Articolo da Volere la luna
L’ultimo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sull’andamento dei salari a livello mondiale (https://www.ilo.org/wcmsp5/groups/public/—dgreports/—dcomm/—publ/documents/publication/wcms_762534.pdf) pone molta enfasi sul ruolo che può avere una norma di legge vincolante che fissa, per ogni Paese, il salario minimo e che lo adegua progressivamente secondo l’andamento dei prezzi e dei salari. In mancanza non solo non si difendono le retribuzioni ma ‒ ci richiama l’ILO ‒ aumentano le stesse diseguaglianze tra lavoratori e tra lavoratrici e lavoratori. I dati dell’ILO sono interessanti: nel 90% degli Stati è fissato un salario minimo per legge o per contrattazione collettiva ma riconosciuta da una legge; a livello globale, nel 2019 il valore mediano dei salari minimi lordi (cioè quello mediano della distribuzione dei salari tra tutti i percettori) è stato pari a 486 dollari al mese; il salario minimo è fissato, in media, a circa il 55 per cento del salario mediano nei paesi sviluppati e al 67 per cento del salario mediano nelle economie emergenti e in via di sviluppo
Per l’elaborazione dei dati relativi ai salari in Europa l’ILO si avvale di Eurostat e così fa la Fondazione Europea sulle condizioni di lavoro (https://www.eurofound.europa.eu/it/publications/report/2022/minimum-wages-in-2022-annual-review). Conosciamo così il costo orario del lavoro nei diversi paesi europei, riportato nella tavola che segue: quello indicato è il dato medio e nel costo entrano tutte le voci: salario diretto e indiretto (fino alla dotazione dell’abito da lavoro), tasse, contributi previdenziali per il lavoratore e la sua famiglia.
Presto entrerà il vigore la Direttiva europea sul salario minimo ((https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52020PC0682) secondo cui ogni Stato membro deve scegliere, in sede di ratifica, tra un salario minimo stabilito per legge oppure un rinvio alla contrattazione. Nella proposta di direttiva i criteri per la fissazione del salario minimo sono «quelli comunemente indicati a livello internazionale» (art. 5.3); quindi, affinché si possa dire garantito il rispetto del diritto all’equa retribuzione già sancito nell’art. 4 della Carta Sociale Europea, gli Stati Membri possono o utilizzare l’indice Kaitz (60% del salario lordo mediano nazionale) oppure, in alternativa, l’indice indicato dal Consiglio d’Europa (50% del salario medio netto).
Ci rimane il salario minimo dei poveri, delle lavoratrici e dei lavoratori che prestano la loro opera in modo occasionale; per lo Stato italiano “incapienti” non potendo superare un reddito di 5.000 € l’anno e pagare le tasse. Il compenso per il prestatore d’opera occasionale è regolato dal comma 16 dell’articolo 54 bis del decreto legge n. 96/2017: «La misura minima oraria del compenso è pari a 9 euro […]. Sono interamente a carico dell’utilizzatore la contribuzione alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, nella misura del 33 per cento del compenso, e il premio dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali nella misura del 3,5 per cento del compenso». Il legislatore ha quindi stabilito solo per una minoranza di lavoratrici e lavoratori una retribuzione che non può essere ulteriormente ridotta.
In Italia si porrà quindi la scelta di recepire la direttiva UE, stabilendo per legge il salario minimo, oppure continuare con le prassi in atto che fanno riferimento ai contratti collettivi nazionali. Nel secondo caso, essendo 498 i contratti collettivi registrati nel database del Cnel e dell’Inps (https://www.inps.it/docallegatiNP/Mig/AllegatiNews/Database_CCNL.pdf), avremo 498 salari minimi e continueremo a non sapere cosa succede per i contratti non registrati. Nessuno ci dirà qual è il salario mediano nazionale lordo o il salario reale netto su cui calcolare un ipotetico salario minimo italiano, e dovremo accontentarci di sapere di avere la retribuzione contrattuale lorda più bassa tra i paesi europei che stabiliscono i salari per via contrattuale (Austria, Danimarca, Finlandia, Italia, Norvegia e Svezia).
Continua la lettura su Volere la luna
Fonte: Volere la luna
Autore: Fulvio Perini
Licenza: Creative Commons (non specificata la versione)
Articolo tratto interamente da Volere la luna
Sarebbero ritardi se esistesse veramente la volontà politica di attuarli e porli in essere ma a me non pare sia così.
RispondiEliminaSicuramente tanti politici non hanno voglia d'introdurlo.
Elimina