domenica 16 febbraio 2025

16 febbraio 1943 – Strage di Domenikon: soldati italiani della Divisone "Pinerolo" uccidono per rappresaglia 150 civili greci nella zona del villaggio di Domeniko, in Grecia



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La strage di Domenikon[N 1] si riferisce alla uccisione di circa 150 civili greci nella zona del villaggio di Domeniko, in Grecia, effettuata dal Regio esercito italiano durante l'occupazione della Grecia nel corso della seconda guerra mondiale. Essa fu giustificata dai militari come reazione e rappresaglia ad un'azione partigiana avvenuta nelle zone circostanti il villaggio.

Nelle vicinanze di Domeniko, un piccolo villaggio della Grecia centrale situato in Tessaglia, il 16 febbraio 1943 un attacco partigiano contro un convoglio italiano provocò la morte di nove militi italiani delle Camicie nere[1]. 43 greci, fra attaccanti e supposti fiancheggiatori, furono uccisi a seguito dell'azione.

Come ulteriore reazione il generale della 24ª Divisione fanteria "Pinerolo" Cesare Benelli ordinò la repressione dei civili del villaggio[2]: centinaia di soldati circondarono il villaggio, lo distrussero e rastrellarono la popolazione, catturando tutti gli uomini di età compresa tra 14 e 80 anni. Essi furono caricati su furgoni militari per essere trasportati a Larissa, probabilmente in vista di un loro internamento. Sulla via però la colonna italiana fu raggiunta dall'ordine del comandante della Divisione Pinerolo di fucilarli sul posto[3]. Nel cuore della notte, nei pressi del villaggio di Damasi si procedette alla fucilazione[4] di 97 uomini[5]. Furono risparmiati solo il Capo villaggio (insediato dagli stessi italiani nei primi mesi dell'occupazione), un suo fratello e un suo cugino, collaboratori degli italiani, che avevano promesso di segnalare i nominativi dei dirigenti delle bande ribelli.[6]

Questo episodio non fu isolato: la storica Lidia Santarelli indica che esso fu il primo di una serie di violente azioni repressive attuate nella primavera-estate 1943. Dopo Domenikon seguirono altri eccidi in Tessaglia e nel resto della Grecia: 30 giorni dopo 60 civili fucilati a Tsaritsani e successivamente a Domokos, Farsala e Oxinià.[2] La lotta ai ribelli secondo una circolare del generale Carlo Geloso, comandante delle forze italiane di occupazione, fu basata sul principio della responsabilità collettiva, secondo cui "per annientare il movimento partigiano andavano annientate le comunità locali"[4]

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