Articolo da L'Ordine Nuovo
I tagli lineari ai finanziamenti delle scuole e agli enti locali, portati avanti indiscriminatamente da tutti i governi degli ultimi anni, hanno avuto effetti dirompenti soprattutto sulla qualità della didattica e dei servizi per alunni e famiglie nelle scuole primarie. Oltre alla manutenzione, ad esempio, per via delle riduzioni ai finanziamenti dei Comuni e delle città metropolitane questi non riescono a garantire agli istituti scolastici nemmeno beni fondamentali come la carta igienica, l’acqua o un pasto caldo. Come spesso ci si dimentica, infatti, per quanto riguarda edifici scolastici e diritto allo studio, i Comuni hanno competenza nei settori della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di I grado (mentre le Province hanno competenza per gli istituti di istruzione secondaria di II grado). Le scuole, dal canto loro, con le risorse a loro volta ridotte al minimo non sopperiscono alle mancanze più basilari. Chi paga le conseguenze di questo stato di cose sono ovviamente le famiglie operaie, quelle che vivono con un reddito al di sotto della soglia di povertà e in territori nei quali i servizi pubblici e le infrastrutture efficienti sono ridotti al minimo. Si tratta di famiglie sulle quali vengono scaricate tutte le tensioni e le difficoltà gestionali di istituti nei quali la scarsità di personale e di risorse rende difficile garantire spazi e professionalità adeguate.
È stata persino l’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), in Parlamento, a ricordare come già la legge finanziaria dello scorso anno aveva inflitto ai Comuni un taglio di 1 miliardo e di ulteriori 300 milioni per il periodo 2024-2028. Nella legge di bilancio del 2025, come abbiamo scritto di recente, è prevista una riduzione della spesa corrente da quest’anno al 2027 di 3 miliardi e 710 milioni. Per mostrare come le famiglie proletarie affrontano quotidianamente e descrivono le difficoltà che questo continuo e colossale taglio del salario indiretto1 provoca, abbiamo scelto una delle province più povere della penisola e nella quale i salari si trovano ai livelli più bassi: Reggio Calabria è l’unica metropoli ad avere un reddito pro capite inferiore alla media nazionale, mentre la medesima provincia è al 92° posto per il livello dei salari in Italia.
Ci troviamo, in particolare, in un piccolo Comune della Città metropolitana di Reggio Calabria, denominato Bianco, in cui abbiamo intervistato diverse madri lavoratrici che testimoniano quanto le istituzioni scolastiche e comunali non possono adempiere alle loro responsabilità nei confronti degli utenti che le frequentano. In particolare, parleremo della scuola elementare del paese, che presenta vari problemi, i quali creano non poche difficoltà alla vita delle famiglie,
Ringraziando le lavoratrici per la loro disponibilità a parlare di esperienze che sono, nei fatti, frustranti e debilitanti per chi deve allo stesso tempo gestire i figli a scuola e lavorare per una intera giornata, cominciamo la nostra intervista parlando del rapporto dei genitori verso queste istituzioni.
Conosciamo quanto la scuola elementare risulti oggi poco propensa a fornire un aiuto alla soluzione dei problemi delle famiglie, principalmente delle famiglie di lavoratori. Ci potete fare qualche esempio?
Purtroppo, ci troviamo oggi in gravi difficoltà: pensate a chi si trova ad avere bambini disabili o affetti da autismo, che spesso non hanno addirittura un supporto scolastico per la mancanza di maestri di sostegno, spesso assenti. Certe volte questi bambini devono venire gestiti dagli insegnanti di ruolo, che si trovano quindi da soli con i bambini disabili e che, di conseguenza, non possono occuparsi della lezione. Poi, a risentirne è naturalmente tutta la classe che si trova “abbandonata” e che rallenta con il suo programma. Provate ad immaginare un’intera classe di 25 bambini che non ha più un supervisore e che quindi si trova nel completo caos.
I genitori dei bambini con problematiche più delicate come gestiscono il problema?
Spesso si trovano a dover decidere se mandare a scuola il bambino o, addirittura, tenerlo a casa o anche fargli cambiare di molto l’orario scolastico ordinario! Le famiglie che lavorano, ad esempio, sono costrette a lasciare i bambini senza supporto. Oppure si obbligano i genitori a non lavorare, quindi a richiedere sempre più bonus e sostegno per le famiglie quando, invece, la soluzione dovrebbe essere di agevolare i disabili e abituarli alla socialità e le famiglie a gestire la situazione in maniera funzionale.
Ci sono altri problemi che pensiate incidono nel lavoro dei maestri all’interno della scuola?
Certo. Ad aggravare la situazione ci sono degli spazi che sono totalmente inadeguati anche perché resi stretti da lavori di ristrutturazione che sembrano eterni e che dopo due anni ancora inspiegabilmente non sono stati conclusi. Senza un’alternativa sul territorio, questi lavori impattano con lo spazio della mensa e della palestra e quindi costringe i bambini a mangiare nei corridoi, dove si deve allestire la mensa all’ ultimo momento e in fretta e furia, e questo crea spesso fastidi e caos. Per lo stesso motivo, attività scolastiche come l’attività fisica sono state spesso svolte in classe accanto al banco, dato che anche il campetto esterno era inagibile, circondato da uno spazio che è stato usato come deposito spazzatura che spesso, senza controllo, ha dilagato in tutto lo spazio esterno.
Vedo che il plesso scolastico è composto da due piani ma solo il piano terra è sfruttato. Come mai?
Il piano superiore, dato che è inagibile, viene usato sostanzialmente come magazzino o deposito e può essere pericoloso per i ragazzi che ci si avventurano per giocare. Ogni controllo o tutela della sicurezza è inesistente. Le famiglie sono avvilite nel constatare come il Comune e la presidenza non assicurino in nessun modo la salute dei bambini, neppure dal punto di vista psicologico e sociale: per noi famiglie povere sarebbe utile invece avere un sostegno in questo senso, visto che non possiamo permetterci dei professionisti a pagamento. I diritti dei bambini, in generale, non vengono rispettati e i genitori non hanno ovviamente alternative – portare i propri figli in una scuola privata a pagamento è fuori dalle nostre possibilità.
Ci avete detto che la questione che di più ha movimentato gli animi delle famiglie è stata quella della mensa. Potreste spiegarci per quale motivo?
I pasti dovrebbero essere forniti caldi, nel rispetto della normativa sull’alimentazione, e dovrebbero essere garantiti a tutti gli alunni, anche quelli che non si possono permettere di pagare i 5 euro richiesti dalla ditta che ha preso in appalto la mensa dal Comune – con una gara al ribasso. Così oggi non è. Molti genitori, per non pagare il contributo dovuto e non fare mangiare ai bambini cibo scadente, sono costretti ad andare a prenderli alle 12:55 e riportarli alle 13:55 (cosa che tra l’altro non tutti quelli che vorrebbero fare possono fare), e questo viene giustamente percepito dai bambini come un tempo rubato alla socialità. Il Comune, inoltre, non dà aiuti o sostegni in base all’Isee ma solo uno sconto sul secondo bambino che frequenta la scuola, come se fossimo a fare il 3×2 al supermercato.
Il cibo da dove arriva?
Di fatto il cibo viaggia da Siderno verso Bianco per circa 30 chilometri, quindi spesso arriva freddo, anche se coloro che lavorano all’interno della mensa si premurano il più possibile, ma il tempo e il percorso non sono chiaramente a loro favore. Dobbiamo specificare che qui a Bianco avremmo una struttura per una mensa che ha tutto. Abbiamo chiesto lumi al sindaco del Comune e ci è stato detto che potrebbe funzionare ma non capiamo il perché, allora, questa non venga messa in funzione. Ci sembra il classico pretesto per favorire i profitti delle ditte private in appalto.
Le relazioni scuola-famiglia sono funzionali?
Purtroppo, no. Interfacciarsi con la scuola è diventato molto difficile, dato che si ha spesso a che fare solo con i collaboratori scolastici, ai quali sono stati forniti poteri gestionali all’interno della scuola. Per evitare di “congestionare” l’istituto, a corto di personale, danno loro il potere di tenere all’esterno i genitori vietando loro l’entrata e quindi anche qualsiasi relazione con i maestri che, a loro volta, non hanno orari in cui possono ricevere singolarmente i genitori per comunicazioni urgenti ma destinano i colloqui solo alle date trimestrali e semestrali indette dalla presidenza tramite segreteria. È possibile interloquire con loro per poco tempo, dettato da una scaletta misera organizzata nel periodo Covid, che prevede un massimo di 5 minuti quando si tratta di colloqui individuali e un’assemblea di gruppo che consiste nello spiegare i problemi generali della classe; ma se si ha un problema urgente non si può comunicare con i maestri e, comunque questi non potrebbero fare granché. Solo la Preside potrebbe prendere certe decisioni ma è difficile da rintracciare se non previa comunicazione e con un appuntamento.
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Articolo tratto interamente da L'Ordine Nuovo
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