Articolo da Sbilanciamoci.info
In Europa e non solo si parla di tassazione degli extraprofitti delle compagnie che stanno speculando sui prezzi dell’energia e sulla guerra in Ucraina. Intanto le società fanno discorsi di riconversione verso fonti sostenibili ma continuano a investire sul fossile e a incassare dividendi galattici. Non si fermeranno da sole.
Speriamo che l’attuale crisi dell’energia, in particolare con l’emergenza climatica sempre più evidente e i gravi problemi di prezzi e di forniture conseguenti anche alla guerra ucraina, possa perlomeno servire a concentrare l’attenzione su alcuni aspetti della gestione del settore che di solito passerebbero sostanzialmente inosservati. A questo proposito, una parte della grande stampa internazionale e soprattutto il britannico The Guardian ha cercato negli ultimi tempi di mettere in luce alcuni aspetti delle attività più discutibili portate avanti dalle grandi imprese energetiche. In questo articolo cercheremo di riferire brevemente su qualcuno dei più sorprendenti tra i temi sollevati.
I profitti del settore
Tra le notizie quasi sbalorditive venute di recente alla luce possiamo cominciare da quelle contenute in un articolo pubblicato in luglio sul quotidiano sopra citato (Carrington, 2022).
Nell’articolo di Damian Carrington la notizia più impressionante appare quella relativa al fatto che negli ultimi cinquanta anni l’industria del petrolio e del gas ha ottenuto nel mondo 2,8 miliardi di dollari di profitti al giorno, secondo un’analisi svolta dal professor Aviel Verbruggen su dati della Banca Mondiale, con il settore petrolifero che ottiene l’86% del totale. I profitti annuali medi del periodo 1970-2020 sono stati di circa mille miliardi di dollari all’anno. Inoltre per il professore alla fine del 2022 essi dovrebbero essere pari al doppio del solito (si veda in proposito più avanti).
Le emissioni derivanti dall’utilizzo delle energie fossili hanno contribuito per una grande parte alla crisi climatica, mentre le società petrolifere conoscevano perfettamente che stavano riscaldando il pianeta. Con tali enormi somme Big Oil ha sempre avuto e continua ad avere la forza di comprare tutti i politici del mondo e bloccare, o almeno ritardare il più possibile, l’azione degli Stati e degli organismi pubblici locali contro la crisi climatica.
Ovviamente i profitti delle società sono sopravanzano come importi i costi esterni che le imprese, per estrarre dal terreno o dal mare e distribuire il loro prodotto, hanno dovuto sostenere nel periodo (Nolan, 2022).
Per altro verso, l’industria delle energie fossili non è un business come gli altri, che fornisce cioè un normale servizio seguendo la domanda di mercato: il settore è un agente predatorio come uno spacciatore di droga che lavora ogni giorno per mantenere il mondo dipendente da questo prodotto avvelenato, sapendo bene che alla fine esso risulterà fatale (Nolan, 2022).
Su di un altro piano, le società del settore dovrebbero investire molto di più nei comparti energetici a basse emissioni di quanto stiano facendo finora, al contrario dei loro proclami di tutti i giorni. Di più, esse stanno investendo ancora enormemente in nuovi progetti nel campo delle energie fossili, tendendo così ad aggravare ancora nel prossimo futuro la crisi energetica; esse non sono certo pronte a rinunciare ai circa 100 trilioni di profitti futuri che potrebbero ancora ottenere nei prossimi anni secondo i calcoli del professor Verbruggen.
Fonte: Sbilanciamoci.info
Autore: Vincenzo Comito
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Articolo tratto interamente da Sbilanciamoci.info
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