online.

Le norme antisciopero

Il Regno Unito ha una delle legislazioni più restrittive del diritto di sciopero, che per essere convocato deve essere preceduto da un referendum fra i lavoratori interessati con il quorum del 50 per cento di partecipanti. La nuova legge in discussione potrebbe alzare ulteriormente queste soglie.

Non sorprende tuttavia che, date le premesse, le consultazioni svolte con voto postale abbiano restituito maggioranze larghe e talvolta schiaccianti in favore del mandato di sciopero, fino al 97,6 per cento (77 per cento di affluenza) dei lavoratori di Royal Mail e al 91,7 per cento dei ferrovieri.

In novembre sono scesi in campo 70mila lavoratori di 150 università con tre giornate di sciopero. Un settore, quello universitario, che nel 2021 ha generato un’entrata record di 41,1 miliardi di sterline, mentre il personale che le gestisce ha visto 12 anni consecutivi di offerte salariali inferiori all’inflazione, con un calo medio del salario reale del 20 per cento complessivamente, oltre a centinaia di esuberi dovuti alla chiusura di corsi e dipartimenti.

La tegola forse più grossa per il governo conservatore è lo sciopero delle infermiere. Il sindacato che le organizza, il Royal College Nursing (RCN), con 465mila aderenti è probabilmente il più grande sindacato del mondo nel settore e non aveva mai convocato uno sciopero in oltre un secolo di storia. Inutile sottolineare l’impatto pubblico di questa vertenza di una categoria di lavoratori applauditi come eroi della lotta alla pandemia e poi cinicamente scaricati dal governo. Decine di testimonianze di infermiere e personale medico hanno denunciato lo stato disastroso del NHS, il servizio sanitario nazionale, massacrato non solo dai bassi salari, ma ancora più dai tagli al personale e dai sovraccarico intollerabile di lavoro: “Penso siamo tutti semplicemente esauriti, fisicamente e mentalmente. Ogni giorno che vado al lavoro sento che sto facendo il lavoro di due o tre persone, e questo è ingiusto. Davvero non possiamo continuare così”. Queste le parole di una infermiera intervenuta nel picchetto di Cardiff durante lo sciopero di dicembre.

Il RCN rivendica un aumento del 19 per cento, il governo per ora offre il 4,75 e sono convocate due nuove giornate di sciopero. Contemporaneamente si è aperta la anche la vertenza dei lavoratori delle ambulanze (organizzati da un altro sindacato).

Alle vertenze nazionali si somma uno stillicidio crescente di scioperi locali, dei quali alcuni hanno condotto ad aumenti oltre l’inflazione (netturbini, conducenti di autobus).

Sono in corso, infine, le consultazioni per possibili scioperi degli insegnanti e dei vigili del fuoco, mentre le guardie doganali degli aeroporti hanno scioperato in dicembre (il governo ha inviato personale militare per sostituire gli scioperanti).

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Fonte: 
Rivoluzione


Autore: 
Claudio Bellotti 


Articolo tratto interamente da 
Rivoluzione.red


2 commenti:

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