mercoledì 31 agosto 2022

È morto ieri sera all’età di 91 anni Michail Gorbaciov

RIAN archive 359290 Mikhail Gorbachev

Articolo da Il Manifesto

È morto ieri sera all’età di 91 anni Michail Gorbaciov, l’ultimo leader dell’Unione sovietica. E sicuramente l’unico e l’ultimo ad avere tentato in extremis di riformare quel sistema ma con una apertura che per la portata delle proposte e dell’iniziativa, avrebbe spiazzato l’Occidente, così tanto che i leader occidentali sarebbero diventati incredibilmente suoi presunti fan. In realtà Gorbaciov, che pure era stato sponsorizzato come segretario nel 1985 da Andropov e dall’apparato del partito, voleva ancora salvare l’idea di trasformazione socialista ma coniugandola alla democrazia, voleva la glasnost e la perestrojka, una ventata di verità, apertura, libertà e trasparenza per modificare dall’interno un regime di chiusura, omertà e potentati. Intanto mettendo subito in discussione il ruolo del partito e della stessa figura del segretario che non sarebbe dovuta essere più centrale rispetto alla società. Quasi ad imitazione della Primavera di Parga voluta da Dubcek nel 1968 e repressa dai carri armati del Patto di Varsavia. Gorbaciov propose per questo il Congresso dei deputati del popolo, un organismo di nuova rappresentatività della società civile sovietica, riattivando una memoria critica – furono gli anni della nascita di Memorial – sostanzialmente antistalinista (fu riabilitato Bucharin).

Su terreno internazionale avviò il ritiro dell’Armata rossa dall’Afghanistan, dall’avventura disastrosa voluta da Brezhnev nel 1979 che fini dieci anni dopo nel 1989, e pose fine alla dottrina Brezhnev che prevedeva l’ingerenza armata dell’Urss nei Pesi satelliti; di fronte al persistere dei blocchi militari in Europa, c’era ancora il patto di Varsavia – chiuderà i battenti nel 1995 – e l’Alleanza atlantica che c’è ancora, avanzò la proposta di una “Casa comune europea dall’Atlantico agli Urali” in una prospettiva di pace e di integrazione di popoli e sistemi; aprì lo spiraglio dell’unificazione della Germania, terribile e difficile per un Paese massacrato dalla furia nazista nella Seconda guerra mondiale, consapevole che il Muro di Berlino non poteva durare e infatti crollò nel 1989, ma avendo l’assicurazione americana e atlantica che la Nato mai si sarebbe allargata a est; trattò veramente con il presidente Usa Ronald Reagan l’eliminazione totale delle armi strategiche nucleari.

Col senno di poi tanti detrattori, interni ed esterni della sua politica, dichiarano ora che questa mastodontica trasformazione gorbacioviana era una pia illusione perché fallì. Perché Gorbaciov fallì, abbandonato da tutti. L’Urss con l’avvio della decentralizzare del potere, precipitò nella faglia dei nuovi nazionalismi, l’un contrapposto all’altro; Gorbaciov venne destituito nell’agosto del  1991 da un avventato golpe fallimentare dei duri del regime e, peggio, venne “salvato” dal suo peggior nemico, Boris Eltsin. Fu l’inizio della fine dell’Urss e di Gorbaciov, a fine 1991 venne ammainata la bandiera rossa dal Cremlino. Eltsin rilanciò la mai tramontata centralità nazionalista della Russia dentro l’Unione sovietica morente insieme alla sua personale. Un processo farsa di sostituzione, fortemente sponsorizzato dall’Occidente, che nel 1993 lo avrebbe portato a bombardare il parlamento russo voluto da Gorbaciov e ad avviare a fine anni Novanta alla presidenza e alla leadership del Paese l’ex agente del Kgb, Vladimir Putin.

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Fonte: Il Manifesto

Autore: 
Tommaso Di Francesco

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Articolo tratto interamente da Il Manifesto



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