martedì 16 luglio 2024

Grave siccità in Sicilia



Articolo da GlobalProject

Ve la ricordate la Roma disumanizzata che fa da sfondo al film “Siccità” di Paolo Virzì? Quelle scene, molto meno apocalittiche e visionarie di quello che possiamo immaginarci, proviamo a trasferirle nella Sicilia del 2024, colpita da una delle più gravi crisi idriche della storia. Ed ecco che le storie tendono a normalizzarsi, il “dramma ecologico” viene assorbito dall’idea che la siccità sia ormai qualcosa di routinario, amalgamatasi a tal punto con le dinamiche sociali da non fare più nemmeno notizia.

In Sicilia il 2023 è stato il quarto anno consecutivo con precipitazioni al di sotto della media e nel 2024 alcune aree dell'isola che hanno ricevuto meno del 50% delle piogge annuali attese (Fonte: ARPA Sicilia). Questa mancanza di piogge ha colpito duramente sia l'agricoltura che le riserve idriche, fondamentali per il sostentamento delle comunità locali. Tuttavia, la crisi idrica non può essere attribuita esclusivamente alla scarsità delle piogge. La gestione delle risorse idriche è stata spesso frammentata e inefficiente, con infrastrutture obsolete e una distribuzione dell'acqua che favorisce interessi particolari a discapito delle necessità collettive. L'irrigazione intensiva per l'agricoltura, soprattutto per colture ad alto consumo idrico come gli agrumeti, ha ulteriormente aggravato la situazione (si legga Erasmo D'Angelis e Mauro Grassi, Lo strano caso della Sicilia, l’isola in perenne siccità dove non manca l’acqua ma mancano le infrastrutture dell’acqua, Greenreport 14 maggio 2024).

Lezioni dal passato: politica e acqua

La gestione dell'acqua in Sicilia ha una lunga storia segnata da conflitti e dinamiche di potere che risalgono all'epoca dell'antica Grecia e Roma. Nel corso dei secoli, l'acqua è stata oggetto di dispute tra potenti proprietari terrieri, comunità locali e autorità centrali, riflesso della complessa stratificazione sociale e politica dell'isola.

Giulio Boccaletti, nel suo libro "Siccità", esplora come queste tensioni siano state centrali nello sviluppo delle civiltà mediterranee. Egli evidenzia che la gestione dell'acqua non è mai stata soltanto una questione tecnica, ma anche una leva di potere e controllo. Nell'antichità, la costruzione di acquedotti e sistemi di irrigazione ha permesso la crescita delle città e lo sviluppo agricolo, ma ha anche creato disparità nella distribuzione delle risorse, privilegiando le élite urbanizzate a discapito delle comunità rurali.

Durante il periodo medievale e oltre, le dinamiche politiche intorno all'acqua si sono intensificate. I feudatari hanno controllato le sorgenti e i fiumi, esercitando un dominio che ha condizionato la vita quotidiana delle popolazioni rurali. Questi conflitti sono perdurati fino ai giorni nostri, influenzando le politiche di gestione delle risorse idriche e le dispute territoriali che hanno caratterizzato la Sicilia moderna. Nella Sicilia contemporanea, le controversie riguardanti l'acqua continuano a riflettere una complessa intersezione tra interessi economici, diritti storici e bisogni delle comunità locali. La modernizzazione delle infrastrutture idriche, se da un lato ha migliorato l'accesso all'acqua nelle città, dall'altro ha spesso ignorato le esigenze delle aree rurali e delle piccole aziende agricole.

Agricoltura in crisi: impatti economici devastanti

La siccità ha avuto ripercussioni devastanti sull'economia siciliana, in particolare nel settore agricolo. Secondo un rapporto della Coldiretti, le perdite per l'agricoltura nel 2024 sono stimate intorno ai 600 milioni di euro, con riduzioni significative nella produzione di grano, olive e agrumi (Fonte: Coldiretti). Molti agricoltori si trovano in difficoltà finanziarie, incapaci di sostenere i costi aggiuntivi per l'irrigazione e i danni causati dalla siccità. La mancanza di acqua ha portato anche alla riduzione della produzione di ortaggi e frutta, compromettendo l'approvvigionamento alimentare locale e aumentando la dipendenza dalle importazioni.

Uno degli effetti più immediati è stato il razionamento dell’acqua potabile nelle aree urbane, in particolare a Palermo. A inizio aprile l’Amap, la municipalizzata che gestisce il servizio idrico nel capoluogo, ha reso attivo il piano d’emergenza con l’obiettivo di razionare l’acqua fino al prossimo inverno. Una scelta considerata ingiusta, perché di fatto fa ricadere su tutta la popolazione lo spreco idrico di cui è responsabile solo una piccola fetta. È in quest’ottica che va letto il blitz di Ultima Generazione fatto alla fontana «danzante», al molo trapezoidale di Palermo, lo scorso 4 Aprile. «Questa acqua non è vostra, questa acqua è dei palermitani» è lo slogan gridato dagli attivisti che si sono muniti di spugnette e piatti e panni da lavare all’interno della fontana, spiegando così l’iniziativa: «Siamo in emergenza siccità e usiamo una fontana come intrattenimento dei turisti».

Disuguaglianze e interessi mafiosi

La crisi idrica ha messo in evidenza profonde disuguaglianze nella distribuzione e nell’uso delle risorse idriche, non solo nelle grandi città. Molte comunità rurali e piccoli agricoltori sono stati colpiti in modo sproporzionato rispetto alle aree urbane e ai grandi latifondisti.

Secondo un'indagine condotta dall'Osservatorio Oltre il 40% delle risorse idriche è destinato a grandi proprietà agricole, mentre le piccole aziende familiari ricevono meno del 20. L'Istat ha riportato che nel 2024 il 30% delle famiglie siciliane ha subito restrizioni nella fornitura idrica, con punte del 50% nelle aree rurali (vedi Le statistiche dell’ISTAT sull’acqua | anni 2020-2023). Questo divario evidenzia come le decisioni politiche e la gestione delle risorse possano favorire determinate aree e gruppi sociali a scapito di altri.

Una delle cause di questo è senza dubbio il controllo che da sempre la mafia ha esercitato sull’acqua e fin qui nessuna sorpresa. Basti pensare al ruolo che storicamente hanno esercitato i gruppi mafiosi nella coltivazione degli agrumi o alla “grande sete” di Palermo di fine anni ’70 (si veda Umberto Santino, L’acqua rubata. Dalla mafia alle multinazionali, Centro Siciliano di Documentazione Giuseppe Impastato, 3 Maggio 2015).

Ma non possiamo liquidarla solo così. Affrontare la crisi idrica in Sicilia richiede un approccio olistico che tenga conto delle interconnessioni tra ambiente, economia e società. Le soluzioni proposte finora, spesso limitate a interventi tecnici come la costruzione di nuove infrastrutture, non affrontano adeguatamente le radici politiche ed economiche del problema. Ad esempio, la costruzione di nuove dighe o acquedotti non può essere la sola risposta, poiché questi progetti richiedono tempi lunghi e hanno un impatto ambientale negativo, andando ad aumentare il problema piuttosto che risolverlo. Tra gli esempi più significativi quello della diga di Blufi, progettata negli anni '90 e ancora incompiuta: vero e proprio monito dell'inefficienza e della cattiva gestione delle risorse pubbliche.

Continua la lettura su GlobalProject




Autore: redazione GlobalProject

Licenza: Creative Commons (non specificata la versione


Articolo tratto interamente da GlobalProject  


Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono in moderazione e sono pubblicati prima possibile. Si prega di non inserire collegamenti attivi, altrimenti saranno eliminati. L'opinione dei lettori è l'anima dei blog e ringrazio tutti per la partecipazione. Vi ricordo, prima di lasciare qualche commento, di leggere attentamente la privacy policy. Ricordatevi che lasciando un commento nel modulo, il vostro username resterà inserito nella pagina web e sarà cliccabile, inoltre potrà portare al vostro profilo a seconda della impostazione che si è scelta.