martedì 3 dicembre 2024

3 dicembre 1984 - Disastro di Bhopal: una perdita di metilisocianato da una fabbrica di fitofarmaci della Union Carbide a Bhopal (Madhya Pradesh, India), uccide più di 3.800 persone e causa danni ad altre persone, stimate tra le 150.000 e le 600.000

Union Carbide pesticide factory, Bhopal, India, 1985


Articolo da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Il disastro di Bhopal è stato un incidente industriale avvenuto il 3 dicembre 1984 in uno stabilimento chimico di proprietà della multinazionale Union Carbide, situato nella città di Bhopal, nello stato indiano del Madhya Pradesh. L'evento comportò la fuoriuscita nell'atmosfera di circa 40 tonnellate di vapori di isocianato di metile (MIC), un composto estremamente tossico che causa danni irreversibili agli organismi. Si formò una nube che si diffuse sui quartieri della città in un raggio di alcuni chilometri, prevalentemente a sud dello stabilimento. Oltre duemila persone morirono la notte stessa del disastro, mentre tentavano la fuga per le strade oppure poco dopo il trasporto in ospedale. Si stima che le vittime decedute per gli effetti dell'avvelenamento nel corso dei mesi e degli anni successivi siano nell'ordine delle decine di migliaia. L'impianto era specializzato nella produzione di insetticidi e apparteneva alla Union Carbide India Limited (UCIL), consociata della multinazionale statunitense Union Carbide specializzata nella produzione di fitofarmaci[3].

Il rilascio di isocianato di metile avvenne poco dopo la mezzanotte fra il 2 e il 3 dicembre 1984, nell'impianto deputato alla produzione dell'insetticida Sevin. La nube ricadde sulla città uccidendo in poco tempo 2 259 persone, e ne avvelenò altre decine di migliaia. Il governo del Madhya Pradesh ha confermato un totale di 3 787 morti direttamente correlate all'evento[4], ma successive stime di agenzie governative indicano 15-20 000 vittime[2], rendendolo il più grave incidente da fuga di sostanze chimiche mai avvenuto.

Un affidavit governativo del 2006 ha concluso che l'incidente ha causato danni medicalmente rilevabili a 558 125 persone, delle quali circa 3 900 risultano permanentemente invalidate in modo grave[5]. Viene comunque attribuita al governo la volontà di estendere a quante più persone possibili, anche minimamente coinvolte, gli aiuti previsti dagli accordi del 1989, al prezzo di trascurare in qualche misura le invalidità di grado maggiore[5]. Sempre nel 2006 è stato rilevato che nelle zone interessate dalla fuoriuscita del gas il tasso di morbilità per varie patologie sarebbe 2,4 volte più elevato rispetto alle aree adiacenti.[5] Si ritiene inoltre che alcuni prodotti chimici rimasti nell'impianto, successivamente abbandonato, in mancanza di misure di bonifica e contenimento abbiano continuato a inquinare l'area circostante[6].

Sono stati istruiti diversi procedimenti penali e civili sia presso tribunali americani che indiani. Essi coinvolgono l'UCIL, lavoratori ed ex-lavoratori, la multinazionale madre Union Carbide e il suo amministratore delegato dell'epoca, Warren Anderson (deceduto nel 2014), sul quale dal luglio 2009 pendeva un mandato di arresto emesso dalla giustizia indiana.[6] Nel giugno 2010 un tribunale di Bhopal ha emesso una sentenza di colpevolezza per omicidio colposo per grave negligenza nei confronti di otto ex-dirigenti indiani della UCIL (di cui uno già deceduto) tra i quali il presidente all'epoca dei fatti Keshub Mahindra[7][8][9]


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Photo credit Bhopal Medical Appeal, Martin Stott, CC BY-SA 2.0, da Wikimedia Commons


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