mercoledì 1 marzo 2023

Migranti, la bufala dell'invasione



Articolo da Progetto Melting Pot Europa

Invasione, emergenza, sbarchi. Queste sono le parole che spesso troviamo sulle testate giornalistiche principali quando si parla di migrazioni. Questa narrazione monolitica continua a mancare di dignità e soprattutto di complessità. Prendendo come esempio le migrazioni dal continente africano, ci sono aspetti che, il più delle volte, vengono trascurati e che, al contrario, aiuterebbero ad avere una visione maggiormente completa della situazione. In questo articolo si cercherà di sfatare alcuni miti sulle migrazioni dall’Africa.

Quando si parla di migrazioni, uno dei mantra ricorrenti è l’immagine di un’Europa “invasa” da persone che provengono dai Paesi del Sud globale, in particolare dal continente africano. Benché la retorica dei partiti e dei governi d’estrema destra dell’Unione Europea (Ue) si sia avvalsa di questo tipo di propaganda razzista per ottenere consenso elettorale – dai pregiudizi basati sulla “paura dello straniero” al complottismo basato su un piano di “sostituzione etnica1 – è ormai evidente come, in realtà, il modus operandi di tutti i Paesi e delle istituzioni dell’Ue, a prescindere dall’appartenenza politica, sia basato sul securitarismo e sulla “protezione dei confini”.

Tuttavia, è possibile notare come la grande assente nel dibattito pubblico-politico, che è spesso costituito da notizie allarmistiche contornate da parole come “crisi” ed “emergenza”, sia la complessità. Parlare di migrazioni significa capire quali sono le ragioni di chi, in principio, sceglie di andarsene o è costretto o costretta a farlo per cause di forza maggiore oppure sfatare miti sull’effettiva quantità di persone che si spostano da un continente all’altro, per esempio. In questo caso cercheremo di sviscerare questi aspetti prendendo come esempio il continente africano.

Le migrazioni intra-africane

Innanzitutto occorre porre fine all’idea di un continente che si sta “svuotando”. Questa narrazione errata perpetua stereotipi e pregiudizi su un intero continente che viene spesso descritto come se fosse costituito da Paesi “tutti uguali”, senza considerarne la grandezza e le differenze.

Infatti, solo una frazione minore della popolazione dei Paesi dell’Africa Occidentale, Centrale e Orientale, decide di lasciare il proprio paese di origine per dirigersi in Europa. Secondo una ricerca effettuata dall’Africa Center for Strategic Studies 2, la maggior parte delle migrazioni avviene tra un Paese africano e l’altro.

Circa 21 milioni di cittadini africani vivono in un altro paese africano: le aree urbane in Nigeria, Sud Africa ed Egitto sono le principali destinazioni di questa migrazione intra-africana, riflettendo il relativo dinamismo economico di questi Paesi. Infatti, “contrariamente alla percezione diffusa che tutti i migranti africani vogliano andare in Nord America o in Europa, i risultati mostrano che, nel complesso, la maggior parte dei potenziali migranti preferisce una destinazione in un altro paese africano: il 29% preferirebbe trasferirsi in un altro paese all’interno della propria regione, mentre il 7% guarda altrove nel continente[…]. Nei sondaggi di Afrobarometer, Europa (27%) e Nord America (22%) sono la seconda e la terza destinazione favorita. Australia, Medio Oriente, Asia e Centro/Sud America attraggono molto meno interesse”, afferma Joseph Asunka, direttore dell’Afrobarometer.

Le migrazioni intra-africane vengono il più delle volte trascurate e la narrazione dominante si basa spesso su una percezione distorta che si focalizza unicamente sugli “sbarchi”. In realtà, bisogna tener presente che, ad esempio, meno del 3% della popolazione africana vive in un paese diverso dal proprio paese d’origine 3. Tuttavia, bisogna sottolineare che anche nella mobilità tra una Paese africano e l’altro ci sono non pochi problemi burocratici: infatti, fino a qualche anno fa, era più facile per un cittadino statunitense viaggiare tra Ghana e Sudan, che, ad esempio, per un cittadino ruandese.

Solo recentemente l’Unione Africana e l’African Development Bank sono riuscite a spingere i Paesi del continente a rendere meno restritive le politiche inerenti al rilascio dei visti di viaggio. Secondo l’ultimo rapporto Africa Visa Openness Index (Avoi) 4, pubblicato lo scorso anno dall’African Development Bank, “48 Paesi su 54 ora offrono viaggi senza necessità di richiedere il visto ai cittadini di almeno un altro Paese africano; 42 Paesi offrono viaggi senza necessità di visto ai cittadini di almeno 5 Paesi africani; 3 paesi africani offrono viaggi senza visto per i cittadini di tutti i Paesi africani” – si tratta, in particolare, di Benin, Seychelles e Gambia. Inoltre, “29 paesi, più della metà del continente ora offrono un visto all’arrivo ai cittadini di almeno un altro paese africano”.

Nel complesso, secondo il rapporto, oggi i cittadini africani viaggiano più facilmente all’interno del continente rispetto al 2016: il numero di viaggi intra-africani per cui ancora è richiesto un visto prima della partenza è stato il 47% del totale nel 2022, in netto miglioramento rispetto al 55% del 2016.

I fattori che caratterizzano la mobilità intra-africana sono: la migrazione per lavoro nelle aree occidentali e centrali; lo spostamento delle persone rifugiate nelle aree orientali e meridionali e lo spostamento di lavoratori e lavoratrici altamente qualificate (dall’Africa Occidentale e Orientale) verso l’Africa meridionale 5. Anche le migrazioni forzate sono un altro fattore della moblità intra-africana che colpisce le persone rifugiate – ospitate soprattutto in Uganda, Kenya, Etiopia e Repubblica Democratica del Congo, contrariamente a quanto affermato da anni di propaganda secondo cui “l’Italia accoglierebbe più di tutti” – a causa di eventi come la crisi degli sfollati del Sud Sudan; la crisi umanitaria nella regione del Sahel, dove conflitti e disastri ambientali 6 provocati dal cambiamento climatico sono la causa di condizioni insostenibili per molte popolazioni 7.

Tuttavia, una ridotta percentuale di persone decide comunque di andarsene dal continente africano per tentare di avere un futuro in un altro. Se pensiamo che ad esempio, in Italia esiste una considerevole fuga di giovani che, soprattutto per lavoro, sono costretti e costrette ad andarsene in un altro Paese, dovremmo iniziare a capire che le ragioni dei cittadini e delle cittadine africane non sono così dissimili.

Più che di “crisi” ed “emergenza” – salvo il caso di conflitti o disastri umanitari – dovremmo iniziare a parlare di “somiglianza”. D’altra parte, la  differenza sostanziale si basa principalmente sulla disuguaglianza nel diritto alla libertà di movimento, ancorata alla potenza dei passaporti più o meno potenti, così come alle politiche dei visti di viaggio intercontinentali o alle politiche di immigrazione securitarie e discriminatorie dei Paesi europei – la cui conseguenza sono le morti in mare nel Mediterraneo o ai confini terrestri.

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Fonte: Progetto Melting Pot Europa 

Autore: 
Oiza Q. Obasuyi


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Articolo tratto interamente da Progetto Melting Pot Europa



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