sabato 3 novembre 2018

Inferno climatico



Articolo da Comune-info
di Rebecca Rovoletto*

Nella giornata di domenica arrivano i comunicati di Prefetture e Protezione Civile delle province del Veneto. È allerta rossa per maltempo. Seguono immediate le ordinanze dei moltissimi sindaci che chiudono in via precauzionale le scuole di ogni grado per le due giornate successive. A sera leggo un bollettino del Centro Meteorologico Lombardo:

“Dopo la temporanea attenuazione delle precipitazioni in queste ultime ore di domenica, nella giornata di lunedì 29 ottobre 2018 è attesa la fase più acuta e potenzialmente critica di questo severo episodio perturbato. Siamo particolarmente in imbarazzo nell’emettere questa previsione, perché è la prima volta che la modellistica numerica ci mostra una sinottica così impressionante per intensità dei contrasti e soprattutto per estensione della fenomenologia. Da sempre condanniamo nel modo più assoluto l’allarmismo sensazionalistico, vera piaga dell’informazione meteorologica sul web. In questa particolare situazione, tuttavia, non possiamo nascondere la nostra seria preoccupazione per l’evoluzione meteorologica attesa lunedì sul Nord Italia”-

La situazione è seria e le proiezioni meteo fanno paura: le condizioni sono sovrapponibili a quelle del novembre 1966, dicono, l’anno delle terribili alluvioni in Toscana e nel Triveneto.


Normali, in Veneto le perturbazioni arrivano tra ottobre e novembre e segnano il passaggio di stagione. Normali sono le prime forti piogge e le nebbie. Normale è lo scirocco che da sudest solleva i tabarri e le maree. È il momento in cui accendi i primi fuochi di legna e ci arrostisci le castagne. Ma l’enorme energia che i familiari flussi atmosferici accumulano per effetto delle temperature fuori controllo in terra e in mare, no, quella non è normale. Quella è opera dell’uomo, della sua dissennatezza.

Giusto i primi di ottobre è uscito il rapporto Speciale IPCC (Intergovernamental Panel on Climate Change). Il rapporto indica in dodici anni, il 2030, il punto di non ritorno per non oltrepassare la soglia di 1,5°C di surriscaldamento globale – dovuta principalmente alle emissioni antropiche di gas climalteranti come la CO2 – oltre la quale non sarebbe più possibile una inversione di trend, oltre la quale non sono nemmeno prevedibili gli scenari di rischio.

“Uno dei messaggi chiave che emerge con molta forza da questo rapporto è che stiamo già vedendo le conseguenze di un riscaldamento globale di 1°C quali, tra gli altri, l’aumento di eventi meteo estremi, innalzamento del livello del mare, diminuzione del ghiaccio marino in Artico”, ha detto Panmao Zhai, co-presidente del Working Group I dell’IPCC.

Tra la notte di domenica 28 e l’alba di martedì 30 due masse d’aria potentissime e antagoniste si scontrano nei cieli del Mediterraneo: una cascata d’aria di provenienza artica e una massa tropicale formano una specie di dorsale di risucchio-e-rilascio, la cresta di un’onda supercarica di umidità che punta veloce e dritta sulla penisola. Piogge torrenziali e venti localmente fino ai 200 km/h spazzano l’Italia intera.

Ma sono il centro e soprattutto il nord Italia i più diffusamente colpiti. Perché dopo una corsa spaventosa che ha distrutto tratti di costa e paesi, l’onda trova le Alpi che fanno da diga, ammassando il vapore condensante a ridosso dei pendii, in prossimità dei quali le piogge vengono concentrate ed esaltate nella loro intensità. Venezia, la mia Venezia, va sotto la sua quarta ‘aqua granda’ di sempre, 156 cm: in Basilica si sbriciolano gli intonaci, si staccano i mosaici.

Paesaggi spettrali cominciano a diffondersi nel web e vediamo cosa ne è stato del bellunese e dei suoi borghi, dell’Altopiano di Asiago, delle zone pedemontane e dolomitiche e, più su, del Trentino, della Carnia friulana… Paesi franati, interi boschi abbattuti, strade che non esistono più, reti elettriche e idriche compromesse, non c’è corrente, l’acqua non è più potabile. Ci sono morti e sfollati.

E poi guardiamo i fiumi. “Spetemo a veder cossa riva dalla montagna” diciamo qui in pianura. Perché tutta quell’acqua deve venire giù, ma il mare non riceve per il violento scirocco. I nostri grandi fiumi – il Bacchiglione, la Brenta, l’Adige, il Piave, il Tagliamento – sono alti, grossi, oltre la soglia di guardia, a tratti tracimati. La Brenta viaggia al contrario per 25 km. Il Piave è furibondo, mai visto il Piave così.

I corsi d’acqua minori sbracano, invadono le strade e le case troppo vicine. Acqua, fango e vento flagellano più di tutte la provincia di Belluno. Molti i comuni del Medio Alto Agordino pesantemente colpiti: Rocca Pietore, Alleghe, Cencenighe, Colle Santa Lucia, Livinallongo del Col di Lana, San Tomaso e Taibon, quest’ultimo ha appena perso 700 ettari di bosco per un incendio dovuto a temperature eccessivamente alte e vento. E poi il Comelico e il Cadore. Interi boschi del Cansiglio e del Feltrino rasi al suolo. Il bellunese che conoscevamo per averlo vissuto da vicino non esiste più, un prezioso patrimonio naturale e ambientale distrutto, la memoria cancellata.


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Fonte: Comune-info  


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Articolo tratto interamente da 
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Video credit Gerry De Zolt caricato su YouTube


6 commenti:

  1. E' tutto terribile, ma si continua a parlare solo di grandi opere, la manutenzione ed il monitoraggio non pagano e non portano voti.
    Ma la loro assenza porta devastazione.

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    1. Franco hai perfettamente ragione, purtroppo la scarsa manutenzione porta solo danni.

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  2. Sono situazioni apocalittiche, davvero spaventose, ma la rottura di quel sottile equilibrio che comprendeva anche nubifragi eccezionali e ricorsivi, purtroppo è opera come dici tu, della dissennatezza dell'essere umano, delle scelte irrispettose e della perseveranza nell'errore.

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  3. Sono tragedie annunciate da decenni. Non abbiamo avuto cura del pianeta. Guarda questo novembre, forse solo ora inizierà a far freddo. Mi spiace molto per i bellunesi.

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