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Pink Floyd a Venezia: Un Concerto per l'Europa, più noto semplicemente come concerto dei Pink Floyd a Venezia, fu la penultima esibizione della band inglese Pink Floyd durante la seconda tournée europea dell'A Momentary Lapse of Reason Tour del 1989.
Annoverato tra i più straordinari e controversi concerti rock mai tenutisi in Italia[1], l'evento fu gratuito e organizzato su un palco galleggiante il 15 luglio 1989 in occasione della tradizionale festa del Redentore alla presenza di circa 200000 spettatori posizionati sulle rive e sulle imbarcazioni del bacino di San Marco. Il concerto venne trasmesso dalla Rai in mondovisione con un pubblico di circa 100 milioni di telespettatori.
La gestione complessiva del megaevento fu al centro di aspre polemiche sulla salvaguardia della città lagunare.
Dopo le tappe all'Arena di Verona, a Monza, a Livorno e a Cava dei Tirreni nel maggio 1989, l'impresario veneziano Francesco Tomasi propose ai Pink Floyd di chiudere il loro passaggio in Italia con un concerto gratuito nella sua città per il giorno 15 luglio 1989, giorno della festa del Redentore.[2]
Inizialmente si pensò di allestire il palco, alto ventiquattro metri, sulla punta estrema dell'isola della Giudecca, ma poi per motivi di spazio fu deciso di impiegare alcune grandi zattere ormeggiate al centro del bacino di San Marco, di fronte al Palazzo Ducale.
La notizia dell'evento, circolata all'inizio di aprile, scatenò nei tre mesi successivi un aspro dibattito polemico, riguardante in particolare il decoro della città e il timore che l'eccessivo volume della musica potesse danneggiare il patrimonio artistico della stessa: la soprintendenza ai beni culturali pose quindi un limite di sessanta decibel[3] per non danneggiare i mosaici bizantini della basilica di San Marco (sebbene durante il concerto vennero registrati picchi anche di novantadue decibel)[4] e vietò l'installazione dei bagni chimici temporanei per motivi estetici.
Le polemiche coinvolsero anche il mondo politico dove, da un lato, vi erano sostenitori dell'iniziativa come il vicepresidente del consiglio Gianni De Michelis (che voleva candidare Venezia quale sede per l'Expo 2000)[5] e l'assessore alla cultura del Comune di Venezia, Nereo Laroni, e da un altro i contrari come esponenti della Democrazia Cristiana.[6] L'amministrazione comunale rimase a lungo indecisa ma alla fine il vicesindaco Cesare De Piccoli firmò l'ordinanza che autorizzava il concerto (il sindaco Antonio Casellati si era infatti rifiutato di farlo), appena un'ora prima dell'inizio dell'evento[7] e per motivi di ordine pubblico, dal momento che la città era stata ormai invasa da un immenso pubblico giunto fin dalla sera precedente grazie a treni speciali e voli charter provenienti da tutta Europa.
Il costo dell'evento fu finanziato per un miliardo di lire dalla Rai, che trasmise il concerto in mondovisione, incluse l'Unione Sovietica (in differita) e contemporaneamente nelle due Germanie; il resto delle spese (alcune centinaia di milioni di lire) furono coperte dai Pink Floyd stessi. Si stima che a livello mondiale il concerto sia stato seguito da 100 milioni di spettatori, di cui 27 milioni negli Stati Uniti (dove l'evento fu trasmesso via cavo al prezzo di dieci dollari).[5] In Italia il concerto fu visto da oltre 3,5 milioni di spettatori, con un indice d'ascolto del 30%.[7]
Per motivi tecnici, dovuti alle esigenze televisive della diretta, alla disponibilità dei satelliti per la mondovisione e alla pubblicità, il concerto fu limitato a soli novanta minuti, con alcune canzoni tagliate o eliminate del tutto rispetto alla scaletta originale (furono suonate infatti solo quattordici canzoni anziché le ventitré previste nel tour).[8]
«Lo spettacolo di Venezia è stato molto divertente, ma molto teso e snervante. Avevamo una durata specifica dello spettacolo da fare; la trasmissione via satellite ci ha obbligato ad avere un programma assolutamente preciso. Avevamo l'elenco delle canzoni e le avevamo accorciate, cosa che non avevamo mai fatto prima. Avevo un grande orologio digitale rosso sul pavimento di fronte a me e l'ora di inizio di ogni canzone scritta su un pezzo di carta. Se ci stavamo avvicinando all'ora di inizio della canzone successiva dovevo solo chiudere quella che stavamo suonando. Ci siamo divertiti molto, ma le autorità cittadine che avevano accettato di fornire i servizi di sicurezza, i servizi igienici e il cibo hanno completamente rinnegato tutto quello che dovevano fare e poi hanno cercato di incolpare noi di tutti i problemi successivi.»
La chiusura del concerto fu segnata dal tradizionale grande spettacolo pirotecnico che caratterizza la festa del Redentore e proprio questo fece registrare un'intensità di centosette decibel, superiore ai limiti concessi[10].
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