venerdì 13 ottobre 2023

La fame di Miguel Hernández



La fame

Tieni a mente la fame: ricorda il suo
torbido passato di capisquadra che pagavano in piombo.
Quella paga a prezzo di sangue riscosso,
con gioghi sull'anima, con colpi sulle spalle.

La fame faceva sfilare davanti alle sale da pranzo e ai corpi sani le loro vacche spremute,
le loro donne arse,
le loro mammelle divorate, le loro
mascelle avide, le loro miserabili vite.

Gli anni dell'abbondanza, della sazietà e della sazietà,
erano solo per coloro che si definivano padroni.
Perché il pane arrivi fino ai denti
degli affamati dei poveri, eccomi, eccoci.

Non possiamo essere loro, quelli opposti,
quelli che intendono la vita come un bottino cruento:
come gli squali, voraci e dentati,
pantere desiderose di un mondo sempre affamato.

Anni di fame sono stati i suoi anni per i poveri.
Hanno aggiunto la loro quantità di pane per l'altro.
E la fame devastava i suoi rapaci stormi
di corvi, tenaglie, lupi e scorpioni.

Lotto avidamente, con tutte le mie lacune,
cicatrici e ferite, segni e ricordi
della fame, contro tante pance soddisfatte:
maiali di origine peggiore di quella dei maiali.

Per esserti ingrassato così basso e brutalmente,
sotto dove si consolano i maiali,
sarai attraversato da questa grande corrente
di orecchie fiammeggianti, di pugni minacciosi.

Non avete voluto ascoltare con orecchie aperte
il grido di milioni di bambini lavoratori a giornata.
Abbaiavi quando la fame veniva alle tue porte
per chiedere con la bocca delle stesse stelle.

In ogni casa un odio come un fico oscuro,
come un toro tremante dalle corna tremanti,
sfonda i tetti, ti circonda e ti tende agguati
e ti distrugge con cornate e cani morenti.

La fame è la prima cosa della conoscenza:
avere fame è la prima cosa che impariamo.
E la ferocia dei nostri sentimenti,
là dove ha origine lo stomaco, si accende.

Non si è così umani da non strangolare un giorno
gli uccelli senza sentirsi feriti nella coscienza:
che non si è capaci di annegare
nella neve fredda dei piccioni che non sanno se non sono innocenti.

L'animale mi influenza fino all'estremo,
la bestia batte con tutta la mia forza, le mie passioni.
A volte devo fare uno sforzo supremo
per mettere a tacere la voce dei leoni dentro di me.

Sono orgoglioso del titolo di animale nella mia vita,
ma nell'animale umano persevero.
E cerco nel mio corpo la cosa più pura che si annida,
sotto tanta erbaccia, con il suo primo valore.

Attraverso la fame l'uomo ritorna nei labirinti
dove la vita dimora sinistramente solitaria.
La bestia riappare, ritrova i suoi istinti,
le sue zampe ispide, i suoi rancori, la sua coda.

Getta via gli studi e la saggezza,
e si toglie la maschera, la pelle della cultura,
gli occhi della scienza, la crosta tardiva
del sapere che scopre e cerca.

Quindi conosce solo il male, lo sterminio.
Inventa i gas, lancia motivazioni distruttive,
ritorna sullo zoccolo, si ritira nel dominio
della zanna e avanza verso i mangiatori.

Fa esercizio sulla bestia e tiene il cucchiaio
pronto perché nessuno si avvicini a lui a tavola.
Poi al mondo vedo solo un branco di tigri
, e ai miei occhi la visione fa male e pesa.

Non ho nell'anima mia tanto tigre accettata,
tanto sciacallo adottato, che il vino che mi tocca,
il pane, il giorno, la fame non siano stati condivisi
con altre fami nobilmente poste nella mia bocca.

Aiutami ad essere uomo: non lasciarmi essere una
bestia affamata, feroce, eternamente assediata.
Io, animale familiare, con questo sangue operaio
ti dono l'umanità che il mio canto prefigura.

Miguel Hernández


4 commenti:

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