giovedì 25 luglio 2024

Le proteste degli studenti in Bangladesh

10.Bangladesh quota reform movement 2024


Articolo da Transform! Italia

La repressione del governo e gli attacchi da parte dei sostenitori del partito al potere hanno innescato una delle più grandi proteste contro la prima ministra Sheikh Hasina Wazed. Così le proteste pacifiche contro un controverso sistema di quote per i candidati a posti di lavoro governativi si sono trasformate in disordini a livello nazionale, con la richiesta di ritenere il governo responsabile della morte di almeno 150 persone, di migliaia di feriti e di centinaia di incarcerati. Gli scontri hanno fatto seguito a proteste violente simili prima delle elezioni nazionali di gennaio da parte degli oppositori di Hasina in risposta a quello che hanno definito il suo governo autoritario, e da parte dei lavoratori dell’industria tessile che chiedevano una retribuzione migliore in un contesto di elevata inflazione.

Domenica 21 luglio, dopo settimane (dal 5 giugno) di proteste pacifiche degenerate in violenza nella scorsa settimana, la Corte Suprema ha abolito la maggior parte delle quote (le ha ridotte, ma non le abolite), affermando che il 93% dei posti di lavoro pubblici saranno ora basati sul merito. Per diverse settimane studenti e persone comuni hanno protestato contro un sistema che prevedeva che più del 50% dei posti di lavoro pubblici fossero riservati a determinate categorie (figli e nipoti dei combattenti per l’indipendenza, 30%; donne, 10%; persone residenti nei distretti poveri, 10%; minoranze etniche, 5%; persone disabili, 1%), lasciando circa 3mila posti per i quali concorrono all’esame di servizio civile 400mila laureati, in questo paese dell’Asia meridionale di 170 milioni di abitanti dove la crescita dell’occupazione è stagnante (circa un quinto degli abitanti è senza lavoro o istruzione) e il costo della vita è aumentato vertiginosamente dopo la pandemia di CoVid-19. Gli impieghi nel settore pubblico sono ambiti perché sicuri e ben remunerati, in un paese dove la disoccupazione è dilagante, con il 40% dei giovani che non lavora né frequenta l’università. Il Bangladesh è una delle economie in più rapida crescita al mondo (con una media del 6% dal 2009), ma tale crescita non si è tradotta in posti di lavoro per i giovani laureati (800mila sono i neolaureati senza lavoro, mentre l’industria principale del paese è quella dell’abbigliamento per l’export1). Le stime suggeriscono che circa 18 milioni di giovani bengalesi sono in cerca di lavoro. I laureati si trovano ad affrontare tassi di disoccupazione più elevati rispetto ai loro coetanei meno istruiti. Inoltre, l’inflazione è intorno al 9,7 per cento, le riserve estere sono diminuite e il debito del paese è molto cresciuto: il Bangladesh si è indebitato soprattutto con la Cina per la costruzione di infrastrutture nell’ambito della Belt and Road Initiative (BRI) e nel gennaio dello scorso anno si è assicurato un piano di salvataggio di 4,7 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale dopo aver faticato a pagare le importazioni di energia, che hanno tagliato le sue riserve di dollari e alimentato l’inflazione. Un paese fragile, in gran parte sotto il livello del mare che molto spesso deve affrontare enormi disastri naturali2.

In particolare, le proteste sono scoppiate dopo il 5 giugno, quando l’Alta Corte aveva ordinato il ripristino della quota del 30% per i discendenti dei veterani che parteciparono alla guerra d’indipendenza dal Pakistan nel 1971. I manifestanti avevano chiesto l’abolizione di questa quota del 30%, sostenendo che favoriva gli alleati del partito al governo Awami League, che ha guidato il movimento indipendentista contro il Pakistan3. La Corte Suprema ha ordinato che la quota per i discendenti dei veterani sia ridotta al 5%, con il 93% dei posti di lavoro da assegnare in base al merito. Il restante 2% sarà riservato ai membri delle minoranze etniche, ai transgender e ai disabili4.

I leader studenteschi responsabili dell’organizzazione delle proteste hanno accolto con favore la decisione della Corte Suprema e lunedì le strade di Dhaka sono sembrate calme, ma hanno deciso di proseguire con le manifestazioni fino a quando le loro richieste chiave non saranno soddisfatte, compreso il rilascio delle persone incarcerate e le dimissioni dei funzionari responsabili delle violenze, tra cui il ministro degli Interni Asaduzzaman Khan, che secondo loro sono responsabili della violenza che ha causato la morte di almeno 150 persone5, mentre le autorità hanno detto che circa 300 agenti di polizia sono rimasti feriti.

Più del 70% dei decessi sono stati segnalati nella capitale Dhaka (megalopoli di 20 milioni di abitanti), dove le strade sono state disseminate per giorni dei resti di migliaia di colpi di gas lacrimogeni, granate assordanti, pallini di fucile, proiettili di gomma e pezzi di mattoni. A parte due poliziotti e due sostenitori del partito al potere (Awami League), tutti i deceduti sono studenti o persone comuni. I manifestanti hanno combattuto per giorni contro proiettili di gomma e veri con sassi, canne di bambù e pezzi di mattoni. Non c’erano solo poliziotti, ma dal lunedì 15 luglio anche persone legate al partito al potere e attivisti della Bangladesh Chhatra League, l’ala studentesca del partito Awami League del primo ministro Sheikh Hasina, che indossavano elmetti, avevano spranghe di ferro e sparavano proiettili veri contro di loro. Anche alcuni leader dell’opposizione si sono uniti alle proteste e hanno commesso atti di “vandalismo“, ma la caratterizzazione politica dei manifestanti da parte del governo è stata fuorviante: questa è stata una protesta della gente comune che è via via diventato un “movimento popolare molto più ampio” in un contesto di accuse di corruzione, mancanza di responsabilità, disuguaglianze crescenti e aumento del costo della vita.

È stato giovedì 18 luglio che la tensione è esplosa in una violenza mortale e gli attivisti hanno accusato la polizia di usare “forza illegale”. Migliaia di studenti si sono scontrati con la polizia armata a Dhaka. Durante gli scontri sono rimaste uccise 11 persone, tra cui un autista di autobus e uno studente, hanno riferito fonti della polizia. Ma l’agenzia di stampa AFP ha riferito che 39 persone sono state uccise nella scorsa settimana, 32 solo giovedì. I media locali hanno riferito che almeno 28 persone sono state uccise giovedì. Venerdì la violenza è continuata sotto il blocco totale di Internet e sono state uccise almeno 50 persone.

Con l’escalation della violenza, il governo ha imposto un coprifuoco e ordini di sparare a vista a partire da venerdì 19 luglio a mezzanotte per un periodo indefinito (rendendo di fatto illegale qualsiasi raduno di manifestanti), con intervalli intermittenti di due ore in modo che le persone potessero fare scorta di beni di prima necessità. Il giorno precedente aveva anche completamente bloccato Internet, portando a un blackout delle informazioni e all’interruzione della vita normale. Anche le attività economiche sono state completamente bloccate. La dogana del porto di Chattogram – che gestisce oltre l’80% delle esportazioni e importazioni del paese – non è stata in grado di sdoganare alcun container per cinque giorni. Dalla scorsa settimana le università sono rimaste chiuse (seppure occupate dagli studenti) e il Bangladesh è stato tagliato fuori dal mondo esterno a causa del blocco delle comunicazioni. La violenza ha continuato ad aumentare mentre la polizia ha utilizzato gas lacrimogeni, sparato proiettili di gomma e lanciato granate fumogene per disperdere i manifestanti che lanciavano pietre. Il governo ha anche schierato l’esercito per evitare che la violenza si diffondesse tra le accuse di uso eccessivo della forza da parte della polizia contro i manifestanti. Sabato i soldati sono stati visti pattugliare diversi punti centrali della città e altri quartieri. La dura repressione ha alimentato ancora più rabbia nei confronti del governo, spingendo i manifestanti ad andare oltre la richiesta di riforma delle quote per chiedere le dimissioni del governo. E hanno lanciato la Bangla blocade, un’iniziativa per paralizzare il paese bloccando autostrade, reti ferroviarie e quartieri all’interno delle città.

Sfidando il coprifuoco, migliaia di manifestanti, studenti e non, sono scesi in piazza sabato con cortei, bloccando strade e autostrade e dando fuoco a pneumatici e assi di legno in tutto il paese (in almeno 47 dei 64 distretti) e in diverse parti della capitale. A questo punto, la protesta non era più confinata tra gli studenti poiché la gente comune si è unita a loro spontaneamente da Mirpur a Dhaka. Poiché c’è rabbia repressa tra la gente comune sotto il regime autocratico di Sheikh Hasina, le persone hanno preso queste proteste guidate dagli studenti come una piattaforma per esprimere la loro insoddisfazione.

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Fonte: 
Transform! Italia


Autore: 
Alessandro Scassellati



Articolo tratto interamente da Transform! Italia



2 commenti:

  1. È un peccato che i telegiornali praticamente non ne parlino, così come del resto pochi sembrino interessarsi al Sudan

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    1. Negli anni, varie volte ho parlato di notizie spesso ignorate dall'informazione tradizionale.

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