sabato 18 aprile 2020

L'infodemia è forse più pericolosa dell'epidemia




Articolo da Cittadini reattivi

In questi giorni siamo travolti da informazioni confuse e contrastanti che si accumulano a un ritmo insostenibile tra interviste ad esperti di vario tipo, titoli sensazionalistici, fakenews, dichiarazioni di politici e decreti governativi e regionali. Le mascherine servono, non servono (ma le avesse almeno il personale sanitario!), possiamo uscire a correre, non possiamo uscire a correre, possiamo portare i bambini fuori, non possiamo portare i bambini fuori, esiste una cura, il virus è sull’asfalto, il virus è nell’aria, sport e passeggiate sì, no, solo sotto casa, chi esce è comunque un untore, però dobbiamo tornare al più presto a lavoro.


In mezzo a questa confusione spesso il dibattito si avvita su alcuni aspetti come il conteggio ossessivo giorno per giorno dei contagi e dei morti, la permanenza più o meno lunga del virus nell’aria, l’opportunità dell’uso massivo delle mascherine, il runner o l’irresponsabile untore, le presunte folle nelle vie del centro (ottenibili con un adeguato teleobiettivo sfruttando un semplice effetto prospettico) dove il virus viaggerebbe da passante a passante.

E’ quella che è stata definita epidemia di informazioni o anche infodemia, già trattata da Rosy Battaglia all’inizio dell’emergenza, un’epidemia che sta accompagnando quella ben più triste e grave del coronavirus, ma che comunque aggiunge il suo pesante fardello di effetti deleteri generando confusione, ansia, paura, inquinando il dibattito pubblico, inficiando una partecipazione consapevole all’emergenza e innescando istinti e risposte irrazionali nelle persone e persino minando il sistema immunitario delle persone.

Un sistema dell’informazione votato al sensazionalismo, dove le informazioni sono solo merci da vendere e non strumenti fondamentali per la partecipazione come cittadini alla vita pubblica, un sistema che ha drogato il modo di far politica, dove un decreto o un’ordinanza non sono uno strumento di amministrazione, ma anche di propaganda, il cui scopo immediato è l’essere annunciato sui media, è questo il terreno di coltura in cui l’infodemia ha potuto dilagare.


Il meccanismo è messo in luce molto chiaramente da un rapporto di Infomedia Sardegna, associazione che si occupa di monitorare l’informazione della regione Sardegna. Dai tempi di una comunicazione improntata all’istantaneità incapaci di rapportarsi e di rappresentare i tempi lenti di un’epidemia o della ricerca scientifica, a una comunicazione scientifica dove dilaga una generale mancanza di comprensione di come funziona la scienza, a volte anche fra chi la fa, per finire a una comunicazione istituzionale votata allo spettacolo, lo scenario messo in luce da Infomedia Sardegna mostra una barca fa acqua da tutte le parti.

Si osservano così l’informazione e il dibattito pubblico avvitarsi su alcuni aspetti specifici, come la possibilità di fare sport da soli, di portare i bambini o i cani fuori, di portare o meno le mascherine, aspetti più o meno importanti, ma di secondo ordine, rispetto al cuore dell’emergenza e che eludono o travisano le cause primarie delle difficoltà che stiamo attraversando. Ad esempio, sulla scorta dei decreti di alcuni governatori regionali e di alcuni titoli di giornali mainstream hanno parlato di virus che circola nell’aria e prontamente cambiati, ma non dopo aver diffuso ulteriore ansia (qui un articolo approfondito che tratta la questione) si parla in continuazione di mascherine, quando quelle fondamentali per non contagiarsi come le FP2 e le FP3 nemmeno il personale sanitario ancora ce l’ha in maniera diffusa.


E il perché non ce l’abbia è in realtà una questione ben più cruciale dell’eventuale uso massivo di mascherine normali, perché finché il personale sanitario non ha adeguate misure di protezione, continuerà ed essere alto il rischio di trasformare in focolai le strutture in cui lavora. Cosa che fino ad oggi continua puntualmente a verificarsi in numerosi ospedali e case di cura tanto da nord a sud, con moltissime vittime e già numerose indagini aperte a riguardo. Questione questa che è legata alla mancata attuazione del piano pandemico, che pur non aggiornato avrebbe consentito di affrontare l’emergenza con adeguate scorte di tamponi, mascherine, reagenti, di protocolli sanitari adeguati e di individuare per tempo i primi focolai.

Un impreparazione costata carissimo e già denunciata da più parti e costata una diffida alle Aziende di tutela della Salute, alla regione Lombardia e al Ministero della Salute da parte della Federazione Medici di Medicina Generale. C’è poi la questione della mancata dichiarazione della zona rossa nel bergamasco che ha portato all’esplosione del più grande focolaio del paese con migliaia di vittime. Altra questione infine è il perché si sia concesso alle industrie di rimanere aperte tramite una semplice autodichiarazione o concedendo un cambio in extremis del codice ATECO, anche nel caso non ricadessero nella già lunga lista delle attività ritenute fondamentali, lista che include anche la fabbricazione di armi. Un rapporto ISTAT stima che a causa di ciò circa i due terzi dei lavoratori continuino a lavorare anche in lockdown, di cui solo una parte da casa, moltiplicando ogni giorno le occasioni di contagio sia sul lavoro che sui mezzi pubblici. Quelli riportati sono questioni ben più cruciali per il dibattito pubblico per affrontare al meglio l’epidemia rispetto a quelle che può sollevare una foto fatta col teleobiettivo di 30 persone in un vicolo del centro.


Un esempio di dibattito che non le centra è quello che si è scatenato con le immagini della metropolitana di Milano affollata di primo mattino. Se il dibattito pubblico alimentato da media e istituzioni si è orientato subito sul frame (cornice in cui inquadrare il fenomeno) dell’irresponsabilità individuale, le domanda da porsi era piuttosto, come mai con un lockdown in corso ci sono tutte queste persone che prendono la metro di primo mattino malgrado il rischio di contagio? E andando a indagare si sarebbe scoperto che ancora centinaia di migliaia di persone erano (e sono) costrette a spostarsi per andare a lavoro, mentre le corse della metropolitana erano state tagliate perché era diminuita l’utenza. 

Ancora le istituzioni lombarde a fronte di una curva dei contagi che nel capoluogo stenta a rallentare, si affrettano a stigmatizzare la presunta irresponsabilità dei milanesi che continuerebbero a spostarsi troppo. Eppure i controlli in giro ci sono e la presenza di così tanti irresponsabili dovrebbe emergere nei bollettini della polizia. Si potrebbe quindi cercare di capire se è vero che tanta gente ancora si muove e perché non emerge nei controlli o, se è in regola, perché si sposta? Nelle autocertificazioni c’è scritto quindi non dovrebbe essere difficile per le forze dell’ordine raccogliere i dati. Tuttavia, invece di procedere in maniera razionale e capire cosa sta succedendo e porvi dei rimedi, la comunicazione delle istituzioni lombarde, certo non osteggiata dai media, sembra più che altro volta alla sola responsabilizzazione dei cittadini, finendo per istillare senso di colpa e ansia.


La realtà, purtroppo, è un’altra. Come quella di una sistema sanitario smantellato e tagliato. E ingenti risorse economiche, purtroppo, non sulle apparecchiature medicali, ma appunto, ad esempio, sugli armamenti.


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Articolo tratto interamente da Cittadini reattivi 


12 commenti:

  1. Ciao, siamo in pieno caos mentale noi e chi dovrebbe guidarci.
    Buon fine settimana
    Rachele

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  2. Verissimo, articolo davvero interessante e condivisibile.

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  3. Caro Vincenzo, con questo articolo, tu hai chiarito molte cose...
    Ciao e buona giornata con un abbraccio forte con un sorriso:-)
    Tomaso  

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    1. In questo periodo girano troppe notizie, molto volte sono false.

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  4. Sì è vero , ci sono troppe fake news, c'è chi vuole solo ottenere attenzione e confondere le idee. Dopo i primi giorni di allarme, nei quali cercavo di seguire tutto ciò che veniva detto, ora ascolto le informazioni del Tg e una volta al giorno. Circolano troppe notizie false, specie in internet , e alcune servono solo a creare maggior allarme di quello che già c'è. Saluti.

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  5. Una disinformazione sicuramente pilotata e strumentalizzata da chi ne ha un tornaconto.
    Poco o nulla viene detto a riguardo delle cause che hanno innescato la pandemia, e delle relative contromisure che andrebbero adottate.

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    1. Sulle cause ci sono ancora molti dubbi, anche da parte degli esperti.

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    2. I dubbi li alimenta chi non trarrebbe un immediato vantaggio dall'accettare la vera causa.
      Virus creato in laboratorio perché a Wuhan c'è un laboratorio... Come se non esistessero altri laboratori nel mondo! Invece i pipistrelli li mangiano principalmente in Cina, e la promiscuità con specie selvatiche agevola l'adattamento dei virus di tipo corona.
      Agli Stati Uniti che sostengono la tesi del virus creato in laboratorio, chiederei conto del mancato rispetto dei protocolli di Kyoto, e della produzione nonché consumo di OGM prima di parlare... Come disse qualcuno "Chi è senza peccato scagli la prima pietra."

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    3. Tutti i governi del mondo, devono fare un mea culpa; sono tutti responsabili nella gestione della situazione attuale.
      Non voglio fare l'allarmista, ma se si va di questo passo, altro che coronavirus, ci saranno emergenze sanitarie ben peggiori.

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