mercoledì 31 marzo 2021

I problemi della didattica a distanza


Articolo da Il primo amore

Un anno è ormai passato dall’inizio della pandemia. Un anno è passato da quelle promesse vane di una sospensione didattica di al massimo un paio di settimane, che non avrebbe influito sulla preparazione né sulla vita degli studenti. Eppure eccoci qui, noi studenti, un anno dopo tutto questo, con gli occhi consumati dagli schermi pixelati dei nostri dispositivi, coi dolori alle ossa per il troppo stare seduti, con una stanchezza che è penetrata ormai fino al midollo. Ci siamo dimenticati come salutare gli amici, le amiche, i fidanzati, le fidanzate, i nonni, le nonne. Noi studenti stiamo perdendo la nostra gioventù, la nostra spensieratezza, gravati dal peso di migliaia di morti e di contagi, che pure troppo spesso ci vengono imputati. E come studenti siamo qui a scrivere di scuola, perché in questo momento di caos, di confusione, essa avrebbe potuto essere un porto sicuro, un luogo riparato dalle intemperie, dove sentirsi a casa, senza paura né timore. Perché la scuola è la nostra quotidianità, il luogo delle nostre gioie e dei nostri dolori, dei successi e dei fallimenti. Ma questa scuola non c’è più. La pandemia ha messo in luce problemi ancestrali dell’apparato scolastico italiano, a partire dall’insufficienza delle infrastrutture, passando per l’arretratezza delle tecnologie a disposizione degli istituti, per arrivare alla proverbiale incompetenza di coloro che dirigono il comparto scuola. Problemi, questi, che non sono sorti durante l’ultimo anno, ma in questo periodo sono esplosi, dimostrando che la scuola italiana è una nave piena di falle, la quale va avanti più per buona volontà che per effettiva pianificazione, imbarcando acqua da tutte le parti, con le vele logore e le assi fatiscenti. Abbiamo quindi deciso di scrivere questo intervento per dire qual è stato il nostro anno pandemico in relazione alla scuola, utilizzando le nostre esperienze individuali come esempio di una realtà che, avendo noi parlato con amici e compagni, sappiamo essere concreta e condivisa da molti. Dopo questa sezione introduttiva, troverete segnati con la lettera F. gli interventi di Francesco Finotti, e con la B. quelli di Francesco Bucci. Questa scelta deriva da una necessità di rendere chiaro che le nostre due esperienze, seppur simili, sono diverse, così come sono diverse le esperienze di ogni studente italiano.

B. Che la didattica a distanza come oggi intesa fosse un mezzo inadeguato lo si era capito sin dai primi giorni del lockdown, quando ancora si pensava che si trattasse di una misura a brevissimo termine. Il divario tra le esigenze di studenti e professori e il sistema messo in piedi nella fretta e nel caos era enorme: tra utenti con problemi di connessione, scarsa conoscenza delle piattaforme e una generale diffidenza nei confronti della nuova modalità, più che imparare sembrava si evitasse di sprecare il tempo. Quando le settimane sono diventate mesi, i problemi contingenti erano stati ormai risolti, e tutti bene o male riuscivano a seguire le lezioni con videocamera e computer; iniziavano però a sentirsi gli effetti psicologici di giornate sempre uguali, di un periodo la cui fine sembrava slittare continuamente, facendo precipitare gli studenti nell’apatia e nell’indifferenza. Ad ogni annuncio di prolungamento del lockdown rispondeva una rassegnazione diffusa, e lo scoramento si rifletteva direttamente nel comportamento di noi studenti, portando con sé un silenzio tombale rotto da qualche timido intervento. La prospettiva di vivere un altro Giorno della marmotta appiattiva ogni mia volontà di prendere lo studio scolastico con la serietà necessaria, facendo sì che l’impegno nelle materie che mi interessano di meno fosse quantomeno altalenante. Fare solo una parte delle ore convenzionali sicuramente ha dei vantaggi, ma per mesi non ho visto alcuni dei professori, determinando lacune enormi che, soprattutto in vista dell’esame di quest’anno, rischiano di pesare molto.

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Fonte: 
Il primo amore


Autori: 
Francesco Bucci e Francesco Finotti - pubblicato da G.Giovannetti

Licenza: Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Unported. 


Articolo tratto interamente da 
Il primo amore


6 commenti:

  1. La DAD in un Paese dove solo il 6% ha un computer fisso e pochissimi hanno la fibra, è ammissibile per poche attività magari facoltative ma poi si deve anche per ragioni legate alla socializzazione dei ragazzi, tornare prestissimo alla didattica in presenza. Questo non toglie che l'uso della tecnologia non debba essere incentivato ma senza che qualcuno resti indietro.

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  2. Io, per fortuna, sono andata in pensione e, per un pelo, ho evitato la didattica a distanza. Saluti.

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  3. Ho sempre sostenuto che la didattica a distanza sia un totale fallimento che però fa comodo agli studenti che, solitamente, non amano studiare e ai docenti che non amano molto il proprio lavoro e preferiscono restare a casa.
    Di sicuro, al contrario, i ragazzi diligenti e i professori in gamba, stanno riuscendo a trarre il meglio da questo metodo, e a loro va tanto di cappello.
    Nessuno, però, ha pensato ai bambini delle prime classi elementari, ad esempio.
    Chi gli sta insegnando a leggere e a scrivere? Un monitor?
    No. La mamma.

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    1. Noto molta difficoltà per tutti, tra l'altro questa generazione è già iperconnessa e ha bisogno di più socialità e contatto umano.

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