Articolo da La Città Futura
La classe politica che governa l’Italia è presa nella tenaglia, da cui non sa come uscire, fra la difesa del mercato e quella della salute dei cittadini. La demolizione del servizio sanitario pubblico dovuto alle politiche di contenimento della spesa negli ultimi decenni ha seriamente compromesso la capacità, pura e semplice, di curare i malati.
La crescita dei positivi al coronavirus è ormai fuori controllo. I tamponi di massa, in questa fase, non hanno più alcuna efficacia sul piano della prevenzione. Quando un’epidemia si diffonde – come l’attuale – su scala nazionale, e con l’andamento di cui i numeri ci danno una stima sebbene approssimativa, diventa illusorio pensare di poterla contenere attraverso misure di isolamento. Queste ultime, infatti, risultano utili quando di tratta di contenere focolai circoscritti, ma sono del tutto inefficaci, e anche inapplicabili, nel caso in cui la diffusione dei contagi abbia un andamento di massa coinvolgendo, di fatto, l’intero territorio nazionale.
La circolare del ministero della Salute del 12 ottobre 2020 ne prende implicitamente atto quando prescrive che “i contatti stretti di casi con infezione da SARS-CoV-2 confermati e identificati dalle autorità sanitarie, devono osservare: 1) un periodo di quarantena di 14 giorni dall’ultima esposizione al caso; oppure 2) un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo eseguito il decimo giorno”.
Ciò significa che le persone che hanno
contattato direttamente un positivo al tampone possono limitarsi a
osservare un periodo di isolamento di quattordici giorni allo scadere
del quale, se non sono comparsi sintomi, hanno la libertà di riprendere a
circolare.
Tale periodo di
isolamento può essere ridotto a dieci giorni se la persona, alla fine di
questo intervallo temporale, esegue un tampone antigenico (vale a dire
quello rapido, che non dosa l’Rna virale ma solo le proteine che lo
avvolgono, il cosiddetto capside virale) che risulti negativo.
Non è cosa di poco conto. A questo si aggiunge l’indicazione di “non prevedere quarantena né l’esecuzione di test diagnostici nei contatti stretti di contatti stretti di caso (ovvero non vi sia stato nessun contatto diretto con il caso confermato), a meno che il contatto stretto del caso non risulti successivamente positivo a eventuali test diagnostici o nel caso in cui, in base al giudizio delle autorità sanitarie, si renda opportuno uno screening di comunità”.
Traducendo in prosa il linguaggio tecnico-burocratico, si evince che se, per esempio, io ho avuto un contatto con una persona che a sua volta ha avuto un contatto con un soggetto positivo al tampone, non devo fare assolutamente nulla, e non sono soggetto ad alcun genere di restrizione, a meno che la persona che ho contattato non esegua un tampone che risulti positivo (ma nulla la obbliga a farlo, fatta eccezione per casi particolari). Solo in questo caso, io divento un “primo contatto” ma, ancora, non devo fare altro che rispettare l’isolamento di quattordici giorni o solo di dieci se, allo scadere di questi, mi sottopongo a un tampone antigenico (cioè, rapido) che dia esito negativo. E questo è tutto. La prescrizione di doppio tampone negativo per escludere la persistenza dello stato di contagiosità è scomparsa.
Risulta evidente, alla semplice luce del buon senso, che l’obiettivo di queste indicazioni abbia fondamentalmente lo scopo di ridurre il numero dei tamponi, l’esecuzione dei quali sta diventando sempre più irrealizzabile visto il gran numero delle richieste e l’esiguità delle risorse disponibili.
Inoltre, “le persone che, pur non presentando più sintomi, continuano a risultare positive al test molecolare per SARS-CoV-2, in caso di assenza di sintomatologia (fatta eccezione per i disturbi del senso del gusto e dell’olfatto che possono perdurare per diverso tempo dopo la guarigione) da almeno una settimana, potranno interrompere l’isolamento dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi”.
Quest’ultima indicazione, prevista dalla circolare citata, rende chiaro che il valore diagnostico del tampone e il suo valore predittivo riguardo alla contagiosità dei soggetti positivi a lungo termine viene fortemente ridimensionata.
Mi sembra che queste indicazioni della circolare del Ministero della salute siano state assai poco diffuse. Le lunghe code ai drive in potrebbero ridursi di molto se si prendessero sul serio questi, in parte nuovi, protocolli. Una parte consistente dei cittadini continua a credere che sottoporsi al tampone sia un modo efficace per limitare i contagi. Ma a quanto pare, leggendo la circolare di cui si sta trattando, nemmeno il Ministero della salute sembra essere sicuro che questa prassi sia utile.
A ciò si aggiunga la richiesta, avanzata negli ultimi giorni da varie Regioni, di sottoporre a tampone solo i soggetti sintomatici (replicando quanto si sosteneva nella prima fase dell’epidemia). Al contrario, in quel momento i tamponi di massa, se fossero stati corredati dall’effettiva possibilità di isolare tutti o la gran parte dei positivi, avrebbero avuto una ben diversa efficacia. Ma oggi la situazione è profondamente cambiata.
Autore: Aristide Bellacicco
Articolo tratto interamente da La Città Futura
Grazie per questo articolo.
RispondiEliminaTi auguro una buona serata.
EliminaSei spiegano allora da questo post le ragioni di molti contagi oltre al fatto che se chiudi i ristoranti ma lasci ammassare un sacco di persone al mattino sui mezzi pubblici, cosa ci si può aspettare?
RispondiEliminaTroppe persone in pochi metri.
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