giovedì 16 febbraio 2023

Turchia: ancora una volta, la speculazione edilizia fa tante vittime

Turkey earthquake 2023 montage


Articolo da Kaleydoskop

Il terremoto che ha colpito la Turchia nella notte del 6 febbraio ha dimensioni enormi e ha causato un disastro di proporzioni inimmaginabili. Due terremoti che si sono succeduti nel giro di poche ore, alle 4.17 della notte con una potenza di 7.7 della scala Richter e poi alle ore 13.24 con una potenza di 7.6 hanno scosso una regione ampia, di circa 300 km quadrati con una popolazione di circa 13.5 milioni di abitanti. A partire dalla prima lunga scossa di quasi due minuti si è avviato poi uno sciame sismico, a oggi, di oltre 2500 scosse di assestamento che continuano di ora in ora.

Il terremoto è stato devastante. Le cifre vanno oltre l’immaginazione. Sono state colpite città con ben oltre un milione di abitanti, una quantità di piccole cittadine e insediamenti sono stati completamente rasi al suolo.

Senza dubbio l’entità del terremoto è stata particolarmente forte per via della faglia interessata, per la potenza, perché lo sciame sismico ha incontrato delle cavità che hanno fatto da ulteriore detonatore. E il carattere eccezionale di questo sisma è stato rapidamente utilizzato dal presidente della repubblica Recep Tayyip Erdoğan per spiegare la gravità dell’impatto e la difficoltà di rispondere con efficacia e immediatezza con i soccorsi. Eppure vedere edifici che si sono accartocciati in una manciata di minuti colpisce molto in un paese colpito di frequente dai terremoti e in cui la prevenzione del rischio sismico è stata usata come argomento per legittimare grandi e piccoli interventi di edilizia, di trasformazione urbana, di progettazione, di tassazione.

Nell’agosto del 1999, tre anni prima delle elezioni che hanno condotto Erdoğan al potere, la Turchia fu colpita da un altro terribile sisma. Il terremoto di Marmara che colpì la zona egea, alcune aree di Istanbul comprese, fece secondo i dati ufficiali oltre 18mila morti. Il sisma sconvolse il paese, la macchina statale andò subito in tilt, l’incapacità totale di gestire l’emergenza trasformò l’evento naturale in un terremoto politico. In quella occasione, dopo le prime ore di totale disorganizzazione e confusione, la società civile che da qualche anno – in particolare dopo la conferenza delle Nazioni Unite Habitat II del 1996 – ragionava sulle politiche di urbanizzazione, fu in grado di mettere in moto una macchina molto efficace per offrire subito soccorso ai terremotati, per coordinare gli aiuti e poi per avviare pratiche di partecipazione cittadina alla ricostruzione, con progetti territoriali di coinvolgimento diretto degli abitanti. Di fatto la solidarietà delle prime ore che  coinvolge individui e gruppi di diversa provenienza politica e sociale, si trasforma nel tempo in un’azione politica che si fonda sulla critica allo Stato, al suo autoritarismo e sulla rivendicazione di spazi autonomi e più ampi per la società civile. Si parlò in quegli anni del terremoto come “l’atto di nascita” della società civile turca. A partire da quel momento, con il nuovo corso allora avviato dal partito AKP che vinse le elezioni nel 2002, sembrò chiaro che non si poteva non tener conto dell’alto rischio sismico in cui si trovava il paese. La prevenzione del rischio è stato l’argomento di fondo per motivare e argomentare grandi progetti di trasformazione urbana che hanno portato a Istanbul innanzitutto, ma poi anche nel resto del paese, allo sgombero di quartieri storici con successiva demolizione di edifici e ricostruzione ex novo di residenze, alla costruzione di grandi infrastrutture tra cui anche il nuovo aeroporto, pubblicizzato come il più grande di Europa, o ancora all’edificazione di ampie aree fino ad allora vincolate. Ricorrendo allo stesso argomento, costruire in modo sicuro per prevenire dai rischi delle catastrofi naturali, negli stessi anni è stato potenziato il TOKI, la struttura governativa di edilizia popolare con profonde connessioni con il settore delle imprese private, a cui è stata affidata la costruzione e ricostruzione di ampie aree in tutto il paese. Una serie di leggi emanate sin dai primi anni Duemila hanno permesso l’eliminazione di legacci burocratici e dispositivi amministrativi di controllo sulle politiche edilizie e abitative, conferendo di fatto al TOKI un’ampia agibilità, favorita dal legame diretto con l’ufficio del Primo ministro prima e poi, nel 2011, con la creazione ad hoc di un Ministero per l’ambiente e la pianificazione urbana affidato alla persona che per i sette anni precedenti aveva diretto proprio il TOKI. Questa struttura è diventata nel corso degli anni anche il simbolo della politica dell’AKP che ha fatto della trasformazione urbana e della costruzione uno dei suoi mezzi principali per la crescita economica e il consolidamento del proprio potere, il tutto incentivando sensibilmente politiche di privatizzazione in cui sono stati coinvolti soggetti direttamente legati al governo. Una politica neoliberista con profondi tratti populistici che per anni ha permesso all’AKP e al suo leader Erdoğan di poter contare su due grossi bacini elettorali: gli alleati del partito attivi nel settore privato e l’ampia fetta di popolazione a basso reddito. Una politica che però ha anche portato di fatto a un’espansione urbana rapida e senza controllo, eppure tutto sommato resa legittima grazie a diverse misure emanate tra cui anche le leggi di condono edilizio, l’ultima proprio al vaglio nei giorni che hanno preceduto la catastrofe.

Così oggi, nel 2023, dopo ventiquattro anni dal terremoto di Marmara e oltre venti dall’arrivo al potere dell’Akp di Erdoğan durante i quali si sono verificati altri disastri, compreso un terremoto a Van nel 2011, con il rischio sismico costantemente nell’agenda politica e la prevenzione come argomento principale per costruire, edificare e ristrutturare, ci ritroviamo di fronte a una tragedia immensa; migliaia di edifici polverizzati e una conta delle vittime che molto probabilmente sarà oltre decine di migliaia di persone.

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Fonte: 
Kaleydoskop

Autore: redazione Kaleydoskop


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Articolo tratto interamente da Kaleydoskop 

Photo credit Montage made by me, JoleBruh, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons



2 commenti:

  1. La Turchia in Europa è la zona più altamente sismica, non è nuova a forti terremoti, quindi si doveva costruire con certi criteri.

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  2. Basterebbe poco in Italia, per rendere sicuro tutto.

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