lunedì 22 marzo 2021

Primo sciopero nazionale dei lavoratori Amazon


Articolo da Il sindacato è un'altra cosa

In fondo all’articolo, la campagna di sostegno allo sciopero, con i nostri gatti che fanno da testimonials. Oggi NIENTE PACCHI! Con le scatole ci giocano solo loro!

Il testo dell’articolo è ascoltabile da questo link, nella trasmissione di RadioQuarantena di venerdì 19 marzo.

Oggi, lunedì 22 marzo, è il primo sciopero nazionale nei magazzini Amazon italiani. Il blocco parte dalle 6.30 del mattino e riguarda l’intero turno degli addetti alla distribuzione, dai magazzini fino ai corrieri sui furgoncini. Per l’intera giornata, speriamo che Amazon si fermi, niente pacchi, niente consegne. Lo sciopero è indetto da Cgil Cisl Uil del settore e riguarda circa 30-40mila persone, anche se, tra appalti e subappalti, nessuno conosce il numero preciso di quanti lavorano nella ‘catena di montaggio’ delle merci. Uno stop che arriva a un anno dall’inizio della pandemia, dopo il boom di ordini e fatturato dovuto al vertiginoso aumento dell’e.commerce nel 2020, ma con lavoratori e lavoratrici esausti, anche perché non si sono mai fermati, nemmeno nei momenti più duri della crisi sanitaria, nonostante i rischi di contagio, corsi soprattutto da chi consegna casa per casa.  Essenziali, quindi, ma con bassi salari, condizioni precarie di sicurezza e soprattutto carichi di lavoro massacranti.

Boom di fatturato, dicevo, (Jeff Bezos, l’AD di Amazon, è diventato la prima persona nella storia del mondo ad ammassare un patrimonio netto di oltre $200 miliardi) a cui non è corrisposta, però, una maggiore attenzione per le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, con la direzione che rifiuta ogni richiesta di confronto con i sindacati, in particolare sul rispetto della clausola sociale in caso di cambi d’appalto, sulla stabilizzazione dei precari e sui ritmi di lavoro insostenibili, in particolare i carichi e gli orari di lavoro dei driver, le cui consegne sono regolate da un algoritmo che ignora le condizioni di traffico delle grandi città, costringendo a rispettare tabelle di marcia impossibili e che mettono costantemente a rischio la loro, e la nostra incolumità. È già accaduto che nel ritmo frenetico delle consegne questi lavoratori si siano trovati coinvolti in incidenti, talvolta mortali. Senza considerare che gli eventuali danni ai mezzi sono tutti a loro carico. A questo si aggiungono salari ridotti all’osso, nonostante il boom dei profitti, e scarse condizioni di sicurezza sul fronte Covid.

I sindacati, denunciano il fatto che Amazon abbia repentinamente bloccato il tavolo della trattativa.

La risposta della multinazionale sarebbe che no, non è vero, ci sono stati due incontri nel mese di gennaio. E tanto basta alla direzione e alla associazione datoriale per accogliere lo sciopero con “stupore e disappunto” perché, dicono, non depone a favore di un confronto e di un dialogo e certo renderà difficili le trattative. In merito, in una intervista al responsabile del gruppo per l’Italia, si legge che «Da sempre, rispettiamo il diritto dei nostri dipendenti a formare o aderire a un sindacato senza timore di ritorsione, intimidazione o persecuzione”. Beh, direi, aggiungo io, si chiama Costituzione, ed è la base di tutto l’impianto legislativo di questo paese. È entrata in vigore nel 1948, pensa un po’. Lo dico, così, a titolo informativo, se per caso Amazon se lo fosse perso.

Sul fronte salariale, nella stessa intervista, l’azienda afferma che i livelli di inquadramento nei suoi stabilimenti sono di gran lunga superiori a quelli del settore e quindi i trattamenti economici sono già competitivi e superiori alla media nazionale. Beh, che dire, siete il colosso mondiale dell’e.commerce, qualche responsabilità dovreste pure avercela. In ogni caso, rivendica anche un premio da 800 euro cumulati per il lavoro durante la pandemia. Dice che era una erogazione a titolo di riconoscimento e ringraziamento ai nostri dipendenti per il lavoro eccezionale svolto durante l’emergenza sanitaria». Io più prosaicamente mi domando se non si possa piuttosto chiamarla indennità di contagio!

Insomma, complessivamente, una risposta dell’azienda a questa inaspettata dichiarazione di sciopero che è la migliore conferma, se ce ne fosse stato bisogno, della necessità e della giustezza dello sciopero. Ripeto, se ce ne fosse stato bisogno, perché casomai bisognerebbe chiedersi come non sia stato dichiarato prima questo sciopero, per lavoratori e lavoratrici che hanno ritmi e carichi di lavoro tali da non avere nemmeno la possibilità di fermarsi per andare in bagno.

Veniamo quindi alle condizioni di lavoro, anche dentro i magazzini, non soltanto quelle dei driver sulla strada. Riporto alcuni passaggi di inchieste e testimonianze di chi ha lavorato nell’inferno della catena di montaggio delle merci.

“In piedi da ore, sollevo una cesta dal nastro e me la metto davanti. Prendo il primo prodotto, lo scansiono e con una rotazione che a volte sfiora i 180 gradi lo metto a sinistra, in una delle dodici ceste che il computer mi indica. Prendo il prodotto successivo e obbedisco di nuovo al pc. Poi un altro ancora, veloce. La mente è svuotata, annullata dalla continua ripetizione degli stessi movimenti. Benché automatici, richiedono un’attenzione continua sulla singola azione. Se mi distraggo, metto i pezzi nella destinazione sbagliata”.

Questo è il reportage del giornalista Luigi Franco, che, nel 2018, si fece assumere come lavoratore interinale nel magazzino di Amazon di Piacenza nel periodo infernale che va dal Black Friday al Natale. Obbedisco al pc. Sì, perché in questa catena di montaggio, non è la macchina a comandare tempi e movimenti ma l’algoritmo, mentre un computer traccia in tempo reale le prestazioni di ciascun lavoratore. Taylorismo digitale, con target che possono toccare i 360 pezzi smistati all’ora e in più l’aggravio dell’attenzione, che almeno al Charlie Chaplin di tempi moderni erano risparmiati, con tanto di briefing motivazionali per aumentare la produttività. L’algoritmo non detta soltanto i ritmi di lavoro, ma stabilisce anche, sulla base del loro rispetto, chi deve essere assunto a tempo indeterminato e chi deve andarsene, chi può restare e chi deve essere licenziato.

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Fonte: Il sindacato è un'altra cosa

Autore: Eliana Como

 
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Articolo tratto interamente da Il sindacato è un'altra cosa 

Photo credit Il sindacato è un'altra cosa


8 commenti:

  1. Sono d'accordo con questo sciopero e spero davvero che almeno per oggi i miliardi di clienti di Amazon evitino di acquistare prodotti.

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  2. Molto interessante il tuo blog!
    Un lavoro veramente massacrante che dipende da un algoritmo! Spero che vengano riconosciuti i diritti di chi lavora in questo settore!

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  3. Io avrei scioperato per via dell'ingaggio di Fedez a testimonial di Prime Video.

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