martedì 14 aprile 2020

Coronavirus e superfici: un po' di chiarezza


Articolo da Scientificast.it

Secondo un recente studio pubblicato sul New England Journal of medicine, SARS-CoV-2, il virus responsabile della COVID-19, può sopravvivere in aria e su superfici inanimate per tempi che vanno da diverse ore a diversi giorni. Lo studio ha riportato che il virus potrebbe sopravvivere fino a 72 ore su plastica, 48 ore sull’acciaio inox, 24 ore su cartone e quattro ore su rame. Questi risultati hanno certamente fatto scalpore, lasciandoci intendere che potenzialmente potremmo essere circondati da una quantità altissima di Sars-CoV-2. Molti,armati del fedelissimo gel disinfettante, hanno quindi iniziato una personale “crociata” al nemico invisibile, pulendo e scrostando istericamente qualunque cosa sia stata a contatto con l’esterno. Cerchiamo però di mantenere la calma e, da veri investigatori del metodo scientifico, andiamo ad analizzare insieme il parere di alcuni esperti in materia, che abbiamo raccolto attraverso interviste da loro rilasciate in questi giorni.

Significativo è quanto riportato, in un’intervista del Johns Hopkins University rilasciata dalla Dottoressa Carolyn Machmer, professoressa in biologia cellulare presso la Johns Hopkins School of Medicine di Baltimora, i cui studi si sono focalizzati da anni sulla biologia alla base dei coronavirus.

Domanda: “Secondo questo report, sembra che il virus Sars-CoV-2 potrebbe potenzialmente vivere per giorni su superfici inanimate. Quanto dovremmo essere realmente preoccupati riguardo ai rischi di poter contrarre l’infezione semplicemente toccando qualcosa con cui un infetto è venuto a contatto giorni fa?

Machmer: “Ciò che sta avendo molta attenzione, presentato tra l’altro fuori contesto, è la possibilità che il virus possa resistere su superfici plastiche per 72 ore, il che risulta molto preoccupante. In realtà, ciò che è più importante considerare è che la quantità di virus effettivamente residua è minore dello 0.1%. L’infezione sarebbe teoricamente possibile, ma è poco probabile ai bassi livelli ritrovati dopo alcuni giorni e le persone devono saperlo! Inoltre, mentre lo studio del New England Journal of Medicine ha trovato che il Sars-CoV-2 può essere rilevato nell’aria fino a tre ore, in natura, gocce d’acqua espulse tramite le vie respiratorie si depositano a terra e vengono assorbite più rapidamente degli aerosol (dispersione fine di liquido o solido in un gas) prodotti in questo studio. Negli aerosol sperimentali usati in laboratorio, la dispersione avviene tramite particelle molto più fini di quelle formate durante un colpo di tosse o uno starnuto, per questo permangono in aria a livello del viso più a lungo delle particelle formate naturalmente.”

Dello stesso parere è il nostro secondo esperto, il Dr William Keevil, Professore di Igiene Ambientale dell’Università di Southampton, il quale afferma che sia per Sars-CoV-1, il virus che ha scatenato l’epidemia nel 2004, che per il coronavirus umano HuCoV-229E si sono osservati tempi simili di sopravvivenza su superfici plastiche, ceramiche, acciaio inox e vetro: circa 4-5 giorni. In particolare, HuCoV-229E viene disattivato a contatto con il rame in pochi minuti e il suo RNA distrutto. La formazione di aerosol infetti è possibile, ma le dimensioni necessarie per poter giustificare una sospensione in aria per tre ore sono troppo ridotte rispetto a quelle formate da un normale starnuto. D’altra parte, ulteriori studi sono necessari affinché si possa capire la distribuzione della dimensione delle gocce prodotte naturalmente.

Analizziamo, infine, uno studio del Journal of American Medical Association, che riporta lo stato di contaminazione di superfici, aria e Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), in tre camere ospitanti ciascuna un paziente affetto da COVID-19. I campioni sono stati raccolti per cinque giorni, durante un periodo di due settimane. Per due pazienti la raccolta è stata effettuata dopo la pulizia giornaliera, per uno prima. I risultati hanno riportato un’ingente contaminazione delle superfici, ma stranamente non delle scarpe. Anche se sui copriscarpe in plastica usa e getta è stata riscontrata  la presenza di virus, la trasmissione tramite calzature risulta poco probabile, poiché non è stata trovata evidenza di contaminazione nei corridoi e nell’anticamera. L’aria è risultata contaminata in particolare in prossimità dei condotti di aerazione. Lo studio, però, soffre di alcune limitazioni come per esempio le dimensioni del campione e la mancanza del confronto con coltura virale nelle stesse condizioni. Inoltre il volume di aria raccolta è molto minore di quella contenuta nella stanza, per cui la concentrazione virale reale risulterebbe estremamente più diluita. ​

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Fonte: Scientificast.it

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2 commenti:

  1. La Chiarezza è fondamentale. Specie quando è in ballo il diritto alla salute. Buona Giornata a te.

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